1. All You Need Is Love

Capitolo I. All You Need Is Love

Il suono dello sparo infranse l'aria. La pallottola gli sfiorò per un soffio la guancia. I suoi sensi l'avevano sentita arrivare, così la evitò. La maschera si aprì nel punto esatto dove il piombo l'aveva toccata, e un rivolo di sangue gli bagnò il tessuto rimasto integro. Si pulì la parte lesa con il dorso della mano e, inondato dal calore di un'adrenalina quasi indomabile, tirò una ragnatela e disarmò l'uomo con il passamontagna, che lo fissò inerme. Il compare alzò la sua arma e, puntandogliela addosso, si preparò a fare fuoco. Tony fu più veloce. Comparve alle sue spalle lo bloccò prendendolo sotto le braccia; l'armatura scintillante, appena graffiata in qualche punto.

«Cos'è, ora non ridi più?», sbottò Tony, arrogante. Quello si dimenò sotto la sua stretta e, digrignando i denti, tentò inutilmente di colpirlo con una gomitata. Non ci riuscì, e il suono delle sirene della polizia fu quasi un sollievo, sebbene fosse quasi un peccato porre fine a quel divertimento.

Divertente.

Peter era certo che, l'idea di vedere quelle missioni a quel modo fosse quasi malsano, ma era assurdo come l'adrenalina gli alzasse l'umore e come, stupidamente, lo facesse consapevolizzare di quanto lui e Tony, malgrado tutto, lavorassero bene insieme. «Fine dei giochi, banda Bassotti!», concluse Tony e quelli si ritrovarono ad alzare le mani dietro la testa e ad inginocchiarsi, quando la polizia fece finalmente irruzione nella banca, con un gran baccano di stivali e urla. I dipendenti e i clienti uscirono fuori dai loro nascondigli e, sollevati, vennero scortati dalle forze dell'ordine fuori dall'edificio della Goldman Sachs, ringraziando al loro passaggio i loro due salvatori – Iron Man e Spider-Man, una coppia di eroi decisamente in voga, ultimamente.

«È stato un vero piacere, gente! La prossima volta contate ancora su di noi!», esclamò Peter, facendo un saluto militare e Tony rise.

«Be', speriamo che non ci sia, una prossima volta», disse e gli lanciò un'occhiata che, dietro la maschera, doveva nascondere un gran bel sorriso. Peter non vedeva l'ora di tornare ad essere di nuovo alla normalità, sebbene amasse terribilmente quando diventavano i due giustizieri mascherati e collaboravano facendosi da spalla. Anche se, come al solito, Tony ribadiva che era Spider-Man ad essere un supporto, e lui ovviamente la mente. Peter glielo lasciava credere. Dopotutto l'ego di Iron Man andava alimentato e, sinceramente, sapeva benissimo che non lo pensava davvero. Era una parte di Tony che aveva imparato a conoscere e che, dopotutto, era uno dei motivi per il quale si era innamorato di lui.

«Tre minuti e diciassette secondi, Parker!», lo canzonò, quando uscì fuori da un vicolo, vestito di nuovo come un civile.

Lui sbuffò divertito. «Cosa fai ora, mi cronometri?»

Tony alzò le spalle. «Sei lento a cambiarti. Quella tuta ha un pulsante centrale per sfilarla, perché ogni volta ci metti così tanto a rivestirti?»

«Perché non ho un pulsante che mi riveste, ovviamente! Se tu l'avessi implementato, ora non saremmo qui a discutere su questi preziosissimi tre minuti che ti ho fatto perdere, Stark!», rispose, alzando le sopracciglia.

«Ma quanto parli, Parker?», si lamentò Tony e, dopo essersi lanciati un lungo sguardo privo di alcuna espressione, scoppiarono a ridere e si incamminarono verso casa.

