DI UN GIORNO CHE NON E' (11)



Se Max non fosse mai tornato nella sua vita, Nina è piuttosto convinta che il pensiero di rivolgersi ad un dottore per farsi controllare il cuore non l'avrebbe neanche lontanamente sfiorata, come neanche quello di andare a bussare alla porta di uno psicologo alla disperata ricerca di aiuto. Sono entrambe cose però che, nelle lunghe e interminabili giornate che si sono susseguite dopo la spiacevole scenetta avvenuta sul pianerottolo davanti a casa di Max la scorsa sera, la ragazza ha più volte considerato.

Tra la tachicardia che la trattiene su un costante stato di allerta e le notti passate tra incubi e risvegli alle ore più improbabili con il respiro corto, non sa se è più vicina a voler uccidere lui o a voler prendere a schiaffi se stessa.

E la verità è che è sempre più convinta di star perdendo la testa.

Perchè non riesco a smettere di pensarci?

Questa è stata in grandi linee la domanda che si è posta almeno una volta all'ora, per più di una settimana.

E' arrivata a rispondere a quel perchè in diversi modi, tutti riconducibili al cocktail di comportamenti letali che l'hanno portata a sentirsi inerme davanti allo scorrere del tempo. L'attesa. La speranza. La mancanza di attenzioni. Non sapere cosa frulli nella sua testa. L'impressione di aver visto qualcosa che non c'era. Di conoscere qualcuno che, invece, non è.

Non riesce neanche a togliersi dalla testa lo sguardo afflitto della ragazza che a visto lasciare casa sua, accompagnato dalla netta sensazione che tutto questo la porterà inevitabilmente a diventare come lei.

E' passata una settimana da quella notte.

Tutto ciò che Nina è riuscita a fare nei giorni a venire è stato combattere per impedirsi di scrivergli, sperare che fosse lui a degnarsi di mandarle un messaggio, provare a concludere il progetto della collezione, il tutto con la testa tra le nuvole e passando la maggior parte del tempo stesa sul letto a guardare il soffitto. Lo sa che prima o poi passerà. E' solo che il quando le sembra dannatamente lontano e ha paura che quel buco nero che nel frattempo le si è creato nello stomaco finisca per inghiottirla.

Inizialmente si sentiva come l'eroina di un film romantico, abbattuta dagli eventi ma non sconfitta, in attesa dell'improvviso arrivo di un segno, qualsiasi segno, capace di riaccendere in lei la speranza e spingerla a non mollare. Poi il genere è cambiato.

Starsene chiusa in camera e venire divorata dall'angoscia le ha ricordato le immagini di un lungometraggio che la lasciò sconcertata quando lo vide per la prima volta. Oltre una piccola cotta per Detlef, non c'era niente di "Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino" che capisse veramente, né con gli anni è mai riuscita davvero a comprendere cosa significhi avere una dipendenza. Le droghe non sono mai state qualcosa di affascinante per lei, e aver rubato qualche tiro ad uno spinello nella sua vita non cambia certo questa statuizione. Durante quella settimana, però, Nina è giunta a concludere che le dipendenze sono qualcosa di molto più complesso di ciò che avrebbe mai potuto immaginare, e che anche le persone possono creare dipendenza. Sopratutto, possono fotterti il cervello mentre provi a disfartene.

La sua è stata una disintossicazione non voluta e non andata a buon fine, come le scene cruente di quel dannato film. Christiane però almeno aveva Detlef.

Nina si è sentita abbandonata dal mondo, e assolutamente non compresa.

E' un riflesso incondizionato della sua costante positività, il pegno da pagare per il suo entusiasmo: le giornate belle, sono belle da morire; le giornate normali sono qualcosa nella quale riporre fiducia, con la consapevolezza che qualsiasi cosa potrebbe succedere da un momento all'altro e renderla felice; le giornate brutte, per quanto rare, sono fatte di inesorabili ore scandite tra un sospiro pesante e pensieri senza speranza, alle quali sembra quasi impossibile sopravvivere.

Quei pensieri sono qualcosa con cui convive da sempre ma hanno una voce flebile, la vita di tutti i giorni, le idee, le risate, riescono sempre a sovrastarli, quasi facendole dimenticare di essere lì.

Però ci sono.

E quando tutto attorno è silenzioso e la speranza è spenta, non possono fare a meno di ricordarle che forse dovrebbe smetterla di avere così tanta fiducia nel mondo, nella vita, se non è altro che una persona fondamentalmente sola, insicura, disperatamente alla ricerca di attenzioni e con in mano per il futuro niente se non un sogno che non è poi neanche così convinta di volere.

Poi anche i giorni brutti passano.

A volte ci vuole un po' più di tempo, a volte meno, a volte serve una svolta grossa, altre basta una piccola scintilla.

E la scintilla, nel modo più inaspettato, anche questa volta arriva.

<<È chiedere troppo vederti vestita adeguatamente e su di morale per il pranzo di domani allo Yacht Club?>> le domanda sua madre, entrando nella sua stanza venerdì sera con una certa fretta. Deve essere rientrata da poco ed è intenta a sfilarsi i grossi orecchini di pietre dure. I suoi occhi hanno la stessa forma rotonda, lo stesso colore brillante.

<<Pensavo di non dover venire con voi>> controbatte Nina, senza scostare lo sguardo dallo schermo del pc. Non blocca la serie tv che stava guardando, in realtà è da un po' che ha smesso di seguirla, ma i rumori in sottofondo le fanno compagnia.

<<Oggi a colazione abbiamo incontrato il presidente del circolo, ha detto che porterà suo figlio. Ci è sembrato coerente confermare anche la tua presenza>> spiega la donna, con razionalità e semplicità <<E poi non siete amici voi due?>>

<<Siamo ex, mamma>> la corregge, alzando gli occhi al cielo <<E non parlo con Kevin da anni>>.

<<Che importa, ci saranno altri ragazzi>> sbuffa l'altra <<So che ci sarà anche quell'altro tuo vecchio amico, Verstappen. Suo padre è in città con la nuova compagna, praticamente una ragazzina, e il presidente li ha invitati a unirsi a noi. Jos ha detto che saranno in tre>>.

Ed eccola lì, la scintilla.

Una piccola luce, quasi insignificante, eppure sufficiente ad accendere la miccia. Sufficiente a farle passare la notte insonne, per la prima volta da settimane senza sentirsi disperata, pensando agli interessanti risvolti che potrebbe prendere il pranzo, appuntandosi mentalmente tutto ciò che vorrebbe dire a Max, immaginando come lui potrebbe reagire ad ogni sua mossa, come se stesse stilando il libro delle mosse della loro peculiarissima partita a scacchi.

