Mille scuse...

Mille scuse si susseguirono una dopo l'altra nella mia testa mentre stavo cercando di trovare una spiegazione abbastanza valida per giustificare la cretinata che avevo fatto. Poi, però, mi resi conto del fatto che anche lui poteva benissimo dirmelo che se lo ricordava. Serviva davvero mettermi alla prova per una cosa stupida? C'era davvero bisogno di chiamarmi e rovinarmi la giornata per una cosa del genere? Le cose con Daniel stavano andando davvero bene e non avevo assolutamente intenzione di farmi rovinare tutto da un migliore amico che per tutta la giornata non aveva fatto altro che evitarmi e che aveva preferito chiacchierare con la sua carissima Caroline. 

"Se lo sapevi, perché me l'hai chiesto? Perché hai fatto finta di niente?"domandai con l'intenzione di incastrato, e ce la feci. Il suo silenzio mi diede la conferma del fatto che avevo perfettamente raggiunto il mio obiettivo.

"Ti ho fatto per primo io la domanda"sputò. Non avevo alcuna intenzione di arrendermi. 

Aprii bocca per ribattere, ma in quel momento Daniel entrò in cucina e canticchiò:"Il sushi arriverà tra qualche minuto"

Ero più che sicura che Dylan avesse sentito tutto. Al cento per cento.

"Ah, non pensavo fossi con lui..."sussurrò qualche secondo al telefono.

"Ascolta Dylan, ho delle cose da fare. Ne parliamo domani, sempre se avrai voglia di parlarmi! Non oserei mai portarti via da Caroline"dissi chiudendo la chiamata, senza nemmeno aspettare una sua risposta. Non riuscivo a crederci. L'avevo detto sul serio.

Restai imbambolata a fissare quel cellulare per qualche secondo mentre sullo sfondo c'era una foto di me e Dylan, che c'eravamo scattati l'anno prima in vacanza. Non riuscivo a crederci che le cose stavano cambiando così in fretta! La situazione tra me e Dylan stava piano piano degenerando.

"Scusa, non pensavo stessi parlando con Dylan..."sussurrò Daniel appoggiandosi con alla porta della cucina.

"Non è nulla di importante, tranquillo"forzai un sorriso per non farlo sentire a disagio.

Daniel sapeva benissimo dei miei sentimenti per Dylan, e avevo paura che la conoscenza di ciò lo frenasse. Sentivo che non aveva tanta fiducia nei miei confronti, non ero stupida, si capiva benissimo. 

Infatti, abbassò lo sguardo e si limitò a dire:"Andiamo in salotto? Almeno finché arriva il sushi"

La sua voce bassa mi preoccupò, ma cercai di nasconderlo. Fece spazio sul divano per entrambi e mi sistemai accanto lui. Era freddo con me, non aveva nemmeno il coraggio di toccarmi, e proprio per questo decisi di intervenire:"Va tutto bene? "

"Sì, certo, perché?"rispose allungandosi per prendere il telecomando e alzare il volume della televisione. 

La cosa non fece altro che infastidirmi e trattenermi a quel punto fu quasi impossibile. Odiavo la sensazione che sentivo di me ogni volta che ero convinta del fatto che una persona mi stesse mentendo, e sentivo sempre la necessità di parare per cercare di capire che cosa stesse succedendo.

"Perché so che non è così. Daniel, sai che puoi parlare tranquillamente con me. Se c'è qualcosa che non va, basta che me lo dici"cercai di manette la calma mentre pronunciavo lentamente questa parole. Riuscivo ad ottenere le cose solo grazie alla mia gentilezza, la maggior parte delle volte. Allungò di nuovo il braccio per prendere il telecomando e spense la televisione. 

Nella stanza, la fastidiosa voce di Homer Simpson, fu rimpiazzata da un gelido silenzio. Daniel guardava nel vuoto mentre le dita della mano picchiettavano con insistenza sulla plastica del telecomando. Era chiaramente nervoso, ma per cosa?  Non riuscivo a trovare una spiegazione valida al suo comportamento, o meglio, non volevo che la motivazione fosse quella a cui stavo pensando.

Avevo una mia ipotesi, ma volevo che fosse lui per primo a dirmi la verità.

"Daniel..."insistetti allungando una mano per appoggiarla sulla spalla, ma non ce la feci a sfiorarlo dato che si voltò improvvisamente verso di me.

"Per quale motivo stai con me, Lucy? Per cercare di dimenticare Dylan o perché provi veramente qualcosa per me?"la sua domanda mi fece rabbrividire.

"Perché ti tormenti in questo modo, Daniel?"ribattei.

"Perché ti conosco bene, Lucy, e so bene cosa provi per il tuo migliore amico. Ho provato ad aiutarti ad attirare la sua attenzione, ti ricordi?"

"Daniel, per favore, non metterti anche tu contro di me"risposi.

Non volevo che anche lui si arrabbiasse con me, come aveva fatto Dylan. Avevo bisogno di quel ragazzo perché era l'unico in grado di farmi stare meglio, non potevo perderlo per una cosa del genere! Se sapeva bene che il mio cuore apparteneva comunque a Dylan, doveva anche accettare il fatto che ci sarebbe voluto del tempo per poterlo cancellare dalla mia testa. Non poteva di certo pretendere tanto da me.

"Non mi sto mettendo contro di te. Ti sto solo dicendo che ciò che provo per te è qualcosa di vero, e non ti sto usando per dimenticare qualcuno. E tu?"chiese alzandosi dal divano e guardandomi con i suoi occhi chiari.

