«Monica. Ehi, Monica.»
Una fitta lancinante le attraversò la testa. La donna strizzò gli occhi cercando di mettere a fuoco la stanza e, accanto a lei, si andò delineando la figura di uno sconosciuto.
«Monica, sono io, Nicola.»
La nebbia cominciò a dissolversi lentamente mentre il mal di testa si intensificava ogni istante di più. Monica strinse gli occhi, si mosse faticosamente e prese coscienza della mano di quell'uomo che stringeva la sua. La voce le uscì dalle labbra incerta e impastata. Le prime parole sembrarono senza senso, balbettii di chi non riesce a formulare i suoni giusti, finché non si distinsero tre parole confuse.
«Chi è lei?»
Lo sguardo dell'uomo si spostò da Monica alla donna in camice azzurro dalla parte opposta del letto.
«Monica, sono la Dottoressa Abete. Sai dirmi che giorno è oggi?»
«Aprile?»
«In che anno siamo?» La dottoressa le puntò una luce negli occhi e ne osservò i movimenti.
«Non...» Monica si agitò visibilmente. Il suono ritmico dell'elettrocardiogramma accelerò fino a diventare angosciante. La sua voce venne spezzata dai singhiozzi.
«Io non lo so.»
«Calmati, non ti agitare. È normale all'inizio, ci vuole tempo.»
La dottoressa si allontanò un istante per parlare a voce bassa con quell'uomo che continuava a gettare occhiate preoccupate verso di lei.
Quando tornò vicino al letto, lo sconosciuto le prese la mano. I suoi occhi erano blu e profondi come l'oceano e la sua voce dolce e delicata.
«Monica, tre giorni fa hai avuto un versamento cerebrale. È stato totalmente rimosso, ma ora dobbiamo avere pazienza e vedere se la memoria tornerà poco alla volta. Sono con te, stai tranquilla, ok?»
«Sì, ma...»
«Sono tuo marito.»
Gli occhi della donna si riempirono di lacrime che presero a scivolare abbondanti lungo le guance.
«Io...» La voce le si ruppe subito, dopo la prima parola. «Non ricordo la mia famiglia?»
«Ehi, tranquilla. Ne uscirai, ne usciremo, insieme. Sono qui, non ti abbandono.»
«Scusa, non ricordo il tuo nome. Puoi ripeterlo, per favore?»
«Nicola, ma mi chiamavi sempre Nik.»
Le giornate passavano veloci ma lente, scandite da esercizi per stimolare la memoria, terapie, visite e passeggiate. Nicola era sempre più premuroso, la ricopriva di attenzioni e di regali, senza essere mai invadente. Ogni giorno le raccontava qualcosa di loro: come si erano conosciuti, quanto si amavano e si erano sempre amati, i numerosi tentativi per avere figli e quanto il loro legame fosse saldo, forte e vero. Monica era continuamente terrorizzata e spesso, con voce spezzata, gli ripeteva: «Io ti amavo e ora non ti conosco». Ogni volta lui cercava di tranquillizzarla in qualche modo: «Se non tornerà la memoria, farò in modo che tu possa innamorarti di nuovo di me e ti prometto che sarà più bello della prima volta».
Era passato un mese dall'operazione e nelle lunghe passeggiate che riempivano le loro mattinate, oltre a parlare del loro amore e della loro storia, Nicola le raccontava anche delle sue esigue amicizie cercando di ricostruire la sua vita pezzo per pezzo, giorno dopo giorno. Le aveva raccontato di sua cognata Anna che era anche la sua migliore amica, l'unica con cui si fosse mai confidata davvero. L'aveva poi messa in guardia dalla subdola e pericolosa Sandra, una loro vicina di casa che era diventata sua acerrima nemica per aver spudoratamente tentato di conquistarlo allontanandolo da lei.
La sera Monica riportava i punti salienti di quello che aveva appreso su di un diario. Cercava di collegare tutti i pezzi di quel puzzle della sua vita che le era scivolata via tra le dita da un giorno all'altro e di cui riaffioravano solo vaghe immagini qua e là, come istantanee ingiallite del passato di qualcun altro.