Tutte le scene nella sua testa finiscono in un unico modo, ma tiene quella speranza nascosta per la parte più profonda di sé e quando le immagini le si riversano nella testa affonda il viso tra i cuscini, dicendosi di smetterla, ma non riuscendo neanche a trattenere un sorriso.





La mattina dopo, finito di tessere le sue belle storie e le sue trame, la realtà le viene sbattuta in faccia. A parte l'incarnato pallido e le occhiaie, mentre si pettina la frangia si rende conto di non aver considerato un importantissimo dettaglio.

Max sarà con suo padre.

E Max odia suo padre.

Se già aveva messo in conto nella maggior parte delle sue versioni di quel pranzo il fatto che Max sarebbe stato nervoso, incazzato e intrattabile, quel piccolo ma non certo insignificante particolare cambia tutte le carte in tavola. Max, qualsiasi cosa succederà, sarà sull'orlo di una crisi di nervi.

Nina si chiede se sarà in grado di gestirlo.

Poi però è tempo di uscire.

Quando era piccola adorava andare con i suoi genitori ai pranzi allo Yacht Club, anzi, forse sono tra i suoi ricordi preferiti di quell'età. Sul menù, la domenica, c'era sempre la pasta con la zuppa di pesce e lei la adorava. In più aveva mamma e papà tutti per sè, almeno il tempo del pranzo. E tutti i loro amici che andavano a salutarli le facevano un sacco di complimenti.

Crescendo il posto non ha perso il suo fascino, anzi. Però hanno tolto la sua amata zuppa di pesce dal menù. E il fatto che ogni tanto i suoi genitori si decidano a mangiare con lei rasenta il limite della decenza familiare.

Quel pranzo, però, non ha niente a che fare con i loro pasti domenicali.

E' un evento piuttosto in grande, organizzato per inaugurare al meglio le belle giornate estive del Principato e aprire ufficialmente la stagione delle feste sugli yacht. La famiglia Duval non possiede niente del genere, suo padre è più un tipo da montagna, ma l'essere socio dello Yacht Club va ben oltre il mero possesso di un natante. E' più uno status symbol.

Un luogo dove rilassarsi sotto un cielo che sembra dipinto, firma della Costa Azzurra, circondati da persone tirate a lucido e risate altisonanti.

Tra le altre cose, Nina pensa, è anche il posto dove i suoi vestiti sfileranno a breve.

E in realtà in quel momento dovrebbe essere a casa a chiudere definitivamente la collezione e mandare in produzione anche gli ultimi pezzi, ma sulla bilancia delle priorità vedere Max ha certamente un peso diverso. Anche perchè la sua concentrazione fa schifo quando è troppo presa dal pensare a lui. Ossia, sempre.

Non c'avrebbe mai sperato, e invece Max Verstappen è la prima persona che i suoi occhi incrociano nel momento in cui con la sua famiglia entra nei locali riservati al club. Pensava che avrebbe dovuto penare per trovarlo, passare ore a chiedersi se e quando avrebbe varcato la soglia delimitata dagli alti vasi di petunie, aggiungere quei minuti alla lista di quelli già spesi ad aspettarlo invano.

Invece eccolo lì.

Se ne sta con le spalle rigide, le mani affondate nelle tasche dei jeans, con il braccio che quasi sfiora quello del padre. E' una posizione imposta, ovviamente, e anche se dall'esterno si potrebbe dire che quasi appare tranquillo, Nina lo conosce. Sa che dentro sta bruciando come le fiamme dell'inferno.

Però anche qualcos'altro brucia e appartiene a lei, è una sensazione tutta sua, che le scioglie gli organi vitali all'altezza dello stomaco e poi sale, sale, fino a quasi impedirle di respirare.

Anche se non fosse così bello le vicende degli ultimi giorni l'avrebbero mandata fuori di testa, il loro rapporto prescinde dalla mera estetica. Però, purtroppo, è anche così bello, e guardarlo e non poterlo baciare fa male.

L'espressione naturalmente imbronciata gli fa piegare le labbra in un ghigno provocante; gli occhi indugiano sull'interlocutore con una tale forza che Nina si chiede come faccia l'altro a  contraccambiare lo sguardo senza indietreggiare; la camicia di lino gli scende morbida sulle spalle, i primi bottoni lasciati aperti permettono un'occhiata fugace sulla pelle candida del suo petto. L'unica cosa che Nina cambierebbe, di quel quadretto, sono i capelli perfettamente ordinati.

Lei li preferisce scompigliati.

Come lui.

La famiglia Verstappen si trova vicino al tavolo sul quale servono cocktail di benvenuto, Nina conosce anche i signori con cui Jos, il padre di Max, è intento a chiacchierare. La sua nuova compagna poi è davvero una ragazzina, come diceva sua madre. Avrà poco più di trentacinque anni, con i lunghi capelli scuri e il fisico da atleta. Tiene una mano agguantata al braccio di Jos, come se avesse paura che qualcuno gli lo porti via da un momento all'altro.

Nina si ritrova a chiedersi cosa pensi Max di quella donna, se la conosceva da tempo o se le ha stretto la mano oggi per la prima volta. Si chiede quante famiglie ideali gli abbia distrutto Jos negli anni, se magari è proprio per questo che è scappato a vivere da solo nel Principato, per non dover subire ogni volta il trauma di avere qualcosa che assomigli ad una famiglia e poi doverle dire addio per qualche capriccio di suo padre, proprio come era avvenuto con Susie e sua madre.

Max odia suo padre per tani motivi, certo, ma Nina ha sempre pensato che l'unica cosa che non gli perdonerà è proprio questa: dargli l'illusione di poter avere qualcosa di simile al concetto di famiglia, e poi portarglielo via. Ogni volta.

Quella consapevolezza le fa stringere il cuore e impedisce ai suoi occhi di distogliere lo sguardo, anche se sua madre le mette una mano sulla schiena e comincia a spingerla dalla parte opposta all'oggetto delle sue attenzioni.

<<Scommetto che questi sono disegnati dalla tua meravigliosa figlia>> esclama una voce che la ragazza non riconosce subito, ma che è presto identificata non appena si costringe a spostare la visuale sull'interlocutore.

Larisse Maldera è tante cose. E' in primis una donna meravigliosa, la cui presenza fa scomparire qualsiasi altro essere femminile nei paraggi, nonché una persona dolce e premurosa, con un delizioso profumo di lavanda e un non indifferente gusto nel vestire. E' la presidentessa del più importante ente benefico del principato; è la moglie del presidente dello Yacht Club; è una vecchia amica di famiglia. Ed è la mamma di Kevin, il primo grande amore di Nina nonchè il motivo vivente per cui perse Susie e Max, contemporaneamente, tanti anni prima.