E io? Ero la prima a non sapermi dare una risposta. Sapevo che stavo provando qualcosa per Daniel, non potevo negarlo, ma allo stesso tempo non sapevo se quel sentimento nei suoi confronti fosse nato solo perché sentivo che in qualche mondo lui sarebbe stato in grado di farmi dimenticare Dylan. 

"Non voglio essere solo da rimpiazzo. Non voglio essere usato per dimenticare qualcun altro. So cosa si prova a guardare negli occhi una persona e capire che non sei tu ciò che desidera, e che si sta immaginando un'altra persona al tuo posto."spiegò. 

Daniel aveva ragione. Non potevo giocare con i suoi sentimenti solo perché io sapevo di dovermi togliere dalla testa Dylan. In quel momento mi sentii una delle persone più meschine della Terra, e perciò sentii la necessità di andarmene via. Non riuscivo a reggere il suo sguardo freddo e distaccato, faceva male. 

"Mi dispiace, Daniel..."sussurrai prima di uscire di casa. 

"Aspetta"alzò la voce per farsi sentire mentre io stavo già attraversando il giardino per allontanarmi il più possibile da quella casa. 

Non mi fermai, anzi, continuai ad andare avanti a passi spediti con la speranza di seminarlo. Non volevo parlargli. Stavo davvero ferendo un ragazzo che fin da subito aveva cercato di aiutarmi? E stavo veramente mandando tutto a quel paese per colpa di Dylan? Non era la prima volta e proprio per questo la cosa mi fece ancora più male. Dovevo smettere di dare così tanta importanza a quel ragazzo, dovevo smettere di respingere ragazzi che ci tenevano davvero a me per lui, dovevo smettere di amarlo. Ma si sa che più ci si costringe a non fare una cosa, più si ha la tendenza a farlo. 

Arrivai a casa in poco tempo con le lacrime che minacciavano di rigare le mie guance. Non tanto per ciò che era successo con Daniel, ma per il sentimento che sentivo per Dylan. Mi consumava, mi faceva male e io stavo cominciando a crollare lentamente. 

Afferrai la maniglia dell'ingresso, ma la porta si aprì dall'interno e davanti a me comparvero due persone: mia madre e il mio professore di matematica.

Che diamine ci facevano insieme? 

"Signor Sullivan"salutai, ma sembrava più una domanda.

Il volto di mia madre divenne più rosso di un pomodoro e notai un pizzico di imbarazzo anche negli occhi del mio professore. Non volevo crederci. Veramente? Mia madre stava uscendo con il mio professore di matematica? Quello che non mi sopportava ? Quello che cercava sempre di farmi fare una figuraccia davanti alla classe proprio perché sapeva che io della matematica non capivo proprio niente? Al solo pensiero mi sentii male.

"Beh, è stato un piacere. A presto"disse l'uomo davanti a me e uscì di casa, lasciandomi sola con mia madre.

Quando chiusi la porta d'ingresso, la domanda mi sorse spontanea:"Che cosa ci faceva lui a casa nostra?"

"Nulla"forzò un sorriso e se ne tornò in cucina.

"Come nulla? Mamma, che diavolo vuole quel tipo?Lo sai che è il professore di matematica, vero?"domandai scocciata. Non potevo e non volevo credere che quei due stessero uscendo insieme. Sembrava una cosa troppo assurda.

"Cosa c'è di male?"domandò.

"Non stiamo veramente avendo questa conversazione. Dimmi che è solo uno scherzo, mamma"sospirai esasperata. 

Il disgusto si fece ancora più intenso quando sul tavolo della cucina notai un mazzo di rose grandissime e rossissime. Ma che diavolo?...

"Da quanto tempo va avanti questa cosa?"domandai.

"Lucy, vai in camera tua. Non son affari tuoi."sputò.

Trattenni tutta la rabbia dentro di me e mi allontanai da quella stupida cucina per potermene stare in camera mia. Sbattei la porta il più forte possibile per far capire a mia madre che quella situazione non mi piaceva neanche un po'. Non potevo camminare più lentamente in modo da arrivare in ritardo a casa e da saltarmi questa scenetta ridicola? Mi sarei fatta meno problemi.

Istintivamente afferrai il cellulare e tra le chiamate cercai il numero di Dylan. Quando avvicinai il dito al pulsante verde, mi fermai e mi resi conto di ciò che stavo facendo... Non avevo il coraggio, non dopo  la chiacchierata al telefono a casa di Daniel. Eppure, il mio dito pigiò lo stesso quel pulsante e la chiamata partì. 

"Lucy?"

"Puoi raggiungermi a casa?"domandai con la voce tremante.

"Arrivo"rispose chiudendo la chiamata.

Sentivo la rabbia che si era accumulata venir fuori piano piano. Il mio respiro cominciò a farsi sempre più rapido, come se qualcosa mi stesse impedendo quasi di respirare. Sapevo cos'era quella cosa: erano la mia paura di perdere Daniel, la rabbia nei confronti di mia madre, la voglia di rivedere mio padre, l'ansia per l'ultimo anno di scuola e il sentimento che provavo per Dylan. Tutte queste cose si erano incollate tra di loro, creando qualcosa in grado di bloccarmi il respiro. 

Qualche minuto dopo qualcuno bussò alla mia porta, e quando l'aprii gli occhi scuri di Dylan comparvero davanti a me. Mi buttai tra le sue braccia senza aspettare, non lo feci neanche entrare nella mia stanza. Avevo così tanto bisogno del suo abbraccio, del suo profumo e di lui che non mi importava di nessun altro. 

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