DI NINA (27)


<<Scusa. Davvero, so che è stato uno strazio da sentire e che non so raccontare le cose in ordine e mi perdo tra i discorsi ma sta volta ho finito davvero. Questa è più o meno tutta la storia. E sei la prima persona alla quale riesco a raccontarla con un filo di voce. Quando esco con qualcuno e mi chiede della mia vita sentimentale, devio il discorso. E' che mi sento una scema. Mentre le vivevo, quelle cose, mi sentivo ... mi sentivo innamorata, e coinvolta. Ora ci penso e forse avrei dovuto ascoltare Benny sin da subito. Perchè la verità è che mi vergogno. Mi vergogno perchè in questa storia faccio la parte della scema, di quella che ha voluto assecondare tutte le follie e i capricci di Max, che non ha avuto il coraggio di chiudergli la porta in faccia una volta per tutte e andarmene, che ha subito e...>>

<<Nina, io davvero, non penso che ci sia niente di cui vergognarsi...>>

<<Dai, ho vissuto la prima parte di questa storia in un'idillio che era solo nella mia testa e l'altra a cercare di stargli accanto nonostante la latente follia di entrambi, e quando ho provato a tirarmene fuori con un tentativo davvero pietoso, è morta Susie.>>

<<Quindi te ne penti?>>

<<Vorrei, vorrei ma non ci riesco>>

<<Però te ne vergogni>>

<<Mi vergogno di essere rimasta a subire cose che non avrei dovuto, di aver sperato davvero che la situazione sarebbe cambiata, ma non mi pento di essere...E' davvero difficile da spiegare, a qualcuno che non lo conosce. E che non ha mai visto me, con lui. Noi ci... noi ci incastriamo, in un modo che non si può spiegare. E nessuno da fuori lo direbbe mai. Cioè, io e lui siamo... completamente diversi. Davvero, non abbiamo niente in comune. Niente. Eppure ci incastriamo. Non so chi l'ha deciso, non so se siamo stati fatti così, o se abbiamo scelto noi di esserlo, però è come se fossimo entrambi sbagliati per certi versi, in versi diversi. Cioè io sono troppo in un modo, lui è troppo in un altro. E quando siamo insieme ci compensiamo, riempiamo i nostri rispettivi vuoti. Non mi pento di niente perché ogni momento che ho passato con lui, anche i peggiori, io mi sentivo completa. Ma abbiamo sbagliato a gestire il tutto. Avevamo bisogno di una mano, e ce ne siamo resi conto troppo tardi>>.

Nina osserva il fondo della tazza dove prima c'era la sua miscela di tè preferita di quel posto, proprio vicino alle sponde dell'Arno, dove lei e Ilaria si vedono la domenica da qualche settimana. Da quando Nina ha deciso di essere pronta a raccontarle di Max. Lì hanno oltre duecento tipi diversi di tè, ma da quando ha scoperto quella miscela, tè nero e qualcosa di speziato, che ricorda luoghi esotici, caldi, caotici, non riesce più a farne a meno.

A volte serve qualcosa che richiami certe sensazioni, perchè Firenze può risultare grigia per qualcuno che è abituato ad un posto come il Principato, un posto che è sempre vivo, con la risacca del mare e il suo odore salmastro e il sole che scalda anche le giornate di dicembre. Firenze è diversa. Che non significa che non sia bella, anzi, solo lontana da tutto ciò che ha sempre saputo come vivere.

In Italia, Nina ha dovuto reinventarsi.

E non le dispiace affatto, la versione di sé che la città l'ha aiutata a ricostruire. Ci si è anche un po' innamorata, di quelle strade, di quei monumenti, forse persino della nebbia che sale dal fiume e inonda piano tutta la città. Aveva bisogno d'innamorarsi di qualcosa di nuovo, qualcosa di bello, ed ecco che un giorno una collega l'ha portata a Piazzale Michelangelo al tramonto e un po' l'ha sentita di nuovo, quella stretta al cuore.

Forse non potrà amare più nessuno, dopo Max. Però può amare altre cose, un po' come è tornata ad amare il suo lavoro. I colori, i disegni, le stoffe. Lì a Firenze c'è un mercato bellissimo, anche se non è di lunedì e non c'è il suo Gaston che le procura i migliori tessuto del Principato.

<<E quindi sei arrivata a me>> constata Ilaria, guardando Nina dall'altra parte del tavolino di marmo con i soliti occhi interessati. Sono di un bellissimo color cervone, tondi, pieni, e come tutto di lei sono accoglienti.

Nina annuisce.

<<Ma sai, sono contenta che alla fine siamo diventate amiche. Anche se so che quando ti racconto le mie storie, comunque non fai altro che psicanalizzarmi>> risponde, additandola.

