DELLA FINE (20)


<<Sei sicura che non sarà strano, o imbarazzante, o...>>

<<Andrà benissimo>>

Nina si premura di calmare Benny, impedendole di continuare la frase, mentre le sorride davanti allo schermo del cellulare. Dall'altra parte della videochiamata, la sua migliore amica si copre il viso con le mani, imbarazzata. E' difficile vederla scomporsi per qualcosa, il suo livello di turbamento deve essere alle stelle.

<<Il vestito non è troppo?>> le chiede ancora, forse per la decima volta.

La ragazza dai capelli rossi, che per quella sera solo raccolti in un elegante chignon, fa un passo indietro rispetto alla telecamera e le mostra nuovamente il suo abbigliamento.

Nina si rigira tra le coperte del letto di Max, tenendo il cellulare sollevato davanti al viso.

Ride, poi scuote la testa.

<<Sei bellissima>> dice all'amica.

<<Lo sai, ti vedo troppo entusiasta>> controbatte Benny, prendendo il telefono e portandola con se in giro per casa <<Non penserai mica che il fatto che Serge sia amico di Max aiuterà la tua causa, tanto meno faremo le tue uscite a quattro da sogno>>

Non aiuta la causa, ma intanto stiamo parlando, è il pensiero che cattura l'attenzione Nina.

Considerando che le loro conversazioni dal giorno dopo la sfilata erano state un'insieme di monosillabi, scambi di occhiate gelide e, al massimo, qualche parola di più se l'argomento riguardava il brand, quella videochiamata le pareva già un bel miglioramento.

Si appunta di ringraziare Serge, un giorno, per il ruolo che ha avuto in tutta quella vicenda.

<<Credo che Max abbia reso chiaro il suo punto di vista sulle uscite a quattro, quella sera>> puntualizza Nina, ridendo al ricordo di quel disastro di serata e all'idea di Benny come appuntamento al buio di Max, e di lei come appuntamento di Serge.

<<Sei da lui?>> domanda poi la ragazza, non assecondando troppo il divertimento di quel momento amarcord.

Nina annuisce, spostando il telefono quanto basta per farle intravedere la stanza attorno a lei.

Benny sospira.

<<Ei, pensa alla serata>> la riprende Nina.

L'altra annuisce.

<<Serge sarà qui a momenti. Vado.>>

<<Divertiti>>

Le ragazze si scambiano un cenno di saluto prima di chiudere la chiamata e far piombare il silenzio sulla stanza. Nina si prende un momento ancora per ripensare all'improbabile serie di eventi che le ha portate sino a quel giorno e, nonostante tutto, non può che farlo con un sorriso. Anche se quel giorno sente un peso sullo stomaco che glie lo rende davvero, davvero difficile.

Stringe la tre dita le coperte del letto di Max, prende un grosso respiro.

Nonostante tutto, quello è diventato di diritto uno dei suoi posti preferiti al mondo.

La vista su Monte Carlo, il tessuto morbido, il profumo di Max tutt'attorno. Da quando lui non fa più storie sul dormire insieme, è una stanza che sa anche di risvegli, di capelli scompigliati e volti immersi nei cuscini.

E lo pensa ogni volta che lui le si sdraia accanto: ci passerebbe il resto dei suoi giorni, tra le coperte con Max.
Funzionerebbe comunque meglio di come vanno le cose quando la vita vera si intromette.

Si decide a rotolare fino a raggiungere il bordo, poi salta giù dal letto e attraversa l'appartamento, con il salone come meta. Si accorge della mancanza di Max sul divano, dove l'aveva lasciato, ancor prima di sbucare dal corridoio.

Con la fronte aggrottata si guarda intorno finchè non intravede del colore in movimento fuori dalla vetrata. E' il tessuto della t-shirt bianca di Max, che lui è intento a stropicciare mentre cammina tranquillo sul balcone. Mezza sollevata, lascia in vista l'addome asciutto e i fianchi stretti, sui quali cadono morbidi i pantaloncini della tuta.

Nina si prende un momento per ammirarlo in silenzio.

Ama la sua pelle chiara, che a non averla mai toccata sembrerebbe di poterla descrivere come fragile, evanescente. Ama il suo profilo severo, reso più docile soltanto dalla curva delle labbra e solo quando non sono piegate in uno di quei suoi pericolosi ghigni. Ama il modo in cui ama guardarlo quando lui non se ne accorge, quando i suoi sensi sempre sull'attenti non si sono ancora accorti dello sguardo di lei addosso e può, in quella frazione di secondo, catturare l'immagine di Max nella sua forma più sincera.

