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Vi è mai capitato di provare una strana sensazione tra stomaco e gola? Un magone che non va ne su ne giù. Un magone che semplicemente resta lì a portare tormenti ? Vi è mai capitato di provare a reprimere le lacrime ma non riuscirci e alla fine, scoppiare? Scoppiare per liberare il dolore trattenuto, sperando che vada via?

Vi è mai capitato di convivere per giorni con i sensi di colpa per un qualcosa che indirettamente è stato provocato a causa vostra? Convivere con la costante paura di essere un problema, di aver scatenato un problema. A me è capitato molte, forse troppe, volte nella vita e non sempre è stato semplice uscirne. Nel bene o nel male sono sempre fuggita al dolore eppure questa volta ho paura di non farcela.

Il funerale è stata la parte più difficile da affrontare. Vedere entrare la bara bianca e avere la consapevolezza che
li dentro giaceva una parte di me, è stato orribile. Vedere tutta la scuola, tutta la nostra comunità in quella chiesa per piangere la nostra amica è stato un colpo al cuore. Vedere la sua foto con la sua faccia sorridente e felice accanto all'altare è stato difficile da realizzare.

Ma soprattutto vedere i suoi genitori piangere e disperarsi davanti al suo corpo che veniva posto sotto strati di cemento è stato qualcosa di straziante. È difficile immaginare come sara la loro vita adesso ma è ancora più difficile immaginare come sarà la nostra.

È un dolore indescrivibile, è come avere pezzi di vetro conficcati nel petto, è un dolore potente ma al tempo stesso sordo perché ascolta solo se stesso e muto perché non ci sono parole che possano descriverlo.

18 erano gli anni di Elisa
18 saranno gli anni di Elisa per sempre

La bestialità della vita l'ha calpestata e schiacciata, le ha tagliato le ali in pieno volo, l'ha portata via dai suoi affetti e l'ha derubata di tutte le gioie a cui aveva diritto.

Sento la porta della mia stanza aprirsi e qualcuno entrare ma non mi volto nemmeno a vedere chi sia, resto rannicchiata sul pavimento con lo sguardo perso rivolto fuori dalla finestra. Avevo ripreso a guardare la gente e il cielo al di fuori della mia stanza. Le prime volte che ho visto il cielo dopo che lei se n'è andata era veramente spietato. Io lo odiavo a morte. Mi facevano impazzire quei nuvoloni e quei rumori forti e il fatto che il sole sembrava ridesse e che la gente rideva sul serio anche se lei non c'era più: per me era inconcepibile.

"Sofia" sento la voce di Marco chiamarmi ma lo ignoro
"Ti ho portato la cioccolata, ti prego almeno bevi questa" mi dice poggiandola sulla scrivania
"Oggi c'è una bella giornata potremmo andare a fare una passeggiata" tenta di invitarmi a uscire da questa stanza, continuo a restare in silenzio e a non guardarlo. Ed è vero è una bella giornata ma a me non importa

Si avvicina sospirando rassegnato "Sofia non puoi continuare così, ti prego, ti stai distruggendo. Lo so che sei triste, lo so che sei arrabbiata ma..."

"Si, sono incazzata.
Sono incazzata per averla persa. Sono incazzata con lei per avermi lasciata sola. Sono incazzata per tutto quello che Elisa si perderà senza volerlo, ogni compleanno, ogni tramonto, ogni amore, ogni abbraccio e sono incazzata perché penso alla sua famiglia, al loro dolore, al mio dolore perché con la sua morte siamo morti un po' anche noi. Sono incazzata perché nessuno ci ha mai detto che gli incubi in fondo sono solo sogni andati a male. Sono incazzata perché non è giusto. Ma forse è la vita a non essere giusta. Lasciami sola" sbotto spazientita

"Hai ragione, la vita non è giusta, ma se basta un attimo per portarci via, allora dovremmo smetterla di pensare, lamentarci, distruggerci così tanto e iniziare a godercela di più, a fare ciò che ci piace, amare chi ci pare ed essere felici." ribatte "Lei non vorrebbe questo, non vorrebbe che tu stessi così" afferma rattristato non rispondo continuando a guardare fuori

Rassegnato esce dalla mia stanza chiudendo la porta e lasciandomi nei miei pensieri.

Penso, penso e non faccio altro guardando attraverso la finestra la vita andare avanti, scorrere inesorabilmente mentre io me la sto perdendo tutta. Penso che per essere così giovani siamo stati circondati da troppo dolore chiusi in reparti e sale d'attesa, ad attendere verdetti di uno stupido gioco del caso che ha cambiato per sempre le nostre vite, che ha sconvolto intere famiglie.

E tutto questo perché ? Per cosa? Dovrei credere in Gesù o chi per lui ? Nei miracoli, nella scienza, nel Karma, nel destino ? In cosa dovrei credere per riuscire ad accettare la sua morte? In cosa dovrei credere per darmi un po' di pace ?

Marco pov's

"Allora? L'ha bevuta la cioccolata?" mi chiede Barbara speranzosa non appena rientro in cucina
(Barbara è la mamma di Sofia e Alan)

"Un po' " mento per non farla preoccupare più di quanto già non lo sia. Scuote la testa affranta mentre Alan si avvicina a lei

"Mamma non ti preoccupare vedrai che berrà tutta la cioccolata, lo sai quanto l'adora" prova a tranquillizzarla Alan

"Speriamo. Devo andare a lavoro, per qualsiasi cosa chiamatemi, sarò qui in un attimo"

"Va bene mamma"
saluta entrambi per poi uscire di casa

"Non l'ha nemmeno guardata la cioccolata, vero?" mi chiede Alan una volta rimasti soli
scuoto la testa dispiaciuto

"Dio mio, non so più cosa fare con lei Marco."

"Dalle tempo, sono sicuro che piano piano riprenderà in mano la sua vita" lo rassicuro fiducioso

"È passato un mese. Quanto tempo le serve ancora? Se continua così non avrà mai più del tempo, non avrà più una vita da riprendere in mano. Io... ho paura."

Lo capisco, ho paura anche io. Sofia non mangia, tranne in rare occasioni in cui lo fa anche se poco, non dorme, sono tornati gli incubi, gli attacchi di panico, non sorride più, non scherza più, non vive più, non esce mai dalla sua stanza e quando lo fa, lo fa per andare in bagno oppure al cimitero da Elisa.

"Anche io ho paura. Fatico a riconoscerla, non sembra lei. Non è Sofia quella che ho visto là dentro" ammetto sentendo il respiro mancarmi

È da un mese che la vedo sgretolarsi sotto il peso di un dolore immenso che la sta disintegrando completamente. È così piccola, fragile, insicura e spaventata. Chiusa nella sua sofferenza, nei ricordi, nel passato. Gli occhi sono spenti, tristi non c'è traccia dell'infinito che riuscivo a scorgere nei suoi bellissimi occhi verdi.

Ha allontanato tutti, non permette a nessuno di starle affianco. Io e suo fratello a turno la notte restiamo svegli davanti la porta della sua stanza pronti a intervenire e ad aiutarla quando ha gli attacchi di panico o i soliti incubi. Mi fa male vederla così. La rivoglio indietro.

Mi manca. Mi manca il suo sorriso, mi manca il suo profumo, le sue labbra, la sua testardaggine, la sua pelle, i suoi capelli ribelli. Mi manca sentirla parlare per ore, mi manca baciarla, mi manca accarezzarle i capelli mentre dorme sul mio petto, mi manca persino litigare con lei.
Mi manca la mia bambolina. La mia combattente. La mia ragazza uragano.

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