Cambio di rotta? Meglio avvisare, forse
La stanza di Seokjin era sempre stata una sorta di ufficio, più che la vera stanza di un adolescente: cabina armadio, una scrivania per lavorare, una televisione sempre sintonizzata su canali specifici – Bloomberg era indubbiamente il suo preferito – e un bagno privato. Insomma, più che una cameretta era sempre sembrata più una stanza d'albergo di lusso. Non era sempre stata così, ovviamente: quando era piccolo aveva i suoi giocattoli sparsi a terra, le coperte colorate, con qualche cartone animato che gli piaceva in quel periodo, ma con gli anni aveva perso interesse per tutte quelle cose "infantili" e la sua stanza si era pian piano trasformata. Certo, il fatto che ormai la usasse sempre meno – dato che studiava tutto l'anno in Europa – contribuiva a renderla più impersonale.
Però, in quel momento, gli sembrò davvero di essere nella sua cameretta, come quando aveva cinque anni: Seokjin se ne stava seduto sul bordo del letto, con la testa china e lo sguardo colpevole mentre i suoi genitori lo guardavano dall'alto, in piedi come soldati, davanti alla porta chiusa.
«Dove sei stato!?» chiese con tono serio sua madre, provando a non alzare la voce, sebbene si notasse come si dovesse sforzare per non urlare ancora, così come aveva fatto al suo ritorno all'entrata di casa.
Seokjin si morse il labbro e cercò una scusa, ma sebbene ne avesse vagliate davvero tante per tutto il tragitto dall'atrio alla sua stanza, non ne aveva trovata nessuna che lo avrebbe salvato da quella situazione. L'unica cosa che avrebbe potuto "calmare" i suoi genitori era dirgli che era stato male – un incidente, un dolore, qualcosa che lo aveva fatto finire al pronto soccorso – ma non se la sentiva di dire una bugia del genere. «Preferirei non dirvelo».
Il volto di sua madre diventò rosso acceso – era già rosso prima, ma la tonalità salì leggermente – e il marito gli mise una mano intorno alla vita istintivamente, quasi immaginando che sarebbe potuta esplodere. Parlò il signor Kim, al suo posto: «Seokjin, non ti riconosciamo più in queste ultime settimane.» sospirò, preoccupato, «Sparisci, non dici dove vai, con chi sei...»
«Non sto facendo niente di male, lo giuro!» esclamò Seokjin. «Mi conoscete, sapete come sono!»
Sua madre sospirò con ansia: «Sappiamo che sei un ragazzo con la testa sulle spalle, e mi pare che ti abbiamo sempre dato tutta la fiducia possibile, altrimenti non ti avremmo lasciato andare dall'altra parte del mondo, non credi?». Seokjin abbassò il capo ancora di più e annuì colpevole. «Però ultimamente ci stai facendo dubitare, sembra che tu non stia bene, che a-abbia qualche segreto con noi e che... quando mai hai avuto segreti con noi!?»
Il giovane Kim si poggiò entrambe le mani dietro al collo e sollevo la testa fissando il soffitto: «Posso avere dei segreti, non è niente di grave».
«Ma noi siamo i tuoi genitori», continuò il padre, «e siamo preoccupati».
«Sì, ma non ho fatto niente, davvero, credetemi».
Ci fu qualche istante di silenzio, un momento in cui tutti e tre soppesarono le parole dette, quelle che stavano pensando, quelle che avrebbero dovuto dire. I due adulti di diedero uno sguardo di intesa, poi la madre annuì piano.
Il signor Kim parlò: «Va bene, non vogliamo sapere perché sei sparito, passi per questa volta». Seokjin tornò a guardarli sbalordito, stupendosi che fosse già finita così in fretta. «Ma... Ti eri preso un impegno, e abbiamo speso soldi, tempo e ci abbiamo messo la faccia, per questa festa». Seokjin fece sparire lo sguardo dispiaciuto e diventò subito serio, come se si stesse parlando di affari; annuì. «Quindi ci inventeremo una scusa plausibile per scusarci con tutti della tua mancanza, chiedendo di tornare per una seconda data».
Seokjin arricciò il naso: «Io veramente...»
Sua madre fece un passo avanti, con le braccia incrociate: «Tu cosa? Non hai più voglia di farla?» Seokjin annuì, deglutendo. «Ci potevi pensare prima di scappare via. Questa non è la tua prima festa, lo sai come funziona, pensi che possiamo semplicemente dire a tutti che ti sei svegliato e non avevi più voglia? Cosa sei, la regina?»
Seokjin scosse il capo: «Lo so, m-ma non voglio più fidanzarmi così, i-io...»
Sua madre sospirò e lo raggiunse in un paio di passi, sedendosi al suo fianco e poggiandogli la mano sulla schiena: «Non ti stiamo chiedendo di fare le moine con tutti quanti, né di sceglierne uno per forza». Seokjin annuì, sorrise leggermente al tocco della mano di Kendall che sentiva attraverso la camicia. «Però sii educato e fai il bravo padrone di casa, ormai abbiamo dato la nostra parola».
Seokjin trattenne il fiato per un istante, poi annuì. «Va bene, scusatemi».
«Non preoccuparti tesoro, ma ricordati che non devi avere paura di noi. Non vogliamo tu ti senta pressato a fidanzarti, devi far ciò che ti senti e basta». La donna si avvicinò al figlio e gli diede un bacio tra i capelli. Seokjin pensò fosse un bacio post-litigata, o forse un bacio "ti amo", e che avrebbe dovuto smetterla di pensare ai baci in continuazione, e a Namjoon in continuazione.