<<Ovviamente>> risponde sua madre, che in confronto appare piccola e gracile, allungandosi per scambiarsi con la donna due baci sulla guancia <<Toglietemi tutto, ma non mia figlia e i suoi vestiti>>

Nina sorride davanti alle sue parole, pensando alla folle ipocrisia di quella frase. Considerando che per la maggior parte del tempo sono sconosciute, ci sono tante cose che sua madre metterebbe al primo posto rispetto a lei. L'alcool, ad esempio. Le sue amiche. I loro aperitivi. La vita mondana. E poi è convinta che le sue creazioni non le piacciano neanche così tanto, ciò che conta è potersi vantare di avere qualcosa che agli occhi degli altri sembri bello, costoso, e realizzato unicamente per lei.

Alla ragazza non dispiace l'idea, ci ha fatto l'abitudine. E poi è pubblicità. Da quando sua madre indossa i suoi vestiti, le arrivano sempre più richieste di sue amiche per confezionare qualcosa anche per loro. Quello di oggi, poi, è notevole. E' l'abito da cocktail che Nina preferisce, magenta e con dei ricami più scuri sui fianchi, perfetto con l'incarnato caldo di sua madre e i suoi capelli scuri. Le fa brillare particolarmente gli occhi chiari.

Nina è più sobra invece. Nonostante sapesse di dover incontrare Max, non ha voluto esagerare questa volta, né indossare qualcosa per attirare la sua attenzione. E' solo Nina, in versione brava ragazza. La Nina che è sempre stata, e che gli è sempre piaciuta.

<<Ciao Larisse>> saluta la ragazza, facendo un passo in avanti per liberarsi della mano di sua madre sulla schiena e allungando il collo per salutare la donna, nel cui profumo si immerge non appena le loro guance si sfiorano <<Come stai?>>

<<Bene cara, molto bene. Più contenta del solito per l'inizio dell'estate e particolarmente fiera questi giorni>> risponde, giungendo le mani davanti a sé e aprendosi in un sorriso sornione <<Sai, Kevin si laurea tra qualche settimana>>

<<Sono contentissima>> risponde Nina, sincera. Nonostante sia stata scaricata da lui, non nutre particolari rancori nei confronti del ragazzo in questione e saperlo realizzato non può che renderla felice.

<<Tra un po' arriverà>> aggiunge poi la donna <<Sarà contento di vederti. Gli dirò di invitarti alla sua laurea>>

<<Certo che quanto tempo è passato da quando lo vedevo gironzolare per casa>> si intermette sua madre, con l'aria di chi è fintamente persa tra i ricordi. <<Eravate proprio una bella coppia>>

<<Concordo>> afferma Larisse, ridacchiando e stringendo leggermente la spalla dell'altra donna.

Nina sorride imbarazzata, dondolando leggermente sui talloni. Non può certo negare la constatazione di sua madre, ma Kevin sembra appartenere ad una vita che quasi non le sembra neanche più la sua. Sopratutto, solo ricordare quei momenti che le sembravano felici le fa storcere il naso e la accompagna verso un paragone che non avrebbe voluto fare, ma che in quel momento viene spontaneo: l'ha fatta bruciare di più Max in così poco tempo e con così poche occasioni, rispetto a quanto abbia mai fatto Kevin in anni di relazione.

Chissà cosa sarebbe successo se quell'estate avesse provato a tenersi Max anziché ripiegare su Kevin. Chissà quanto sarebbe stata diversa la sua vita, i suoi diciassette anni, la sua prima volta, la sua maturità, avendo accanto uno come Max anziché uno come Kevin.

E la verità è che non è troppo sicura del fatto che sarebbe stato effettivamente meglio.

Più forte, sicuramente. Più intenso. Più vivo.

Ma non meglio.

Pensando a lui, mentre il discorso tra le due donne continua su toni confidenziali e chiacchiere sui figli, Nina non può fare a meno di girarsi a guardarlo. Prova a dissimulare il tutto, infilando gli occhiali da sole che fino ad allora aveva trattenuto sulla testa, e con nonchalance gira il collo sino a riuscire a intravedere ciò che accade alle sue spalle.

La famiglia Verstappen non si è mossa di un millimetro, soltanto sono aumentate le persone che li circondano e Jos ha una mano sulla spalla di Max, il quale a braccia conserte ascolta un signore parlargli con entusiasmo.

Nina non sa se l'avrebbe fatto a prescindere o se è l'intensità con la quale lo guarda a catturare la sua attenzione, non sa neanche se la nota solo in quel momento o se si era già accorto della sua presenza, fatto sta che Max, con un rapido movimento degli occhi, si ritrova a ricambiare il suo sguardo.

Ancora una volta, in mezzo a tante persone, tutto ciò che c'è al di fuori di quello scambio di occhi diviene sfocato, irrilevante. Le voci di Larisse e sua madre si fanno lontane, così come il cielo azzurro alle spalle di Max diviene quasi buio in confronto allo splendore dei suoi occhi.

Tutto il mondo si arrende ad essere mero spettatore davanti alla forza con la quale due persone come loro si riconoscono. L'apocalisse sarebbe potuta essere attorno a loro e Nina non ci avrebbe fatto caso, né le sarebbe interessato.

La fine di tutto è lì.

Davanti a lei.

Indossa quel suo ghigno speciale e una bella camicia e ha lo stesso sapore delle cose proibite di cui è capace.

Tutto il resto non conta.

Ed è proprio quello, si rende conto Nina, il problema.

Che un solo sguardo basta a cancellare una settimana agonizzante, la sorpresa spiacevole della scorsa sera e tutto ciò di cui lo incolpa, tutto ciò che le fa patire ogni giorno semplicemente non essendoci. Azzera le sue colpe, mentre una vocina dentro di lei si sveglia e le dice che forse non dovrebbe essere così arrabbiata con lui, che infondo lui non ha fatto niente. Nina però lo sa, che lui non ha fatto niente. E' per quello che è arrabbiata. Lui non fa mai niente.

Mentre lei, vorrebbe facesse tutto. Tutto quello che lei farebbe con lui, a lui, per lui.

<<Margherita, vieni>> sente suo padre, in lontananza, chiamare sua madre.

Una mano le afferra il polso e qualcuno le parla.

<<Cosa?>> è costretta a domandare, non riuscendo a decifrare quelle parole.

Distoglie lo sguardo solo per un attimo, appurando che la smetta appartiene a sua madre. Quando cerca nuovamente Max, lui non ha smesso di guardarla. Il che è sufficiente a farle battere il cuore furiosamente.

