Vai ad insegnare agli angeli come si fa a sgasare - Tributo a Marco Simoncelli
Ricordo come se fosse ieri quel giorno, era il 23 ottobre 2011, e la MotoGP correva in Malesia, ricordo pure il nome del circuito, Sepang.
Si erano ritrovati come di consueto nell'appartamento di Michele, nel centro di Torino, una palazzina ottocentesca dalla facciata austera, le cui scale strette davano un senso claustrofobico e questa sensazione spingeva molte volte i suoi amici a fare quel tratto di scale di corsa, per non soccombere.
Da quando Michele, soprannominato Mick, fratello maggiore di Elisabetta (detta Lizzie) aveva compiuto vent'anni, era andato a vivere nell'appartamento che era stato di suo zio, e Lizzie aveva deciso di trasferire alcuni suoi giocattoli dal fratello, perché a casa di nonna Clementina, che si trovava al piano di sopra, c'è ne erano troppi.
I ragazzi erano stati cresciuti da Clementina e da suo marito Fausto, dopo la morte dei loro genitori in un incidente stradale.
Michele era diventato un fumettista e si manteneva pubblicando racconti a fumetti su varie riviste locali e non.
Da qualche tempo stava lavorando ad un fumetto scritto e disegnato da lui, che sarebbe uscito per la Panini e Michele era orgoglioso di questo risultato.
Non era il primo fumetto che usciva in volumi scritto e disegnato da lui, ma sarebbe stato il primo ad essere pubblicato con una grande casa editrice.
I suoi lavori precedenti, il volume unico di Moonlight che trattava della storia d'amore impossibile tra un angelo caduto e l'angelo della vita e la trilogia di Dangeros Games, divisa nei tre atti Un amore proibito, la principessa delle tenebre e Le ali di luce erano stati autopubblicati.
Erano stati una faticaccia, ma il risultato era comunque bellissimo, i suoi nonni e Lizzie erano stati arcifieri di lui.
Gli amici di Michele erano tutto un programma ed avevano tutti la stessa età, all'epoca si aggravano intorno ai ventiquattro anni.
Lucrezia era una bellezza bruna amante delle gite fuori porta, la quale, nonostante il suo lavoro di tatuatrice, non aveva un tatuaggio addosso.
Giovanni sembrava una luna piena da quanto era tondo, capelli rossi e occhi azzurri, era un geometra con la passione della musica dance, tanto che si improvvisava dj alle feste.
Alice, la gemella di Lucrezia e per questo identica a lei, con una zazzera di capelli color blu notte sempre spettinati, lavorava in un negozio dove si creavano oggetti personalizzati.
Valentina era quella che sembrava essere meno sopra le righe di tutti, i capelli erano rossi, sembravano una cascata di ambra, sempre ordinati, era una stilista emergente.
Questa strana combriccola si era conosciuta ai tempi delle scuole e non si erano più lasciati, nonostante poi avessero preso strade diverse.
Come ogni domenica di gara, che ci fosse la MotoGP o la Formula Uno, Michele invitava i suoi amici a vedere la gara e, siccome Lizzie era quasi sempre da lui la domenica, questo significava che si sarebbe aggregata.
Anche quel pomeriggio
Lizzie mi prese dall'armadio dei giocattoli e mi portò al piano di sotto dove Michele, Giovanni, Valentina, Lucrezia e la sua gemella Alice erano già in postazione sul divano con i panini appoggiati sul tavolino insieme alle Coca-Cola.
Pronti a tifare per i loro beniamini.
Era strano vedere come degli amici come loro, che erano quasi fratelli, diventassero rivali quando c'era da tifare.
Lizzie della combriccola era la più piccola, allora infatti aveva dieci anni, e non era la prima volta mi portava a vedere la corsa, poiché affermava che i piloti le facevano paura quando piegavano per fare le curve e Sepang era una circuito pieno di curve.
Quella domenica però c'era un qualcosa di strano che aleggiava nell'aria, i ragazzi non facevano rumore come al solito erano stranamente inquieti.
-Ragazzi non vi pare che oggi faccia un po' più freddo del solito? - fu la domanda di Alice mentre incrociava le braccia al petto come per darsi calore.
-Davvero? A me non sembra, però aspetta vado a controllare se ho acceso il riscaldamento - affermò Mick alzandosi dal divano e dirigendosi verso la cucina per controllare il termostato.
-Ali il riscaldamento è acceso, vuoi che lo alzo? -
-No, no tranquillo, prendo una coperta - fu la risposta della ragazza.