In quei giorni, quello sconosciuto che era suo marito era diventato più importante ai suoi occhi e, insieme a lui, Monica aveva cominciato a provare una sensazione che sembrava di familiarità, ma quando cercava di lasciarsi andare, un senso di lontananza e oppressione si impadronivano inspiegabilmente di lei.
Un sabato mattina, durante la solita passeggiata consigliata dai medici, Nicola si era allontanato da lei per prendere il giornale. Era una fresca giornata assolata e Monica aveva preferito aspettarlo seduta su una panchina. Teneva in mano il cellulare e lo fissava cercando, ancora una volta, di ricordare inutilmente quel maledetto PIN. L'aveva chiesto a Nik, ma sosteneva di non averlo mai saputo, perché entrambi rispettavano la privacy dell'altro. Mentre era assorta a osservare inerme lo schermo luminoso, una voce sconosciuta la fece sussultare.
«Monica! Ma che fine hai fatto? Ero preoccupato!»
Lei guardò quell'uomo con aria interrogativa. Era indubbiamente molto bello, aveva una barba fine e curata, gli occhi verde scuro e i capelli neri ma brizzolati. Quell'aspetto però non le ricordò nessuno.
«Scusi, ho perso la memoria. Posso chiederle chi è?»
Il volto dell'uomo divenne cereo e si tramutò in una maschera di dolore.
«Monica, sono Alessio.»
Lei lo osservò ancora una volta con sguardo interrogativo, studiandolo.
«Mi dispiace, non ricordo.»
Lo sconosciuto le appoggiò una mano sulla spalla in un gesto dolce e delicato, ma il tono della sua voce era ancora concitato.
«Non puoi fidarti di lui, tu avevi deciso...»
Lo sguardo dell'uomo era rimasto tutto il tempo proiettato dietro di lei mentre le parlava, ma improvvisamente si interruppe, come disturbato dalla vista di qualcosa, e quasi sussultò prima di girarsi e allontanarsi con passo veloce ingobbendosi dentro alla giacca di pelle come a nascondersi.
Monica ancora guardava nella sua direzione con mille domande in testa e il cuore che le martellava nel petto come non mai, quando arrivò Nicola che subito notò la sua espressione allibita.
«Cosa succede?»
«Niente. Mi ha rivolto la parola un tipo strano.»
«Cosa voleva?»
«Conosco un Alessio?»
«Mh, no. Non mi risulta.»
Il tono della voce di Nicola le era sembrato più acido rispetto al solito, ma quella sensazione svanì appena lui la prese per mano e la accompagnò sulla strada per proseguire la loro passeggiata.
Per tutta la settimana successiva, Monica ripensò spesso a quell'incontro. Qualcosa l'aveva colpita, ma cosa? Per la prima volta dopo l'incidente, un volto le era quasi familiare. Per fugare ogni sospetto decise di chiedere ad Anna, confidando che la sua più cara amica potesse sapere qualcosa, ma la chiacchierata con lei fu inconcludente: le disse di avere un vago ricordo di un qualche scocciatore che forse poteva aver nominato come Alessio, però non ne era così sicura. Nonostante la fiducia che, a detta di suo marito, aveva sempre riposto in Anna, quella strana sensazione nelle viscere continuava a non volerla abbandonare.
Nicola e Anna cercavano sempre di lasciarla sola il meno possibile, e Monica faticò parecchio, nei giorni seguenti, a trovare momenti per proseguire con le sue "indagini". Aveva scandagliato i social cercando tra gli amici del marito, di Anna, tra gli amici degli amici, ma di quel volto non sembrava esservi traccia. I collegamenti del suo stesso profilo invece erano privati, così non ebbe modo di verificarli, visto che anche quella password era andata dispersa nei meandri della sua mente.
