DI UN ATTIMO PERFETTO (18)
Le mani si muovono frettolosamente sui tasti del computer, incastrato in modo instabile tra le gambe incrociate della ragazza. Una musica leggera esce dalle casse, ad un volume molto più basso rispetto a quella che proviene dalla stanza affianco al salone.
Nina osserva i risultati prodotti sullo schermo dal motore di ricerca e si porta il pollice tra le labbra, cominciando a mordicchiare distrattamente le pellicine esposte mentre cerca di capire quale link aprire.
Comincia dal primo.
"L'apatia (dal greco a-pathos, letteralmente "senza emozione") è una condizione caratterizzata da una diminuzione o dall'assenza di qualsiasi reazione di fronte a situazioni che normalmente dovrebbero suscitare interesse o emozione" legge, continuando a torturarsi le unghie. "Il soggetto mostra gravi segni di distacco verso l'ambiente che lo circonda, e prova indifferenza e ritrosia nei confronti di eventuali nuove esperienze"
Max prova "indifferenza e ritrosia" nei confronti di qualsiasi esperienza non dettata dal proprio io, pensa quasi scherzosamente la ragazza.
Ed è sempre stato così.
Nina prova a ricordare qualche sfaccettatura delle espressioni di lui, per catturare qualche falla nel sistema. Tuttavia, per quanto il range comunicativo del viso di Max copra giusto un piccolo spettro emotivo che va dal "sono incazzato nero" al "sono indifferente", è pur sempre uno spettro emotivo.
Decide di cambiare sito, buttandosi sul secondo risultato della ricerca.
Legge tutto velocemente finchè i suoi occhi non catturano qualcosa di interessante.
"L'incapacità di manifestare le emozioni si ripercuote, nel soggetto apatico, nella ridotta espressività facciale e vocale, oltre a una alterazione dell'attività sessuale e dell'attività nutrizionale"
Si ritrova subito a chiedersi cosa si intenda per "alterazione" dell'attività sessuale.
Certamente il sesso, per Max, non è qualcosa di... ordinario. Ancorato all'idea di riuscire a sentire soltanto tutto ciò che è rabbia, lui trasforma anche quei momenti in qualcosa che assomiglia ad una lotta, una guerra, fatta di cicatrici e lividi e un'incontenibile furia.
<<Prima di ritrovare te non avevo neanche voglia di scopare>>
Le parole di Max le tornano in mente, ed hanno la stessa forza di quando sono state pronunciate per la prima volta. Nina finisce quasi per arrossire mentre un calore improvviso la pervade.
Con una mano finisce ad accarezzarsi la base del collo, sentendo come sempre il fantasma della presa di lui aleggiare sulla sua pelle.
Si è chiesta più volte il significato di quella constatazione, ma non le sembra poi chissà quanto interpretabile. Anzi, forse è semplicemente la prova di ciò che ha sempre sostenuto.
Che per lui, lei è diversa.
E quell'osservazione fa sorgere spontanea un'altra domanda.
Se Max proverà davvero a lasciarsi andare, a non chiuderla fuori, Nina sarà capace anche di salvarlo?
Non ha una risposta, non ancora, ma il solo pensiero le mette addosso una strana felicità.
"Nel caso in cui il soggetto apatico stia sviluppando una forma di depressione, ai soliti sintomi vanno aggiunti un rallentamento psicomotorio, una assenza di speranza e una ridotta autostima"
Nina non riesce a trattenere una risata dinanzi a quelle ultime parole, pensando che Max potrà anche sentirsi apatico, ma almeno non è prossimo ad un disturbo depressivo. La sua autostima è ben lontana dall'essere intaccata.
Continua a spulciare i risultati per una quantità indefinita di tempo, passato da affermazioni più o meno riassicuranti a paroloni impronunciabili che mai vorrebbe associare a Max. Ad un certo punto, seguendo i diversi filoni di pensiero che si affollano nella sua testa, il suo sguardo finisce sul proprio portafoglio gettato sul tavolino da caffè davanti al divano.
Torna sul motore di ricerca e cancella "apatia".
Riflette sul modo in cui formulare la frase, poi digita.
"Dissociarsi dalla realtà"
Non appena escono i risultati, però, Nina chiude lo schermo del pc.
Si guarda attorno, preda di una fastidiosa tachicardia.
Una cosa è cercare di scavare nel labirinto che Max si ritrova al posto della testa, una cosa è provare a guardarsi dentro.
Anche sè nessuna delle due attività è troppo piacevole, è sempre stata più brava a pensare a Max piuttosto che a lei.
Si alza dal divano e va ad afferrare il portafoglio, nel quale trova un bigliettino da visita che le hanno lasciato i suoi genitori come ben servito.
Dott.ssa Puline Langér
Psicoterapeuta
Non è una persona nuova per Nina, come non è nuova per Nina la sensazione di sentirsi come un'estranea nel proprio corpo. Le è capitato qualche volta negli ultimi giorni, non se ne sorprende visto il caos che sono stati. Ma anche quando era più piccola le succedeva.