Due anni, tre mesi e quattordici giorni; ecco da quanto durava quella relazione e, sinceramente, per Peter non sembrava passato poi così tanto tempo, in effetti. Era vero che avevano passato quasi un anno divisi, quando si erano lasciati – anzi, quando lui aveva lasciato Tony, per una serie di motivi riconducibili a un periodo straziante e che, entrambi, avrebbero preferito dimenticare — ma, accantonato quel tempo quasi perso a rincorrersi, era difficile da credere che fossero già passati due anni. Era quasi... assurdo, specie se si pensava che le vecchie relazioni di Tony non erano mai durate più di un paio di mesi, se non meno.

Certi pensieri lo facevano sentire in qualche modo importante e aveva smesso di preoccuparsi di deluderlo – di non essere giusto per lui, già da molto tempo. Zia May, poi, aveva capito da sola che tra di loro c'era qualcosa e, un giorno, lo aveva preso da parte e gli aveva detto che non c'era niente di male, ma anzi, Tony era proprio carino e un bravo ragazzo. Insomma, gli aveva dato la sua benedizione; dopotutto, per Peter, era stato un gran bel sollievo sapere che sua zia approvava la sua relazione. Era felice.

«Banner dice che stasera c'è il concerto del gruppo. Abbiamo altri programmi?», chiese Tony, ad un tratto e lo destò da quel groviglio di ricordi.

Scrollò le spalle. «No, nessun programma.»

L'altro gli si parò davanti, ancora il cellulare tra le mani intento a leggere il messaggio di Bruce. Continuò a camminare a ritroso, riuscendo come sempre ad evitare ostacoli pur non vedendoli. Peter a volte si chiedeva se, a forza di passare del tempo insieme, non avesse sviluppato un qualche senso particolare anche lui. Sorrise, accantonando poi quella teoria, quando l'altro parlò di nuovo.

«Allora facciamo così: ti passo a prendere alle sei, ti fai trovare giù senza farmi aspettare troppo e poi andiamo insieme. Il locale dove si esibiranno è sulla centosessantottesima. Ci arriviamo a piedi, da casa tua.»

Peter annuì. «D'accordo. Ci stiamo salutando qui?»

«Arriva il mio autobus, spruzzo di sole. Mi dispiace, dovrai fare a meno della mia presenza per un po', ma non essere triste, okay?», sospirò Tony, mettendo su uno sguardo accattivante dei suoi, che lo fece ridere.

«Cercherò di non piangere troppo, te lo prometto», annuì e, di tutta risposta, l'altro gli regalò un sorriso e un fugace bacio sulle labbra, che Peter accolse ridacchiando.

«Bravo, Robin¹. Ci vediamo dopo», lo salutò Tony e, quando l'autobus infine si fermò poco lontano da loro, salì di corsa, spavaldo come sempre. Irresistibile. Chissà se lo sapeva, che lo era oltremodo. Peter scosse la testa, col cuore caldo e la mente libera. Strinse le spalline dello zaino – il quarto che aveva dovuto comprare quel mese, siccome continuavano a rubarglieli quando li lasciava incustoditi nei vicoli poco sicuri di New York e, rilassato, si avviò verso casa. L'idea più accattivante era quella di salire su un tetto e balzare da un palazzo all'altro per arrivarci ma, a volte, l'idea di camminare invece di volare, era più intrigante. Divideva la sua vita tra il supereroe e il ragazzo normale e, da qualche tempo, era riuscito quasi a vedere Spider-Man come parte integrante di sé, e non una personalità dissociata, come succedeva tempo prima. Qualcosa che, in passato, era stato più un problema che altro ma che, con l'aiuto inconsapevole di Tony e delle loro missioni svolte insieme, era riuscito a valicare. Tony era in tutto e per tutto parte integrante della sua esistenza. Erano amanti, amici e quasi due fratelli, per come erano entrati in simbiosi e, per qualche ragione, Peter era convinto che, quel ragazzo di cui si era innamorato, fosse una sorta di angelo custode che qualcuno, lassù, aveva deciso di mandare a vegliare su di lui. Era un pensiero stupido e oltremodo romantico, ma non poteva fare a meno di pensarla così, quella relazione.

Avevano entrambi iniziato l'università – Tony un anno prima, siccome era più grande di nove mesi. Entrambi erano riusciti ad entrare al MIT e, malgrado si vedessero praticamente ogni giorno, quella relazione non aveva mai smesso di ardere come il primo istante. Peter continuava a pensare a lui col cuore che batteva forte.

