Capitolo 20
Tobias
Cerco di riaprire gli occhi, ma anche il solo provare mi viene complicato: sembrano appiccicati da catrame e le gambe sono come pietrificate. Tento e ritento, ma mi sento affannato e stanco. Fa tanto freddo, il buio si sta avvicinando di nuovo, ho paura.
Non so più che giorno o ore siano. Il buio mi tiene prigioniero, mentre flashback della mia vita si ripetono in loop.
Vedo i miei genitori litigare. Mio papà sferra uno schiaffo in pieno volto a mia madre «Sei una lurida puttana!» urla, mentre la trascina per i capelli fino al salotto.
La mamma urla in preda al dolore e io corro giù dalle scale, piangendo in modo convulso. È uno di quei pianti che ti tolgono il respiro, che ti provoca la sensazione di ricevere un pugno in pieno stomaco.
«Papà, fermo, non fare male alla mamma! Ti prego!» grido con la poca aria rimasta nei polmoni. Ma d'altronde, cosa può fare un bambino di quattro anni contro un uomo grande e robusto.
«Tu, piccolo moccioso viziato, stai zitto, che non sei neanche mio figlio. Sei figlio di un lurido pezzente, ho solo avuto pietà di te!» L'odore pungente di alcol esce dalla sua bocca e mi fa venire la nausea.
«Vai via, Tobias, corri in camera tua.» Mia mamma mi supplica, con lo sguardo pieno di lacrime e il viso contratto dal dispiacere. E io corro, corro fino a quando sono sotto il letto, sperando che la mamma venga presto a tirarmi fuori. Ma non arriva nessuno, perché la mamma deve stare con papà tutta la notte, per fare in modo che non mi raggiunga.
Il buio circonda ancora il mio corpo, lacrime calde scivolano lungo il mio viso. il dolore sta martoriando il mio corpo, mi sto lentamente distruggendo da solo. Salgono a galla ricordi che avevo rimosso completamente, forse a causa delle scomode verità che nascondono.
Il tempo sembra essersi fermato. Continuo a rivivere i miei incubi più oscuri, ho paura. E mi sento tanto solo.
Riesco a udire una voce che mi chiama, sembra stia urlando.
«Tobias ti prego svegliati!»
Questa voce ha un suono familiare, sembra Natalie, ne sono quasi certo.
Devo cercare di uscire da qui, se si avvicina troppo rischia di essere inghiottita anche lei. Mi dimeno cercando una via d'uscita, un barlume di luce si insinua davanti a me, cerco di aggrapparmi a quello spiraglio con tutte le mie forze.
In un attimo apro gli occhi, e mi ritrovo disteso nel letto dell'ospedale. Tutto intorno a me è scuro e fatico a vedere a un palmo dal mio naso. Natalie, stremata, giace sul mio petto. D'istinto le poso una mano sui capelli.
«Natalie, devi rimanere sveglia, sono qui.» Le parole escono con fatica dalle mie labbra, mi risulta difficile anche solo parlare.
Alza la testa e i miei occhi si incatenato alle sue magnifiche iridi verdi, eppure ha l'aria distrutta. Copiose lacrime scivolano sul suo viso «Razza di deficiente, mi hai fatta spaventare!»
Ad un tratto mi abraccia, io non posso fare a meno che stringerla a me il più possibile.
Il suo dolce profumo mi riempie le narici, inebriandomi, e il calore del suo corpo a contatto col mio mi dona nuove energie. Ho paura che sia tutto un sogno e che lei possa sparire, non voglio più lasciarla andare via da me.
Natalie
Il tempo sembra essersi fermato tra le braccia di Tobias. Finalmente ha ripreso conoscenza, per me è un enorme sollievo: non sarei mai riuscita a perdonarmi se fosse andata diversamente.
Purtroppo il tempo di gioire è ben poco, ormai l'oscurità ci sta inghiottendo completamente. Non riesco più a vedere nulla, ma per fortuna siamo aggrappati l'uno all'altra.