La prima volta che ha conosciuto la dottoressa Langér aveva solo nove anni, ma Nina è sempre stata convinta che sua madre l'abbia portata da una psicologa soltanto perchè ai tempi tutte le famiglie benestanti di Monaco andavano in terapia. Se non fosse stato di moda, non sarebbe stato così facile.
La dottoressa Langér le è stata d'aiuto in passato, solo non pensava avrebbe mai avuto bisogno di tornare da lei. Che poi è ciò che ha detto anche ai suoi genitori quando, due giorni prima, si è scatenato il putiferio.
Eppure in quel momento fissa il bigliettino e si dice che forse non sarebbe una cattiva idea.
Sopratutto dopo le ultime quarantotto ore.
Perchè sarà anche stata capace di trovare un nuovo equilibrio con Max, un nuovo compromesso, nella speranza di far funzionare le cose. Ma mentre aggiustava la situazione con lui, spalla contro spalla, sul loro muretto, il resto della sua vita andava in frantumi.
Benny e Cook si erano fatti trovare seduti sui gradini del portone di casa, le facce stanche, ogni tipo di commento, di critica, mangiato dalla rassegnazione. Nessuno dei due si è sorpreso nel vedere Nina arrivare accompagnata da Max, in sella alla vespa di lei.
Tutto ciò che la sua migliore amica si è limitata a fare è stato alzarsi, far correre una gelida occhiata dagli occhi di Nina a quelli di Max, e andare via.
Non una parola, non ce n'era bisogno.
Quello sguardo diceva tutto.
Però l'aveva aspettata. Anche se era notte fonda, anche se Nina le aveva detto di star bene.
L'aveva aspettata.
Per essere sicura che tornasse intera, probabilmente. E anche un po' per farglielo pesare. Per farle capire che, forse, non è una relazione normale se la tua migliore amica deve aspettare che torni a casa sana e salva per poter dormire sonni - neanche tanto - tranquilli. Non che Nina si fosse mai azzardata a paragonare qualcosa come ciò che potrebbe avere con Max a qualcosa di normale.
Era un pensiero che sapeva di non potersi concedere.
Solo, avrebbe voluto che questo non fosse andato ad intaccare il suo rapporto con le persone che la circondano.
Un altro lusso che, inevitabilmente, non poteva permettersi.
<<Ci sono i tuoi sopra>> si era premurato di avvisarla Cook, lasciando i gradini e andandole incontro <<Hanno trovato il bigliettino che hai lasciato in camera loro, sono furiosi>>
Nina aveva preso un grosso respiro, si era detta di farsi forza, che quel momento prima o poi sarebbe dovuto arrivare. Max le aveva fatto un cenno. Era stato aggiornato da Nina sulla situazione durante la passeggiata in Vespa fino a casa, che per una volta senza troppe storie lei gli aveva concesso di guidare.
<<Lo sai che è stata la mossa giusta>> aveva affermato Max, sistemando la vespa sul cavalletto e lanciando le chiavi tra le mani di lei. <<Fa' la coraggiosa, Nena>>
A quel punto, anche lei aveva annuito.
Sarebbe stata coraggiosa. E come sempre, lo sarebbe stata grazie a lui.
Nina aveva cercato di convincerlo a portarsi la Vespa, ma Max non aveva accettato l'offerta. Voleva fare due passi. Così era sparito anche lui, portando assieme alla sua schiena larga che si confondeva lentamente nel buio delle strade de La Condamine tutta l'euforia di quella serata.
Alla fine, la ragazza era rimasta sola con Cook e con il suo sguardo indagatore, così diverso da quello di Benny. Cook non avrebbe neanche saputo come fare ad essere freddo, silenzioso.
Cook le sarebbe sempre stato affianco.
Il che non sminuiva l'affetto di Benny, semplicemente si avvicinava di più a ciò di cui Nina aveva bisogno.
<<Sono un casino>> aveva affermato la ragazza, allungando una mano verso l'altro.
Si era persa per un attimo nella familiarità del volto di Cook, nei suoi lineamenti morbidi, gli occhi nocciola, i capelli lunghi legati in una mezza crocchia.
<<Niente di nuovo>> le aveva risposto, stringendole le dita e dandole uno strattone per avvicinarla un po'. <<Il che non mi impedisce di essere arrabbiato. Vuoi che la gente mi prenda per un barbone? Seduto sulle scale davanti al portone a notte fonda?>>
Nina si era concessa persino una leggera risata.
<<Puoi rimanere un altro po'?>> non aveva avuto paura di chiedergli <<Ti lancio un cartellone da sù, puoi scriverci "non sono un barbone">>
Cook le aveva fatto una boccaccia, col naso arricciato e le sopracciglia aggrottate.
Poi l'aveva spinta verso il portone e, anche se non le aveva risposto, Nina sapeva che l'avrebbe trovato lì finchè non fosse stata lei a dirgli di andar via.
