Non c'è più niente.

Mi svegliai con un penetrante dolore alla scapola, da togliermi il fiato. Quando aprii lentamente gli occhi ero a terra in una stanza vuota e completamente coperta di vegetazione. Sentivo l'odore pungente di quelle piante pizzicarmi il naso. L'ambiente era buio, ma da una finestra entravano dei raggi di una luce fosca. Percepivo il sapore metallico del sangue in gola, deglutii tentando di scacciarlo.

«Oh, si è svegliata» sentii dire. Un paio di figure corsero verso di me. Ci misi un attimo a metterle a fuoco. Emily mi aiutò a sedermi; Andrea mi fissava preoccupato senza sapere cosa dire. Nemmeno loro erano del tutto incolumi: Andrea aveva un grosso taglio in testa che si perdeva tra i riccioli scuri. Erano entrambi coperti di fuliggine e di bruciature. Emily si teneva il braccio cercando di inspirare a fondo. I capelli castani a onde della ragazza erano coperti di polvere, tanto che parevano grigi, come quelli di una strega. Il loro sguardo spaventato fece crescere ancora di più l'angoscia in me.

«Forse in tre ce la facciamo a liberare Maggie e la prof» propose Andrea. Io lo guardai stupita. Lui corse in fondo alla stanza e mi mostrò un'asse di metallo con strisce gialle e rosse che tagliava l'ambiente in due. Le sue dimensioni erano sproporzionate rispetto alla sala in cui ci trovavamo.

«Da dove è caduta?» chiesi perplessa guardando il soffitto che non mostrava alcun segno di rottura.

«Non ne ho idea» confessò Andrea allargando le braccia. Ci avvicinammo alla trave e tentammo di sollevarla, ma era veramente pesantissima. La spalla mi lanciava fitte profonde quando cercavo di fare forza, ma non lo dissi ad alta voce, perché mi vergognavo.

«Serve una mano?» una figura impolverata stava sulla porta immobile. Una parte di me sperò che si trattasse di Daniele: nonostante avesse riso di me, ero in ansia per la sua sorte. Invece, Giorgio si fece avanti. Mi persi a guardarlo mentre riprendevo fiato: alto, occhi e carnagione scuri, capelli a spazzola ingrigiti dalla polvere. Non sembrava avere ferite gravi, ma zoppicava leggermente.

Ci raggiunse e provò a sollevare con noi senza successo. Quindi suggerì di disporci diversamente. Aveva sempre avuto la stoffa del leader. Era rappresentante di classe, solitamente volontario se c'era da parlare per tutti con qualche professore o col preside. Ne combinava anche lui, ma aveva un'indole tale che riusciva spesso a farla franca. Tutti in classe sapevano che era stato presente quando avevano fatto esplodere il radiatore dell'auto della professoressa Damiani con alcuni petardi. Alla fine, nessuno di noi aveva fatto la spia. Io pensavo che si fosse autoconsegnato chiedendo scusa anche a nome dei compagni di cui però non aveva fatto i nomi.

«Ci serve qualcosa per fare leva. Andrea, vieni con me, se ci dividiamo facciamo prima» aggiunse sparendo nel corridoio. Maggie cominciò a tossire. Emily scavalcò la trave e tentò di avvicinarsi per vedere come stava. Io rimasi lì a guardarle preoccupata. Mi voltai verso la prof, non capivo se fosse ferita: era ancora incosciente.

Odiavo la regola n° 2 della scuola: era quella che mi creava più problemi. "Insegnanti e studenti sono nemici, due squadre distinte e i secchioni, i preferiti sono delle spie". Ero brava a scuola e di solito piacevo alle prof, almeno ad alcune di loro. La regola n° 2 però era chiarissima e non volevo essere bollata come spia. L'unica maniera in cui potevi essere tollerato, se eri bravo, era passare i compiti se te lo chiedevano, sia prima delle lezioni che durante i test. Ogni volta ero talmente nervosa a dover fare quelle manovre: incrociavo le dita sperando che nessuno mi chiedesse nulla. Andrea e Giorgio tornarono in quell'istante con alcune sbarre di metallo.

«Riuscite a infilarvi là sotto? Così aiutate Maggie»

Raggiunsi Emily. Andrea e Giorgio puntellarono la struttura e la sollevarono molto lentamente. Andrea era tutto rosso in volto per lo sforzo, ma non batté ciglio. Alla fine, sollevammo Maggie e la supportammo mentre scavalcava. La appoggiammo a terra con la schiena contro il muro.

«Come stai?» le chiesi impaziente.

«Meglio che là sotto» aggiunse tossendo. «Vai ad aiutarli!»

Maggie mi spinse via prima che potessi risponderle: il suo spirito di reazione mi stupì. Non la conoscevo benissimo: in effetti nell'ultimo anno ero stata quasi solo con Valentina, però mi pareva simpatica. Aveva un gran senso dell'umorismo e una risata contagiosa; le sorrisi e corsi verso gli altri.

«Ce la fai a tenere la sbarra? Aiuto Emily a liberare la prof.» disse Giorgio parlando lentamente, come sotto sforzo. Prima che potessi rispondergli, mi trovai quell'asta tra le mani: il contraccolpo fu notevole e la trave scivolò verso il basso. L'insegnante emise un lamento e spalancò gli occhi. Mi gettai con tutto il mio peso sull'asta e la struttura tornò a sollevarsi. Mi maledissi mentalmente: le avevo di sicuro procurato dolore. Perché riuscivo a fare danni ovunque?