L'urlo disperato di Tobias squarcia il silenzio, qualcosa sta cercando di dividerci ed è una forza così potente che fatico a rimanere aggrappata a lui. Un enorme voragine si è creata nel pavimento e lentamente lo sta inghiottendo. Pian piano il suo corpo scivola giù dal letto tirato da una forza oscura, mentre provo a tenerlo stretto a me, aggrappandomi con una mano al letto per fare forza.
«Natalie, vattene! Scappa!» urla disperato, ma non ho la minima intenzione di mollare la presa.
Un immenso e lacerante dolore dilania il mio petto. Non potrò reggere per molto, stiamo per sprofondare insieme verso l'abisso.
La mia mano sudata comincia a perdere attrito col freddo metallo, non riesco più a reggere questo immenso dolore, la poca aria che assimilo sembra fuoco nei miei polmoni.
Guardo per un'ultima volta Tobias e mi si spezza il cuore vedere il suo viso trasformato in una maschera di dolore.
La presa scivola, mentre il tempo sembra rallentare. A un tratto, qualcosa di caldo afferra il mio polso, interrompendo la nostra caduta, mentre una accecante luce si irradia per tutta la stanza.
Una leggera sensazione di quietezza pian piano si fa strada dentro di me e una quasi impercettibile scia di profumo solletica i miei sensi. È una fragranza familiare che risveglia in me sentimenti sepolti da molto tempo. Mi volto per cercare di capire cosa stia succedendo, ma i miei occhi sono temporaneamente accecati.
Sento finalmente una superficie solida sotto i piedi nudi, e sono ancora saldamente aggrappata a Tobias, per fortuna.
Pian piano una sagoma sempre più chiara prende forma, i miei occhi si stanno adattando.
Sento il cuore esplodermi nel petto dalla gioia, le lacrime non tardano a giungere ai miei occhi. Ho sperato di vederla per così tanto tempo che adesso che si trova davanti a me non posso fare a meno di tremare dall'emozione.
È semplicemente meravigliosa nella sua lunga veste di quel bianco candido. Il suo viso è radioso, al contrario da come era rimasto impresso nei miei ricordi; solcato dal dolore della malattia che l'ha portata via da me.
«Mamma...» Le parole faticano a uscire per l'enorme groppo che ho in gola.
"Piccola mia" sento nella mia testa la stessa voce che mi ha spinta fino a qui. Ora tutti i pezzi si collegano, è stata lei a guidarmi per tutto questo tempo! È stata sempre al mio fianco senza che me ne accorgessi.
Per un assurdo scherzo del destino ha risvegliato in me ciò che era latente, ciò che ho sempre ripudiato, per condurmi fino a qui.
Calde lacrime mi scivolano sul volto, sono incredula. "Ti prego, amore, non piangere" Si avvicina sempre più, allunga una mano aiutandomi ad alzarmi dal pavimento.
Non ha nulla della donna malata e sofferente che ricordavo, è tornata com'era prima della malattia: i suoi lunghi capelli biondo cenere ricadono perfetti ai lati del suo tenero viso, ora in carne e longilineo.
Ci sono mille cose che mi ero ripromessa di dirle quando sognavo di incontrarla di nuovo, ma ora che è qui davanti a me il cervello è in tilt per l'emozione.
Istintivamente mi getto tra le sue braccia, eppure la stringo delicatamente per la paura che possa essere solo frutto della mia immaginazione. Ma lei è reale, sento il suo caldo abbraccio ricolmo d'amore e parole mai dette.
«Mamma, mi sei mancata così tanto! Non ho mai smesso di cercarti.»
Sento le sue emozioni come fossero mie: è serena, felice. Per tutto questo tempo ho sperato di vederla senza rendermi conto che non avrei mai potuto, perché a differenza delle anime che ho sempre visto, lei è in pace.
Sento la sua mano accarezzarmi dolcemente la nuca, il suo tocco dona serenità.
"Natalie, sono così orgogliosa di te. Hai finalmente accolto il tuo dono e messo a repentaglio la tua stessa vita per salvare un'anima in pericolo". Dicendomi questo scioglie il nostro abbraccio e si volta verso Tobias, che guarda la scena con gli occhi sgranati, ancora al mio fianco.