Alla fine, Nina l'aveva raggiunto ben presto, armata di gote rosse e un piccolo trolley con dentro le cose più essenziali della sua vita.
<<Spero tu abbia un posto per me sul tuo divano>> gli aveva detto mentre lasciava tutto per accendersi frettolosamente una sigaretta, tappando col fumo delle lacrime che non aveva davvero voglia di versare.
I suoi genitori non avevano preso troppo bene la decisione di Nina di lasciare l'università, nè l'idea di essere stati sommersi di bugie per anni, tanto meno averlo scoperto tramite uno stupido bigliettino. Suo padre non avrebbe mai capito il suo gesto, sua madre non avrebbe mai accettato la vergogna di non potersi vantare con le amiche del titolo accademico di sua figlia.
<<Chiama la Dottoressa Langér, hai bisogno di aiuto>>
Quella era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso. Il tono quasi astioso col quale sua madre le aveva parlato, il modo in cui era sparita per andare a cercare il biglietto da visita della psicologa che poi le aveva infilato con precisione chirurgica nel taschino anteriore della camicia che Nina indossava.
<<Ne hai sempre avuto bisogno>>
Sua madre non aveva abbassato lo sguardo neanche per un secondo mentre pronunciava quelle parole.
<<Magari potrebbe farti tornare un po' di buon senso>> le aveva dato man forte suo padre, prima di voltarle le spalle <<Fino a quel momento chiuditi nella tua stanza, non voglio sentirti né vederti>>
Nina aveva pensato di accontentarli, meglio di come avrebbe potuto fare chiudendosi nella sua camera.
Sono due giorni, infatti, che vive nel salone di Cook.
Sono due giorni che ripensa alle parole dei suoi genitori e al bigliettino da visita e alla stupida convinzione che, quando avrebbe rivelato loro il suo segreto, avrebbero comunque trovato un modo per farsi andar bene una figlia con la testa troppo tra le nuvole per essere relegata nel perimetro squadrato di un titolo accademico da incorniciare al muro.
Però non sente la loro mancanza.
Infondo l'ha sentita per una vita intera, facendo scorta di ogni piccola attenzione, elemosinando sorrisi, carezze.
Ora che andar via è stata una sua scelta, quasi non fa più caso a quel vuoto che le è sempre stato dentro, e che resterà comunque lì, incolmabile.
Ha sempre saputo come coprirlo.
E in quel momento, le canzoni latino americane che Cook ascolta in camera e i mobili colorati del suo monolocale, l'odore delle candele profumate, la luce calda che passa attraverso le tende svolazzanti del salone, sanno di casa molto più di quanto lo è sempre stata la sua.
Quando suona il campanello, Nina infila nuovamente il biglietto da visita nel portafoglio e, scavalcando il divano di tessuto arancione che la notte le fa da letto, si fionda ad aprire la porta.
Una lavagna bianca messa in verticale le impedisce di vedere chiunque si trovi dall'altra parte dell'ingresso.
<<Sei venuta attrezzata>> commenta Nina, tenendo la porta aperta il più possibile e osservando la lavagna ondeggiare pericolosamente finchè, messa di taglio, Benny non riesce a farla passare attraverso la cornice formata dagli stipiti di legno.
<<E anche accompagnata>> ha giusto il tempo di aggiungere la ragazza prima che spuntino alle sue spalle dei sorridentissimi Luc e Greg.
<<Che ci fa qui la concorrenza?>> domanda la bruna, premurandosi di rendere palese il suo tono scherzoso.
Le cose con Benny continuano ad essere fredde e sterili, ogni parola sbagliata sembra il pretesto per una guerra, così Nina sta attenta a non commettere alcun passo falso. Probabilmente, visto il modo in cui l'ha evitata da quella notte, Benny neanche sarebbe lì se non fosse per l'università, per il brand.
<<Siamo annoiati>> risponde Gregg, cominciando a guardarsi attorno per l'allegro salone.
<<E non abbiamo un brand da lanciare, visto che ci avete rubato la sfilata>> lo spalleggia Luc, andando a gettare un braccio sulle spalle di Nina e stringendola a sè con entusiasmo. La bandana rossa che gli fascia la testa fa risaltare il colorito dorato che si è guadagnato grazie alle ore passate sulla spiaggia di Monaco Ville che gli piace tanto, tra un sorso di birra e una partita a beach volley. Anche i capelli, solitamente castani, si sono riempiti di riflessi più chiari. Aggiungiamo la camicia di lino che indossa, Luc è la perfetta rappresentazione del monegasco nullafacente in vacanza. Con la scusa di essere il creativo del gruppo, Nina è sicura che avrà smollato a Greg tutto il lavoro di eventuali progetti da chiudere prima di andare in vacanza. <<Quindi assistiamo ai piani malefici di Benny per il vostro>>
<<Rubato la sfilata? Ma se Greg si è persino messo a scopare con la Prof nella speranza di vincere>> controbatte Nina, chiudendo la porta con un calcio e dando un pizzicotto sul fianco di Luc, che però non molla la presa e anzi, la stringe scherzosamente con ancora più forza finchè non è costretta a divincolarsi per sfuggire a quell'abbraccio.