<<Vieni, papà ci sta chiamando>> ripete la donna al suo fianco.

<<Vado a prendere da bere e arrivo>> risponde Nina, visibilmente confusa ma pronta abbastanza per rendersi conto che Max è proprio accanto al tavolo delle bevande. E che sua madre non direbbe mai di no ad un cocktail <<Ti porto qualcosa?>> domanda infatti la ragazza.

Margherita Duval annuisce, aprendosi in un sorriso, prima di lasciarle andare il polso e accingersi a raggiungere suo marito con Larisse affianco.

Nina non è del tutto certa di ciò che sta facendo, ma ormai la sua meta è definita e non può tirarsi indietro. Attraversa il bel giardino dello yacht club: una parte di banchina riservata ai soci e delimitata da paletti di ferro uniti tra loro da grosse cime, con tavoli tondi ricoperti da candide tovaglie e richiami al mondo nautico nei nodi ricamati sui fazzoletti, sui centro tavola. Gruppi di persone sono intente a chiacchierare in ogni dove, qualcuno persino la saluta, ma nell'agitazione del momento Nina non riconosce nessuna faccia.

La sua piena concentrazione si riversa nell'arrivare sana e salva davanti al banco degli alcolici, domandare correttamente uno Spritz, il tutto mentre parte del suo cervello continua a sperare che Max la raggiunga.

Gli sfila davanti, questa volta impedendosi di guardarlo, e una volta giunta alla meta quasi grida al cameriere di prepararle due cocktail, mordendosi subito dopo l'interno del labbro. Il barman annuisce, guardandola piuttosto stranito, e si accinge a preparare l'ordinazione.

Nina sente la presenza di qualcuno al suo fianco ancor prima che quest'ultimo le sfiori la spalla. Quando lo fa, e il tessuto ruvido della sua camicia sfiora la sua pelle, deve stringere le mani sul tavolo davanti a se per trattenere qualsiasi reazione. Tranne il battito del suo cuore. Per quello non può farci niente ed inevitabilmente reagisce.

<<Mi fa un Americano>> la sua voce familiare.

E' così bello sentirla di nuovo, così vicina, così piena.

La ragazza continua a guardare dritto davanti a sé e Max fa lo stesso, mettendosi le mani in tasca. Poi, quasi come si fossero accordati sul momento in cui farlo, i loro volti si cercano.

<<Nena>> mormora il ragazzo, a mo' di saluto.

Dopo di che la sua attenzione torna a rivolgersi al barman intento a servire i cocktail ordinati da Nina.

Lei continua a guardarlo invece, quasi incredula.

Aspetta qualche attimo, nella speranza che si giri nuovamente, ma ovviamente non lo fa.

<<Tutto qui?>> domanda quindi lei, alzando forse un po' troppo la voce. Si gira del tutto verso Max e ignora i bicchieri che il barman prova ad allungarle, costringendolo a lasciarli sul bancone. <<"Nena" è tutto ciò che sai dire?>>

<<Pensavo ti piacesse il modo in cui ti chiamo>> risponde Max, lanciandole un'occhiata fugace mentre un sorrisino gli si dipinge sulle labbra. In un'altra occasione, quel ghigno le avrebbe fatto contorcere le budella.

E in realtà lo fa.

Però qualcosa di più forte ha bisogno di avere una voce in quel momento.

<<Sei sparito per una settimana, avresti potuto chiamarmi amore e non mi sarebbe importato>> controbatte la ragazza, non sentendosi troppo felice per quell'uscita in realtà. Aspettando di vedere in che modo Max la prenderà in giro per le sue parole afferra uno dei due Spritz e si fionda sulla cannuccia, buttando giù in un sorso quanto più alcool possibile.

<<Come se sarebbe mai potuto accadere>> commenta il ragazzo, schioccando la lingua contro il palato. Esattamente come Nina si aspettava. <<Io che ti chiamo amore>> ci tiene anche a sottolineare, qualora non fosse arrivato il messaggio.

<<Non hai bisogno di ricordarmi ogni volta che questa non è una relazione>> sbotta quindi lei, battendo sul bancone il bicchiere già vuoto.

Le mani hanno cominciato a tremarle dal nervoso e il desiderio di prendere a schiaffi l'espressione composta e rilassata di lui le è arrivato alle mani, ma si frena. Piuttosto afferra il drink che avrebbe dovuto portare a sua madre e sorseggia anche quello, facendo segno al barman di farne altri due.

<<E invece credo di sì>> replica lui, decidendosi finalmente a guardarla. Forse Nina avrebbe preferito però che i suoi sguardi rimanessero non corrisposti. Avrebbe fatto un po' meno male. Avrebbe potuto convincersi che stesse mentendo, che tutta quella scena da io non mi innamorerò mai di te fosse una farsa. Invece i suoi occhi, glaciali, parlano chiaro. <<Altrimenti non ti saresti presentata a casa mia l'altra sera>> continua poi.

Anche lui si appropria del suo cocktail e lo finisce in pochi sorsi, ordinandone ancora. Il tutto sotto lo sguardo leggermente deluso di Nina, che sporta verso di lui e con le labbra socchiuse pensa a cosa fare, cosa dire, come reagire.

<<Volevo solo farti una sorpresa>> afferma allora, optando per una mezza verità e dando una sua spiegazione in merito a quella scelta avventata di presentarsi a casa sua con Serge e Benny <<E invece ne ho avuta una io>>.

Max alza gli occhi al cielo, scocciato.

<<Non fare quella faccia>> lo attacca Nina, abbassando la voce ma facendosi più vicina. <<Puoi avere quante ragazze vuoi nella tua vita, ma per decenza dovresti almeno dirmelo. Si tratta di rispetto>>

Anche quella è una mezza verità.

Nina non vorrebbe che ci fossero altre ragazze nella vita di Max. Tuttavia, se è l'unico modo per averlo, gradirebbe almeno essere avvisata.

Qualcosa di quella frase però lo turba profondamente, tant'è che anche lui avvicina il suo viso a quello di lei in una mossa che da fuori potrebbe sembrare quasi affettuosa, ma che gli serve per renderle più chiaro il concetto.

<<Tu parli di rispetto ma trai da sola le tue conclusioni>> la accusa <<Potrei dirti che tra me e lei non è successo niente e non mi crederesti. Potrei dirti che non ho scopato con nessun'altra e tu continueresti a dubitare. Rispetto. Certo.>>

<<Non ho mai detto questo>>

<<Ma lo pensi>> afferma lui.

