DI CIÓ CHE SIAMO (12)




Grazie.

Max ci mette ventotto ore, trentasette minuti e una manciata di secondi per mandare quel misero, scarno, eppure fondamentale messaggio a Nina, la quale un po' per curiosità e un po' per disperazione aveva cominciato a contare il tempo.

Alla ventesima ora aveva gettato la spugna, convinta che non si sarebbe più fatto sentire. Invece, quattrocentoottanta minuti dopo essersi arresa, ecco che deve ricredersi.

E contare i secondi potrà anche essere stupido, ma far caso al tempo no. Il tempismo è tutto.
Certe cose potrebbero essere perfette e invece alla fine non si trovano, magari solo perché un tassello è andato al proprio posto un minuto più tardi, o un attimo prima. E Max e Nina certo non sono perfetti e certo non hanno mai avuto il tempo dalla loro parte, però quel messaggio le dice che non è ancora finita.
Questa volta però non permetterà loro di sbagliare, fosse pure costretta a trovare un modo per comandare il tempo e fare tutto come si deve, quando si deve.

@Nina: come stai?

Invia per poi lasciare il cellulare sulla scrivania davanti a se e cominciare a battere la matita sul legno, con ritmo cadenzato, osservando lo schermo nero.

Precisamente trenta battiti dopo un campanello preannuncia l'arrivo di una risposta.

@Max: dormito quattordici ore, vomitato almeno altre tre volte, mandato a quel paese Jos.

@Max: sto splendidamente

Nina rilegge più volte il messaggio, sorridendo davanti a quell'affermazione quando si ritrova a recitarlo con la sua voce nella testa, immaginando il ghigno disegnato in quel momento sulle sue labbra, la rughetta contrariata sulla fronte.

Si prende giusto il tempo di qualche respiro, poi digita sulla tastiera ciò che si era già prefissata di dirgli. Nelle ore passate ad attendere sue notizie si è studiata attentamente ogni mossa, calcolando le diverse varianti del suo messaggio in base a quando si fosse degnato di farsi sentire.
Se le avesse scritto prima, il suo messaggio sarebbe stato più dolce, comprensivo.
Se le avesse scritto dopo le quarantotto ore, si sarebbe obbligata a non rispondergli.

In quella fascia intermedia invece, l'sms suona così:
@Nina: sigaretta sotto casa?

@Nina: è l'ultima volta che ti propongo qualcosa.

Si rende conto che è un po' ridicolo ridursi a provarci ancora una volta, che forse avrebbe dovuto smetterla settimane fa di cercarlo. Non potrebbe mai chiudere con lui però senza aver provato a giocare tutte le carte a sua disposizione. Un'ultima occasione è tutto ciò di cui ha bisogno. Se le dirà di no le sarà soltanto d'aiuto.

Saprà di aver fatto tutto ciò che era dignitosamente possibile fare, e anche un po' di più.

Saprà che -

Il flusso di pensieri si interrompe quando, ancor prima di rendersene conto, i suoi occhi trovano il nuovo messaggio arrivato.

@Max: vieni da me?

Nina quasi lascia cadere il telefono per terra, sinceramente spiazzata dalla controproposta di Max. A malapena credeva che avrebbe accettato, anche solo l'idea di un invito del genere sarebbe stata assolutamente fuori portata, persino per la parte più speranzosa di se.

È così sorpresa che riesce a rispondergli soltanto dopo lunghi minuti di blackout, passati a fissare il vuoto.

@Nina: arrivo.

Chiude il computer di scatto e spinge la sedia lontana dalla scrivania, per poi quasi correre verso il bagno a darsi una ripulita. Avendo passato tutta la giornata in casa ha ancora il pigiama addosso ed era anche convinta che non avrebbe mai avuto davvero bisogno di toglierlo. Persino i capelli non sono al massimo dello splendore, ma una crocchia bassa sarà il massimo dello sforzo che impiegherà per aggiustarli. Non vuole che Max pensi che si sia effettivamente sprecata per apparire bella davanti a lui.

Anche se poi perde quasi un'ora tra creme profumate e cambi d'abito.

In casa non c'è nessuno da avvisare della sua uscita e anche se fosse i suoi non le parlano da quando sono tornati dal pranzo allo Yacht Club, al quale lei non è mai tornata. Così semplicemente butta il necessario in borsa e se la infila a tracolla mentre scende frettolosamente le scale, diretta nel garage per prendere la Vespa. Si gode appieno il vento fresco che la investe durante il tragitto, l'aria salmastra che vortica sulle strade che costeggiano il mare, il cielo ancora luminoso che non vuole lasciar spazio alla sera. Tutte cose, percezioni, viste, che apprezza particolarmente anche in prospettiva della persona che si ritroverà davanti da lì a poco, come se i suoi sensi, preparandosi a catturare tutto di lui, ne approfittassero anche per godere dei più insignificanti particolari di ciò che la circonda.

O forse è il mondo, geloso, che si mostra così per sperare di non venire messo da parte una volta che Max le sarà davanti. Come se fosse possibile.