Erano ormai passati due mesi da quando Monica aveva perso la memoria, e in quel lasso di tempo Sandra, la subdola gatta morta, era passata diverse volte a casa loro per cercare di parlare con lei, ma Nicola o Anna erano sempre riusciti ad anticiparla alla porta e a mandarla via. Dicevano a Monica che non si doveva stancare e che avrebbero pensato loro a tutto. La trattavano come se fosse rinchiusa in una sfera di cristallo anche se i medici avevano ormai decretato che la sua condizione fosse quasi certamente irreversibile. Nonostante anche Monica stessa sapesse che le probabilità di recuperare la memoria fossero quasi nulle, al di fuori di qualche sporadica immagine confusa, ancora sperava di potercela fare: non poteva sopportare l'idea che tutto quello che lei era stata fosse scivolato via così, da un momento all'altro, senza motivo e, per quanto Nicola le raccontasse ogni giorno chi fosse aggiungendo ogni minimo dettaglio, lei non riusciva a sentire "sua" quella visione di sé.
Un pomeriggio era appoggiata alla finestra del secondo piano a leggere, quando vide Sandra tornare da loro ancora una volta. Non si capacitava del perché insistesse così tanto. Quando il campanello suonò, Nicola corse alla porta come sempre, ma quella volta uscì sul patio. Monica osservò attentamente la scena dalla finestra: li vide discutere animatamente fino al punto in cui Nik, il suo dolce e premuroso maritino, spintonò la vicina. Stranita da quell'episodio, Monica decise di affrontarlo e scese al piano di sotto.
«Chi era?»
«Sandra.»
«Cosa voleva?»
«Disturbare. Ma tranquilla, tesoro», rispose spostandole una ciocca di capelli dietro un orecchio, «l'ho mandata via.»
«Viene spesso.»
«Sì, certe persone non vogliono proprio capire.»
«Strano che non demorda. Cioè, voglio dire, deve avere qualcosa di davvero importante da dire se continua a chiedere di me, non credi?»
«Ricordi cosa ti dissi di lei, tesoro?» Ancora una volta Monica si infastidì per il tono della voce che Nicola era solito usare con quel nomignolo.
«Sì, ma...»
«Certe persone sono velenose. Ci ha provato in tutti i modi con me, ha tentato di metterci l'uno contro l'altra più volte inventando sciocchezze di ogni genere, ma io amo te e te soltanto.» La accarezzò guardandola negli occhi. «Ora che hai perso la memoria, forse vuole solo tornare alla carica, vede un'opportunità.»
La spiegazione era a dir poco convincente e Monica si lasciò cullare da quel bacio sulla guancia. Ovviamente, per essere davvero certa di ogni cosa, aveva chiesto dettagli anche ad Anna perché la solita sensazione di inquietudine sottopelle continuava a non abbandonarla. La versione dei due fratelli collimava alla perfezione, non c'era nessuna sbavatura e nessuna differenza.
Qualche giorno dopo, mentre rientravano a casa dalla consueta passeggiata, Monica vide Sandra entrare in una delle villette a schiera a qualche civico di distanza dal loro. Finalmente aveva scoperto dove abitava: aveva bisogno di toccare con mano quello che le era stato raccontato, non si accontentava più di ascoltare solo una versione della storia.
Attese pazientemente il giorno seguente e, nella breve pausa tra l'uscita di Nicola e l'arrivo di Anna, sgattaiolò fuori di casa per correre a suonare il campanello della vicina. Aspettò invano per qualche istante e, sconsolata, fece per tornare indietro quando la donna improvvisamente aprì la porta. Monica si impietrì quando Sandra le si gettò al collo.
«Monica! Finalmente! Mi stavo chiedendo quanto tempo ancora ci avresti messo! Vieni, entra.»