<<Ora che ci penso>> aggiunge Luc, non appena Nina l'ha vinta e scappa da lui correndo, andandosi a sedere sul divano <<Non è che abbiamo perso la sfilata perchè fai schifo a letto?>> dice, rivolgendosi a Greg.
Quest'ultimo lascia andare la presa sull'angolo della lavagna che stava aiutando Benny a sistemare su un treppiedi, facendosela cadere sul piede.
<<Vaffanculo, Luc>> esclama, a denti stretti. <<Vaffanculo>>
Luc scoppia a ridere e prende posto accanto a Nina, con la quale si scambia uno sguardo divertito.
<<E' una materia sensibile, le cose tra loro non vanno alla grandissima>> finge di sussurrare il ragazzo con la bandana, ma facendosi sentire benissimo. Un'altra parolaccia scappa dalla bocca di Greg.
Nel frattempo, alle loro spalle, la traccia latino americana di turno si ferma e una porta si apre.
<<Chi vuole fare ape?>> quasi grida Cook, facendo girare tutti a guardarlo. Luc e Nina dal divano, Greg e Benny davanti a loro, ognuno con una mano ad un angolo della lavagna.
I primi due alzano la mano.
Greg sembra interdetto, mantre Benny si lascia andare in un <<Cook>> che assomiglia più ad un grugnito.
<<Chiedevo>> afferma quest'ultimo, alzando le mani in segno di resa.
Dieci minuti dopo, il tavolino davanti alla lavagna bianca è stato ricoperto di tramezzini e tutti hanno in mano un calice di vino bianco. Anche Benny.
Cook ha giurato di attaccarglielo con l'attaccatutto se si fosse rifiutata ancora una volta di prenderlo.
<<Quindi che si fa?>> domanda il biondo, sistemato tra Luc e Nina col suo bel calice e l'aria di chi ha intenzione di fare tutto fuorché ciò che è davvero in programma.
<<Come Benny ha dovuto gestire la parte promozionale della sfilata>> comincia a spiegare Nina, indicando il centro della stanza dove Benny la osserva, in piedi accanto alla lavagna <<Ora è il momento di occuparsi del lancio del brand>>
<<Ovvero, ci occuperemo di...>> dice la ragazza dai capelli ramati, stappando il pennarello che tiene tra le dita - con parecchie difficoltà per colpa del calice di vino - e scrivendo sulla superficie bianca le tre cose con le quali avrebbe continuato la frase. L'odore d'inchiostro si leva tutt'attorno a loro.
"Business Plan
Social Media
Aspetti Legali"
<<Benny>> Luc è il primo a parlare, sollevando la mano libera per poi portarsela sul viso, a coprire le labbra <<Io ti voglio bene, sul serio, ma mi hai già abbottato le palle>>
Nina scoppia a ridere e Luc si becca il pennarello addosso, mentre per difendersi quasi rischia di far versare tutto il vino di Cook.
<<Ma se siamo nello stesso corso>> controbatte la ragazza, visibilmente frustrata <<Hai un esame a settembre su queste cose>>
<<Secondo te Greg cosa ce l'ho a fare?>> afferma l'altro, scrollando le spalle.
Il ragazzo in questione si porta una mano tra i capelli ricci e scuri, lasciando andare uno sbuffo.
<<Dovremmo scambiarci le coppie, fare le cose pari>> propone subito dopo, con fare risoluto <<Io mi prendo Benny e tu ti metti a fare Business Plan con Nina>>
Mai come in quel momento, Nina e Luc hanno l'aspetto di due bambini in procinto di essere bacchettati dai genitori, troppo divertiti dalle loro marachelle però per sentirsi veramente in colpa. Cook, seduto tra loro, è soltanto una valorosa aggiunta al quadretto.
Benny prende la parola dopo quel momento e riesce a farsi rispettare mentre illustra le diramazioni che partono da quei tre punti principali, destreggiandosi nei vari aspetti della materia come se fosse nata per farlo e mantenendo una serietà che, vista la situazione, sarebbe stata difficile per chiunque altro.
Nina si rende conto di non averla vista ridere, o tanto meno sorridere, neanche una volta da quando è arrivata. Non è mai stata una di quelle persone di cui ricordi il sorriso, solitamente sono timidi e centellinati, ma Nina è sempre stata capace di tirarglieli senza troppi sforzi. L'idea di poter aver perso questo potere fa sparire anche il suo, di sorriso.
Almeno fino al prossimo commento poco consono di Cook.
E' sempre quest'ultimo, poi, a dar loro una via di fuga.