Nina lascia la moto accanto a quella che riconosce come macchina di Max e s'incammina verso il portone, poi però un pensiero la colpisce e le impedisce di continuare. Fa dietro front, mettendosi alla ricerca di un posto dove poter comprare qualche birra. E' convinta che Max apprezzerà, nonostante venga da una sbronza colossale.

Il giorno in cui dirà di no ad una birra Nina comincerà seriamente a preoccuparsi, ma fino ad allora ne approfitta così da poter avere anche lei qualcosa che le sciolga i nervi. Non avendo alcuna idea di quali sviluppi prenderà la serata, meglio procurarsi un aiutino.

Non deve neanche arrivare fino al Buddha Bar, che comunque è a qualche isolato da lì, trovando molto più comodo un piccolo supermercato dal quale esce con una cassetta di bottiglie ghiacciate. A quel punto è davvero pronta a tornare sui suoi passi.

L'ultima volta che è stata in quel palazzo non ha davvero avuto modo di pensare, troppo impegnata a sobbarcarsi il peso del corpo quasi esanime di Max. In quel momento però, salendo silenziosamente in ascensore, non riesce del tutto a scacciare i ricordi e le sensazioni di quella sera della scorsa settimana. Le pareti dell'ascensore quasi si restringono, così come la sua gola, mentre rivede lo sguardo duro di lui, quello senza speranza della ragazza che stava cacciando.

Ma lei non è me, si ritrova a pensare.

E quella concezione basta a farle spuntare il sorriso che poi si ritrova sul viso anche quando Max apre la porta di casa.

<<Ho portato della birra>> esordisce lei, sollevando la cassetta e mostrandogliela contenta.

Lui poggia una mano sullo stipite e si ferma a guardarla per qualche attimo, quasi come se stesse decidendo se sorriderle o meno. Non lo fa, ma il suo sguardo è meno duro del solito.

<<Ho ordinato da mangiare>> le risponde a tono lui, facendosi poi da parte per lasciarla passare <<È arrivato qualche minuto fa>>

Nina è sinceramente contenta di apprendere quel dettaglio considerando che nella fretta di prepararsi non è riuscita a buttar giù niente mentre il suo stomaco, invece, sembra richiederle attenzioni. Sfila accanto al ragazzo abbandonando le bibite tra le sue mani e affronta il corridoio fino ad arrivare al salone, dove si ritrova a curiosare con il naso all'insù.

<<Hai trovato un bel posticino>> commenta dopo aver fatto una mezza giravolta su se stessa per avere una visione d'insieme. Considerando che la prima volta che si è presentata da lui non è neanche riuscita ad entrare e la seconda era troppo impegnata per farci davvero caso, solo in quel momento la ragazza riesce a catturare i dettagli dell'appartamento.

È un posto un po' freddo in realtà, con tanto grigio e tanto nero, da rivista d'arredamento. Però è innegabilmente bello. Un salotto impegnato per lo più da un grande divano a u, un'importante parete attrezzata con i ripiani pieni di foto e medaglie, mentre l'espositore con parte dei suoi trofei si trova dalla parte opposta della stanza, sopra un tavolo da pranzo in vetro.

Da lì poi si accede alla cucina, dove Max si addentra con tranquillità.

Nina approfitta del momento in cui lui le da le spalle, intento ad aprire le birre sul bancone, per lanciargli un'occhiata un po' più interessata.
Fino a quel momento, si rende conto, ha fatto di tutto per evitare di guardarlo.
Così però riesce a vedere la sua ampia schiena, coperta da una t-shirt bianca anche un po' stropicciata, e i fianchi affusolati sui quali cade morbido un pantalone della tuta. Ha i piedi nudi, i capelli un po' umidi ed emana un buon profumo.
Nina vorrebbe avvicinarsi e avvolgergli le braccia attorno al busto, lasciargli un bacio sulla pelle scoperta del collo.

Piuttosto, però, si costringe a far vagare i suoi occhi altrove.

Finché trova un altro motivo per sorridere.

<<Max>> le viene spontaneo esclamare, attirando la sua attenzione. Il ragazzo ruota il busto quanto basta per riuscire a guardarla con fare interrogativo, Nina nel mentre si avvicina al ripiano della cucina sul quale è poggiata una busta di cartone. La busta di cartone. Del suo ristorante preferito del Principato. <<Te lo ricordi>>

<<Con tutte le volte che mi ci hai trascinato, penso che lo ricorderò fino alla morte>> risponde lui con indifferenza, tornando ad occuparsi dell'apertura di un paio di birre.<<A novant'anni avrò dimenticato quanti campionato ho vinto, o i nomi delle curve, o come si chiama mia madre, ma non che Jérome è il locale di Monaco che fa i migliori club sandwich secondo Nina Duval>> continua poi, con fare scherzoso.