Ilaria ride rumorosamente, prima di coprirsi la mano con la bocca.

<<Deformazione professionale>> risponde.

Si sono conosciute una sera, la prima settimana di Nina in città. Parlando con le sue colleghe, Nina aveva chiesto loro una mano a trovare uno psicologo che potesse aiutarla a ricomporre i pezzi. Loro le avevano presentato Ilaria, una loro amica e giovane psicologa che casualmente avevano incontrato nello stesso bar.

Nina e Ilaria avevano cominciato a parlare, e a parlare, e alla fine si sono erano date appuntamento, ma per un caffè non per una seduta.

Così Ilaria non se l'è sentita di prenderla in carico e a Nina, infondo, non è dispiaciuto poi così tanto. Di psicologo ne ha trovato un altro. Ma in quel momento, aveva bisogno sopratutto di un'amica.

"Che ti è successo, Nina? Davvero, che ti è capitato di brutto?", le aveva chiesto una sera, con un drink in mano. Nina l'aveva invitata a fare brunch con lei il giorno successivo, in una tea house davanti alla quale passava sempre prima di tornare a casa e che voleva provare da giorni. Così ha cominciato a raccontare la sua storia. E l'hanno fatto anche la domenica dopo e quella dopo ancora. Ci sono voluti diversi brunch per dirle tutto. Quella però è la loro safe zone. E' l'unico posto in cui Nina si sente di parlare di lui.

<<Quindi lui è sparito e tu hai deciso di venire qui>>

<<No, credo che se non fosse stato per altro, sarei rimasta a Monaco ad aspettare in vano una sua chiamata, un messaggio, qualcosa. Ci sono stati giorni, giorni brutti, che ho passato a bussare alla sua porta, sul pianerottolo di casa. Lui non ha mai aperto. Benny era disperata, sparivo per ore e ore senza lasciare traccia, e alla fine ero semplicemente lì, davanti a casa di Max, nella speranza di riuscire anche solo a vederlo. Poi un giorno deve essere arrivata al culmine, perchè mi ha fatto trovare un biglietto aereo per Firenze nella cassetta della posta. Presa da tutto quello che è successo, avevo completamente dimenticato dello Stage. Non ero neanche andata al colloquio finale. Pensavo fosse tardi e comunque non ero convinta di volerci andare, anche con il biglietto aereo già in mano>>

Nina muove leggermente il collo, sentendosi improvvisamente a disagio.

No, non con Ilaria.

Ma con la parte della storia che non ha ancora raccontato.

<<Ero sola. Max mi aveva tagliato fuori, Susie era morta, i miei migliori amici non mi capivano e mi trattavano come fossi un ordigno in procinto di esplodere. Allora ho pensato, sì, che forse era il caso di rivedere i miei genitori. Magari far pace almeno con loro mi avrebbe aiutato a sentirmi meglio. Una domenica mi sono vestita carina e sono andata a citofonare a casa, armata delle migliori intenzioni. Non ha risposto nessuno. Così sono passata allo Yacht Club. E loro erano lì. Li scorgevo dalla parete vetrata che affaccia sulla banchina del porto, intenti a fare brunch con gli amici. Non volevo creare scalpore davanti a tutti, così ho deciso di rimanere fuori e chiamarli. Volevo farli uscire, chieder loro di poter parlare, raccontargli di Susie. E sai cosa ho visto? Ho visto mia madre prendere il suo cellulare. Controllare chi la stesse chiamando. E silenziare il telefono, per poi tornare a ridere con i suoi amici. Mia madre>>.

<<Nina...>>

<<Non fa niente, davvero. Avevo bisogno di una spinta e l'ho avuta. Se non fosse stato per questo, forse non sarei qui. Invece, subito dopo, ho chiamato Benny e l'ho ringraziata. Per il volo, per avermi iscritto allo Stage, per essermi stata accanto, per tutto, ho fatto i bagagli e sono partita>>

<<Lo sai, la maggior parte della gente non riuscirebbe a superarlo, un trauma del genere>>

Nina scrolla le spalle, guardando altrove.

Ama la sua nuova vita a Firenze e sente di essere, in parte, tornata la ragazza che ama essere, ma non del tutto. Però ha imparato anche questo: non si può essere la persona che si è sempre stati.

Si evolve. Si impara.

A volte, sei talmente fortunato da avere persone, accanto, che cambiano con te.

Altre volte, devi affrontare la verità e renderti conto che le persone che hai ritrovato non sono quelle che avevi lasciato anni fa.

E va bene così.

Certe emozioni però, certe energie, rimangono, così come rimane la magia. La stessa per la quale Nina riesce ancora a capire Max, nonostante gli anni e le abitudini andate, anche senza il loro muretto, o senza chiamarsi per nome quando litigano, senza l'ingenuità dell'adolescenza.