<<Io non so cosa pensare Max>> dice Nina, con lo sguardo che inevitabilmente le si ammorbidisce <<Ti ho cercato per giorni e mi sei sempre sfuggito, ti aspettavo al Buddha e non sei mai arrivato. Quando ho trovato Serge che veniva da te ho pensato davvero di farti una sorpresa, ma ti trovo in casa con una ragazza. Poi sparisci di nuovo. Non un messaggio. Non una chiamata. Cosa devo pensare?>>

<<Pensa che sono sparito per non avere 'sta ramanzina e mi tocca sorbirla nell'ultimo posto al mondo in cui vorrei essere>> controbatte Max, confessando qualcosa che Nina già sospettava. Il fatto della ramanzina però non le scende. <<Ho altri cazzi per la testa oggi, Nena. Non ti ci mettere pure tu>>

<<Vaffanculo>> le viene semplicemente da dire, dal profondo del cuore <<Fai schifo>>

<<Non ti preoccupare, mio padre me l'ha già detto almeno cinque volte sta mattina>> risponde lui con indifferenza, scrollando le spalle. Nina vorrebbe dire di scorgere una crepa nella sua freddezza, davanti quell'affermazione, ma non è così. E questo la distrugge. Quanto male devi provare per arrivare a diventare così?

<<Ora puoi andare a buttarti nelle braccia del tuo fidanzato se vuoi, sono sicuro che ti tratterà molto meglio di così>> esclama poi.

Nina alza le sopracciglia, senza capire. Quando segue il suo sguardo, però, si accorge del ragazzo che ha appena varcato l'ingresso e che è impegnato a salutare affettuosamente gente, in un modo che ricorda dannatamente quello di sua madre.

Con i pantaloni chiari e la camicia celeste, gli occhiali da sole firmati e un bel sorriso, Kevin sprizza brio ed emana una luce propria, rappresentando al tempo stesso tutto ciò che Max non sarà mai e tutto ciò che Nina ha sempre conosciuto.

E a Nina sembra tanto un deja-vù, averli tutti e due nello stesso posto.

Quando però si volta a guardare il ragazzo al suo fianco, si accorge che è già sparito.

Mentre quello all'entrata alza una mano nella sua direzione, a mo' di saluto.





L'approccio di Nina nei confronti di Kevin, in realtà, diventa presto il seguente: evitarlo.

Certo, forse vederla chiacchierare con lui urterebbe parecchio i nervi a Max e probabilmente se lo meriterebbe anche. Tuttavia, sono tante le ragioni per cui proprio non ha voglia di parlarci.

Lasciando perdere il fatto che l'ultima volta che hanno avuto una conversazione lui la stava lasciando, dicendo di non poter più sopportare il peso della loro relazione, Kevin è anche un monito vivente di ciò che Nina avrebbe potuto avere accanto e che invece ha perso, e di ciò che ha perso per avere lui.

Guardando il ragazzo andare in giro tra i tavoli, durante il pranzo, non riesce a fare a meno di pensare a Susie. A quanto le piaceva Kevin.

Poteva passare pomeriggi interi a tessere le sue lodi senza stancarsene, sminuendo poi davanti agli altri il tutto come una mera infatuazione. Nina sapeva però. Nina sapeva e per questo Susie non l'ha mai perdonata, come potrebbe mai farlo quando Nina in primis non ha mai davvero perdonato se stessa per ciò che le ha fatto?

Però Kevin ha un sorriso che sa di cose belle, gli occhi gentili.

Kevin ha saputo mettere una pezza su una ferita che altrimenti Nina non avrebbe saputo curare, e gli sarà per sempre riconoscente per questo. Anche se non ha mai saputo di quel bacio con Max, o di cosa successe la mattina dopo. Per questo lui forse neanche trova strano il fatto che Nina e Max siano nello stesso posto in cui si trova lui, non è qualcosa che gli mette una certa ansia addosso, come invece succede a Nina. Lui non ne ha motivo.

Nina al contrario mangia silenziosa, lanciando occhiate prima ad uno e poi all'altro, chiedendosi quando quell'apparente tranquillità andrà in frantumi. Il fatto che Max abbia un bicchiere diverso in mano ogni volta che la ragazza lo guarda, poi, non aiuta certo a farla stare tranquilla.

I suoi genitori chiacchierano con leggerezza, degustando il vino e assaggiando con attenzione ogni portata. La ragazza ogni tanto si intromette, giusto per dare l'impressione di non essere del tutto altrove, ma per la maggior parte del tempo la sua testa è assente. I discorsi passano e dopo pochi minuti non saprebbe neanche ridire di cosa stavano parlando. Nel giardino dello Yacht Club sono tutti seduti ai propri tavoli e l'orchestra composta da voci e risate si armonizza perfettamente con le melodie della jazz band che suona in un angolo.

Il sole è alto nel cielo e il caldo e lo Spritz le danno leggermente alla testa, ma Nina rimane composta a tavola, mantenendo quel portamento elegante che i suoi genitori le hanno sempre imposto e che mantengono anche tra le mura di casa. Una signora, di ritorno dalla toilette, si premura di avvicinarsi e farle i complimenti per il vestito di sua madre.

Nina sorride contenta, felice di avere qualcos'altro a cui pensare, e anche se si fermerebbe volentieri a parlare di abiti la loro conversazione viene interrotta da un suono che proviene dagli altoparlanti. Il presidente si fa strada tra i componenti della band, rubando loro la scena e un microfono.

<<Vorrei proporre un brindisi>> annuncia l'uomo, sollevando per aria la mano con il flûte di champagne. <<All'inizio dell'estate, ai miei più cari amici, soci e a questo meraviglioso pranzo. Alla mia bellissima moglie, Larisse, e a mio figlio Kevin. A tutti voi>>

L'aria si riempie di "a noi", "a voi", "a tutti" mentre in coro le famiglie dell'alta borghesia monegasca accolgono il brindisi. Approfitta dell'attenzione che ricade inevitabilmente su di lui per trovare Kevin, il quale con un bel sorriso accoglie e ricambia tutti gli sguardi. Compreso, ad un certo punto, il suo.

Nina si dice che quello non è proprio il modo giusto per continuare ad evitarlo, ma colta sul fatto non le sembra il caso di guardare subito altrove. Piuttosto abbozza un sorriso quasi timido, allungando il calice verso il ragazzo che, dalla parte opposta del giardino, imita il suo gesto.

L'attimo dopo, un suono di vetri infranti le arriva alle orecchie.

La ragazza scatta in piedi e preoccupata volta frettolosamente il viso verso il tavolo della famiglia Verstappen. Anche lì, come lei, qualcuno è in piedi.

Per terra, accanto a Max, una serie di cocci di vetro riflettono la luce del sole e un inserviente si appresta a farli sparire. Il ragazzo ha gli occhi fissi in quelli del padre, i pugni stretti accanto alle cosce.