Raggiunse il portone di casa e entrò. Salì fino al suo appartamento, dove zia May era intenta a preparare una cena che, dall'odore forte, doveva aver appena bruciato. Stava attaccata allo smartphone, sicuramente impegnata in qualche conversazione con Happy – sì, Happy Hogan, il tutore legale di Tony, con cui a quanto pareva May aveva intrapreso una specie di relazione segreta, non più segreta, che lui e Tony avevano sgamato con una facilità disarmante. Iron Man era estremamente divertito dalla cosa e, più volte gli aveva detto "Uh, stiamo per diventare parenti, Parker! Se si sposano, finiamo per diventare fratellastri". Idiota. Che idiota.

«May, cosa sta bruciando?», chiese e la donna alzò lo sguardo dal telefono, sussultando.

«Nulla!», mentì, poi si voltò a guardarlo e accolse con un sorriso il bacio sulla guancia che lui le regalò. «Hai passato una buona giornata all'università?»

«Normale. Studio, laboratorio, gente a cui dare retta. Le solite cose.»

«E Tony?», lo punzecchiò. Peter rise e alzò le spalle, ormai immune a quelle tenere congetture e, dandole un altro bacio sulla guancia, posò lo zaino sul tavolo della cucina.

«Il solito idiota montato. Ha fatto un esame, oggi. Ha preso quasi il massimo e non ha accettato il voto. Dice che qualcuno sta cospirando contro di lui», spiegò.

«Ed è vero?»

«Ovvio che no! Lo sai, è paranoico e pedante. Quando ci si mette è davvero irritante. Dovrebbe smetterla di fare la prima donna.»

May rise, nascondendosi la bocca con la mano libera dal mestolo che stava girando il sugo. Peter era estremamente felice all'idea che per cena non ci sarebbe stato. «Lo è. Un po' prima donna, dico. Senza offesa.»

«Oh, no, e chi si offende. È capitato a me, che altro posso fare se non concordare?», sbuffò, fintamente scocciato, poi risero. «Vado a farmi una doccia. Stasera non ci sono, andiamo al concerto di Banner e gli altri.»

«E la mia carbonara vegetariana?», domandò lei, affranta, mentre Peter si chiedeva se quell'odore nauseabondo potesse in qualche modo dissuaderlo dall'uscire quella sera e rimanere quindi a cena con lei.

«Mi dispiace, abbiamo i posti prenotati», mentì, poi si allontanò e, prima di sparire dietro la porta della sua camera, aggiunse, «Magari poi chiedo a Happy se gli è piaciuta, quando lo vedrò». Peter non era stato in grado di vederla, ma sapeva per certo che sua zia era appena arrossita.

«Stranamente puntuale!», esclamò Tony, quando lo vide scendere dal portone di casa; una mano sul mento, mentre lo squadrava da capo a piedi e poi fischiava. Peter alzò gli occhi al cielo e trattenne una risata.

«Stranamente puntuale?», ripeté, indignato, poi gli si affiancò. «Devo ricordarti il motivo per il quale sono sempre più che puntuale?», domandò, e fu il turno di Tony, quello di sbuffare fintamente scocciato.

«L'ansia, lo so.» Gli regalò un sorriso e un bacio sulle labbra, che Peter accolse con un certo entusiasmo. Si incamminarono verso nord, seguendo una stradina che costeggiava un parco che aveva già sbarrato i suoi cancelli, siccome era già tardo pomeriggio e, con l'arrivo dell'inverno, le giornate si erano accorciate già notevolmente. Peter alzò gli occhi verso l'alto, incontrando con un certo stupore negli occhi, un vanilla sky che gli mozzò quasi il fiato. Non amava particolarmente il freddo e la stagione invernale, era più un tipo fatto per il caldo e l'estate, soprattutto perché ne era nato nel pieno, ma amava le sfumature autunnali che New York offriva, quando non era solo lo scenario di traffico e stress urbano. Tony fece scivolare distrattamente la mano nella sua. La strinse, fingendo che non lo avesse fatto di proposito ma, piuttosto, in un gesto totalmente spontaneo. Peter sorrise leggermente; c'erano delle cose che Tony riusciva ad esternare solo con i gesti – sebbene anche quelli, a volte, non sembravano bastare. In certi casi, però, funzionavano eccome, così Peter strinse la mano nella sua, alleggerito dal tepore di quella stretta.