Nina lo fissa, incredula.
Pensare che Max non solo si è ricordato del suo amore per quei club sandwich ma li ha anche ordinati per la serata è qualcosa che le fa battere il cuore, con gioia, almeno quanto i suoi tentativi di fare il simpatico, con quella nota sarcastica nella voce e il cipiglio arrogante che risulterebbero fastidiosi per chiunque. Non per Nina però.

<<Perché sei così sorpresa?>> le domanda poi, allungandole la birra stappata e guardandola con fare interrogativo.

La ragazza che, troppo impegnata ad assimilare il tutto, non ha ancora detto una parola, semplicemente scrolla le spalle.

<<Non mi sembra una cosa da te>> risponde quindi, afferrando la bottiglia tesa a mezz'aria.

<<Ora potrai odiarmi con la consapevolezza che questo stronzo almeno sa qual è il tuo ristorante preferito>>

Nina alza gli occhi al cielo davanti a quell'affermazione ma lui si perde la scena, troppo impegnato a tirar fuori dalle buste delle vaschette in cartone rigido.

<<Io non ti odio>> controbatte con tono canzonatorio, avvicinandosi al ragazzo. Con la scusa di afferrare le due scatole impilate l'una sull'altra, Nina lancia un'occhiata più da vicino a Max, ritrovandosi a sfiorare il suo braccio con la propria spalla.

Lui non sembra accorgersi di quel tocco né tanto meno sembra importargli della sua presenza lì accanto, o almeno finge che sia così. Piuttosto, lasciandole prendere le vaschette contenenti la loro cena, si appresta a raggiungere due stuoiette arrotolate e un paio di forchette e coltelli.

<<Ho un tavolino fuori>> si spiega poi, indicando con un cenno la porta finestra che dal salone si affaccia sul balcone <<Mangiamo lì>>.

Nina lascia la cucina senza aspettarlo, facendosi strada da sola verso la parte esterna della casa. Quasi tutti i palazzi a Monte Carlo hanno una vista spettacolare e quello certamente non fa eccezione. Non essendo neanche troppo in alto si riescono a distinguere tranquillamente i rumori della strada, un particolare che lei apprezza parecchio. Ha sempre trovato conforto nel chiacchiericcio indistinto della gente, nel rombo dei motori, persino nelle lontane note delle canzoni di qualche bar nei paraggi. Sono tutte cose che riescono a riscaldare anche le case più silenziose, come la propria, e come immagina sia anche quella di Max.

Con ancora le vaschette in mano si guarda attorno, studiando l'ambiente. Un set di divanetti chiari con un tavolino al centro, una vasca idromassaggio coperta, una ringhiera fatta di colonnine in pietra che delimita il confine e oltre questa le strade del Principato, spezzoni di mare che si intravede negli spiragli dei palazzi di fronte, il cielo di un blu ancora tenue, le luci che illuminano il tutto.

E poi Max, che arriva a completare il quadretto nonché l'idea di una serata perfetta.

Se fosse sempre così, tra loro, è convinta che sarebbero felici.

Però è anche vero che quel momento ha più il sapore dei vecchi tempi, come a volerle suggerire che l'unico modo per avere una anche meramente apparente tranquillità è smetterla di vedere Max con gli occhi dell'amore e tornare a trattarlo come faceva prima, muovendo un passo indietro per rientrare nel loro personale limbo.

Nina non è sicura di poterlo fare.
A malapena riesce a non toccarlo.

Il ragazzo posiziona le due tovagliette sul tavolino basso davanti al set di divani e poi si lascia andare sul biposto, facendole segno di raggiungerlo. Lei sistema le scatole e va a sedersi al suo fianco, non considerando neanche l'idea di mettersi comoda su una delle poltrone o sul divano opposto.

Il suo posto è accanto a lui.

Max non sembra avere niente da ridire a riguardo, piuttosto si appresta a scartare gli involucri del cibo e ad afferrare uno dei panini della sua porzione, addentandolo nel giro di qualche attimo.

<<E' la prima cosa che mangio da ventiquattro ore>> esclama con la bocca piena, gli angoli sporchi con la famosa salsa Jérome, un condimento dalla ricetta segreta che è la fortuna di quel posto - e di quei sandwich incredibili -.

Nina gli lancia un'occhiata di traverso, sorridendo davanti alla naturalezza di quel momento.

Vorrebbe correggerlo e dirgli che sono passate quasi trenta ore, in realtà, dal pranzo allo Yacht Club. Affoga però quella puntualizzazione addentando il panino, con le papille gustative che improvvisamente esplodono. Erano secoli che non mangiava quella meravigliosa e grassissima pietanza. Jérome è stato e sarà per sempre il suo ristorante preferito, ma si rende conto solo allora che quasi se ne era dimenticata.
In quel momento, quindi, Max le regala più di un'ottima cena. Le ridà una parte di lei che non ricordava di essere.

Che è un po' quello che sta facendo da quando si sono ritrovati.

Mentre lui continua a dirle di non essere più lo stesso di un tempo, Nina cerca di ricostruirsi esattamente com'era. Le piaceva quella persona. Più di quello che poi è diventata.