<<Non ti interrompo più finchè non arrivano le sette>> esclama, con l'aria di chi sta architettando un piano per salvare il mondo <<Non faccio domande inopportune, non dico cose insensate, ma alle sette ci alziamo da qui e mi portate a fare un aperitivo serio, in spiaggia>>
<<Pensavo che i tuoi aperitivi fossero sempre seri>> controbatte Nina, alzando un sopracciglio e indicando il tavolino davanti a loro.
<<Sta' zitta>> la riprende lui, dandole una visibilissima ginocchiata che fa scuotere la testa a Benny <<Sto cercando di tirarci fuori da questo strazio>>
<<Non eri neanche invitato>> risponde Benny, arricciando il naso.
<<Sono invitato ad ogni evento che si svolge in questa casa>>
<<E che eventi si svolgono qui?>> domanda Luc, con fare malizioso.
<<Eventi ai quali non vorresti partecipare, credimi>> ribatte l'altro, spalancando gli occhi in un'espressione esplicativa.
<<Beh Benny, procediamo grazie>> si intromette Nina, alzando la voce e arrossendo tutta d'un tratto.
Max è stato da lei soltanto la prima sera in realtà, e la sua visita è stata anche piuttosto breve. Manca poco alla fine della pausa estiva e, tra allenamenti ed eventi promozionali, è stato più che impegnato. Nina aveva persino pensato che le stesse mentendo, finchè quel pomeriggio non sono comparse davvero delle Storie sul profilo Instagram della RedBull che certificavano la sua presenza insieme a Christian Horner, suo Team Principal, ad un evento in una delle sale del National Museum.
Nina torna nuovamente su quel profilo, alla ricerca di ulteriori tracce di Max, mentre Benny parla degli aspetti più tecnici del Business Plan.
L'ultima storia risale a qualche minuto fa.
Decide di scrivergli
@Nina: se finisci presto, dalle 19 mi trovi in spiaggia a Monaco Ville. Cook pretende un aperitivo.
Nina invia il messaggio senza pensarci troppo, ancora preda della sicurezza scaturita dall'aver attestato che Max non le ha mentito, almeno per questa volta. Non aspetta neanche una risposta, ormai sa che con Max non funziona così.
Semplicemente, funziona.
Senza regole, o convenzioni. Senza un sentiero da seguire o un passato sul quale basarsi.
Senza pensarci.
Meno ci pensa, più le cose sembrano andare.
Neanche si accorge di essersi persa completamente tra i pensieri, almeno finchè non si ritrova Cook davanti che le allunga una mano e le fa segno di alzarsi, che è arrivata l'ora di uscire. Mentre si guarda attorno, leggermente spaesata, i suoi occhi incontrano quelli di Benny, che la scrutano con un'espressione indecifrabile.
Nina scuote la testa, cercando di scrollarsi di dosso la brutta sensazione che le lasciano. Accetta la mano di Cook e nel giro di qualche minuto sono fuori dal suo appartamentino a Monaco Ville, lo storico quartiere del Principato di Monaco.
Aiutano Benny a caricare alla bell'e meglio la lavagna nella sua cinquecento rossa, poi si incamminano a piedi verso l'insenatura naturale che si trova proprio sotto lo strapiombo sul quale è costruito il quartiere, l'unica spiaggia naturale del Principato.
Una lingua di sabbia finissima e chiarissima viene accarezzata placidamente dal mare, che in quel momento assomiglia più ad una distesa d'oro colato. Il sole è in procinto di tramontare e regala ai più fortunati il suo solito, indimenticabile, spettacolo. In sottofondo, una musica leggera proviene dalle casse dell'unico bar che torreggia la spiaggia: un'installazione bianca circondata da sgabelli alti e poggiata su travi di legno che evitano ustioni sulla sabbia quando è giorno.
La gente è ammassata lì attorno, rendendo il bar probabilmente il posto più affollato di tutto il quartiere. Nonostante tutto, Cook riesce a farsi facilmente strada e viene sputato dalla folla soltanto pochi minuti dopo essercisi infilato, tenendo in una mano un secchiello del ghiaccio con dei calici all'interno e nell'altra una freschissima bottiglia di vino bianco. Trovare posto sugli sgabelli è impossibile, tanto meno riuscire a conquistare uno dei pochi tavolini sparsi vicino al bar, così Luc e Nina vanno in esplorazione vicino alla riva, fino a trovare un posto dove potersi sistemare.
Nina, mentre Cook riempie i loro calici, lo guarda e sorride. Non era ancora riuscita ad avere qualcosa di simile quell'estate, e non si era accorta di quanto le fosse mancato il tutto fino a quel momento.
Le risate dei suoi amici, il vino che le rinfresca le labbra, una sigaretta stretta placidamente tra le dita e il sole che si immerge lentamente in quella distesa d'oro, nella quale bagna presto i piedi.
Brindano una, due, tre volte, a che cosa non importa.