Allunga una mano posando una delicata carezza sul suo volto, lui sembra paralizzato, ma scorgo una lacrima fugace scivolare lungo la sua guancia e un leggero cenno del capo.
Che abbia detto qualcosa anche a lui?
"Amore, purtroppo il mio tempo qui è scaduto, devo andare. Ho già interferito troppo nel corso degli eventi." Sento risuonare la sua voce nella mia testa, mentre mi osserva.
Il panico mi assale, non posso perderla di nuovo, il solo pensiero mi provoca una fitta allo stomaco, anche se in cuor mio sono consapevole che questo non è il suo posto, e deve esserle costata molta fatica arrivare fino a qui.
«Mamma, ho così tanta paura! Ti prego, non lasciarmi ancora...» supplico.
"Non devi averne perché il mio amore ti accompagna in ogni passo. Non sei sola, non scordarlo mai".
Con queste ultime parole, che riecheggiano nella testa, si china verso di me dandomi un bacio sulla fronte. Respiro a pieni polmoni il suo profumo, come per tenerla con me il più possibile.
E come è apparsa, con un grande bagliore scompare. Mi sento svuotata, triste. In un certo senso è come se l'avessi persa nuovamente.
Almeno ho la certezza che dovunque si trovi stia bene, è serena finalmente. Forse dovrei cercare anche io un po' di pace, non posso andare avanti ad autodistruggermi.
Tutto intorno a me è tornato cupo e lugubre, non è rimasto nulla dell'aura che aveva portato con sé mia madre.
Affranta chino il capo, assorta nei miei pensieri e con un senso crescente di panico che mi assale. Che ne sarà di noi? Come potremmo sopravvivere a questo Inferno? Ma soprattutto come faremo a uscire da questa maledetta trappola?
Una mano che si posa sulla mia spalla mi risveglia dai miei tragici pensieri. Mi volto e vedo Tobias che mi sta guardando con aria decisa, ma allo stesso tempo i suoi occhi lucidi non riescono a nascondere la commozione.
Non so quale sia il motivo, ma c'è una strana connessione tra noi, come una sorta di filo conduttore che ci tiene legati. Anche se vuole sembrare deciso leggo la verità nei suoi occhi, lo sento fin dentro le viscere il suo tormento che combacia perfettamente col mio. E tutto è reso più limpido dal contatto tra di noi.
«Ascolta, Natalie, so che sei turbata. Chiunque lo sarebbe al posto tuo, ma restare qui è troppo pericoloso. Dobbiamo muoverci!» La sua voce suona roca, come se fosse estremamente stanco.
«Lo so, ma non ho la più pallida idea di dove andare! Mia madre mi ha condotta fino a qui. Ora che ti ho trovato, non so cosa fare per uscire da questa dimensione.» Stringo i pugni fino a conficcare le unghie nel palmo della mano dalla frustrazione. «Siamo condannati, lo vuoi capire?»
Lui si para di fronte a me prendendomi il viso tra le mani con decisione. «Maledizione, guardami! Te lo assicuro, so perfettamente come ti senti, ma non possiamo arrenderci. Se siamo qui c'è un motivo, ed è lo stesso per cui non siamo stati inghiottiti da quella fottuta voragine.» Mentre parla nei suoi occhi scorgo una strana scintilla di determinazione, «Ora porti il tuo bel fondoschiena fuori da qui, insieme a me, e poi decidiamo cosa fare.» dicendo questo, sfodera uno dei suoi migliori mezzi sorrisi da idiota, per essere il più convincente possibile.
«Ok, tralasciando il dubbio apprezzamento sul mio sedere, hai ragione, dobbiamo andare, muoviamoci.» È sorprendente come anche in un momento come questo, riesca a trovare il modo di punzecchiarmi, ma non abbiamo tempo per discutere. Se mai riuscissimo a sopravvivere a questo Inferno, avrò tutto il tempo per arrabbiarmi.
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