«Quindi, è tutto ok?»
Sua madre si alzò e tornò alla porta: «Beh, sei ovviamente in punizione, quindi per i prossimi giorni te ne starai nella tua stanza». Seokjin strabuzzò gli occhi e fece per controbattere, ma i genitori gli dissero di non fare storie, che poi la sua stanza aveva qualsiasi cosa volesse – peccato non sapessero che voleva solo Namjoon in quei giorni – e lo mollarono lì da solo, uscendo dalla porta soddisfatti (era la prima punizione mai data a Seokjin, era una bella sensazione).
Seokjin si sdraiò sul letto e sbuffò, provando a trovare qualche soluzione per poter aggirare la punizione senza andare contro il volere dei suoi genitori – aveva già combinato un casino, non aveva voglia di farli preoccupare ancora di più.
Era immerso nei suoi pensieri, quando la voce di sua sorella squittì: «Pesante!»
Seokjin saltò sul posto, spaventato da quel rumore improvviso che mai si sarebbe aspettato. Non fece nemmeno in tempo a chiedersi dove fosse che la figura minuta di Liz sbucò da sotto il letto: «Jinnie in punizione, folle 'sta cosa, è la prima volta?»
«Ma sei cretina?» sbraitò il più grande, ignorando la domanda, «Mi hai fatto prendere un colpo!»
«Sì, sì, basta con queste scenate da principino». Liz si buttò sul letto di Seokjin, in ginocchio, guardandolo con espressione maliziosa: «Avete scopato!?»
«Liz!»
«Com'è stato? È bravo? Con quelle braccia deve esserlo per forza!». Ad ogni frase, la sua voce si alzava di un'ottava, diventando simile a quella della madre appena era entrato.
«Fatti i cazzi tuoi!» decretò Seokjin incrociando le braccia al petto e sdraiandosi di nuovo, fissando il soffitto.
«Stai scherzando? Pensi che puoi scampartela così e non raccontarmi ogni cazzo di cosa che avete fatto?»
Seokjin neanche si degnò di guardarla, rispose solo: «Eh già». Gli arrivò una sberla sulla gamba. Si lamentò come se l'avesse preso a pugni, anche se era sembrata una carezza.
«Non vuoi dirmelo perché te l'ha messo in culo? Vedi che io sono apert-EHI! COSA FAI?»
«FUORI DA QUI!»
Seokjin tirava la sorella per un braccio, provando a scollarla dal proprio letto per buttarla fuori dalla stanza, ma lei si dimenava e si teneva ancorata alle coperte, urlando di smetterla. Quando il più grande riuscì a prenderla dalla vita, sollevarla e portarla alla porta, Liz lo prese in contro piede con la sola forza delle parole: «Mi sono innamorata!»
Il ragazzo si bloccò di colpo, stupido dalle sue parole – non tanto felice per lei, più incuriosito e sorpreso: «Innamorata?». Lei annuì, lui la mollò e Liz corse nuovamente al letto, mettendosi a gambe incrociate in centro al materasso. «E di chi ti saresti innamorata? Hai amici tu?»
Elizabeth sollevò gli occhi al soffitto: «Prima di tutto ho tantissimi amici». La ragazzina ignorò lo sbuffò del fratello, tornò a guardarlo. «Ma comunque non è un mio amico, in effetti».
Si guardarono per qualche secondo: «Quindi? Chi è?»
Liz si morse il labbro un istante, poi il suo sguardo cambiò. Da malizioso e indispettito che era, sembrò scaldarsi di una dolcezza infinita: «Jimin». Seokjin aprì la bocca stupito, poi il suo volto si incupì. Sua sorella capì al volo, e lo rassicurò: «Tranquillo, è bi e mi ha detto...» sorrise così tanto che i suoi occhi si inumidirono di felicità «Che gli piaccio anche io e che... un giorno, noi due...»
«Ti ha fatto qualcosa?» chiese Seokjin improvvisamente, stringendo le mani in due pugni.
Liz alzò le mani e scosse il capo: «No! No! Mi ha dato un bacio sulla guancia e mi ha detto che aspetterà!»
Seokjin sembrò scaricare la sua rabbia improvvisa, riaprì i pugni e annuì: «E tu sei davvero innamorata di lui?». Elizabeth annuì. «E come lo sai?»
«In che senso?»
«Che sei innamorata, come lo sai?»
Elizabeth lo guardò come se fosse completamente scemo, fece per rispondere, ma si bloccò, portò lo sguardo in lontananza, rimanendo con la bocca aperta, e scosse il capo: «Boh». Seokjin sospirò, lei tornò a guardarlo con un sorrisetto imbarazzato. «Ora che mi ci fai pensare non ci ho ragionato bene, lo sento nella pancia, no?»
«Lo chiedi a me?»
«Beh, tu non lo senti nella pancia?»
«I-io?»
Elizabeth annuì: «L'amore per Namjoon, non lo senti dentro e basta?»
Seokjin rimase immobile, trattenne il respiro, smise di pensare e guardò solo sua sorella: «Sì, penso di sì». Elizabeth ridacchiò contenta nel guardarlo così spaesato, non staccò gli occhi dal fratello, sentendo il suo cuore stringersi nel vedere il suo volto confuso, ma felice. «Sai Liz, penso proprio di amarlo».
Ora doveva solo trovare il modo di dirglielo.
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