Il calore di quella scena ha sciolto l'espressione impostata che Benny ha mantenuto per tutto il pomeriggio, facendola finalmente sembrare più rilassata. Cook è perfettamente a suo agio con i suoi amici e regala a tutti aneddoti della sua vita da viveur. Luc e Greg gli danno corda e, ognuno col proprio modo di fare, si inseriscono nei suoi discorsi, creando un piacevole e armonioso vociare che fa sentire Nina leggera, leggera come non si sentiva da tempo. Per un attimo si concede di immaginare quanto sarebbe bello poter ascoltare anche la voce di Max, tra le loro.
Averlo seduto lì, accanto a lei. Sentire la sua risata per qualcosa che Cook ha detto, o per il modo in cui Luc e Nina sembrano essere la stessa persona, o per gli sguardi che Benny si scambia con Greg, in quella lingua che parlano solo loro, gli esseri razionali del gruppo.
Però un Max capace di quelle cose, non sarebbe il suo Max.
E a Nina, Max è sempre piaciuto così com'è.
Pensando a lui e cullata dalla rilassante ordinarietà di quel momento, la ragazza si lascia andare sulla sabbia fino a stendersi di schiena. Infila una mano per sentire i movimenti delle pietroline finissime sotto le dita, con l'altra invece tiene in equilibrio il calice.
Dopo qualche momento sente Cook imitarla, sdraiandosi al suo fianco. Così, presto, fa anche Luc. Benny si lamenta del modo in cui si ritroveranno sabbia ovunque per le prossime settimane, ma alla fine cede anche lei. Greg continua a rifiutarsi di mettere i capelli a contato con la sabbia e rimane mezzo stesso a sorseggiare il suo vino, lo sguardo perso all'orizzonte.
Nina chiude gli occhi, inspira l'odore inebriante della brezza, si accarezza le labbra con la lingua alla ricerca del sapore del vino.
<<Perchè la gente dovrebbe voler lasciare questo posto?>> domanda allora, dando vita ad un dibattito al quale non vuole davvero partecipare, vuole solo continuare a sentirli parlare.
Lei è sempre stata la prima a dire di voler lasciare il Principato, scoprire realtà più grandi, con sfide più grandi, più internazionali. Eppure, crescendo, anziché prepararsi ad estirpare le proprie radici per andare in giro per il globo, le ha fatte scendere più in profondità, innamorata con tutta sé stessa di quel posto, di quegli scorci, di quelle stradine, dei ricordi, della vita che ha sempre vissuto.
Si è chiesta più volte se magari sarebbe stata più felice in qualche altro angolo del mondo.
Non ha una risposta però. Ha solo quello che sa già:
che lì, con quei suoni e quella vista, davanti a quel mare, dimentica tutto ciò che non va.
Si gode l'idea stessa di essere presente in quel momento, in quel posto.
<<E' qualcosa che fate spesso?>> esclama all'improvviso una voce, più forte rispetto alle altre <<Fingervi morti sulla sabbia?>>
Sopratutto ora. Ora sono Nina.
Nina prova a trattenere un sorriso con scarsi risultati e tiene gli occhi chiusi per un momento ancora, respirando piano, pensando a come sarà quando spalancherà le palpebre e lo troverà lì.
Pregusta l'aspettativa.
L'idea, di sapere che Max è davvero arrivato.
Sembra quasi una vittoria. E il sapore di quella quasi vittoria è così dolce che potrebbe morire lì e morire felice, anche senza aver mai aperto gli occhi, soltanto sapendo che lui è lì, da qualche parte, per lei.
Però loro sono fatti per vivere.
E le quasi vittorie Max le ha sempre insegnato a lasciarle a qualcun altro.
Così, Nina apre gli occhi.
Trova il volto di Max intento a guardarla dall'alto, un'espressione interrogativa scolpita tra i lineamenti. Dietro di lui, il cielo ormai rosa che fa da sfondo al tramonto più bello che il Principato di Monaco abbia mai visto. Anche se potrebbe essere un giudizio strettamente soggettivo.
Nina vorrebbe fargli una fotografia e tenerla con sè finchè i suoi occhi potranno vederla, e le sue mani sentirla. Basterebbe a ricordarle sempre che, a prescindere da ciò che è successo, da ciò che succederà, ne sarà valsa la pena. Che per una frazione di secondo, davanti al mare, con il tramonto, sono stati felici come tanti altri prima di loro. In un modo così scontato, così normale, quasi fin troppo comune.
Eppure forse, anche solo per quell'attimo, Nina aveva bisogno di saperlo possibile.
<<Dovresti provarci ogni tanto>> risponde Nina, scherzosa, lasciando che le proprie labbra rivelino il sorriso più grande di cui sono capaci.
<<Certo>> controbatte Max, senza staccare gli occhi da quelli di lei. I suoi piedi sono a pochi passi dalla testa di Nina, il suo collo leggermente spostato in avanti per poterla guardare meglio, anche se al contrario <<In un'altra vita>>
<<In un'altra vita voglio rinascere Max Verstappen>> si intromette Cook, ricordandole solo in quel momento di essere in compagnia.