Capirsi, incastrarsi, spesso non basta, le ha detto Ilaria al primo dei loro brunch, dopo aver ascoltato la storia di quella notte dopo la sfilata.

Nina aveva annuito, persa tra i ricordi. Pensava che fosse l'amore, spesso, a non bastare. Ma quel modo di incastrarsi, tra lei e Max, è sempre stato più che amore. E se non basta neanche quello, allora, cosa serve per restare insieme?

Non aveva avuto il coraggio di chiederlo.

Comunque, Ilaria non avrebbe saputo darle una risposta corretta.

Quello che vale per gli altri, per lei e Max non ha mai funzionato.

<<La gente ha sempre visto in me qualcosa di perfetto. Una famiglia perfetta, una casa perfetta, una ragazza bella e sempre in ordine, piena di ambizioni, sempre felice, euforica, circondata di amici. E io mi sono aggrappata a questa loro visione. Volevo, essere quella Nina. Max, per loro, era l'unica cosa non perfetta della mia vita. Per me invece era l'unica cosa perfetta, l'unica cosa davvero naturale, primordiale. Non credo che Max avesse capito quanto anche io fossi rotta, prima della scorsa estate, per questo neanche lui riusciva a spiegarsi cosa ci tenesse legati. Ma aveva ragione lui. Siamo le persone più sole del mondo. E consapevoli o no di questo, ci siamo sempre tenuti stretti.>>

<<Ma tu hai Benny, e Cook, Jerry. Hai me. I tuoi nuovi colleghi. E Max ha Serge>>

Nina le fa un sorriso dolce.

<<Non si tratta di quante persone hai attorno. Se non siamo insieme, ci manca un pezzo. Per questo sapevo che sarebbe sparito dopo quella sera. Non solo perchè eravamo arrivati ad un punto per cui stare insieme sarebbe stato impossibile, ma per quella frase, sopratutto. Sapeva che, una volta separati, saremmo stati soli davvero. E un po', nella sua testa, lo eravamo già. Aveva già deciso.>>

<<Al di là del bene e del male, queste vostre dinamiche sono incredibili. Disfunzionali, distruttive, ma incredibili>> commenta Ilaria, scuotendo la testa quasi con incredulità.

Nina si lascia persino scappare una mezza risatina.

<<Altri scones?>> domanda la ragazza che serve ai tavoli, la stessa di tutte le domeniche.

Le due ragazze al tavolo si scambiano uno sguardo fugace.

<<Si, grazie>> esclamano in contemporanea, per poi ridere un po' più forte di prima.

Dopo di che, senza farsi notare, Nina controlla il piccolo orologio che le circonda il polso. Presto dovrà andare via.

<<E ora che fa Max? Non l'hai più sentito da quel giorno?>>

<<Ha vinto il suo primo campionato, sai? Entrare in macchina è sempre stato il suo modo di combattere il mondo. Persino in Olanda, quando avemmo la notizia della morte di Susie, il giorno dopo scese in pista e arrivò primo. E sono anche convinta che quando quella volta mi chiese di raggiungerlo perchè non riusciva a concentrarsi dopo la nostra litigata, probabilmente era soltanto la macchina ad avere problemi. E' nato per quell'abitacolo, con i piedi sui pedali e le mani sul volante. Quindi nell'anno peggiore della sua vita, come reazione, ha vinto un campionato. Avrei voluto chiamarlo, ma non l'ho fatto. Chiedo di lui a Serge, tutte le settimane. Non voglio dettagli, solo sapere se sta bene>>

La ragazza si interrompe per ringraziare delle prelibatezze appena arrivate, anche se improvvisamente le si è chiuso lo stomaco.

Ne stacca un pezzettino con la punta delle dita, lo osserva, si costringe a buttarlo giù.

Controlla di nuovo l'orario.

<<In questi tre mesi, mi ha chiamato una volta. Era sera. Io ho risposto, ma tutto ciò che ho sentito è stato un fragore. Serge mi ha spiegato, il giorno dopo, che Max aveva trovato a casa sua un mio vestito. Un kimono, che avevo lasciato al Jack e che Serge si era ripromesso di dovermi ridare, senza mai riuscirci. Ha detto che Max è andato completamente fuori di testa quando l'ha visto. Credeva che ci fosse stato qualcosa tra noi, che l'avessi tradito col suo migliore amico. E così ha pensato di chiamarmi>>

La pancia comincia ad emettere degli strani gorgoglii.