Sua sorella, Lucrezia scosse la testa ricciuta e guardò gli amici massaggiandosi le braccia e quel gesto fece rabbrividire i giovani lì presenti.
Lulú non aveva detto niente, ma quel gesto era più che eloquente, la loro amica aveva quella strana abilità che le faceva "prevedere" se qualcuno fosse lì lì per morire.
Per questo ogni tanto i ragazzi la prendevano in giro affermando Ehi Lu! Se sogni che muoio avvisami che devo fare testamento.
Per tutta risposta lei annuiva, ma tutti sapevano che Lucrezia soffriva per questa sua" abilità ", tanto che, Lizzie mi raccontava, si svegliava in piena notte e per tutto il giorno restava scura in volto fino a quando quello che aveva sognato succedeva.
Sembrava un potere ereditario, perché prima di lei lo aveva avuto sua madre e sua nonna prima di lei.
Fatto sta che Lucrezia aveva male alle braccia e questo poteva dire solo una cosa : aveva scavato la fossa a qualcuno e non penso che i ragazzi avessero voluto scoprire chi fosse.
Lizzie prese posto sul divano tra Michele e Giovanni, tutti e due di giallo vestiti, con tanto di cappellino con stampato il 46 di Valentino Rossi.
Il rosso Ducati di Valentina faceva a pugni con l'arancione Honda di sua sorella Alice, tifose nell'ordine di Casey Stoner e Nicky Hayden.
Solo Lizzie aveva indosso la felpa rossa con il 58 del Sic, segno evidente della sua tifoseria.
Anche io quel giorno ero in tema Sic, perché la ragazzina aveva fatto cucire da sua nonna una felpa e una maglia a misura di bambola con tanto di buchi per far passare le ali di cui ero, e sono tutt'ora, dotata.
La felpa aveva ricamato il cinquantotto mentre la maglia aveva disegnato sopra il viso di Simoncelli con tutti i suoi ricci.
Erano tutti seduti e quando Guido Meda iniziò la telecronaca i ragazzi scattarono in piedi come molle, presi dal quell'inizio di gara che prometteva scintille dalla prima all'ultima curva.
Fu proprio in quel momento, che una tranquilla domenica pomeriggio di ottobre si trasformò in tragedia.
Il secondo giro era in conrso e Lizzie era in piedi, e mi sventolava manco fossi una bandiera, ma di colpo successe qualcosa.
Il Sic perse il controllo della moto alla curva undici e, nel tentativo di rimanere in sella, sterzò verso destra, rientrando improvvisamente al centro della pista, e venendo investito dai piloti che lo seguivano, Colin Edwards e Valentino, i quali non poterono evitarlo.
L'impatto fu violentissimo, tanto che il casco si sfilò.
I ragazzi in quel momento si fermarono, Lizzie mi strinse a sé scoppiando in lacrime, mentre Michele si avvicinava per abbracciare la sorella.
Stessa cosa fecero Giovanni, Valentina, Lucrezia e Alice.
Lacrime corsero lungo i visi dei ragazzi e di Lizzie quel giorno e il dolore li ha distrutti, come se avessero perso un amico, anche se ero certa che non avessero mai incontrato Marco di persona.
Ricordo molto dolore quel giorno, Lizzie quella stessa notte non riuscì a chiudere occhio, continuava a rivedere l'incidente.
La sentivo singhiozzare, mentre mi teneva stretta e continuava a chiamare Marco, come se lui, ovunque fosse potesse sentirla e forse poteva veramente sentirla, non lo so, sono cose che gli esseri umani dicono ogni tanto.
Quel periodo fu bruttissimo e ricordo che il giorno del funerale, Lizzie insistette per saltare un giorno di scuola e andare a Coriano.
Michele decise di accompagnarla insieme ai nonni, e ovviamente io andai con lei, mi infilò nel suo zaino.
Il viaggio era stato silenzioso, la cappa di morte che aleggiava era pesante, sembrava che ci stesse soffocando.
Coriano era un paesino relativamente piccolo, ma quel giorno sembrava che tutta l'Italia si fosse riunita lì.
Non ricordo molto della cerimonia, né di tutto il resto, perché Lizzie mi tenne chiusa nello zaino tutto il tempo, ma sapevo che per lei era importante esserci, anche se il Sic non lo aveva mai vissuto da vicino, ma solo tramite lo schermo della televisione.
