4.


La campanella trillò di nuovo in tutte le aule, segnando l'ora della ricreazione. I ragazzi potevano scegliere di uscire fuori dall'aula oppure pranzare lì in gruppetto.
Rengoku prese il suo porta merenda dallo zaino, poi cercò con lo sguardo i suoi amici. Mitsuri e Uzui erano già riuniti inoltro al banchetto dalla prima. Mentre si alzava, con la coda dell'occhio vide Akaza già simpatizzare con il suo nemico. Fece un sospiro, prese la sedia con la mano libera e la trascinò verso il banchetto dei suoi amici.

"Oh! Cosa hai portato di buono ?!?"
Esclamò la ragazza con gli occhi che si illuminarono dalla felicità, mentre il biondo era già in procinto di aprire il porta merenda e afferrare le sue bacchette.

"Gnocchi di riso. Li ho preparati insieme a mio fratello, ieri sera."
Staccò le bacchette e le affondò nella ciotola.

"Davvero ?!? Sembrano deliziosi! Posso dare un piccolo assaggio?!"
Chiese lei entusiasta, sbirciando nella ciotola del biondo.

"Certo, solo se tu mi fai assaggiare la tua tempura. È da una vita che non la mangio!"
Esclamò il ragazzo, facendo un mezzo sorriso.
Gli piaceva Kanjori, perché era proprio come lui: un amante del cibo. A lui piacevano tutti quelli che amavano il cibo tanto quanto piaceva a lui.

"Certamente."

"Pensate sempre al cibo."
Uzui scosse la testa, mentre addentava un onigiri avvolto in una foglia d'alga.
"Dovresti essere più come me per scintillare di più."

La rosa, sbattendo le palpebre un paio di volte, gonfiò le guance e osservò il ragazzo più alto:" il cibo è buono. Nutriente e ti dà le forze." Strinse la mano in un pugno, guardando poi i due con gli occhi pieni di felicità.

Poi stettero in silenzio, Kyoujurou diede metà della sua porzione alla ragazza così come lei fece con lui.
Mentre mangiava, cadde lo sguardo su Akaza. Si trovava seduto su un banchetto, parlava con il gruppo di Enmu: Douma, capelli lunghi fino alle spalle bianchi e sempre scompigliati e occhi ambrati che si fondevano con un azzurro simile a quello del cielo, Nakime, capelli lunghi e scuri e occhi tondi chiari, aveva un visino dolce ma forse era la più vipera dell'intero gruppo e poi c'era Gyuntaro, capelli scuri alla radice che si sfumavano sul verde, pensava fossero tinti, e aveva occhi azzurri, aveva un fisico molto magro, faccia smunta e occhiaie così scure che sembrava non dormisse mai.
Il suo sguardo ritornò su Azaka, fece un sussulto quando si accorse di essere osservato da lui. Ebbe un brivido che gli salì lungo la schiena e affondò il viso nella sua citola riprendendo a mangiare.

Le sue parole gli rimbombarono nella testa, forti più che mai. Si sentiva uno stupido per avergli rivolto la parola ma mai avrebbe potuto pensare che potesse reagire in quel modo.

La campanella che segnò la fine della ricreazione subito suonò e i ragazzi presero posto nei loro banchi.
Nell'aula fece il suo ingresso il professore Muzan Kibutsuji, o, come piaceva definirlo lui, satana in persona.

Nonostante ci fossero quaranta gradi all'ombra, lui era sempre impeccabile vestito con giacca e cravatta e Rengoku si era chiesto spesso se fosse qualche essere paranormale a non riuscire a percepire tutto quel calore. Lui si era dovuto accorciare le maniche della camicia fino ai polsi per non morire dal caldo.
L'uomo si presentò con i suoi capelli neri e mossi raccolti sotto un cappello, nonostante fosse vietato in aula ma lui era un professore e poco si interessava.
Insegnava matematica, ma il suo hobby preferito era quello di torturare gli studenti, lui in particolare.
Non appena entrò, infatti, nemmeno il tempo di poggiare la cartella in pelle sulla cattedra che lo chiamò.

"Vieni alla lavagna."

Rengoku rimase fermo. Sentiva il sudore gocciolare lungo la fronte e gli avambracci, sapeva che non fosse per il calore ma gli piaceva pensare che era dovuto  soprattutto per quello.

"Rengoku. Mi hai sentito o hai dimenticato le macchinette a casa ?!?"
Sibilò l'uomo.
Perdeva facilmente la pazienza.
Storse le labbra e attese che il ragazzo si alzò dalla sedia e si avvicinò alla lavagna, afferrando un gessetto. Un sorriso si estese sul viso dell'uomo.

"Bene. Oggi riprenderemo con le equazioni di secondo grado e tu mi risolverai questa."
Disse aprendo il libro e indicando un esercizio casuale, che proprio non era, con la punta del dito.

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