<<Come ha preso Jos la tua scomparsa dalla festa?>> si azzarda a domandare, più per la voglia di sentirlo parlare che per ammazzare un silenzio neanche troppo scomodo.

<<Male>> afferma lui con lo sguardo rivolto sul panino tra le sue mani e la voce ovattata dal cibo in bocca. Non sembra troppo in vena di spiegazioni, però Nina prova a scavare un po'.

<<Hai intenzione di dirmi perchè stavate litigando?>> chiede con nonchalance, staccando con le dita un pezzo di sandwich e gettandoselo tra i denti.

<<C'è davvero bisogno di un motivo per mandare a quel paese quel pezzo di merda?>> risponde Max, tranquillo. Nel suo tono non c'è risentimento, né tanto meno la rabbia che invece si era impossessata di lui il giorno prima. Rimane neutrale davanti a quei termini, preso di più dal gusto della cena che dal modo aspro in cui parla del padre.

<<Va ancora così male?>>

<<Va meglio se consideri che non ce l'ho più tra i piedi ventiquattr'ore su ventiquattro>> controbatte, giustamente <<Ormai non viene più neanche a vedere le gare. Ha dei nuovi piccoli campioni da crescere, che non ricordo neanche più di chi sono figli>>

<<E tua madre?>> le viene spontaneo domandare, pensando a come non sappia praticamente niente di lei. Qualche nozione qua e là, come il fatto che sua sorella sia rimasta a vivere con lei, che non ha mai accettato che corresse con la bandiera olandese anziché belga, che quando Max ha deciso di stare col padre ha interrotto quasi tutte le comunicazioni ci. Lui. Per il resto però è una figura oscura della sua vita, quasi un'entità.

<<Non ti ho invitato per parlare della mia famiglia>> taglia corto lui e un po' Nina se lo aspettava. Anzi, è stato fin troppo al gioco.

Il ragazzo butta giù l'ultimo morso e si pulisce le mani con un fazzoletto prima di dedicare la sua attenzione alla bottiglia di birra, che afferra e si porta alle labbra. Lei si sofferma giusto un attimo a guardare il modo in cui il pomo d'Adamo si alza e si abbassa, poi si costringe a fare altro. Finisce anche lei il sandwich e batte le mani tra loro per liberarsi delle briciole, poggia la vaschetta ormai vuota sul tavolino e si premura a spostare entrambe le tovagliette così da poterlo usare come poggiapiedi.

Lui sembra apprezzare quella mossa e subito dopo si ritrovano entrambi nella stessa posizione, spallati sul divanetto e con i piedi sul tavolino, le ginocchia piegate, la bottiglia di birra in mano, lo sguardo perso tra le luci della città sotto di loro, attorno a loro.

<<Ti ricordi quando ti venni a prendere con la Vespa a Nizza, di ritorno dal Gran Premio in Italia?>> mormora allora Nina, pensando alla prima cosa che le viene in mente quando si nomina la stramba famiglia di Max e i loro modi di fare piuttosto burberi <<Tuo padre ti aveva mollato in una rientranza della strada perchè la gara era andata male e avevi distrutto la macchina. Che facevi allora? Formula ...>>

<<Formula tre>> conclude lui al suo posto, lanciandole uno sguardo di traverso <<Fosse stato per lui mi avrebbe gettato dall'aereo>>

<<Era anche la tua prima estate come fratellastro di Susie>> aggiunge la ragazza, bevendo un sorso di birra prima di continuare <<Non capirai mai quanto quella chiamata mi rese felice, anche se mi sequestrarono il motorino per una settimana dopo aver scoperto che ero venuta fin lì a prenderti>>

<<Ti beccarono per colpa di quella multa all'ingresso di Nizza>> puntualizza Max, facendola inevitabilmente ridere.

<<Sì, vero, la multa, perchè ero minorenne e non potevo portare nessuno dietro>> ricorda, ricostruendo la scena nella sua testa <<Provammo a dirottarla in tutti i modi, ma niente da fare>>

<<Perchè ti ha reso felice? Pensavo di averti dato una rogna>> domanda quindi lui, curioso. Nina scrolla le spalle, pensando a come si era sentita quel giorno. Niente che il sequestro della Vespa da parte dei suoi genitori potesse sminuire. <<E c'hai anche tenuto a rinfacciarmelo più volte>>

<<Non so, è stupido, ma il fatto che tu avessi chiamato me e non gli altri...>> comincia lei, per poi interrompersi e arrivare dritta al punto <<essere l'unica persona alla quale davi corda mi faceva sentire speciale>>

La ragazza beve un sorso di birra, sentendo la bocca improvvisamente secca.

<<Mi fa sentire speciale>> aggiunge dopo, abbozzando un sorrisino imbarazzato e lanciandogli uno sguardo frettoloso della stessa fattura.

Max si prende i suoi tempi per rispondere, come se qualsiasi cosa abbia intenzione di dire necessiti di un notevole sforzo.

<<Non hai pensato al fatto che fossi semplicemente l'unica ad avere un motorino?>> è ciò che esce dalle sue labbra, piegate in un ghigno divertito e assecondate da uno sguardo luminoso.