<<Non sopravviveresti un minuto>> risponde il ragazzo in questione, lanciandogli un'occhiata quasi di sfida. Cook ridacchia. Ha sempre avuto la capacità di non prendere sul serio la sfacciataggine di Max.
<<Sono più tosto di quello che credi, Verstappen>> controbatte il biondo, sollevando la manica della T-shirt per mostrare un bicipite leggermente accennato.
<<Sì, tosto come i pancake che hai cucinato sta mattina>> lo prende in giro Nina, afferrandogli il braccio che ha messo in mostra e spingendolo via.
<<Ad onor del vero, erano davvero tosti>> puntualizza, ironizzando sulla loro non troppo gustosa colazione.
<<Ce ne basta uno di Max Verstappen>> esclama invece Benny, facendo un gesto con la mano ma rimanendo sdraiata e con gli occhi chiusi. Si perde così l'espressione che Max le regala in risposta, con la bocca corrucciata e la fronte alta. La strafottenza in persona. La perfetta rappresentazione di una faccia da schiaffi.
Nina quasi salta in piedi, seguita da un giramento di testa per il repentino cambiamento.
<<Noi andiamo a prendere da bere>> esclama con la voce stridula, portando le mani sul petto di Max e cominciando a spingerlo via.
<<Pensa di essere simpatica?>> domanda Max, appositamente a volte alta, schioccando la lingua contro il palato e trattenendo lo sguardo sulla ragazza ancora stesa.
Nina alza gli occhi al cielo, spingendo un po' più forte e riuscendo a far fare al ragazzo qualche passo indietro.
<<No, ma penso che tu sia stronzo>> è la veloce risposta di Benny che, non riuscendo più a trattenersi, si volta su un fianco e con il busto sollevato sul braccio lancia a Max una lunga occhiata.
<<Penso che questo sia palese a tutti>> afferma quest'ultimo, trattenendo quell'espressione arrogante che probabilmente sta facendo ribollire il sangue nelle vene di Benny. <<Prova ad uscirtene con qualcosa di più fantasioso>>
<<E io penso che dovremmo davvero andare a prendere da bere>> insiste Nina, scoccando al ragazzo davanti a lei un'occhiata ammonitrice. Quell'occhiata che segna il limite tra una perdonabile impertinenza e lo scoppio di una lite furiosa.
Quell'occhiata che Max conosce benissimo.
Dopo quel richiamo silenzioso, il ragazzo smette di opporre resistenza e comincia ad indietreggiare. Non prima, però, di aver abbozzato un saluto verso il resto del gruppo.
Portandosi due dita alla fronte, in una sfacciata imitazione di un saluto militare, mormora, guardandoli uno per uno <<Rossa>>, <<Cook>>, prende una piccola pausa quando arriva a Luc e Gerry <<Gente sconosciuta>>.
Solo allora smette di camminare all'indietro e, lasciando cadere le mani di Nina dal suo petto, si incammina verso il bar.
Nina lancia uno sguardo frettoloso ai ragazzi rimasti a guardare la scena, incapaci di proferire parola, e liquida il tutto con una scrollata di spalle e un sorrisino colpevole. Si abbassa fino ad afferrare i sandali che si era sfilata per poter mettere i piedi in mare e, dopo un mezzo saluto, comincia a correre verso Max.
Il ragazzo è già riuscito a mettere parecchia distanza tra loro e quando lo raggiunge sono a metà della spiaggia, ad un'equa distanza tra il mare e la folla attorno al bar.
<<Non pensavo saresti venuto>> afferma Nina, con sincerità. Il suo tono è leggero, allegro.
Il battibecco con Benny non l'ha minimamente toccata. Anzi. L'ha trovato molto meno drastico di ciò che si sarebbe immaginata. Certamente, non è un evento neanche lontanamente sufficiente a scrollarle di dosso la bellezza di quel momento.
<<Passavo di qui>> risponde Max, lanciandole un'occhiata di traverso.
Che non è "sono venuto qui per te", eppure basta per farle illuminare lo sguardo.
Lascia persino andare una piccola e spontanea risata, senza riuscire a smettere di osservarlo.
Il suo profilo duro taglia con precisione il cielo dai toni pastello ma le sue spalle sono stranamente rilassate, le mani gettate nella tasca dei bermuda. Cammina affondando i piedi nella sabbia, più lentamente da quando Nina gli è affianco. Non si guarda attorno, non pensa allo spettacolo di quel tramonto, Max si preoccupa sempre e solo di ciò che deve affrontare davanti a sè.
Ma Nina in quello spettacolo c'è immersa, e lui fa parte della scenografia.
Non solo è parte della bellezza del momento, è il punto focale della scena più perfetta che potrebbe immaginare.
Improvvisamente, sente il bisogno di fare qualcosa di stupidamente romantico come baciarlo lì, su quella spiaggia, con quel tramonto. Ha bisogno di sentire la sua pelle sfregare con la propria, di passargli una mano tra i capelli, di perdersi nel suo buon profumo, con il viso nascosto nell'incavo del suo collo.