Ma lui ci mettere sempre poco ad accorgersi del suo sguardo.

Nina, infatti, si sorprende di non vederlo ancora girarsi a guardarla. .

Si fa più vicina alla finestra socchiusa che porta sul balcone, senza staccargli gli occhi di dosso. Soltanto in quel frangete si rende conto che Max è al telefono. Di nuovo.

Lo tiene stretto contro l'orecchio e più che parlare sembra ascoltare.

Poi borbotta frettolosamente qualcosa che a Nina pare di vedere come fosse davanti alla televisione e in onda mandassero un film muto. Le sue labbra si muovono ma a lei non arriva alcun suono, tenuto fuori dalle spesse vetrate e confuso, lì fuori, tra i tanti suoni e chiacchiericci insignificanti che aleggiano tra le strade affollate di una Monte Carlo che si prepara a festa per la sera.

Per Nina, però, afferrare qualche parola sarebbe tutto.

L'idea di non sapere chi sia la persona che lo tiene incollato al telefono, così tanto e da così tanto tempo, la corrode dall'interno.

Sa già che se dovesse raggiungerlo sul balcone, lui le lancerebbe un'occhiata scocciata e chiuderebbe la chiamata senza neanche salutare. Ci ha provato altre volte a carpire qualcosa di quelle conversazioni, ma lui è bravo a non farle arrivare neanche un sussurro.

Se soltanto lui le avesse detto qualcosa, su quelle chiamate, su tutti i messaggi che stava in continuazione a scrivere, Nina sarebbe riuscita a vivere tranquilla e senza porsi le scomode domande con le quali, al contrario, è costretta ormai a convivere.

Tra le sue sparizioni e quel maledetto telefono, non saprebbe cosa preferire. Sennonché con le prime, almeno, c'ha sempre avuto a che fare.

Max ha sempre amato fare le proprie cose e farle da solo, senza dare conto a nessuno, e Nina si è rassegnata davanti all'evidenza, consapevole che la maggior parte delle volte in cui sparisce, lo fa per cose che riguardano il suo sport e che a lei comunque non interesserebbero. E non se ne preoccuperebbe più di tanto, se non fosse per quelle chiamate.

Perchè quando Max non sparisce, quando è con lei, allora capita sempre che il suo cellulare cominci a squillare sul più bello, dalle cinque di mattina alle due di pomeriggio. Non una sua lamentela sugli orari improbabili, né qualche commento sull'insistenza. E quando non squilla, ecco che arriva qualche messaggio.

Alla festa di Kevin è stato imbarazzante il modo in cui sembrava non riuscire a smettere di messaggiare con chiunque vi fosse dall'altra parte del telefono, e lei non riesce del tutto a dispiacersi per aver sbottato contro di lui in quel modo burbero.

Era convinta, però, che non si sarebbe lasciata influenzare da quegli eventi. Che sarebbe riuscita ad accettare questa presenza silenziosa allo stesso modo in cui aveva accettato il suo bisogno di sparire senza lasciar traccia per poi tornare come niente fosse, ma in quel momento, mentre lui è dall'altra parte della vetrata e borbotta qualcosa al dispositivo senza neanche accorgersi di lei, sa di aver definitivamente fallito.

Forse le sue nobili intenzioni erano naufragate già la sera prima, mentre dormiva da sola nel suo letto e l'unica cosa alla quale riusciva a pensare era la scena raccapricciante alla quale aveva assistito assieme a Serge e Benny, sul pianerottolo davanti a casa di Max, mentre lui era intento a cacciare la ragazza-corvo che gli inveiva contro. Aveva provato a ricordare anche i più piccoli particolare della scena, il modo perentorio in cui l'aveva trattata, lo sguardo umiliato sul viso di lei.

Non ha mai avuto l'occasione di domandargli chi fosse, qual era la sua storia.

Poi si era ricordata di Gaia, la ragazza che l'aveva chiamato a notte fonda quando lui si era fermato con Nina sotto casa per quella sigaretta che aveva finalmente suggellato il loro essersi ritrovati.

Gaia era la ragazza corvo con la quale l'aveva trovato in casa?

O erano due persone diverse?

Era lei, o una delle due, a chiamarlo?

