Capitolo 17

Tobias



Gli occhi turbati del dottor Hamilton, non vogliono lasciare la mia mente. In quegli istanti sembrava potermi vedere. Non posso credere sia il padre di Natalie.

Nonostante i fatti accaduti mi abbiano lasciato molto scosso, continuo imperterrito a seguire Chris, con la speranza di trovare quanti più dettagli possibili sulla sera dell'incidente. È appena salito su una limousine nera e io con lui. «Mi porti al Mon cheri!»

Il proprietario del locale, Lucas, è un nostro fornitore da molti anni. Da quando le redini erano in mano a mio padre, la sua merce è sempre stata la migliore sul mercato: la fa arrivare direttamente dalla Colombia e dalla Bolivia sui suoi aerei privati.

I carichi vengono ben nascosti in grosse quantità di cemento, sottoforma di mattoni, che vengono ben impilati su bancali e sigillati con cura. Cosparsi di candeggina, per evitare che i cani anti droga sentano l'odore. Infine, vengono caricati sugli aerei privati e trasportati fino qua a Baltimora.

Quando arrivano, vengono messi in un magazzino apposito dove i mattoni vengono poi spaccati per tirare fuori i pacchetti. Dopo si passa alla fase con l'assaggiatore, di solito una persona emarginata con precedenti e dipendente da stupefacenti. In modo tale che, se la cocaina è tagliata male, o ci sono problemi, nessuno si farà domande se sparisce dalla circolazione. Dopo "l'assaggio", se non ci ha lasciato le penne, e trascorse settantadue ore, viene smistata e messa sul mercato.

Lui, per lo Stato Americano è un imprenditore, con a carico varie ditte di costruzione di edifici. Per questo nessuno si fa troppe domande sulle quantità di mattoni che arrivano.

Arrivati al Mon Cheri, Chris saluta il butta fuori con un cenno di capo. Attraversiamo il lungo corridoio dalle pareti nere che porta all'enorme stanza principale, dove avviene tutto il divertimento.

I grossi impresari di Baltimora vengono qui a sbizzarrire le loro perversioni più oscure. A terra, ci sono dei cubi rialzati e su di essi dal soffitto scendono lunghe cinghie di cuoio, alle quali sono legate donne e uomini chiamati slave: sono come degli schiavi completamente asserviti ai loro padroni, soddisfano le proprie perversioni sadiche e quelle dei loro padroni.

C'è chi, invece, sta comodo sui divanetti in pelle rossa, ad ammirare tutto. E chi sta al bar ad aspettare di incontrare qualcuno che vada bene per i loro scopi.

Ai lati della stanza, ci sono le stanze a colori. Verde per il divertimento più soft, giallo per l'intermedio e rosso per chi possiede molto coraggio o grossi problemi a parer mio. Tutto illuminato solo da candele, che creano la giusta atmosfera.

Scendiamo le scale a chiocciola dietro al bar, che portano al sotterraneo, dove si concludono tutti gli affari o almeno la maggior parte.Troviamo Lucas, su uno dei grossi divani in pelle rossa, con al guinzaglio la sua slave preferita, seduta per terra proprio come un cagnolino. È una donna sulla trentina, con una treccia, di capelli biondo platino, che le ricade sulla schiena nuda. Indossa solo delle mutandine striminzite e lo sguardo rivolto verso il basso.

«Oh finalmente sei arrivato, prego siediti. Vuoi che ti faccio portare qualcosa di particolare 'sta sera?» esclama Lucas con aria divertita.

«No, grazie. Non mi serve un cane al guinzaglio, altrimenti sarei andato a comprarne uno tempo fa». A Chris, questo tipo di giochetti non piacciono, li trova malati e senza senso.

«Allora, Chris, dov'è il nostro Tobias? Lo hai lasciato a divertirsi di sopra?»

Mi lasciano sorpreso queste parole, pensavo lo sapessero tutti dell'accaduto.

«Questa sera non è riuscito a venire, deve finire delle faccende con dei compratori». A queste parole, Chris serra la mascella e stringe i pugni sulle cosce. Le vene delle braccia, sembrano voler scoppiare e il suo sguardo si incupisce.

«Bene, allora passiamo agli affari. Il carico è arrivato ieri sera, è già tutto pronto per essere venduto. Questa volta, abbiamo voluto provare una nuova "formula". Con l'assaggiatore è filato tutto liscio, che dici, Chris, ci stai?»

Lui si alza dal divanetto e si piazza in piedi davanti a Lucas dicendo: «Andata! Però cerca di non gonfiare più il prezzo, altrimenti il gioco non vale la candela.»

Si stringono la mano e Lucas ordina da bere. «Portaci due cognac con ghiaccio», poi aggiunge con sguardo sornione: «e anche, un paio delle nostre migliori ragazze», facendo l'occhiolino a Chris.

Improvvisamente, fitte lancinanti mi centrano il petto, e d'istinto porto la mano su di esso. Scariche di dolore si percuotono in tutto il corpo. La stanza sembra rimpicciolire, non riesco più a respirare, sto soffocando.

Chiudo gli occhi per cercare di calmarmi, sento tutto girare e improvvisamente mi trovo in ospedale, ai piedi del letto, dove il mio corpo giace immobile.

Il monitor si ferma di colpo: non c'è più battito. In tutta la stanza risuona un allarme, delle infermiere entrano precipitandosi sul mio corpo. «È in arresto! Chiamate il dottor Hamilton!» urla decisa una di loro.

Non riesco più a reggermi in piedi, le mie forze stanno scemando. Sento delle pressioni al petto. Stanno cercando di rianimarmi, ma è come se un enorme macigno mi schiacciasse.

«Il defibrillatore, veloci. Uno, due, tre, libera! Non funziona, aumentate la scarica! Uno, due, tre, libera!»

Sento il petto bruciare, la vista mi si appanna.

Sento la voce del dottor Hamilton che urla alle infermiere: «Avvisate immediatamente la sala operatoria! Bisogna fermare l'emorraggia cerebrale. Non lo lascerò morire...»

Il dottore sembra avermi visto, qui, sul pavimento di questa stanza e mi mima qualcosa con le labbra. Ma il buio mi inghiotte, percepisco solo il vuoto, i dolori sono cessati. Forse è questa la morte...

Angolo autrici

Ci teniamo a ringraziare tutte le nostre lettrici e lettori. Senza di voi questo non sarebbe possibile, siete voi, con i vostri commenti e l'aumentare delle letture, che ci date la spinta per continuare con questo racconto ❤️
Siamo arrivati a una parte decisiva della storia, da questo momento in poi ci saranno dei capitoli importanti.
Fateci sapere cosa ne pensate 😘

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