«Ah, Banner ha detto che non ci sarà molto da mangiare, al locale. Volevano organizzare una specie di buffet in piedi, ma non avevano i soldi per fare anche quello», sbottò Tony, ad un tratto e Peter trasalì.

«Cosa? E quando avevano intenzione di dircelo? Ho una fame da lupi, non ho messo niente sotto ai denti!»

Tony alzò le spalle, senza però slacciare la mano dalla sua. «Ho detto loro che hanno un amico ricco che avrebbe potuto finanziare qualche patatina e dei sandwich, ma Steve ha risposto che dovrei smetterla di tirarmela perché li metto in imbarazzo. Tu pensi che io me la tiri perché sono ricco, Peter?», gli chiese, in un tono particolarmente modesto, sebbene gli si leggeva in faccia che stava fingendo che la cosa lo avesse offeso o che ne fosse rimasto ferito. Lui? Tony Stark?

«Diciamo che la modestia non è il tuo forte e che non perdi tempo a farlo presente un po' a tutti, la maggior parte delle volte», rispose, poi sospirò affranto. «Accidenti, avrei dovuto accettare la carbonara vegana di zia May.»

«Dio, Parker! Devi avere una gran bella fame, per dire una cosa del genere...», rise Tony, e lo squadrò da capo a piedi. «Fammi indovinare, un esperimento per una cena galante con Happy?»

«Penso di sì. Non ha fatto particolari storie quando le ho detto che me ne sarei andato. E immagino che Happy abbia il suo giorno libero, oggi», osservò Peter, che ormai conosceva quasi a memoria gli orari del responsabile della sicurezza di casa Stark – sapeva anche che la password del suo telefono era "password", e questo lo rassicurava sempre pochissimo –, siccome quegli incontri con zia May erano diventati abbastanza frequenti, ormai.

«Bingo!», scandì Tony, poi fece schioccare le labbra e rise. «Te l'ho detto, Peter. Finiranno per sposarsi e noi due ci ritroveremo imparentati.»

«Ogni volta che lo dici mi fai venire i brividi, lo sai?», lo redarguì e Tony scoppiò a ridere, reclinando la testa all'indietro. Peter lo osservò, come faceva ogni volta che lo vedeva così spensierato e divertito. Quando si lasciava andare a quel modo, era la panacea in grado di curare tutti i mali che lo attanagliavano. A volte gli bastava solo questo, per stare meglio.

«Ah!», sbottò Tony, ad un tratto, illuminandosi di immenso. «A proposito di Happy. Domani porta la tuta, ho fatto degli aggiornamenti e volevo inserirli nel sistema. Una cosetta veloce.»

«Di che si tratta?», domandò, e la mano di Tony si strinse di più intorno alla sua, chiaro segno che o era molto preoccupato o avrebbe detto qualcosa che Peter non avrebbe approvato. Ormai conosceva ogni gesto, ogni stretta, ogni contatto meglio di quanto conoscesse se stesso.

«Niente! Tipo un aggiornamento del software, che però ha delle aggiunge nuove. Vedrai, le adorerai!»

«Tony...?» Lo guardò di sottecchi e l'altro alzò gli occhi al cielo, sbuffando. Smascherato, incapace di tenergli nascosto il minimo dettaglio, complice anche il suo senso super-sviluppato, che a volte gli lasciava prevedere persino le bugie, specie – anzi, soprattutto, quelle di Tony. Quest'ultimo si fermò, continuando comunque a tenerlo per mano. Gli riservò un'occhiata strana.

«Cosa pensi che abbia mai fatto, scusa? Ho mai inserito robe strane, nella tua tuta?»