Nina vorrebbe correre lì a chiedergli cosa è successo, se va tutto bene, ma si costringe a rimanere ferma lì, a guardare la scena con la mascella serrata, nella stessa posizione in cui si trova Max in quel momento.

Jos fa per digli qualcosa e, se Nina sperava di catturarne il labiale, il suo tentativo viene sabotato dal suono sgradevole che riempie gli altoparlanti e le fa fare un salto sul posto, distraendola.

<<Perchè non balliamo un po'?>> domanda il presidente dentro il microfono, attirando l'attenzione di tutti su di se. Il suo invito viene presto accolto dalla band.

<<Che succede, Antonia?>> le chiede sua madre, notando l'aria agitata sul volto della figlia.

<<Andiamo a ballare?>> propone però subito dopo suo padre, trascinando la donna via dal loro tavolo e lasciando la ragazza lì, in piedi, stregata dal silenzioso confronto in corso tra i due uomini della famiglia Verstappen e indecisa sul da farsi.

<<Magari anche tu sei interessata a fare quattro mosse imbarazzanti con me, sono sicuro che saremo i più scarsi lì in mezzo>> afferma dopo qualche attimo una voce incredibilmente vicina. Nina era così presa da non essersi neanche accorta dell'arrivo di Kevin, munito di sorriso smagliante e savoir-faire in puro stile francese. <<Potrebbe essere divertente>>

<<Kevin>> esclama con voce esageratamente alta la ragazza, spalancando occhi e bocca con palese stupore. Il suo guardo cerca frettolosamente Max, ma anche dopo essersi assicurata che lui non la stesse guardando non ritiene assolutamente il caso di mettersi a ballare davanti a tutti. Davanti a lui. Così, come automaticamente si è alzata, ora si risiede. <<Se mia madre ci vedesse ballare le verrebbe un coccolone, meglio evitare>>

<<Oh, andiamo, un tempo di piaceva tanto ballare>> insiste il ragazzo, allungandole la mano libera con un implicito invito ad afferrarla. Non ha torto in effetti. Più che l'atto stesso di ballare, a Nina è sempre piaciuto divertirsi alle feste. Solo che certe cose non cambiano e Kevin non ha considerato un'importante variante. A Nina piace divertirsi alle feste, ballare, quando non c'è Max.

Però lui in quel momento è lì.

E tutto il resto non ha importanza, neanche ballare.

<<Lasciamo perdere, davvero>> gli risponde quindi, con gentilezza.

Il ragazzo annuisce.

Ritrovarsi nei suoi occhi ha un che di familiare, tutto in lui è abituale, ordinario. Kevin è come quella bella giornata sulla banchina del porto: un momento di pura e rilassata spensieratezza, un attracco sicuro e lontano dalle intemperie.

La tempesta però è a poche miglia da loro, ed i suoi occhi ora sono rivolti verso di loro.

<<Due chiacchiere non puoi certo negarmele però>> continua il ragazzo, rubando la sedia che era di sua madre e accomodandosi al suo fianco.

Nina pensa che in realtà potrebbe negargliele eccome però non le sembra il caso di essere scortese e, anche se il suo piano per evitarlo è miseramente fallito, probabilmente se si rivelerà amichevole abbastanza il tutto potrebbe passare in fretta.

<<Ho saputo che ti laurei la prossima settimana, congratulazioni>> si complimenta Nina, abbozzando un sorriso e allungandosi verso ciò che rimane del drink nel suo bicchiere.

Kevin annuisce, un ciuffo di capelli castani gli accarezza la fronte.

<<Ce l'ho fatta alla fine>> esclama, aprendo le braccia con fare scenico <<Tu che hai scelto alla fine? Tuo padre è riuscito ad iscriverti all'università?>>

<<A quanto pare>> afferma lei, non pensando minimamente di rivelargli il suo allontanamento dalla vita universitaria.

<<Però continui a creare abiti>> attesta il ragazzo <<Questo è tuo? Ti sta molto bene. E' molto da te>>

Nina passa distrattamente le dita sul tessuto leggero della sua gonna, accettando il complimento con un mezzo sorriso. Si sente leggermente a disagio e non è lui il problema, è lei. Lei non è più la ragazza che Kevin è sempre stato abituato ad avere accanto, anche se si veste allo stesso modo. Per questo stare lì, con lui, fa stridere qualcosa nel suo cervello.

E' una scena già vista in un film diverso, una melodia fuori tempo.

Per questo non riesce a prestargli troppa attenzione, anche se il suo viso è bello come sempre e il suo carattere solare potrebbe scaldarle il cuore, anche se potrebbe di nuovo lenire le ferite.

Per questo gira ancora una volta il viso per cercare quello di Max.

Per questo perde un battito quando non lo trova più al suo posto.

<<Nina tutto...>> comincia Kevin, ma la ragazza non lo guarda neanche.

<<Scusa io devo...>> afferma lei, scattando in piedi e analizzando il luogo con attenzione <<Io devo...>>.

In realtà, Nina non deve fare niente. Chiamarlo dovere sarebbe sbagliato. E' un bisogno, un'urgenza. Trovare Max.

Quando capisce che non è più lì fuori, non ha più motivi per restare ferma al tavolo.

<<Nina dai, erano anni che speravo di poter parlare un po' con te>> esclama il ragazzo non appena lei muove un passo per allontanarsi. Lei si limita a lanciargli un ultimo sguardo, filtrato dalla frangetta, pensando silenziosamente che se avesse voluto parlare con lei tutti questi anni magari avrebbe potuto non lasciarla. Però non sono cose che merita di sentirsi dire, per questo va via senza aggiungere altro.

Attraversa il giardino facendosi strada tra gli invitati danzanti, cercando un paio di occhi chiari tra la folla. Il ritmo incalzante della band sembra farle da colonna sonora, i piedi si muovono frettolosamente, assecondando la necessità di trovarlo quanto prima. Sarebbe dovuta intervenire subito, si dice. Avrebbe dovuto chiedergli se fosse tutto apposto, comportarsi da amica più che da amante.

E lo sapeva. Sapeva che la presenza di suo padre l'avrebbe mandato fuori di testa. Poi forse, forse, anche vederla con Kevin aveva contribuito.

La sua attenzione, mentre la ricerca si sposta presto negli spazi interni dello Yacht Club, viene catturata dalla suoneria del suo cellulare. Nina risponde senza vedere lo schermo per non perdere tempo.

<<Ehi>> esclama, in modo abbastanza neutrale.

Una piccola parte di lei spera che sia Max. Che anche lui stia cercando lei nello stesso, disperato modo.