Sandra si dimostrò totalmente diversa da come se l'era aspettata: vivace, chiacchierona, cordiale. Le offrì un tè con svariati tipi di biscotti e vuotò il sacco, un sacco enorme e straripante di informazioni discordanti da quelle che le erano state raccontate fino a quel momento. Monica era frastornata, incredula e più dubbiosa di prima. Non riusciva a capire se credere alla nuova sconosciuta, che diceva di essere la sua vera migliore amica, oppure a suo marito e a sua sorella, che praticamente conosceva solo da un paio di mesi. Sandra era davvero una vipera con il solo interesse di allontanarla da Nik, oppure erano le persone più vicine a lei che le stavano mentendo per un loro oscuro tornaconto personale? In tutto quel caos però, una informazione essenziale era riuscita a ottenerla, un nuovo piccolo passo avanti: Alessio. Ora sapeva dove trovarlo. «Fidati, vai da lui, ti vuole molto bene e può aiutarti» le aveva detto Sandra senza svelare nulla di più. Ma perché tutti quei misteri? Era così difficile scoprire la verità? Cosa c'era davvero nella sua vita? Che tasselli mancavano?
In uno dei giorni seguenti, appena le si presentò l'occasione giusta, mentre Nik si esercitava nell'area attrezzata del parco, Monica si offrì di prendergli un caffè in un bar notato "per puro caso" lungo la strada. Lo salutò con un bacio sulle labbra, morbido ma insipido, e si avviò. Non si era mai posta domande su quei baci o sulle sensazioni che le davano le sue attenzioni, in fondo erano le uniche che conosceva, come un'adolescente che sta scoprendo il mondo e l'amore per la prima volta.
Arrivò al bar, ordinò due caffè, ma contro le sue aspettative, di Alessio sembrava non esservi traccia. Uscì sconsolata dal locale, quando una voce profonda la bloccò in mezzo alla strada.
«Monica.»
«Ciao. Alessio, giusto?»
«Come mi hai trovato?»
«Sandra.»
«Finalmente! Non speravo più che riuscisse a contattarti.»
«L'avevi mandata tu da me?»
«Sì, dovevo vederti, parlarti e...»
Monica lo interruppe mostrandogli i caffè.
«Non ho tempo, devo andare. Nik...»
«Giusto. Solo una cosa. Il tuo telefono: 060318. Ripetilo.»
«0603...»
«18.»
«060318.»
«Ok, non scordarlo.»
Cosa significava? Come faceva Alessio a conoscere la password del suo telefono?
Prima di allontanarsi, Alessio le sorrise e Monica ricambiò il sorriso arrossendo.
"060318" ripeteva nella mente mentre camminava per paura di dimenticare. "060318. Sembra una data."
Attese trepidante che Nicola uscisse dalla porta di casa, per poi comporre quel numero sul tastierino del telefono. Le mani le tremavano dall'eccitazione. 060318.
Osservò finalmente lo schermo sbloccarsi, incredula. Sullo sfondo apparve una foto dell'antico gazebo della villa del parco cittadino. Aprì WhatsApp e sussultò vedendo il numero esorbitante di notifiche. Una ventina di messaggi erano di Sandra e quelli di Alessio superavano addirittura la sessantina. Sospirò e aprì subito quest'ultima chat. La saliva le si prosciugò in bocca e sentì la testa svuotarsi e iniziare a girare, come se il sangue nel suo corpo si fosse improvvisamente seccato. Non poteva credere a quello che stava leggendo, non poteva essere vero, non stava accadendo davvero a lei. Cercando di svincolarsi da Anna per tutto il pomeriggio, tra una scusa e l'altra, passò la giornata a scorrere i vecchi messaggi, le mail e la galleria fotografica.
Quando Nicola rincasò dal lavoro, Monica lo stava aspettando seduta a braccia conserte sul divano del salotto con un'espressione inequivocabile sul viso.
«Ciao tesoro, tutto bene?»
«Sei una merda!»
«Cosa? Ma che dici?»
Monica prese il cellulare e cominciò a leggere, scimmiottando la voce di suo marito.
«Non ti concederò mai il divorzio, puttana!»
Fece una pausa di qualche istante poi riprese: «Ah, senti questa: Sono disposto a fare qualsiasi cosa per non perderti. Tu sei mia e di nessun altro. Dillo allo stronzo che ti scopi, so che esiste, scoprirò chi è e lo troverò!»
