È geloso?

Mi piaceva la domenica. Era l'unico giorno della settimana in cui la sveglia non suonava, in cui Ricky non gridava per la casa in cerca dei calzini, in cui mia madre non entrava in camera con lo scopo di tirarmi giù dal letto. Sarebbe dovuto essere anche l'unico giorno in cui il mio cellulare non avrebbe dovuto essere accesso, ma mi ero dimenticata di spegnerlo.

Ieri sera tutto stava andando tutto bene, fino a quando Dylan non ha pronunciato quella frase. Mi ero illusa di essere riuscita in qualche modo ad avvicinarmi a lui e di essere ricambiata, mala verità è che lui vedrà sempre e solo lei. Quello è vero amore. Un amore destinato a crescere.

Allungai la mano verso il comodino accanto al mio letto e aprii gli occhi per vedere chi fosse il cretino che mi chiamava la domenica mattina. Ritirai subito qualsiasi pensiero negativo non appena vidi sullo schermo la scritta ' Dylan'. Balzai subito giù dal letto e cominciai a sentire una forte scarica di adrenalina, come se all'improvviso mi fossi bevuta almeno cinque tazze di caffè.

'Che cosa vuole? E se vuole delle spiegazioni riguardo a ieri sera?' queste e tante altre domande cominciarono a susseguirsi nella mia testa mentre stavo decidendo se rispondere o no al mio migliore amico.

"Pronto"dissi digitando il tastino verde.

"Lucy! Stavi ancora dormendo?"domandò con la voce ancora assonnata.

Presi un respiro profondo e mi sistemai sul bordo del letto. Avevo il cuore che andava a mille, e non mi era mai capitato di essere così in ansia per una sua semplice chiamata.

"No, è successo qualcosa?"domandai con voce tremante.

"In realtà, sì. Cioè, no. Ma mi sono svegliato con un grandissimo vuoto di memoria. Non ricordo quasi nulla di ieri sera e siccome l'ultimo ricordo che ho è con te, mi chiedevo se potevi dirmi che cosa è successo di preciso"balbettò.

Lui sapeva benissimo come mettermi in difficoltà. Non riuscivo a crederci...

Restai in silenzio. Non avevo idea di che cosa dire!

"Cosa ti ricordi di preciso?"

"Solo che stavamo ballando e che poi ti sei allontanata. Da quel momento, il vuoto più assoluto."

Non si ricordava nulla e io non sapevo se ricordarglielo. Pensai ad una scusa plausibile per prendermi un po' di tempo e per pensarci su per bene! Avevo paura che dicendogli la verità, le cose tra noi due sarebbero cambiate e non volevo.

"Ehm..." balbettai. Mi alzai dal letto per l'agitazione e mi passai la mano tra i capelli per il nervoso."Nemmeno io mi ricordo. Ero ubriaca esattamente quanto te"uscì dalla mia bocca.

Mi maledissi mentalmente per l'enorme cavolate che avevo detto. Io ubriaca? Non ci sarebbe cascato nessuno, soprattutto lui che sapeva benissimo che non ero quel genere di ragazza.

"Lucy Sanders ubriaca? Non posso crederci di essermela veramente persa"ridacchiò e non potei fare a meno di seguirlo.

In quel momento riuscivo ad immaginare perfettamente il suo sorriso e non potei fare a meno di ridacchiare ancora più forte. Avrei dato qualsiasi cosa per essere la causa di quel sorriso.

"Comunque, non ti ho chiamata solo per questo. Siccome oggi non ho niente da fare, pensavo di organizzare qualcosa... tipo andare al cinema! Tu ci sei?"domandò.

Non avrei mai avuto il coraggio di perdermi una giornata al cinema con Dylan. Mi divertivo sempre tantissimo grazie alla battutine che faceva durante i film!

"Certo!"

"Chiami tu il tuo amichetto... coso... come si chiama?"

"Daniel"dissi mordendomi il labbro per trattenermi dalle risate.

Notai un po' di fastidio nella sua voce mentre faceva finta di non ricordarsi quel nome, ma cercai di non dargli troppa importanza. Se l'avessi fatto, avrei passato l'intera giornata a pensare solo a quello e avrei rovinato l'uscita al cinema.

"Si, lui. Ci sentiamo dopo"chiuse la chiamata e io inviai un messaggio a Daniel.

Mi vestii e mi preparai in poco tempo, in fondo dovevo solo andare al cinema e non ero una di quelle ragazze che davano molta importanza all'abbigliamento.

Ricevetti la conferma sia di Daniel, sia di Beth. Non sapevo che film saremmo andati a vedere, ma mi fidavo di Dylan perché sapevo che avrebbe fatto la scelta giusta, almeno per quanta riguarda me. Io e lui avevamo sempre avuto gli stessi gusti in fatto di film, serie tv o libri.

"Perché lei può sempre uscire e io no?"gridò Ricky gironzolando arrabbiato per la casa in modo da poter attirare l'attenzione di mia madre.

Solita storia... Ricky amava rompere le scatole ogni volta che uscivo e sia io sia mia madre ci avevamo già fatto abitudine.

Prestai la massima attenzione all'ora perché sapevo che Tyler sarebbe passato a prendermi insieme a Dylan a breve. Purtroppo non avevo ancora la patente, ma mi ero promessa di farmela a breve. Non potevo sempre chiedere un passaggio ai miei amici o usare i mezzi pubblici.