Nina spalanca la bocca con indignazione, ma in realtà la sua espressione cela un sorriso. Gli dà anche un mezzo pugno sul braccio per rimarcare il concetto.

<<Ti odio>> esclama, provando a fare la voce grossa.

<<Bugiarda, prima mi hai detto il contrario>> la contraddice lui, sollevando le sopracciglia. Quel fare saccente e sfacciato gli fa guadagnare una serie di schiaffi leggeri che schioccano contro la pelle scoperta del braccio, mentre Nina mormora parole incomprensibili in risposta. Max si morde il labbro per impedire un sorriso e, per quanto quel gesto le faccia stringere lo stomaco, pensa piuttosto a quanto sarebbe bello per una volta riuscire a vederlo sorridere.

Crede di non avergli mai visto fare niente di simile da quando si sono ritrovati.

Qualche risata, qualche ghigno, ma niente di più.

Se solo riuscisse a farlo sorridere, allora tutto ciò che è successo avrebbe un senso, e tutto ciò che succederà ne varrà la pena.

<<Tanto è un altro il motivo per cui ti sarò debitore per sempre>> afferma allora, mantenendo quel tono scherzoso.

Nina aggrotta le sopracciglia, con una domanda implicita nello sguardo.

<<Secondo te?>> le domanda, continuando a guardarla anche mentre svuota il contenuto della bottiglia di birra. La ragazza cerca la risposta nei tratti del suo viso, dicendosi che non potrebbe essere niente di serio se ne sta parlando così apertamente.

Pensa ai momenti salienti di quelle estati passate insieme, agli scherzi fatti ai loro amici dei quai lui poi si prendeva sempre la colpa, a tutte le volte che hanno fatto incazzare Susie per i motivi più disparati, alle volte che l'ha riportato a casa ubriaco, a quelle in cui gli è stato vicino anche mentre vomitava l'anima e puzzava di alcool così tanto da farle venir voglia di rimettere a sua volta. Ripercorre parti dei loro discorsi, di quelli che le sono rimasti più a mente, ma sono così tanti e riguardano argomenti così disparati che non saprebbe eleggerne uno per importanza. Nella sua testa rivive anche tutti quegli eventi dal tono melanconico, che però sono spesso sfociati in una battuta sarcastica, in una mezza risata, che hanno contribuito a farli archiviare con leggerezza. Le sfuriate con suo padre, le urla dopo le gare andate male, le fughe da casa quando Jos e la madre di Susie non la smettevano di tirarsi addosso qualsiasi oggetto gli passasse tra le mani.

E come dimenticare le loro, di litigate.

Nina non sapeva di essere in grado di gridare contro qualcuno, prima di conoscere Max Verstappen. Non pensava neanche di poter perdonare qualcuno con tanta facilità, e invece lui l'ha fatta ricredere in entrambi i sensi.

Alla fine si ritrova con un bagaglio non indifferente di momenti, di attimi, che hanno fatto la loro storia e che la fanno sorridere inevitabilmente.

Però non riesce a dargli una risposta.

<<Dai spara>> lo esorta, sistemandosi meglio sul divanetto così da poterlo fronteggiare, con i piedi ora poggiati accanto alle gambe di lui.

<<C'entra qualcosa di imbarazzante>> prova ad aiutarla Max, mordendosi il labbro <<e qualcosa di permanente.

Nina emette un verso ad ultrasuoni quando quell'ultima parolina le fa scattare qualcosa in mente, poi si porta una mano davanti alla bocca.

<<Il tatuaggio>> esclama allora, poco prima di scoppiare a ridere <<L'avevo rimosso>>

Max annuisce, mostrandole la pelle candida all'altezza dei polsi. Un luogo che tanti anni fa aveva intenzione di deturpare con una scritta discutibile, nero su bianco, della quale si sarebbe certamente pentito per sempre. La sua voglia di farlo dipendeva all'ottanta percento dall'odio che suo padre prova per i tatuaggi, per la restante parte dal bisogno di mostrare anche a chi non lo conosce personalmente i tratti caratteristici della sua personalità: uno straripante senso di superiorità e una sfacciataggine incommensurabile.

<<Com'era...>> mormora allora Nina, battendosi una mano sulla fronte e provando a ricordare <<Be the best...>>

<<Be the best, a sinistra>> afferma il ragazzo, alzando il braccio indicato <<Fuck the rest, a destra>> conclude, scuotendo la testa. <<Se non avessi passato una giornata intera a prendermi per il culo per quell'idea, probabilmente a quest'ora me ne andrei in giro con quella roba impressa>>

Nina scoppia in un'incontenibile risata, finendo quasi col piangere nel ricordare quanto l'aveva preso in giro per quella decisione, e quanto poi l'aveva punzecchiato anche dopo essersi deciso di tirarsi indietro.

