5. A Hard Day Night
Capitolo V. A Hard Day Night
Caotico come un piccolo tornado in un vicolo ventoso della città – che raccoglie foglie e sporcizia in un vortice lento ma comunque inarrestabile, il cervello di Peter esplodeva. Di tante cose, in verità: sensi di colpa, disillusione ma soprattutto attesa. C'erano state parole, il giorno prima, per cui Peter aveva chiesto una sorta di assicurazione, perché lo sapeva – sì che lo sapeva, quanto quel «Chiuso con me», in verità, fosse più una certezza che solo una mera minaccia per tenerlo buono. C'era stata, in quella frase, l'impulsivo bisogno di dimostrargli quanto in verità, tra loro, le cose non funzionassero più allo stesso modo. Quanto, in verità, tutta quella situazione in cui si erano ritrovati a cercare di incollare cocci rotti nelle missioni più semplici, li stesse dividendo.
Quando tornarono al quartier generale, si presentò più o meno la stessa scena di due sere prima. Entrarono in laboratorio e Tony si tolse l'armatura picchiettando adirato contro il reattore al centro del petto. Peter lo seguì a ruota, togliendosi la maschera, prendendo un gran respiro, perché quella valanga di merda lo stava per sommergere, e prima di morire soffocato dalla stessa, aveva tutte le intenzioni di tutelarsi. Lo conosceva, Tony. Forse molto più di quanto Tony lo conoscesse a sua volta...
«Dammi solo una ragione. Una sola, Peter, per non perdere il controllo!», esordì Tony, le mani nei capelli; falangi infilate tra le ciocche corvine che gli si erano appiccicate alla fronte, mentre portava il casco.
«Ho le prove! Il mio drone ha registrato tutto e ho visto chiaramente che c-»
«Anche l'altro drone ha registrato tutto! Persino il fatto che Spider-Man era lì, a spiare chiunque fosse in quel capannone! E tu non sei nemmeno scappato!»
«Quando sono caduto, l'impatto col terreno mi ha mozzato il respiro! Mi serviva aria, stavo per soffocare e non ho fatto in tempo a spostarmi!»
«Oh, quanto mi dispiace. Deve averti fatto molto male, immagino», ironizzò Tony, mettendo su un'espressione derisoria, «Il drone avrebbe dovuto aspettare che ti sentissi meglio e poi iniziare la registrazione che di certo ti ha immortalato, eh?»
«Ma tu l'hai distrutto! Hanno perso quelle immagini!»
«Sono droni DVR. Registrano su un hard disk a distanza che salva le immagini, razza di idiota! Chiunque ci sia dietro questa faccenda ora sa che Spider-Man era lì, e sai questo che significa?» Tony si avvicinò lentamente, minaccioso, ma Peter non si mosse, per nulla intimidito da quel comportamento. «Che dovrai uscire di scena finché non si troverà un modo per risolvere la cosa senza che nessuno ci vada di mezzo, le immagini recuperate e distrutte, nella speranza che nel frattempo non vengano divulgate a metà della malavita di New York, che avrebbe un immenso piacere nell'infilarti una pallottola in testa, al quale, guarda un po', non sei immune! Per non parlare poi del Daily Bugle! Chissà quante ne avranno da dire...! Gli hai dato talmente tanto spunto per nuovi articoli assurdi che nemmeno io riesco ad immaginarmi cosa potrebbero mai inventarsi, stavolta, per metterti in cattiva luce! Sparire non ti terrà solo in vita, ma conserverà quel briciolo di dignità che possiedi ancora, anche se dubito fortemente tu ne abbia ancora una, Peter!»
Peter cercò di non mostrarsi troppo colpito al cuore, da quelle parole e, serrando i pugni lungo i fianchi, alzò il mento e ignorò la metà delle parole che Tony aveva speso nel rifilargli quella paternale. «Non esiste che io mi metta da parte proprio ora! Ho visto cosa c'era lì dentro, il mio drone ha le prove che servono. Vi servo per la missione; ne ho fatto parte e non ho c'è niente che pos-»
«Ti sei esposto! Stavolta per davvero! Dici che non ti serve una baby sitter, vuoi che ti dia fiducia; bene, non hai avuto né una cosa, né l'altra. La mia fiducia non l'avrai mai più, dopo questo exploit!»