<<Amore mio>> afferma la voce dall'altra parte del cellulare, squillante e divertita <<Ciao, ti stavo pensando. Mi manchi e mi annoio. Che fai?>>

Nina, conoscendo le lungaggini nelle quali sfociano solitamente le chiamate di Cook, alza gli occhi al cielo. Però decide di dargli comunque una risposta sincera, tanto per farlo annoiare un po' meno.

<<Non ci crederai mai ma sono scappata da un'imbarazzante faccia a faccia con Kevin per cercare un Max potenzialmente molto ubriaco e pronto a dare di matto>> spiega lei, non riuscendo a non pensare a quanto assurdo sembri il tutto.

<<Prenderei un aereo al volo solo per godermi la scena>> risponde subito l'altro.

<<Ci trovi allo Yacht Club>> dice la ragazza, finendo di perquisire il salone interno. <<Ti richiamo dopo Cook, ciao>>

Non fa in tempo ad ascoltare la risposta del suo migliore amico che il suo telefono finisce nei meandri della sua borsa, la sua attenzione nuovamente dedicata al cento per cento a quella ricerca. Il posto però, per quanto lussuoso e imponente, è anche piuttosto piccolo. Per questo Nina si ritrova presto ad esplorare le ultime stanze rimaste - i bagni - con la consapevolezza che se Max non dovesse essere lì allora il campo di ricerca si estenderà a tutto il Principato di Monaco.

Nonostante la sola idea le faccia salire il panico, non c'è bisogno di agitarsi.

Max è nel bagno riservato al personale - probabilmente non è riuscito a distinguere i cartelli -, con le mani arpionate al lavandino e il busto sporto in avanti, fino a far toccare con la fronte lo specchio appeso al muro. Ha la faccia bagnata, così come la camicia all'altezza del petto.

I respiri sono così profondi da essere rumorosi e il suono che fuoriesce dalle sue labbra assomiglia tanto a una smorfia di dolore, come se ogni dose d'aria fosse una coltellata nel petto.

E Nina vorrebbe soltanto abbracciarlo. Non sa se è una sua necessità o qualcosa che farebbe per lui, forse entrambe.

La cosa triste è che lui non glie lo lascerebbe mai fare. Neanche sa quanto bene gli farebbe.

Non è certo stato cresciuto a baci e abbracci. Che poi, a pensarci, neanche lei. Però ha avuto la fortuna di imparare a darli.

Lui no.

<<Che è successo?>> non riesce però a trattenersi dal chiedere, infilandosi nel bagno e chiudendo la porta alle sue spalle.

Max stacca la testa dal muro e si gira a guardarla, quasi con violenza. Quella mossa repentina deve costargli l'equilibrio che sembrava aver trovato. Nina lo nota dal modo in cui le mani perdono qualsiasi tipo di colore, tan'è la forza con la quale si stringono alla ceramica del lavabo.

<<Lascia perdere>> risponde lui.

La frase, per quanto vorrebbe apparire tagliente, viene smussata da una parlata strascicata e dall'estrema fatica che compie la sua lingua nel riportare correttamente tutte le parole. Eppure le crea uno squarcio al centro del petto.

Nina ha visto Max in tanti stati, ma così distrutto mai.

<<Non me ne vado finchè non mi parli>> controbatte la ragazza, muovendo un passo verso di lui e giungendo le mani davanti a sé per impedirsi di toccarlo.

<<Non voglio sentire le tue lamentele del cazzo>> afferma lui. I capelli, finalmente scompigliati, gli coprono la fronte e tagliano il suo sguardo, rendendolo leggermente più facile da sostenere. <<Va' via Nina>>

<<Antonia>> le viene naturale dire, per poi mordersi le labbra.

<<Cosa?>>

<<Antonia. Mi chiami sempre con il mio nome completo quando sei arrabbiato. E' sempre stato il nostro modo di fare>> si spiega, sentendo la superfluità di quel discorso ma al tempo stesso aggrappandosi stretta alla leggerezza di quella puntualizzazione, qualcosa che le ricorda chi erano, chi sono sempre stati.

<<Proprio non lo capisci tu che sono una persona diversa da quella che conoscevi>> sbotta allora Max, con una lentezza imposta che rende un'agonia arrivare alla fine della frase. <<E che fai meglio a lasciar perdere. Posso solo peggiorare.>>

<<Tu non sei tuo padre>> si affretta ad esclamare la ragazza, sentendo il bisogno almeno di fargli capire questo, di dargli una speranza. <<Lui è cattivo ed è perso, tu...>>

<<Va' via Nina>> taglia corto lui, senza neanche lasciarla finire di parlare. Il suo tono è disperato, affannoso.

La ragazza però non si muove di un millimetro, rimanendo ferma al centro del bagno con le piastrelle blu, intenta a guardarlo.

<<Max>> mormora, perchè nonostante tutte le cose che vorrebbe dirgli non sa come fare.

<<Va' via, cazzo>> ripete il ragazzo, questa volta con un tono gutturale che quasi fa tremare il pavimento. Lascia perdere l'appoggio sul lavandino per poterla fronteggiare meglio e tutta la rabbia che ha in corpo gli sale agli occhi per poi essere scaraventata su Nina, che ora si ritrova costretta ad indietreggiare.

Non può restare accanto a qualcuno che ha un disperato bisogno di vederla andar via.

Voltargli le spalle le costa tutto, ma si costringe a farlo. Afferra la maniglia della porta e la spalanca, con tutta l'intenzione di sbatterla con forza una volta uscita in corridoio.

E' un alto rumore però a catturare la sua attenzione.

Si sente un boato nel bagno, il suono di qualcosa di pesante che si infrange per terra. Nina si dice di non girarsi, che conoscendo Max potrebbe aver tranquillamente fracassato il lavandino o la porta di uno dei gabinetti, eppure sembrava qualcosa di diverso.

Non avrebbe mai pensato di poter associare un suono all'idea di vedere Max crollare.

Non avrebbe mai neanche pensato che qualcuno come lui ne fosse capace.

Eppure anche i leoni forgiati d'oro massiccio a volte non riescono a nascondere le crepe.

Quando Nina si gira e lo trova per terra, steso a faccia in giù sulle piastrelle, sente una stretta in gola che quasi la soffoca. Vorrebbe gridare aiuto ma il fiato non esce, così si limita a gettarsi al suo fianco, aiutandolo a girarsi con le mani tremanti.

<<Max>> prova a chiamarlo, in un soffio. I suoi occhi sono aperti e questo la tranquillizza, con la bocca mormora qualcosa di incomprensibile. <<Devi vomitare?>> gli chiede quindi <<Ti aiuto>>

Max scuote la testa ma lei lo costringe a tenerla ferma, prendendogli il viso tra le mani. L'ultima volta che l'ha sfiorato erano in un bagno molto diverso da quello, intenti a fare ben altro, eppure lo stringe con la stessa forza mentre la sua pelle formicola riconoscendo quel contatto.