<<Non avrei dovuto fermarti, così avrei potuto sfotterti per sempre>> riesce ad affermare col fiato corto, passandosi le dita sotto gli occhi per aggiustare il trucco sicuramente sbavato. <<Che poi, è solo un'altra prova di quanto io per te sia importante. Se te l'avesse detto Cook di non farlo, saresti andato dal tatuatore l'attimo dopo>>

<<Lo sai che devo andare contro qualsiasi cosa dica Cook>> le dà ragione, alzando le spalle.

La sua mano trova il ginocchio di Nina, facendola sussultare discretamente. Usa quell'appoggio per tirarsi su e dopo essersi guardato attorno raccatta le due bottiglie di birra vuote.

<<Vado a ricaricare>> dice, sparendo oltre la porta vetrata.

<<Mi prendi anche una felpa?>> gli grida lei dietro, passandosi una mano sulle braccia nude. C'è un bel clima quella sera in realtà, ma lì sul balcone arriva fresco abbastanza da farle desiderare qualcosa di più pesante addosso rispetto al body sbracciato che indossa. E poi, non c'è niente di più bello in estate di tenere le gambe scoperte e sopra una felpa.

Il ritorno di Max è preannunciato dalla stoffa dell'indumento richiesto, che le viene malamente buttato in faccia. Borbotta qualche commento poco cortese che lo fa ridacchiare mentre si siede nuovamente al suo fianco e, quando finisce di infilarsi la felpa grigia, afferra la sua nuova bottiglia di birra.

Il momento amarcord è finito ma non è passata quella sensazione di appartenenza.

A Nina quella serata sembra quasi rubata ad un'altra vita, una diramazione rispetto al lineare corso degli eventi. Si accende una sigaretta pensando a quanto ha atteso la possibilità di ritrovarsi così, a far niente, con qualcuno che la faccia sentire Nina davvero.

Max è l'unico a riuscirci.

Magari è anche un po' il motivo per cui si è aggrappata tanto all'idea di costruire una seconda chance per loro, provare a tornare sui propri passi e avere nuovamente la piena concezione di chi è, di cosa vuole dalla vita. Tornare a lui, perchè quello che hanno non l'ha mai trovato in nessun altro. Tornare a lui, perchè in lui c'è una parte di lei e vice versa. La parte di cui non sapeva di aver bisogno, finchè non si è specchiata nuovamente nei suoi occhi. Finchè non si è resa conto che ad essere cambiato non è solo lui, ma anche lei, e che se per il bene di entrambi sarebbe meglio tornare ad essere ciò che erano, allora devono farlo insieme.

<<Pensavi davvero quelle cose, quella mattina, sei anni fa?>> gli domanda a bruciapelo, proprio mentre le dita di lui sfiorano le sue per appropriarsi della sigaretta. Nina neanche c'ha pensato prima di parlare, le parole si sono create spontaneamente sulla sua lingua. <<Me lo devi, Max>>

Per quanto abbia già provato a chiederglielo senza ottenere niente, il bisogno di avere una risposta la convince a riprovare. Se riuscisse a dare un senso a quella notte sarebbe tutto più facile, scioglierebbe tutti i nodi.

<<Non voglio rispondere>> afferma però lui, con calma. Si porta la sigaretta tra le labbra e aspira con forza, inondando la sua vista con il fumo grigio.

<<Perchè?>>

<<Perchè tu non vorresti sentire la risposta e io non voglio a dartela>> si spiega <<Vinciamo entrambi così>>

Nina si chiede il senso di quell'affermazione, perdendosi nei ragionamenti intricati che il suo cervello si sforza a compiere.

<<Facciamo così, comincio io a vuotare il sacco>> dice pensando che barattare la sua, di verità, potrebbe spingerlo a parlare. Poi, a quel punto, è giusto che lui sappia. Non c'è più niente da perdere. <<Non è vero che stavo uscendo con Kevin, volevo farti male. Come ne hai fatto tu a me. Quella mattina, ero venuta a dirti che avrei voluto provarci. E tu invece...>>

La ragazza si blocca, non vedendo la necessità di finire la frase.

<<Kevin è venuto dopo. Ma non è certamente lui il motivo per cui ti ho voltato le spalle quella mattina.>>

Guarda dritto davanti a se almeno finchè, non sopportando più il silenzio, sente il bisogno di riappropriarsi della sua sigaretta. Si gira a guardarlo e anche se non se ne era accorta lui stava facendo lo stesso.

Gli allunga una mano e lui infila precisamente la cartina bianca tra le dita.

<<Hai perso Susie per questa stronzata?>> le domanda.

Nina non capisce il tono improvvisamente duro così si mette automaticamente sulla difensiva.

<<Tu non c'eri>> gli fa presente <<Non sai quante volte ho provato a spiegarle che era tutto una bugia, una storia inventata per non uscirne come una perdente. Lei non ha voluto sentire ragioni>>

Max schiocca la lingua contro il palato, mostrandosi quasi deluso dalla sua versione della storia. Certamente non è la reazione che Nina si sarebbe aspettata.

<<Non puoi capire>> aggiunge allora, prendendo l'ultimo tiro della sigaretta e sporgendosi per spegnerla in una delle vaschette ancora sul tavolino.