<<Quando ho risposto, ha spaccato il telefono a terra pur di non parlarmi>>

<<Non so se è inquietante o è il più grande gesto d'affetto mai visto>> commenta Ilaria <<Qualcosa nel mezzo>>

<<Già, qualcosa>>

Nina si strofina le mani l'una contro l'altra, poi getta il cellulare e gli occhiali da sole nella borsa.

<<Credo sia l'ora di andare>> annuncia, mentre l'altra annuisce.

Al contrario di Nina, Ilaria non ha problemi a finire il suo scone. Anzi, lo butta giù tutto in un boccone, per essere pronta a seguire Nina che si avvia alla cassa.

Quando sono fuori, un timido raggio di sole le accoglie ed illumina le facciate color avorio dei palazzi di quella piccola stradina a pochi passi dal centro. Dura giusto un istante, poi viene nuovamente rapito da nuvoloni grigi che promettono pioggia.

<<E quindi oggi sono tre mesi?>> domanda Ilaria, stringendosi nel suo cappotto color panna.

<<Sì>> risponde semplicemente l'altra, per poi mordersi le labbra.

Sente un colpo, dritto al cuore.

Tre mesi.

Dalla morte di Susie.

<<Perchè organizzare ora questa festicciola? Perchè non aspettare sei mesi, o l'anniversario?>> continua la ragazza.

Nina sa che Ilaria si è accorta del suo disagio. E anzi, sa che sta continuando a farla parlare proprio per questo.

Parlando si esorcizzano i fantasmi.

<<Tra poco è Natale, e Susie lo amava tanto quanto amava organizzare feste. Sono convinta che sarebbe stata felice di rivederci assieme, a far festa, con casa sua tutta addobbata>>

Ilaria le sorride, poi le afferra un braccio e la trascina in un abbraccio avvolgente. Nina fa suo quel calore, quell'affetto, e spera che le basti per tenerla al sicuro nel tragitto verso casa, nonostante i mille dubbi e la paura di ciò che troverà quando tornerà.

<<Aspetta, a casa di Susie? Ma non l'avevate distrutta?>> si azzarda poi a domandare, mentre ancora il volto di Nina è sulla sua spalla.

<<Sì, ma Max ha pagato per ristrutturarla, così che la mamma di Susie potesse tornare a viverci con più serenità>> spiega mentre dietro le palpebre, come un flash, compare la vista di quella casa distrutta.

E Max, ora come un ricordo sfuocato, in piedi a regnare sulla distruzione tutto attorno. Il dio crudele di un mondo fatto a pezzi. 

Le ragazze si salutano definitivamente, mentre Nina le ricorda che a breve passerà un taxi a prenderla per portarla in aeroporto. Si promettono di sentirsi tanto e spesso, mentre saranno lontane. E che non appena le vacanze saranno finite, ricominceranno con i loro brunch. Parleranno di altro, davanti a quell'ottimo tè, ora che la storia di Nina è finita.

Parleranno, magari, di qualcosa che non la faccia vergognare.

Qualcosa che non dovrà per forza raccontare sottovoce.

Poi però, mentre sono quasi ad un isolato di distanza, Ilaria attira nuovamente la sua attenzione.

<<Credi che verrà?>> le domanda, gridando.

Non c'è bisogno di specificare chi, o dove.

Nina non riesce a non aprirsi in un sorriso speranzoso mentre una folata di vento le scompiglia la frangetta e glie la fa finire davanti agli occhi non appena si gira.

<<Lo accetterò, se deciderà di non farlo>>  risponde, spalancando le braccia <<Ma qualcosa mi dice che verrà>>.

Si ferma, ci pensa un attimo prima di continuare. 

<<Sa che per me è importante>>.








🌸🌸

Salve polpette (scusate, chiamo tutti polpetta da quando i festeggiamenti di ieri di Max mi hanno sciolto il cuore).

Io non faccio mai spazi autore perchè non ho tempo per farli, ed oggi non è da meno.

Solo che c'è qualcuno che non mi segue su IG e che non sa che questo, fondamentalmente, è l'ultimo capitolo dal punto di vista di Nina.

Ebbene sì. Ci siamo.

Cioè, sostanzialmente è il suo epilogo.

Ma che epilogo é, direte voi. Giustamente. Però è così da Nina che spero lo accetterete.

E' chiaro che non è l'ultimo capitolo de I Nervi.

Però nei prossimi (2) ci porterà Max, mano mano.

Io scappo, che preferisco revisionare il capitolo e pubblicarlo piuttosto che star qui a blaterare. Lo faccio già assai su IG.

Vi dedicherò spazio prossimamente, e potremo parlare apertamente di tutto ciò che questa storia è stato. Nel frattempo, iscrivetevi anche voi al gruppo di supporto ahahahahah

Vi mando un bacio, ci sentiamo nei commenti.

vvb polpette

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