Monica fece una pausa e si soffermò a guardare la sua reazione. Nicola era basito.
«Devo continuare?»
«Monica, tesoro, quello che provo, che proviamo...»
Lei si alzò in piedi e lo fissò con sguardo truce.
«Taci, verme! Tu e quella vipera di tua sorella potete bruciare all'inferno.»
Monica uscì dalla porta di casa con un impeto tale che Nicola non riuscì a fermarla, ma provò ugualmente a seguirla. Monica salì sull'auto di Sandra, che la stava aspettando lì davanti, per poi partire sgommando davanti allo sguardo basito di Nicola.
Mentre l'auto attraversava il paese, Monica aveva lo sguardo perso fuori dal finestrino. Era silenziosa e talmente apatica da sembrare fatta di cera. Sandra cercava di confortarla, spostando continuamente la sua mano dal cambio alla sua gamba. «Tranquilla, è finita. Ora ci siamo noi con te.»
L'antico gazebo della villa era esattamente come in foto, non fosse stato per un fitto strato di edera che si avviluppava sulle sue colonne.
Lui era lì. I suoi occhi verdi la guardavano, commossi, e la chiamavano a sé. Monica, titubante, si avvicinò.
«Ho letto tutto, ma non ricordo. Perdonami.»
«Non hai nulla da farti perdonare.»
«Quella data, questo posto...»
«Il nostro primo bacio. Per questo siamo qui, ora.»
Alessio la prese per i fianchi, la avvicinò a sé e la strinse forte tra le sue braccia. Monica senti un calore avvolgente dentro di sé, una sensazione che con Nik non aveva mai provato. Alessio la guardò dritta negli occhi, le prese il volto tra le mani e la baciò. Le sue labbra erano sottili, ma delicate e dolci e lei si lasciò involontariamente scappare un gemito di piacere. Quando riaprì gli occhi e lesse nei suoi tutto l'amore che provava per lei, capì che quello che aveva con Nicola non era nulla, perché quello che lei provava con Alessio era inequivocabile.
Lui le sorrise e le parlò con dolcezza.
«Sono qui e non ti lascio più, te lo prometto. Ti aiuterò e ricominceremo tutto da capo, insieme.»
«Nicola non mi lascerà mai in pace, ci troverà e Dio solo sa di cosa può essere capace.»
«Quello che tuo marito ha fatto questa volta è troppo grave e possiamo fermarlo. Fidati di me e potrai finalmente ricominciare a vivere, ma questa volta sarà la vita che volevi davvero.»
«Non vedo l'ora. Non mi interessa più recuperare la memoria, perché ora so quello che provo per te e per la prima volta, da quando sono uscita dall'ospedale, mi sento serena. Stringimi, stringimi ancora, e non lasciarmi, perfetto sconosciuto.»
«No, mia piccola ninfa, non ti abbandono.»
Contest a squadre "Sogno di una notte d'estate".
Squadra: CCC666 - La conchiglia della congrega criptica
Prosa: Triskele86 con "L'immagine della forza" nella raccolta "I racconti dello Stregatto"
Poesia: vampirodimestesso con "Patibolo" nella raccolta "Dannate catene"
Disegno: VictorDuval con "Contest23" nella raccolta "Disegni"
Prima scintilla: l'eclissi
One-shot svolta sulla traccia del bellissimo disegno "Contest23" di VictorDuval che riporto con il suo permesso.
RISULTATO COMPETIZIONE
Ebbene sì, questo racconto, insieme ai miei vampirici e meravigliosi compagni di squadra, si classifica al PRIMO POSTO nella classifica temporanea!
Avete visto le loro meravigliose opere? No? Allora correte!
Disegno "contest 59" di VictorDuval nella raccolta "disegni"
Poesia "l'asso di coppe" di vampirodimestesso nella raccolta "ccc, la congrega della conchiglia criptica"
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top