O poteva essere una delle tante ragazze che cercavano di approcciarlo al Jack? Che gli sorridevano, che lo sfioravano, alla ricerca di qualche attenzione.

Ma Max le aveva detto che lei era speciale, che le altre non gli interessavano.

Per la prima volta, si era ritrovata a chiedersi se magari era stata troppo fiduciosa nel volersi appigliare a quella confessione.

Quella mattina si è svegliata in un bagno di sudore, dopo aver sognato centinaia di mani di donna che si aggrappavano alla pelle pallida della schiena di Max nello stesso modo in cui piaceva fare a lei.

Il dubbio da allora ha messo radici più profonde e in quel momento torna a bussare, mentre lo guarda e tutto ciò che vorrebbe fare sarebbe strappargli quell'aggeggio di mano e capire, quanto meno dare un nome, alla persona all'altro capo del telefono.

Almeno, per questa volta, si risparmiano la scena di Max che mette via il telefono non appena la vede arrivare. Finchè Nina si decide a raggiungerlo sul terrazzo, infatti, il ragazzo ha già chiuso la chiamata.

<<Mi ha chiamato Benny>> esordisce la ragazza, mettendo un piede sul balcone e venendo presto investita dalla piacevole aria di quel tardo pomeriggio. <<Serge la sta passando a prendere>>

Una parte di lei spera che quell'informazione gli dia l'input per spiegare, a sua volta, con chi era al telefono. Non può dirsi davvero delusa però nel non vederlo cogliere l'occasione.

<<Ne sono lieto>> commenta lui, lanciandole uno sguardo di traverso non appena lei lo affianca.

Nina fa una boccaccia in risposta a quel tono sarcastico.

<<Dovresti darle un'occasione>> afferma poi, facendo scontrare leggermente le loro spalle.

<<Da quando dò occasioni alla gente?>> le chiede Max con tono serioso. Alza esageratamente un sopracciglio, facendo risultare il tutto molto più ironico di quanto, probabilmente, vorrebbe lasciar intendere.

<<A me l'hai data>>

<<Perchè sei tremendamente insistente>> afferma, come stesse spiegando un'ovvietà <<Scrollarti di dosso sarebbe stato molto più faticoso>>

<<Tanta fatica per sopportarti, e neanche mi tocca un riconoscimento>> controbatte Nina.

Si scambiano uno sguardo complice, quasi divertito.

Nina si ritrova a pensare che, se non fosse per le domande che le attanagliano lo stomaco, quella sarebbe stata davvero uno bella giornata.

<<Potrei cucinare qualcosa, che dici?>> decide di chiederli, aggrappandosi con entrambi le mani alla ringhiera del balcone e sporgendosi leggermente per guardare giù. Le strade piene di vita solitamente le mettono una particolare felicità addosso e, anche se in quel momento le sembra difficile sentirla appieno, prova comunque a lasciarsi coinvolgere il più possibile. <<O posso tornare a casa se preferisci>>

Gli occhi di Max, dello stesso colore del cielo terso alle sue spalle, sembrano indugiare sulle sue labbra prima di tornare in quelli di lei.

<<Voglio fare una doccia>> afferma semplicemente.

Batte la mano contro la ringhiera prima di allontanarsi dal bordo, da lei, per tornare dentro.

<<Max>> lo richiama però Nina, con voce flebile.

Calma, si dice. Non devi per forza rovinare tutto.

Il ragazzo le lancia un'occhiata oltre la propria spalla, un'espressione interrogativa la invita a continuare. La ragazza non sa neanche da dove cominciare.

Abbozza qualche parola, ma finchè i loro occhi saranno incastrati l'uno in quelli dell'altra non riuscirà mai a trovare le parole. Così prende un grosso respiro, guarda il proprio riflesso nella vetrata e prova ad esprimere ciò che la tormenta da settimane.

<<Mi dici chi è che ti chiama in continuazione?>> domanda, cauta, dopo aver pesato nella sua testa ogni parola, ogni possibile intonazione.

Non è pronta a sentirlo sbottare però, così, quando lo vede aprir bocca, mette già le mani avanti.

<<Voglio solo sapere chi è, ti prego, dopo di che potremo continuare in tranquillità>>.

Certo.

Max sembra pensarci più di quanto si sarebbe aspettata, con il viso di traverso e gli occhi intenti a scrutarla. Non ha neanche avuto la decenza di girarsi per fronteggiarla meglio.

<<No>> risponde semplicemente. Non muove un muscolo, il suo viso è una lastra di ghiaccio.