«Aspetta!», esclamò, e fece un passo avanti, quando Tony gli diede le spalle, tremando per la rabbia e forse per la tensione che gli si era attaccata alla schiena come un cappotto di nervi tesi, da quando erano rientrati. «Che vuol... che accidenti stai dicendo?»
Quando Tony si voltò fu quasi irriconoscibile. Se Peter era convinto che in quei due anni aveva raccolto l'essenza del ragazzo di cui si era innamorato, in quel secondo e mezzo in cui aveva incontrato i suoi occhi iniettati di rabbia e delusione, capì che non era così. Che Tony non era solo ciò che conosceva, che non era solo quello che aveva lasciato e che, anche se con fatica, alla fine era tornato. Tony era orgoglio, egoismo, arroganza e opportunismo. Mai con lui, certo, ma ora sembrava solo un recipiente di oscurità e di sentimenti graffianti. Stavolta rivolti anche a lui.
«Sto dicendo che hai chiuso; non con gli Avengers, e nemmeno con Fury probabilmente, ma con me! Dal lato professionale e dal lato umano, se te lo stai chiedendo, ma immagino non ci sia bisogno di specificarlo, no?»
«Mi... mi stai lasciando?», La voce di Peter si era ridotta ad un sibilo impercettibile, troppo basso a confronto di quelle urla che si erano scambiati fino a un momento prima, dove non avrebbe mai creduto che la situazione avrebbe preso proprio quella piega. Di nuovo.
«Non posso accollarmi il peso di qualcuno che non sa prendere una decisione senza combinare un numero indefinibile di casini! Ogni missione è una cazzo di bomba ad orologeria e tu non hai il buonsenso e un briciolo di razionalità per rendertene conto! Hai provato a dimostrarmi che sai cavartela da solo; io ho provato a darti fiducia per l'ennesima volta, sperando che non avresti fallito più e invece continui, inesorabilmente, a farlo! Io non la voglio la tua vita sulla coscienza, e non voglio stare con qualcuno che non sa camminare sulle proprie gambe!», concluse e la mano che aveva alzato per indicarlo – la sinistra, sempre la sinistra – aveva iniziato a tremare, come la sua voce. Vibrazioni di rabbia e stanchezza psicologica; lo sfogo di qualcosa che aveva dentro da troppo – che aveva di certo provato ad ingoiare amaramente per dargli dieci, cento, mille possibilità, ma che ora non era più disposto a concedergli.
«Dammi... dammi un'altra chance! Metterò a posto le cose, stanotte! Troverò quell'hard disk e lo distruggerò, poi scoprirò chi c'è dietro tutto questo e...»
«Cosa!?» Rise senza alcun entusiasmo, poi schioccò la lingua. «Non ne sei in grado! Ti sei fatto registrare e quasi ammazzare da un drone. Un cazzo di drone! Come puoi pretendere di risolvere qualcosa che nemmeno conosciamo in una sola notte? Io... io non ti capisco più! Sei un cazzo di visionario; non hai ancora capito che ti stai arrampicando sugli specchi e che sei patetico, quando lo fai! Hai esaurito le chance, e per come sono fatto te ne ho date anche troppe. Peter, tu mi stai snervando e non posso più sopportarlo. Hai chiuso!», esclamò, prima di superarlo, senza dargli modo di rispondere a quell'accusa, uscendo dalla stanza e sbattendo la porta, collerico.
Peter lo aveva seguito con lo sguardo, spiazzato e ferito, con quella valanga di parole appiccicate alla schiena che pesavano più di qualunque altra cosa. Senti un nodo in gola, che deglutì con una difficoltà disarmante. I suoi occhi indugiarono poi sulla porta chiusa, blindata e, vuoto come un vaso in bilico su un balcone, pronto a cadere giù e a spaccarsi; strinse i pugni e abbassò la testa.
Peter Parker era una delusione continua. Non valeva niente. Non più.