Forse anche di sussurrargli delle parole dolci, parole che lui non comprenderebbe.
Come reagirebbe, se lei lo baciasse? Lì, lontani dal buio della sua stanza, o dal retro della sua macchina.
Cosa farebbe se lei gli prendesse la mano? Se gli scompigliasse i capelli?
Ne ha così tanta voglia che le si chiude lo stomaco, che le tremano le mani.
Tutto ciò che si limita a fare, però, è afferrargli il polso.
E' tutto ciò che può concedersi, tutto ciò che lui può darle.
Quello, e lo sguardo che si scambiano non appena lui si accorge di quel tocco, fermi in un punto che sembra improvvisamente diventare l'epicentro del mondo.
Ed anche se Nina lo sa, che quello è tutto ciò che può avere, non può non farsi pervadere dall'innocente speranza che giorno dopo giorno, riuscirà a conquistare qualcosa di più, in cambio del suo tutto. E' un tipo di speranza che non può essere messa a tacere, non in un momento così, non con i suoi occhi cerulei che riflettono il blu del mare, non con la brezza leggera che le fa ondeggiare la gonna del vestito e gli scompiglia i capelli.
E se così non dovesse essere, allora si accontenterà di avere questo, purché sia per sempre.
<<Cosa?>> le domanda lui dopo un silenzio che pare infinito.
Non ha i mezzi per carpire e fare proprio tutto l'affetto che scaturisce da quella misera e apparentemente insignificante stretta.
<<Solo solo...>>
Felice.
Ma Max, che alla felicità probabilmente non saprebbe dare un nome, sarebbe spaventato da quell'affermazione.
Così Nina semplicemente scuote la testa, lascia che i capelli le accarezzino le spalle, che la frangetta si scomponga.
Gli sorride ancora una volta, sperando che per lui possa significare qualcosa.
Con un saltello gli torna accanto e, spalla contro spalla, coprono il resto della distesa di sabbia che li separa dal bar. Dopo averlo lasciato andare, Nina deve quasi infilarsi le unghie nel palmi per costringersi a non sfiorarlo più.
<<È un tramonto così bello, non trovi?>> rilancia poi, lasciando perdere i discorsi sulla felicità.
<<Non sono mai stato un grande fan dei tramonti>> risponde semplicemente lui, scrollando le spalle.
Eppure, per un momento soltanto, Nina vede qualcosa far breccia nella sua indifferenza. Qualcosa che, però, non riesce del tutto a farsi strada tra gli strati di cinismo.
<<C'è qualcosa di cui sei fan?>>
Che non sia te stesso, vorrebbe aggiungere la ragazza, poco prima di sentigli rispondere, ovviamente, <<Me stesso>>, accompagnato da un ghigno sbilenco.
Nina lo guarda con esagerata rassegnazione.
<<Sono un fan anche di quel completino che avevi l'altra sera>> decide però di aggiungere lui, cercando il suo sguardo e trattenendolo con sfacciataggine, rievocando in lei sprazzi della scorsa sera che la fanno arrossire al solo pensiero.
Tra l'altro, probabilmente avrebbe dovuto dare più peso alla presenza di Cook nella stanza accanto al salone.
<<Mi stai forse facendo un complimento?>> esclama poi lei, portandosi scherzosamente una mano sul cuore dopo essersi aperta in una risata imbarazzata.
<<Tecnicamente, è un complimento a chi l'ha disegnato>> puntualizza Max, alzando un sopracciglio.
Mettiti a disegnare completini intimi, si appunta mentalmente Nina, ridendo al pensiero di poter in quel modo, forse, ricevere un complimento da lui.
<<Sai di cosa mi fanno venir voglia questi tramonti?>> aggiunge poi lei, una volta arrivati davanti al bancone del bar. Max ci si poggia col petto, lei con la schiena, così vicini che le loro spalle formano un'unica linea orizzontale.
Dopo aver ordinato una bottiglia di champagne, Max si gira a guardarla e le fa un cenno, come a dirle "va' avanti".
<<Magari te lo faccio vedere se mi porti a casa>> sussurra lei, avvicinandosi piano al suo orecchio.
E' troppo divertita per suonare sensuale, eppure lui sembra comunque apprezzare.
Il modo in cui contraccambia il suo sguardo fa tremare la terra sotto i loro piedi.
<<Non sapevo che i tramonti avessero un potere afrodisiaco>> risponde, con un'espressione che lo fa tornare improvvisamente il ragazzino irriverente che Nina ha conosciuto tanti anni fa.
E che le fa sciogliere il cuore.
<<E secondo te perchè i ragazzi ci portano sempre le ragazze, genio?>> afferma lei, con gli occhi spalancati e il tono di chi è costretto a spiegare un'ovvietà <<E' scientificamente testato>>
E quando si muovono per andare a casa, la bottiglia ordinata da Max non è finita neanche per metà.
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