Nina sente una morsa attanagliarle lo stomaco.

<<Non è trattabile>> aggiunge, per poi tornare a darle del tutto le spalle e riprendere a camminare.

<<Certo, come se qualcosa con te lo fosse>> grida Nina, d'istinto. Tant'è frenetico il battito del suo cuore che la sua stessa voce le pare improvvisamente lontana, coperta dall'eco delle pulsazioni che riverbera nella testa. <<Un nome, soltanto un nome>> non demorde però.

Anche perchè le sembra davvero assurdo, che lui non possa fare almeno questo per lei.

<<Sei libera di andare>> la liquida Max, peggiorando notevolmente il livello di rabbia che comincia a fluire nelle sue vene. <<Altrimenti, ci vediamo sotto la doccia>>

Un grugnito frustrato le fa vibrare le labbra mentre, senza accorgersene, stringe i pugni così tanto da cominciare a sentire uno strano formicolio nelle mani.

Andare, certo. Come se potesse risolvere qualcosa voltando le spalle al problema nello stesso modo in cui fa lui.

Lo segue.

Entra nel bagno qualche attimo dopo di lui, giusto in tempo per vederlo liberarsi della maglietta e lasciar cadere per terra i pantaloni. Non si sorprende quando sente la porta chiudersi dietro di loro, anzi. Probabilmente l'aveva lasciata aperta sapendo che lei l'avrebbe raggiunto.

Max sparisce oltre vetro opaco della doccia e apre il getto mentre i vestiti di Nina si aggiungono a quelli del ragazzo sul pavimento. Quando lei lo raggiunge, Max le dà le spalle e l'acqua scorre furiosamente sul suo corpo, rimandandole schizzi gelidi che quasi le fanno venir voglia di girarsi e lasciarlo lì.

<<Perchè no, Max>> gli chiede, più ferma di quanto si fosse sentita prima, più letale.

L'acqua comincia a scaldarsi e lei si azzarda a fare un passo ancora, allungando una mano verso di lui.

Prima che possa arrivare a sfiorarlo, però, Max si gira. Il getto gli sfigura il viso e per riuscire a guardarla deve passarsi le mani sulla fronte e portarsi i capelli all'indietro, l'acqua riempie le sue labbra schiuse.

<<Non farlo>> risponde dopo quella che sembra un'infinità di tempo.

La voce rimbomba sulle piastrelle scure del bagno e le penetra nelle ossa.

<<Cosa?>> domanda.

Nina si avvicina ed parte del getto ora la colpisce, inglobandola in un microcosmo in cui ci esistono solo lei e Max. Tra i loro corpi nudi, solo un velo d'acqua.

<<Non ti intromettere in questa faccenda>>

La sua voce fa tremare le pareti, o forse è lei che comincia a crollare quando le mani di Max si poggiano sui suoi fianchi.

<<Dammi un motivo>>

Nina allunga il collo fino a raggiungere la spalla di Max e accarezza la sua pelle con le labbra, pronunciando quelle parole.

La presa di Max si fa più salda, i baci di Nina salgono e si fanno più intensi, finché l'ultima cosa che le rimane da baciare sono le labbra di lui.

<<Non lo farò>> mormora Max, la bocca di Nina ormai ad un passo dalla sua.

Quando si incontrano, l'effetto è devastante.

Non si erano resi conto di quanto fossero davvero arrabbiati l'uno con altra fino a quel preciso momento, finché non cominciano a sentire il bisogno di strapparsi la pelle di dosso a vicenda.

All'improvviso Max è ovunque. Dove non arrivano i suoi baci arrivano le sue mani, e dove neanche quelle riescono ci pensa l'acqua a dar l'impressione di essere sotto il tiro di una lunga e interminabile carezza.

Nina si aggrappa all'ultimo briciolo di lucidità che le è rimasto e si obbliga a provarci ancora, un'ultima volta.

<<Non avró pace finché non mi dirai chi è>> afferma, afferrandogli il viso <<Quindi, per favore, ti scongiuro, parla>>

Il fatto che la mano di Max stia lentamente scendendo verso il suo basso ventre le lascia intendere che presto si ritroverà a pregare per altro, e saranno preghiere ben più profane di quella supplica insulsa.

