Premessa. Voce al silenzio



Silenzio. Tutto è fermo, tutto tace. L'appartamento del piano di sopra è vuoto, il balcone spoglio porta i segni dell'incuria. Non ci sono bambini, in questa via, ad animarla con la loro allegria, e in questo lungo pomeriggio di fine estate anche le auto scorrono lente davanti ai miei occhi marroni.

L'impiegata dell'ufficio di fronte mi guarda, muta; alza il viso pallido verso quel balcone desolato e scuote leggermente la testa. So cosa vuole dirmi. Qualcosa è cambiato - o tutto è cambiato - non possiamo farci niente. Il tempo scorre e le situazioni mutano. E' così che va. Tutto passa, nulla si può per fermare il corso degli eventi.

L'impotenza quasi paralizza e nell'immobilità dell'aria calda i miei pensieri cercano di seguire una traccia, una ragione, un perché. Non ne trovano. Ma non mi rassegno. "Non possiamo farci niente...". Non è così, non per me. Anche io sono cambiata e non riesco più a stare ferma... A stare zitta. Non potrò mutare gli avvenimenti, non quelli contingenti, ma qualcosa, nel mio piccolo, potrò.

Sto ancora qualche momento in riflessione sul marciapiede già di nuovo divelto; Stella mi passa quasi tra le gambe e scodinzola via, dietro il signor Gualtiero le borbotta un lieve rimbrotto. Poi saluto con un sorriso la mia dirimpettaia, torno dentro, mi siedo alla scrivania e comincio a scrivere.

Questo farò: racconterò. Racconterò di come ho guardato, con i miei occhi da segretaria triste e annoiata, attraverso la porta a vetri del mio ufficio, ai due nuovi inquilini del piano di sopra. Racconterò di loro, dei bambini, delle piante sul balcone e della bandiera della Roma. Parlerò di loro, dei loro passi, di saluti e sorrisi...

Mi sembrerà di vederli passare ancora. Chissà che un giorno non torneranno... Due uomini, due bambini, due borsoni colorati e un documento nuovo in tasca...

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