Cercò di riordinare le idee, consapevole che, in ogni caso, avrebbe dovuto fare rapporto sulla missione e affrontare Fury, e molto probabilmente Natasha – che era stata testimone della sua ennesima negligenza, e il casino, l'ennesimo, che era riuscito a combinare. Si passò una mano tra i capelli, mentre l'altra andava a premere il pulsante al centro del petto e gli ammorbidiva la tuta, in modo che potesse toglierla. Se ne sbarazzò, infilandola nello zaino che poi si caricò sulle spalle e, con un peso sullo stomaco e un cerchio alla testa, decise che avrebbe almeno dovuto trovare il coraggio di affrontare i suoi errori, prima di Tony. Quest'ultimo lo avrebbe contattato l'indomani, sperando che la notte potesse portargli consiglio e calmarlo, ma sapeva già che non sarebbe servito a niente. Era troppo consapevole di aver superato il limite, di aver rotto qualcosa. Sapeva che, quel «Chiuso con me», non era stato semplicemente un avvertimento dettato da una rabbia ingestibile, ma la prova palese che Tony stesse covando del rancore e della delusione da tempo e che, a differenza di ciò che avrebbe fatto con chiunque altro, gli aveva dato più chance di quelle che aveva meritato. E questa era stata la punizione, il suo più grande incubo che si avverava. La separazione.
Percorse il lungo corridoio, con la sensazione che la distanza dal laboratorio all'ufficio di Fury si fosse improvvisamente allungata. Gli sembrava di camminare e non muoversi davvero; di non fare un solo passo verso la sua destinazione ma, quando fu di fronte alla porta, quel tratto sembrò paradossalmente durato troppo poco. Prese un lungo respiro e bussò alla porta, entrando quando dall'altra parte gli fu dato il permesso di farlo.
Tony era già lì, a discutere con Fury della notte appena trascorsa. Quando lo vide si zittì e si mise da parte, a braccia incrociate. Peter abbassò la testa, mortificato.
«Insomma, Parker. È successo di nuovo», esordì Fury, e lui si sfilò silenziosamente lo zaino dalle spalle, aprendolo.
«Ho avuto una sensazione e l'ho seguita. Funzionano così, i miei poteri», spiegò, ma si rese conto di aver parlato senza alcun tono di voce, privo di quella scintilla spigliata che sempre lo caratterizzava, anche quando era impacciato di fronte a qualcuno con cui non aveva confidenza. Tirò fuori dallo zaino il drone-ragno e lo poggiò sulla scrivania, di fronte a Fury che reagì come se non lo avesse nemmeno visto, continuando a fissare lui, imperterrito, seduto dietro la sua scrivania.
«Abbiamo già parlato di questo, e mi avevi promesso che se ti fosse servito del tempo per ridimensionarti me lo avresti chiesto. Perché non lo hai fatto?»
«Signor Fury, signore... ho una settimana libera davanti e ho pensato che avrei potuto riposarmi in quel frangente, nel frattempo ho cercato di dare il massimo durante questa ultima missione. Ho combinato un disast-»
«Un disastro? Parker, ti sei quasi fatto scoprire!», lo redarguì Natasha, con le braccia incrociate sotto al seno. Quando Peter alzò la testa per incontrare i suoi occhi, li vide ardere.
Deglutì aria, poi tornò a guardare il suo capo. «Sì, un disastro e per fortuna nessuno si è fatto male e ovviamente mi prendo tutte le responsabilità ma... qui dentro ci sono le prove che cercate. Ho registrato dei movimenti nel capanno e, al suo interno, c'era qualcuno. Magari il drone è anche riuscito a inquadrare la faccia di quel tipo!», esclamò, prendendo tra una mano il dispositivo, mentre l'altra la poggiava a palmo aperto sulla scrivania di Fury. Quest'ultimo prese l'oggetto tra le mani e lo studiò.
«Spero per te che si riveli utile, perché da quello che mi ha detto Stark sanno che dietro a queste indagini ci siamo noi, perché tu ti sei fatto immortalare come una venere di Botticelli dai loro droni», commentò Fury, e sfilò il cappuccio dell'USB del dispositivo, infilandolo subito nel suo portatile già aperto. «E non pensare che questo non avrà delle ripercussioni.»
«Oltretutto non sappiamo se chi c'è dietro abbia intenzioni losche. Sono solo soffiate senza alcun fondamento solido, proprio come l'altra volta. Per quello ci è stato richiesto di indagare senza agire», aggiunse Natasha e Peter tacque, ben sapendo che tutti, nessuno escluso, avessero dannatamente ragione e che la sua unica speranza era riposta in quel file. E il silenzio di Tony lo schiacciava più di qualunque altra cosa; una presenza, accanto a lui, che gli soffiava vento gelido dietro la nuca. Rabbrividì.