«Sì!», quasi lo interruppe Peter, lapidario, accigliandosi. «Il Protocollo Triciclo, che ho dovuto costringerti a disattivare, siccome eri così convinto ne avessi bisogno e poi, vediamo un po'... ah, sì! Il distorsore vocale che si attivava quando meno me lo aspettavo, e la gente mi prendeva per un maniaco sessuale. Ci hanno scritto un intero articolo sul Daily Bugle, Tony!»

«Be', è stato estremamente divertente! Spider-Man: eroe del quartiere o temuto pederasta? », commentò, e Peter grugnì.

«Senti, è inutile girarci intorno. Dimmelo ora, ne parliamo, e vedrai che si risolverà tutto. Non voglio ritrovarmi a discutere domani e uscire di testa perché ti sei inventato l'ennesima assurdità, Stark!», lo avvisò, e Tony sapeva bene che, quando Peter usava il cognome al posto del nome, parlava più che seriamente. Per questo, forse, gli riservò un'intensissima occhiata, prima di rilassare le spalle e sbuffare, probabilmente colpito e affondato da quella supposizione che, a quanto pareva, si era rivelata veritiera.

«Ah, che palle! Di che accidenti ti preoccupi? Si tratta solo di un software di blocco, Pete!»

«Un software di blocco», ripeté Peter, riducendo gli occhi a due fessure, «Definisci software di blocco», lo incalzò, anche se aveva perfettamente capito di cosa stesse parlando e sperò con tutto il cuore che non fosse così, che non era quello che pensava.

«Un software di blocco! Tipo... tipo un controllo a distanza che blocca tutto, e ti salva la vita.»

Peter sbuffò divertito, sebbene in quella risata ci fosse tutt'altro che ilarità e Tony parve accorgersene. «Come può un software che blocca tutto, salvarmi la vita? Intendi dire che – non so, nel bel mezzo di un combattimento, se io faccio qualcosa che non approvi, tu mi blocchi le funzioni? È così?»

«Sì a tutto, a parte al fatto che io ti possa bloccare nel bel mezzo di una battaglia!»

«Be', in teoria puoi farlo, se hai il controllo a distanza di una diavoleria del genere, no?»

«In teoria tutto è possibile, Peter! È la pratica che non funziona. Pensi davvero che sarei capace di fare una cosa del genere, mentre stiamo, che ne so, sventando una rapina? Io? Andiamo, sii un po' fiducioso, ogni tanto!»

«E allora perché vuoi inserire una cosa del genere nella mia tuta, se non per avere il totale controllo delle mie azioni quando sono Spider-Man?», farfugliò e Tony grugnì un insulto tra i denti, rivolto a quella situazione che si era andata a creare. Sì, perché Tony odiava litigare; odiava farlo in generale, ma con Peter era qualcosa che lo mandava fuori di melone. Glielo diceva sempre, che era così. Che se avesse potuto, avrebbe evitato a piè pari ogni stracazzo di litigata che avevano già intrapreso. Che lo reputava inutile, tutto quel flusso di parole che si vomitavano addosso. Peter ogni volta gli rispondeva che, per colpa del dialogo negato e le litigate represse, si erano lasciati due anni prima, e lui si zittiva, dandogli inconsapevolmente ragione.

«Non c'è nessuna ragione», gli rispose, alzando le spalle e Peter gli lasciò la mano, accigliandosi. Si fermò e lo fronteggiò.

«Tony, mi sto incazzando», disse, e seppe di averlo detto con la stessa convinzione di un peluche di stoffa dagli occhioni grandi, ma era arrabbiato sul serio. Mosse qualche passo di lato, quando Tony sbuffò di nuovo e, se possibile, lo innervosì di più.