<<Cosa?>>

Il tono del ragazzo è profondo, serioso.

La guarda con la fronte aggrottata, come se si stesse sforzando di capire qualcosa di estremamente difficile.

<<Tu non provi niente, no?>> sbotta Nina, quasi con cattiveria. <<Per questo non puoi capirmi, non puoi neanche lontanamente immaginare come mi sia sentita a vederti sminuire qualcosa che per me era importante>> si porta nervosamente una mano sul viso e con le dita comincia a giocare con le labbra, cercando di sfogare la tensione <<A te non frega niente ora, e non te ne fregava niente prima>>

<<Lo sai che sono così>> risponde lui, perentorio <<Io certe cose non le sento>> aggiunge poi, spalancando le braccia.

<<Non lo senti questo?>> controbatte Nina quasi con urgenza <<Non ti fa stare bene questa cosa che c'è tra noi? Riesci almeno a percepire questo?>>

Nonostante la passione intrisa nelle parole, la ragazza trova davanti a se nient'altro che un muro. Sente una certa rabbia invaderle il corpo, però non lascia che prenda il sopravvento. Piuttosto afferra la sua birra e si rimette dritta, lasciando perdere Max e tornando a guardare la città oltre la ringhiera del balcone.

Si dice di respirare, che l'ossigeno aiuta a racimolare meglio le idee.

Si dice anche di non credere a ciò che lui dice, che deve sentire anche lui ciò che sente lei. E' qualcosa di troppo forte per essere unilaterale, qualcosa che hanno costruito insieme.

Lui però come potrebbe mai riconoscerlo, distinguerlo dal resto, se non ha mai provato a stare con qualcuno con cui non è così?

Nina ha una lunga lista di ragazzi che neanche si sono mai avvicinati a farle sentire ciò che sente quando sta con lui, ma per i quali ha creduto di provare qualcosa. A volte le è sembrato amore, a volte affetto, a volte è stato semplicemente bello farsi stringere dalle loro braccia, farsi sussurrare parole dolci, rubare qualche carezza, non sentirsi sola. Max invece cos'ha? Una lista lunga il quadruplo, con sopra segnati i nomi delle sue scopate.

Non ha mai concesso a nessuno di avvicinarsi abbastanza, di amarlo abbastanza, forse anche perchè nessuno ci ha mai provato davvero. Neanche chi avrebbe dovuto farlo dal primo giorno.

Nessuno gli ha mai insegnato il significato di tenere a qualcuno, era più importante che fosse forte abbastanza da fregarsene. Era più importante forgiarlo come un essere imbattibile, come un campione, qualcuno che potesse essere amato dalla folla più che dalle singole persone della sua vita.

Anche se tutto questo non lo libera dalle sue colpe, è abbastanza per far stringere il cuore di Nina. Per farle sorgere un dubbio.

A qualcuno come lui, come si spiega l'affettività?

La risposta sorge spontanea.

Con i gesti, più che con le parole.

E Nina, che forse avrebbe dovuto prendere e alzarsi da lì, piuttosto si fa più vicina. Non lo guarda in faccia, non vuole avere ripensamenti. Poi semplicemente allunga la testa fino a poggiarla sulla sua spalla.

Respira piano.

<<Che stai facendo?>> domanda lui, irrigidendosi.

<<Poggio la testa sulla tua spalla>>

<<Questo lo vedo>>

<<Devi solo star fermo>> lo rassicura, mettendosi comoda. Con il naso sfiora per un secondo il suo collo, poi si dice di stare buona. Di sesso, lui, ne ha avuto abbastanza per una vita intera. E' il momento di provare qualcosa di nuovo.

Nina si gode quella improvvisata intimità, il profumo della pelle di lui che sa di sapone, il suo petto che si alza e si abbassa lentamente.

Se il cuore non le battesse all'impazzata potrebbe persino pensare di addormentarsi lì, sopratutto quando dopo qualche minuto anche lui comincia a rilassarsi e le spalle si sciolgono un po', la testa si piega per poggiarsi meglio su quella di lei.

Non chiude neanche gli occhi però.
Non vorrebbe mai perdersi niente di quel momento.

Si dice anche che quella, per Max, deve essere una prima volta. È convinta che nessuna donna abbia mai fatto qualcosa di così naturale come poggiargli la testa sulla spalla, senza che ci fosse del sesso di mezzo. Solo puro e semplice affetto. Lo stesso che, se avesse avuto al tempo giusto, dalle persone giuste, forse sarebbe riuscito a salvarlo.

<<Nena>> sussurra lui dopo un frangente inquantificabile di tempo, lo stesso che fino a poche ore prima le sembrava così importante contare.

<<Mh>>

Max non aggiunge niente per un po', facendoli ripiombare nel silenzio interrotto soltanto dai suoni del quartiere in sottofondo.

<<Nena>> afferma poi con più convinzione, senza muoversi di un millimetro <<questa cosa ... andrà a finire male>>.