«Parker, puoi venire a dare un occhiata, se non ti dispiace?», chiese Fury, ad un tratto e Natasha, dietro di lui, aveva strabuzzato gli occhi – fissi sul monitor e, subito dopo, scosso la testa; il che fu un segnale per nulla positivo.
Lanciò un'occhiata a Tony, che gliela restituì gelida, poi girò intorno alla scrivania e il suo capo fece partire il video. Fu la rappresentazione più fedele del rumore dei televisori a tubo catodico; bianco, disturbante e, disgraziatamente, con nessuna immagine impressa sul video. Nessuna. Niente di niente.
«Che acc- le assicuro che il drone ha registrato tutto quanto! Ha sempre funzionato, non ha mai fallito! Tony... Tony lo sa, lo abbiamo progettato insieme.»
«Questo non significa che sia infallibile!», commentò Tony, indicandolo con un gesto teatrale. «Ti sei solo buttato a capofitto in una missione che non solo abbiamo fallito, ma che ci ha anche smascherati, per colpa tua!», proseguì, a denti stretti, esplodendo dunque come la bomba ad orologeria che era stato fino a quel momento.
«Ho provato a districare il mistero, cercando di acquisire più informazioni possibili! Non era di certo il mio intento, quello di fallire!»
«Ma era una possibilità, e tu non solo non l'hai saputa sfruttare, ma te ne sei fregato delle raccomandazione che io e Natasha ti abbiamo fatto!»
«Ho solo cercato di dare una mano cercando la svolta», controbatté, piccato.
«E invece hai ottenuto un biglietto di sola andata nel database di chissà quale criminale pronto ad ucciderti!», rispose Tony, indicandolo ancora con quel dito accusatorio che ultimamente aveva usato troppo spesso.
«Adesso basta! Non voglio ascoltare due ragazzini delle superiori che litigano e cercano giustificazioni folli ad un problema gravissimo! Stark, esci fuori e fatti un giro. Sei peggio di una piaga e, Parker, la mia fiducia verso di te cala inesorabilmente ad ogni missione. Hai un potenziale incredibile e sei sempre stato uno dei miei uomini migliori, ma ora come ora ti sei instabile e inconcludente. Pericoloso, per te e per noi. Prenditi una pausa da tutto questo e, quando ti sentirai pronto a tornare, lo farai. Fino a quel momento non voglio vederti qui dentro!», sentenziò Fury, categorico e Peter si agitò, sentendo qualcosa incastrarsi in gola quando la porta sbatté violenta, dividendolo ancora da Tony, ogni istante di più.
«No, no! Per favore, le prometto che ce la metterò tutta e che non farò più di testa mia ma, per favore, non... non mi tolga anche questo. Non mi tolga Spider-Man, la prego. È l'unico modo che ho per sentirmi utile a qualcosa.»
Fury gli riservò una lunghissima occhiata severa, poi sospirò. «Sei una brava persona, Parker e so quanto la tua determinazione sia palpabile, reale, ma questa sera hai varcato un limite: quello della tua sicurezza e, di riflesso, la nostra. La copertura per questa missione è saltata, dunque verrà messa in standby fino a data da destinarsi. Goditi la tua settimana di vacanza, visto che è ancora valida, e magari prenditi qualche giorno in più. Ti serve, devi riordinare le idee. Così non puoi lavorare. Non mi fido», concluse e Peter sentì una fitta al petto e una alla schiena. In una sola sera aveva perso la fiducia di tutti, aveva perso Spider-Man e, non meno importante, aveva perso Tony. Si sentì perso, schiacciato, piegato a qualcosa che non poteva più controllare. Non c'era modo di dimostrarsi migliore di quel che era e, sinceramente, non ne aveva nemmeno più la forza. «Mi dispiace», aggiunse Fury, posandogli una mano sulla spalla, quando lo superò per uscire dal suo studio e andare via. Quando sparì dietro la porta, Peter poggiò le mani sulla scrivania e piegò la schiena, con la testa abbassata e un turbine di pensieri ad annichilirlo. Il battito cardiaco a mille, ogni singola vertebra vibrava di rabbia e paura; di fallimento. Di niente.