Quello che so è che negli anni successivi Lizzie non dimenticò mai il suo idolo e ogni anniversario della morte di Marco andava a Coriano sul monumento eretto per lui e lasciava dei fiori.
Io ero sempre con lei, anche se lei cresceva e non aveva più bisogno di me come giocattolo, però restavo sempre quella che c'era sempre, anche se non potevo farle capire che comprendevo tutto quello che lei raccontava.
Cinque anni dalla morte del Sic, Lizzie salí in camera, mi prese e mi portò di sotto, sedendosi al grande tavolo del soggiorno della casa dei nonni, prese gli attrezzi per il cucito di Clementina, il cellulare aperto su YouTube, dove un video tutorial spiegava come creare bambole di pezza, e si mise ad armeggiare con gli attrezzi.
Ogni tanto Fausto alzava la testa dal giornale che stava leggendo per osservare la nipote, anche se non rimaneva a fissarla per troppo tempo, perché non voleva disturbarla.
Verso le undici e mezza, Clementina tornò dal mercato con due borse piene e Fausto la aiutò a ritirare la spesa per poi iniziare a preparare il pranzo.
Lizzie nel frattempo continuava il suo lavoro e, dopo un po', tra le sue mani vi era una piccola bambola di pezza con le fattezze del Sic, con tanto di ricci.
Quando Clementina vide il lavoro della nipote un sorriso le nacque spontaneo sul viso segnato dalle rughe.
-Come ti sembra, nonna? - domandò Lizzie mostrando il suo lavoro all'anziana signora.
-È bellissima, Elisabetta. Sembra veramente il povero Marco - sua nonna usava sempre il termine "povero" quando doveva parlare di una persona morta, anche se la suddetta persona non faceva parte della famiglia.
E poi Lizzie aveva coinvolto tutti nel suo dolore.
-Sí è venuto bene, ora scrivo una lettera e poi la spedisco - affermò la ragazza sorridendo.
-E dove mandi quella bambola così bella? - domandò il nonno raggiungendo la moglie e la nipote.
-A Coriano, alla fondazione creata in nome di Marco, voglio fare loro un regalo, anche se magari non è molto - affermò Lizzie.
Dopo pranzo si mise a scrivere quella lettera, lasciando i compiti di scuola per ultimi, una cosa che non faceva mai, ma sentiva che in quel momento la lettera per i Simoncelli era più importante di qualsiasi compito.
Rimase sveglia fino alle tre di notte per studiare e mettersi in pari con lo studio, ma alla fine ci riuscì.
Spedì la lettera e la bambola il giorno dopo.
Da quel giorno sono passati altri cinque anni, e siamo di nuovo a Misano, solo che questa volta siamo al circuito, vi è la stessa combriccola di quella volta, Michele e i suoi amici un po' più grandi, con le mogli, i mariti e i figli al seguito.
Lizzie mi tiene in braccio come quel giorno di dieci anni fa, al suo fianco vi è la sua fidanzata, Cornelia, detta Cocò, il nuovo acquisto della sgangherata compagnia di cui i partner sono entrati di diritto a fare parte.
Tante cose sono cambiate, ma non l'amminirazione di Lizzie per Marco, tanto che ha iniziato a collaborare con la fondazione, la sua bambola e la lettera era arrivata tra le mani di Rossella, la mamma di Marco e ne era rimasta commossa per le belle parole che Lizzie aveva scritto.
La bambola era stata esposta nel quartier generale della fondazione gestita da Kate, l'allora fidanzata di Marco.
Il rombo dei motori riempie l'aria del circuito di Misano, dove il fumo giallo lanciato dai tifosi di Valentino stanno già colorando l'aria.
Oggi è l'ultimo gran premio d'Italia di Rossi e deve essere speciale.
-Dimmi una cosa, Lizzie, cosa avevi scritto nell'ultima riga della tua lettera? - domanda Giovanni, come se non conoscesse la risposta.
-Vai lassù ad insegnare agli angeli come si fa a sgasare - rise Lizzie contagiando tutti mentre la gara comincia.
Voi non ci crederete, ma a me è sembrato di vedere, vicino alla quercia che è stata piantata sulla collina che sovrasta il circuito, una chioma ricciuta che si muoveva al vento e un ragazzo che osserva i suoi colleghi, sapendo che nessuno potrà vederlo, ma che lui vedrà tutti.
Angolo Autrice : piccolo Tributo a Marco Simoncelli, spero vi piaccia :)
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