Quando sentii il clacson di un auto, uscii di casa, ma davanti a me non c'era l'auto di Tyler. Non sapevo chi ci fosse la dentro e per quale motivo avesse suonato quel dannato clacson, ma lo capii quando si abbassò il finestrino e vidi il suo volto. Non era cambiato molto dall'ultima volta che l'avevo visto: si era aggiunta solo qualche ruga in più e i capelli erano stati tinti con un colore più scuro in modo da coprire quei pochi fili bianchi che evidenziavano la sua età. Che diamine voleva mio padre? Perché si era presentato a casa nostra? Vederlo mi faceva paura. Non avevo più visto quell'uomo da quando era uscito di casa sbattendo la porta dell'ingresso a causa della rabbia per mia madre. Sono passati tre anni, certo, ma i ricordi e la rabbia nei suoi confronti sono ancora chiari nella mia mente e nel mio cuore.

Non seppi cosa fare, ero immobile in mezzo al giardinetto che precedeva il marciapiede davanti a casa mia.

L'uomo scese dall'auto e io cominciai ad indietreggiare. Non avevo alcuna intenzione di scambiare qualche parola con lui. Non avevo bisogno delle sue spiegazioni perché già sapevo che cosa era successo di preciso, mia madre me l'aveva raccontato quella sera stessa.

"Lucy..."sussurrò guardandomi con le lacrime che cominciarono ad accumularsi sul suo volto.

Era ben evidente che stesse sentendo la nostra mancanza, allora perché ci aveva abbandonati? Perché non aveva più cercato di riallacciare i rapporti con me e Ricky.

Per fortuna, quell'incontro venne interrotto dall'arrivo della macchina di Tyler. Dylan scese subito dall'auto e mi raggiunse.

Avvolse le sue braccia attorno alle mie spalle, come se le stesse utilizzando da scudo, e osservò con aria minacciosa l'uomo davanti a noi. Ovviamente Dylan sapeva tutto. Dopo quell'orribile serata, avevo deciso di andare lo stesso a scuola, pensando di essere abbastanza forte da riuscire a trattenere le lacrime, ma la verità è che risultò più difficile del previsto. Scoppiai a piangere durante la classe di matematica e Dylan mi seguì. Ci sedemmo sulla panchina del giardino scolastico e gli raccontai tutto. Mi consolò e mi aiutò. Mi era sempre stato accanto.

"Voglio solo parlarle"disse mio padre.

"Non credo sia il momento adatto per farlo..."rispose Dylan.

L'uomo gli diede ascolto e decise di allontanarsi senza aggiungere altro.

Quando quella macchina fu totalmente lontana da casa mia, sentii il mio respiro alleggerirsi sempre di più e la velocità del mio cuore tornare alla normalità. Mi avvicinai a Dylan e lasciai che le sue braccia avvolgessero interamente il mio corpo. Sentivo la necessità di essere protetta e sapevo che quella protezione sarei stata in grado di trovarla tra le sue braccia.

"Va tutto bene..."sussurrò lasciando un bacio sulla mia fronte.

Sentii le lacrime rigarmi il volto. Erano successe fin troppe cose in pochi minuti e mi risultava quasi impossibile trattenere tutte le emozioni dentro di me.

"... non piangere. Non tornerà più. Non ti preoccupare"continuò Dylan con la sua dolce voce.

Forse aveva ragione... forse mio padre non sarebbe più tornato dopo aver visto la mia reazione. Eppure sentivo che non si sarebbe arreso quella volta. Nel suo sguardo avevo visto anche tante determinazione... 'Mi sto sbagliando.' pensai tra me e me.

Dopo qualche minuto decisi di farmi forza e di entrare nell'auto di Tyler. L'unica cosa di cui avevo veramente bisogno era proprio un'uscita con i miei amici. Dylan decise di sedersi dietro con me e per tutto il tragitto mi strinse la mano.

Di solito, quella semplice stretta di mano mi avrebbe fatto venire in mente tantissime idee ed ipotesi sui suoi sentimenti nei miei confronti, ma quella volta non diedi troppa importanza. Non riuscivo a smettere di pensare a mio padre. Voleva parlarmi di qualcosa di importante, ma di cosa? Sapevo già com'erano andate le cose la mamma. Cos'altro c'era da sapere? Per me era meglio non saperlo. Non volevo in alcun modo rovinare quel mio ultimo anno scolastico a causa dei problemi in famiglia.

Arrivammo davanti al cinema e all'ingresso principale vidi già Daniel e la splendida Caroline. Chi diamine l'aveva invitata? Ovviamente Dylan.

Sentivo che quella serata sarebbe stata decisiva. Sapevo che in qualche modo avrebbe migliorato la situazione tra Caroline e Dylan.

Quando ci avvicinammo per salutarli, Daniel capì subito che c'era qualcosa che non andava. Lo si vedeva dal modo in cui mi guardava...

"Va tutto bene?"domandò dopo avermi salutata.

Non sapevo cosa rispondere... andava tutto bene?

"Va tutto bene, andiamo"rispose Dylan al mio posto afferrandomi la mano e trascinandomi via.

Rimasi stupita da quel suo comportamento, ma decisi di non fare domande. Era infastidito e agitato. L'unica cosa che riuscii a pensare in quel momento fu 'Gli ha dato fastidio la presenza di Daniel? è geloso?'.

Durante il controllo dei biglietti e l'acquisto di pop-corn e bibite varie, Dylan decise di tenermi stretta la mano. Non riuscii a capire perché, ma non mi importava. Mi andava bene. Essere in contatto con il suo corpo mi faceva stare bene e mi aiutava a dimenticare per qualche secondo quello che era successo.

Mi piaceva pensare che Dylan ci teneva tantissimo a me. Lo sapevo che era così. Eravamo entrambi parecchio turbati a causa di mio padre e sentivamo la necessità di starci vicini.

Mi piaceva pensare che tra noi c'era una specie di filo che, nonostante tutto, continuava a tenerci uniti. Un filo che pensavo che nessuno sarebbe mai stato in grado di spezzare.

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