«Parker», lo chiamò Natasha, e lui sussultò, siccome non si era accorto che lei fosse ancora lì. Alzò la testa e la guardò, trovando un sorriso dispiaciuto colorato di rosso. «Mi dispiace molto. Ti ho dato fiducia, ho pensato che stessimo indugiando troppo su delle indagini sterili e ho trovato la tua proposta di indagare più a fondo un tentativo nobile.»
«E invece è stata la peggiore idea che io abbia mai avuto in vita mia.»
«Sì e no. Sei stato anche sfortunato, solo che a Fury non importa; lo sai, per lui o sei perfetto o sei un incapace. Ci tiene a te, e al tuo potenziale. Se fossi stato qualcun altro ti avrebbe già cacciato via, e invece ti sta dando un'altra possibilità. Vuole che ci rifletti su, che torni solo quando sarai davvero pronto a ricominciare. Non pensare che ti stia tagliando fuori, vuole solo aiutarti.»
«Aiutarmi tagliandomi fuori?» Sbuffò via una risata, per nulla divertito. «Non è così che riuscirà a ridimensionarmi, signorina Romanoff. Togliermi Spider-Man significa togliermi l'unica certezza che ho. Non ho mai chiesto questi poteri, ma li ho e questo significa che devo metterli al servizio di chi non può difendersi da solo. Sarebbe davvero stupido non servirsene.»
«Hai sempre dimostrato un gran senso di giustizia, e un gran coraggio. Ma mai l'amor proprio, Parker. Pensa un po' a te, a te come Peter, intendo. Devi riorganizzarti, e non puoi farlo se sei distratto, perché ci servi concentrato. Quando lo sei, dai il meglio di te e questo lo sai anche tu. Così rischi di farti male e basta», sorrise lei e gli posò una mano sulla spalla; un tentativo di confortarlo che un po' funzionò, anche se aveva ancora incastrato nella gola quel senso di inadeguatezza e di tristezza che quasi gli toglieva il respiro. «Mi dispiace per te e Tony», aggiunse poi Natasha, un po' più impacciata nel parlare di quello, chiaramente non del tutto abituata ad affrontare certe tematiche, specie con lui che era così giovane.
Scosse la testa e cercò di sorridere. «È la persona che ha riposto più fiducia di tutti, è normale che abbia preso una decisione del genere, dopo quello che ho fatto.»
«Ha paura che ti succeda qualcosa di brutto. Non te lo dice, lo sai che non ci riesce, ma te lo ha fatto capire in tutti i modi che non vuole che ti accada niente.»
No, ha paura di avermi sulla coscienza, nel caso morissi per colpa di un errore idiota dei miei, pensò Peter, ma non lo disse. Si limitò ad allargare il suo sorriso, e lei sospirò, lasciandogli andare la spalla.
«Va' a casa a riposare, Parker», gli disse solo, prima di sparire anche lei dietro la porta e lasciandolo solo per davvero, stavolta. Gli rimbombò la testa, e si sentì in trappola. Avrebbe solo voluto combinarne una giusta, e più ci provava e più falliva in quell'intento. Non si riconosceva più.
Continua...
Note autore:
Chi ha già letto la scorsa long avrà pensato: ECCALLA', Miryel lo ha rifatto. Ebbene sì, si sono lasciati un'altra volta ma... in effetti le ragioni sono nel mezzo anche in questo caso, sebbene ho notato che molti di voi abbiano preso più le difese di Tony che quelle di Peter fino ad ora e, in effetti, è giusto. È giusto perché uno come Tony ti dà una possibilità se gli sei simpatico, a Peter ne ha date molte di più perché lo ama, ma... quando la fiducia viene meno, qualcosa si spezza.
Dunque, ora, le parti sono invertite. Se nella scorsa long era Peter a lasciare Tony, qui succede il contrario e sappiamo tutti, ma proprio tutti, che il buon vecchio (qui giovane) Stark è troppo orgoglioso per tornare sui suoi passi. Capito perché questa long sarà di 20 capitoli? Bene! XD
Detto questo vi ringrazio per l'entusiasmo dimostrato, ci vediamo domenica prossima. Fatemi sapere cosa ne pensate, se vi va **
Miry
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