Il ragazzo riesce a sussurrare qualcosa che somiglia ad un "non voglio vomitare" e Nina si lascia sfuggire una mezza risata, forse fuori luogo, pensando a quanto quel momento strida con la sua affermazione di prima. "Proprio non lo capisci che sono una persona diversa" le aveva detto. Eppure quante volte si è ritrovata ad aiutarlo durante una sbronza.

Quante volte l'ha riportato a casa sano e salvo, con la consapevolezza che solo lei aveva quel compito che poi era anche un po' un'onore. Con persone come lui, che non lasciano avvicinare nessuno, anche i ruoli più ingrati diventano quasi un premio.

<<Guarda che se è perchè ti vergogni, te le ho già messe altre volte le dita in gola>> gli dice infatti, con tono scherzoso. Quei ricordi la aiutano a tranquillizzarsi, facendole prendere in mano la situazione.

Lui nel frattempo si dimena fino a riuscire a svincolarsi dalla presa di lei sul suo viso, mettendosi carponi sul pavimento e allungando un braccio fino a raggiungere il lavandino.

<<Lasciami stare>> prova a cacciarla ancora una volta, usando l'appiglio per tirarsi su.

Finirebbe nuovamente per terra, però, se non fosse per Nina che gli infila un braccio sotto l'ascella, fornendogli un altro supporto.

<<Sta' zitto, Emilian>> sbotta lei, non intenzionata a lasciarlo in quello stato.

Tutto il resto può aspettare.

Potrà rifiutarla un altro giorno, gridarle di andarsene un'altro giorno, un giorno in cui lei lo farà davvero. Non così però. Non quando a malapena si regge in piedi, affogato in qualcosa che lo distrugge quanto basta per poter sopravvivere.

Lo aiuta a rimettersi in piedi e, con il cuore che le batte furioso nel petto, lo costringe a portarle un braccio attorno al collo. Max prova a ribellarsi finchè un conato di vomito lo scuote e, aiutato da Nina, rimette nel lavandino. La ragazza non storce il naso, come se neanche qualcosa di così puzzolente possa farle schifo se proveniente da lui. Piuttosto si appresta a sciacquargli la bocca, a pulirlo con un i tovaglioli di carta impilati lì accanto.

<<Andiamo, prima che qualcuno capisca che è colpa tua>> esclama Nina, aggiustando la presa sulla sua spalla e muovendosi verso l'uscita. Essendo un posto che hanno sempre frequentato parecchio - e dove si sono sempre sbronzati parecchio - Nina conosce anche le uscite secondarie del posto, usate da sempre per squagliarsela dagli occhi indiscreti dei genitori e dei loro amici. E' proprio verso una di queste che si dirige, costringendosi a non sentire il peso di Max completamente buttato su di lei. Aver vomitato l'ha messo quasi del tutto ko e, per quanto sia sicuramente più comodo non dover discutere con lui, muoversi è difficoltoso. Per fortuna l'uscita affaccia a pochi passi da una strada e da lì Nina prova ad attirare l'attenzione di un taxi.

<<Giuro che non è un modo per ricevere affetto>> afferma ad un poco presente Max quando se lo rigira tra le braccia, nascondendo il viso di lui dalla strada. Sta solo cercando di preservare la sua immagine pubblica da possibili guardoni.

Una volta trovato un mezzo di locomozione Nina si orienta a senso per raggiungere casa del ragazzo, anche se la parte più difficile è effettivamente fargli salire i pochi scalini nel suo portone una volta arrivati, per non parlare della ricerca delle chiavi.

<<Tutto questo è già successo>> sono le prime parole che lui le rivolge da quando sono usciti da quel bagno, mentre poggiato con la schiena contro la porta lascia che la ragazza gli tasti i pantaloni.

<<Beh, ti ho toccato altre volte, certo>> risponde lei, ridendo.

In realtà ha capito cosa vuole dire davvero, ma tiene il ricordo di quella notte per se. "Sei l'unica persona alla quale perdonerei qualsiasi cosa, pur di tenerti con me" le aveva detto tanti anni fa, mentre lei cercava di farlo entrare in casa e lui blaterava perso tra i fumi dell'alcool.

<<Io non...>> comincia lui, probabilmente per dirle di aver frainteso, che si riferisce a quella notte, poi però tace.

In quel momento le dita di Nina afferrano il mazzo di chiavi.

<<Per me vale ancora>> gli dice però prima di riafferrarlo e di portarlo dentro, sentendo più il peso di quell'affermazione che quello fisico sulle spalle. Lo dice perchè forse l'indomani non lo ricorderà, o forse perchè è il motivo per cui lei, nonostante tutto, è lì al suo fianco.

O forse non importa neanche il perchè. E' così e basta.

<<Divano>> mormora Max, indicando malamente il grosso pezzo di arredamento al centro del salone. Nina è contenda di non doverlo portare in camera da letto in realtà, sarebbe stato troppo.

Lo fa accasciare sulla stoffa grigia del divano, su una delle due penisole, poi gli sistema qualche cuscino dietro la testa.

<<Tutto bene?>> gli domanda, sentendosi improvvisamente sfinita.

Non ottiene nessuna risposta però.

Gli poggia una mano sul petto e lentamente si piega finchè sulla guancia non riesce a sentire il suo respiro, poi si tira indietro di scatto, come se temesse le conseguenze di rimanere un istante in più lì, con il viso così vicino al suo. Nonostante il caldo si premura di trovare qualcosa con cui coprirlo, poi un campanello suona nella sua testa.

Va' via.

Però non è Max a chiederlo sta volta.

E' una richiesta di se stessa.

Per un attimo, un disilluso istante, Nina pensa a quanto sarebbe facile infilarsi accanto a lui, guardarlo dormire, percepire il suo corpo contro il proprio. Sentirlo respirare e basta. Godersi qualcosa che non potrebbe essere rovinato da litigate inutili e sbagli grossolani, dal caratteraccio di Max e dal proprio disperato bisogno di attenzioni da parte sua.

Qualcosa di inattaccabile, solo perchè tenuto insieme dalle braccia di morfeo.

Quando quel pensiero diventa un desiderio e comincia a mettere radici nella sua testa, Nina gira sui tacchi e corre via, chiudendo la porta alle sue spalle e pregando perchè arrivi un giorno in cui preferirà preservare se stessa piuttosto che accorrere a salvare Max.

Un giorno che certamente, però, non è quello.

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