«Ascolta, Spider-Man», iniziò, e incrociò le braccia al petto, «Non ho alcuna intenzione né di discutere né tanto meno di mentirti. Si tratta solo di una precauzione; una semplice, stupida, stracazzo di precauzione, nel caso ti succedesse qualcosa e avessi bisogno di bloccare la corrente elettrica, se andasse in corto. Tutto qui! Non ci sono secondi fini, Parker. Non voglio il controllo su di te, sulle tue azioni né tantomeno sulla tua tuta.» Peter si ritrovò ad alzare un sopracciglio, scettico, incrociando anche lui le braccia al petto. Tony lo fissava con quella sua insopportabile fretta di chiudere quella discussione. Qualcosa che lo mandava fuori di testa. «Eddai, smettila di guardarmi così!», lo rimproverò, e Peter alzò gli occhi al cielo, sbuffando. Tony gli prese le mani e gli lasciò un sorriso da ammirare che, malgrado tutto, gli alleggerì un po' quella collera che gli stava già arrovellando le viscere. «È solo una precauzione, Pete. Tutto qui. Non lo userò a meno che non sia strettamente necessario. È solo una sicurezza in più.»

«Okay, d'accordo», sospirò, vinto da quelle moine che Tony era così bravo a fargli. «E che... a volte sembra che tu voglia babysittarmi e la cosa non mi piace per niente. Mi fa sentire...»

«Non dirlo! Peter, non dirlo. Lo sai quanto mi fa incazzare quando lo dici! Chiudiamola qui e», lo bloccò, smorzando il fastidio in uno sbuffo lunghissimo, che si trasformò poi in un sorriso, «Pensa alla prossima settimana. Io, te, Malibù, il mare, la spiaggia, un letto matrimoniale, la colazione in camera e i biscotti gluten free! Come puoi uscire di senno, di fronte ad una prospettiva simile?», gli domandò.

Peter ebbe giusto il tempo di rispondere con «Hai ragione», prima di accogliere un bacio sulle labbra, atto di certo solo a chiudere lì quella discussione che avevano intrapreso e che a nessuno dei due andava di proseguire. O, almeno, non a Tony. Peter odiava dover accantonare quei tentativi di chiarire, ma a volte si rendeva conto che non sempre era necessario continuare a vomitarsi addosso astio e vecchi rancori.

Mi fai sentire inferiore, ecco cosa avrebbe voluto dirgli. Perché, dopotutto, Peter non poteva fare a meno di sentirsi così, quando Tony gli riservava certi atteggiamenti che non avevano nulla a che vedere con la voglia di proteggerlo. Sembravano più tentativi di renderlo tutt'altro che un suo pari. Ovvio che non fosse così ma, certe volte, era difficile crederci al cento per cento. Colpa di Tony, dei suoi atteggiamenti enigmatici non sempre comprensibili e, soprattutto, colpa sua e dei suoi complessi di inferiorità. Si mandò al diavolo da solo, approfondendo quel bacio – tentativo apprezzato di lasciarsi scivolare alle spalle tutte quelle insicurezze. Mancava una settimana alla loro vacanza a Malibù e, sinceramente, non vedeva l'ora di partire e rilassarsi, chiudere il cervello, dimenticare gli esame e le responsabilità, zia May e i suoi piatti bruciati e tutto il resto.

Sentiva già il mare fare da colonna sonora, in lontananza, mentre il resto taceva e si dimenticava di loro. Non vedeva sinceramente l'ora di partire.

Continua...

Note Autore:

Salve a tutti! Ebbene sì, non so quanti di voi si aspettassero una cosa del genere o quanti di voi hanno letto la prima long, ma eccomi qui con il primo capitolo del seguito di You Say Goodbye, I Say Hello. In verità non c'è nemmeno bisogno di aver letto la prima, ma in caso, se vi fa piacere darle una sbirciata, la trovate sul mio profilo! 

Tecnicamente l'idea del seguito era nata come la voglia di scrivere una One Shot dedicata al "dopo", poi è evoluta in minilong, poi in long e... be', vi posso solo anticipare che saranno all'incirca 20 capitoli (arrotondate per eccesso, credetemi XD) e che per ora ne ho scritti 11, dunque vi prometto che gli aggiornamenti saranno costanti! Ho deciso di pubblicarla prima di finirla per un semplice motivo: volevo sapere se l'idea era interessante, se poteva attrarre, se vi faceva piacere leggere un seguito e un riscontro fatto di consigli e proposte ♥ 

Per ora ve lo do in pasto, sperando vi sia piaciuto! Un abbraccio a tutti!

Miry

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