«Abbiamo quasi fatto, Anna, respira» suggerì Andrea che credo avesse visto lo sforzo che mi comportava. Quando l'insegnante fu in piedi a fianco della trave, Giorgio ci fece un cenno e lasciammo all'improvviso. Caddi a terra malamente, inspirando a fondo. Andrea mi batté sulla spalla in segno di incoraggiamento. Nessuno dei due aveva fiato per parlare. Nascosi la faccia tra le mani, tentando di riportare normale il battito del cuore. La spalla mi dava delle fitte allucinanti.

«Sei stata grande. Se vuoi saperlo, hai sollevato più di Giorgio» disse Andrea ridendo. Mi strappò un sorriso.

«Sempre se non ho spappolato la milza alla prof.» puntualizzai. Lei ci invitò ad avvicinarci: Maggie era seduta al suo fianco. Ci contò velocemente.

«Mancano Michele e Daniele» la anticipò Giorgio.

«Sono partiti come dei razzi prima che esplodesse tutto, forse sono caduti più avanti» ipotizzò Andrea.

«Andate a cercarli, per piacere, e mi raccomando di non perdervi. Non vi allontanate troppo!» Sembrava esausta. Ci dirigemmo tutti e quattro verso la porta.

«Anna!» La prof mi richiamò. «Siediti un attimo per favore, sei bianca come un lenzuolo.» In effetti mi girava un po' la testa. «Non è il momento di svenire» aggiunse battendo la mano accanto a lei. Sospirai, mi feci coraggio e mi misi a sedere dove indicato. «Ora potete spiegarmi perché quella trave è lì?»

«Non lo so, non ha senso. Le altre tubature in questa stanza sono coperte di vegetazione o ruggine. Quella trave invece no, sembra fuori posto qui: è solo annerita dall'esplosione. Credo fosse una di quelle che sosteneva la caldaia.»

«La caldaia dov'è?» chiese Maggie.

La prof inspirò profondamente cercando di attenuare il dolore di una fitta. «In vent'anni di servizio, mai capitato niente del genere in una gita. E vi assicuro che non era la prima volta che vedevo una centrale termoelettrica.» Sembrava sul punto di crollare.

«Troveranno Michele e Daniele. Sono come scimmie quei due!» disse Maggie per allentare la tensione. La professoressa si concesse un sorriso. Io guardavo solo la porta senza sapere cosa sperare.

La sua risata in reazione alla mia caduta mi bruciava e non era la prima volta che mi umiliava. Maledetta me e quel bigliettino che gli avevo fatto avere da Valentina. E lui l'aveva mostrato alla classe, quasi fosse un trofeo, poi si erano messi tutti a ridere. Anche Valentina aveva riso. Che cosa mi era passato per la testa! Eppure, era stato lui a iniziare quel giro di bigliettini.

Vuoi stare con me? Sì, casella. No, casella.

Mi era sembrato un modo abbastanza indolore per capire se l'interesse fosse corrisposto. Che stupida che ero stata! Però quando lui aveva dato un biglietto simile per Giorgio a un'altra compagna di classe, nessuno aveva riso. O forse sì? Non ci avevo fatto caso. Mi ero gettata in quella folle impresa senza pensarci troppo, temendo di non avere più il coraggio e così avevo fatto un bel passo falso, l'ennesimo. Non facevo che sbagliare. I primi due anni di medie ero stata più brava, mi ero mossa coi piedi di piombo ed ero giunta incolume a fine anno senza precipitare in nessun scandalo. Avevo navigato a vista ed ero arrivata in porto sana e salva. In terza molte dinamiche erano cambiate. Non ero più così razionale e stavo combinando solo casini.

«Mi dispiace che mi sia scappata la trave.»

«Tranquilla. Ho capito il gioco di Giorgio, ma il radiatore della macchina me lo paga comunque» aggiunse la Damiani con piglio severo. Io e Maggie scoppiammo a ridere. «È notte, fuori?»

Io mi sporsi a guardare, ma non vedevo molto. Allora valutai che potevo salire sulla trave per dare un'occhiata. «C'è la luna» dissi sconcertata mettendomi seduta sulla sbarra.

«Erano le dieci del mattino quando siamo entrati, perché i soccorsi non sono ancora arrivati?» si chiese perplessa la prof.

«Non sono sicuro che arriveranno.» La voce di Giorgio richiamò la nostra attenzione. La professoressa Damiani lo guardò torva. La buona notizia era che almeno avevano trovato Michele e Daniele ed erano vivi. Michele aveva un lungo graffio sul ginocchio e si teneva a Daniele per camminare. La Damiani si alzò in piedi appoggiandosi al muro. Inspirò a fondo prima di rimettersi dritta.

«Deve vedere coi suoi occhi, prof!» intervenne Daniele. Era così cupo in volto, lui che era sempre solare.

«Siamo usciti a controllare: non vi trovavamo da nessuna parte, siamo arrivati fino al fiume e poi siamo tornati indietro» aggiunse Michele.

La prof si incamminò verso la porta. Giorgio tentò di aiutarla, ma lei alzò le mani piccata. «Andate avanti!»

Emily ci guidò fuori dalla stanza con gli occhi lucidi.

«Cosa c'è di così spaventoso?» le chiese Maggie.

«Non c'è più niente: è questa la cosa spaventosa»

Io la guardai perplessa. Giorgio tenne la porta aperta e uscimmo tutti all'esterno.






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