<<Lo so>> risponde semplicemente lei.

Lo sapeva sin dal primo momento e, sinceramente, non le è mai importato più di tanto. Non vede perchè dovrebbe farlo in quel momento.

<<Dovresti andare>> continua poi.

<<Dovrei andare>> gli dà ragione, consapevole della veridicità di quell'affermazione <<E tu dovresti chiedermi di restare>> aggiunge però, perchè ciò che è giusto e ciò che si vuole la maggior parte delle volte non vanno d'accordo.

<<Non ho mai chiesto a nessuno di farlo>> controbatte lui <<E non comincerò oggi>>

Nina si solleva piano, sentendo la mancanza dei suoi respiri, del suo odore, della sua presenza, nel momento stesso in cui perde il contatto con la sua pelle. Nella sua testa si susseguono idee sulla prossima mossa, cercando un modo, una scappatoia, che le consenta non solo di rimanere con lui, ma che lo convinca di volere lo stesso.

Quando si ritrova con niente, capisce che è davvero il momento di andare.

Raccatta le sue cose e si alza dal divanetto, poi lo aiuta a liberare il tavolino riempiendosi le mani con le bottiglie vuote. Lui prende i resti della loro cena e la segue all'interno dell'appartamento, finchè non sistemano le cose in cucina. Il tutto senza scambiarsi neanche uno sguardo.

E' finita, si ripete Nina nel mentre.

Come non lo sa, considerando che in quel momento, come durante tutta la cena, come da quando è arrivata, come da quando si sono ritrovati, non vorrebbe fare altro che baciarlo.

Però è finita. Lo sente.

Controlla per l'ennesima volta - e inutilmente - che le bottiglie siano a posto, dopo di che esce dalla cucina. Sente i passi di lui alle sue spalle mentre cammina verso la porta ed ogni metro di quel tragitto verso il patibolo pesa un po' più di quello di prima.

D'improvviso poi si ferma, ricordandosi di avere ancora la sua felpa addosso.

Lui non fa in tempo a bloccarsi e il suo petto finisce a sbattere contro la schiena di lei, le sue mani quasi istintivamente le afferrano i fianchi.

Il cuore di Nina perde un battito mentre si rigira tra le sue braccia, ritrovandosi presto faccia a faccia con lui. Alza lo sguardo e trova quegli occhi che stava cercando in tutti i modi di evitare, maledicendosi per la morsa allo stomaco che le fanno provare.

Lui non la lascia andare, non subito almeno.

Rimangono a fronteggiarsi, in piedi accanto alla porta d'ingresso, con i volti estremamente vicini, i respiri che s'infrangono l'uno contro l'altro.

La ragazza si porta le mani all'estremità della felpa e fa per sollevarla leggermente, ma lui le blocca il polso.

<<Tienila>> le dice, con un tono quasi viscerale.

Nina ha l'impressione che il suo gesto non abbia niente a che fare con la voglia di farla stare al caldo, ma con l'idea di non poter sopportare di vederla spogliarsi davanti a se. E se lui non le tenesse ferma la mano, probabilmente lei lo farebbe apposta a togliersela.

Piuttosto, però, si sporge lentamente verso di lui.

Gli lascia un bacio leggero sulla guancia, lì dove comincia la sua bella bocca.

<<Chiedimelo Max>> sussurra con la voce così flebile da sembrare quasi uscita da un sogno, da un ricordo.

Allora torna a contare il tempo.

Un secondo, e lascia che i loro nasi si sfiorino.

Due secondi, e fa un passo indietro.

Tre secondi, e i suoi occhi si fissano in quelli di lui.

Quattro secondi, gli regala un sorriso flebile.

Al quinto secondo gira su se stessa, dicendosi che quello è il lasso di tempo massimo che poteva concedergli per avere ripensamenti. Dà uno strattone al polso che lui ancora le stringe e si libera della sua presa, riprendendo a camminare verso la porta questa volta con più fretta. Anche perché lui non la segue più.

Uscire sul pianerottolo è come tornare a respirare dopo essere rimasto troppo tempo sott'acqua. Forse era davvero in apnea, non ricorda l'ultima volta in cui si è premurata di procurarsi ossigeno.

Attraversa il corridoio fino a raggiungere l'ascensore, ma nell'attesa finisce con il poggiare la schiena contro il muro, necessitando supporto.

Ha così tanti pensieri che l'assillano che non riesce a focalizzarsi su uno soltanto, così si ritrova a pensare a niente. Chiude gli occhi e dietro le sue palpebre c'è il vuoto.

E' tutto nero.

E si chiede quando ritroverà i colori.

Per fortuna, però, li riapre giusto in tempo per vedere Max correrle incontro.

Si muove quasi a spasmi, scuotendo la testa come se fosse ancora in lotta con se stesso per quella decisione. Quella guerra però non gli impedisce di raggiungerla e di metterle le mani attorno al viso, con un tale impeto da farle quasi male.

<<Torna dentro>> ha giusto il tempo di sussurrare, prima di baciarla.






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Affection

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