<<Si sopravvive anche senza pace>> risponde, ricambiando il suo sguardo per quanto l'acqua lo permetta. <<È ciò che faccio da sempre>>

Con la mano si libera della presa di Nina sul suo viso e dandole uno strattone riesce a rigirarla tra le sue braccia, facendo aderire la schiena di lei al proprio petto.

<<Ma non è ciò che voglio>> mormora Nina.

L'attimo dopo, però, flette il collo all'indietro e abbandona la testa sulla spalla di Max, gemendo piano.

<<Allora perchè non te ne vai?>> le sussurra nell'orecchio.

Ma dal modo in cui l'accarezza e poi la stringe, sembra chiaro che, infondo, neanche lui vorrebbe vederla andar via.



**


Nina è la prima ad uscire dalla doccia.

Non avevano preparato gli asciugamani, così saltella sulle piastrelle del bagno lasciando una scia di gocce fino a raggiungere il mobiletto sotto il lavandino, dal quale estrae un telo e un accappatoio.

Lascia il secondo per Max, appendendolo al gancio più vicino a lui, mentre avvolge il proprio corpo nel tessuto spugnoso.

I capelli sono zuppi ma non lavati per bene, il che significa che quando si asciugheranno saranno un disastro. Li tampona leggermente, si sistema con le mani la frangia, dopo di che lega il resto in una coda bassa con l'elastico che tiene sempre al polso.

È in quel momento che lo vede.

Riflesso nello specchio, per terra.

Il pantaloncino di Max.

L'unico posto in cui avrebbe potuto infilare il telefono quando era sul terrazzo.

La sola idea le fa perdere un battito.

Nina lancia un'occhiata verso il vetro opaco della doccia, dove Max si sta prendendo ancora qualche momento per calmarsi.
Potrebbe uscire da un momento all'altro.

Quanto ci metterebbe ad accorgersi della mancanza del telefono?

Tanto, se non avesse nessun motivo per cercarlo subito.

Poco, se la cosa che nasconde è importante.
Vista la sua perentorietà sulla questione, non potrebbe essere altrimenti.

Sposta nuovamente lo sguardo all'ombra nella doccia, mordendosi con insistenza il labbro.

Non ha mai fatto niente del genere.
Non ne ha mai avuto bisogno.

E una volta appreso cosa le nasconde, cosa farà ? Come ci si comporta? Gli dirà di avergli sbirciato il telefono? O farà finta di niente per non perdere l'ultimo briciolo di dignità rimasto?
E se dovesse essere qualcosa di imperdonabile? È pronta a sapere? È pronta a perderlo?

No, ma ha bisogno della verità, ha bisogno di dare qualcosa in pasto alle voci che la stanno assillando e al mostro nello stomaco che la divora dall'interno ogni volta.

Si disfa e rifà la coda almeno tre volte, in attesa di vederlo girarsi, anche solo leggermente, ed essere sicura di non essere vista.
Quando arriva il momento si abbassa senza far rumore e leggera si avvicina al pantaloncino fino a toccarlo con la punta delle dita. Lo tira verso di se e fulminea comincia a tastare le tasche.

Sentire davvero qualcosa, lì dentro, le fa tirare un sospiro di sollievo. Dopo aver combattuto qualche momento con il tessuto arricciato della rientranza, ecco che Nina si ritrova con il telefono di Max in mano.

E ora?

<<Vado a preparare qualcosa, ok?>> esclama, pentendosene non appena si rende conto del modo in cui le trema la voce.

Non aspetta risposta da Max e semplicemente esce dal bagno, impedendosi di correre, con il cellulare stretto contro il petto.

Ha il coraggio di guardare lo schermo per la prima volta soltanto arrivata in cucina. Lo sfondo è neutro, c'è il suo trentatré stilizzato al centro, e le notifich appartengono tutte ad Instagram.

Si aspettava di trovare qualche messaggio ma, in effetti, non ha nessuna certezza che le conversazioni si svolgano su WhatsApp piuttosto che nei Direct.

Un problema fondamentale le impedisce di continuare.

Il riconoscimento facciale.

In via subordinata, il suo codice di sblocco.

Se col primo non può farci niente però, sul secondo può lavorarci.

Prova combinazioni numeriche che potrebbero avere senso, dalle più comuni al suo numero di gara, il suo anno di nascita, e lo fa con così tanta foga da non contare i tentativi. Quando arriva l'avvertimento e il cellulare viene bloccato per il prossimo minuto a causa dei troppi codici sbagliati, Nina lancia un'imprecazione.

Butta un'occhiata nervosa verso il corridoio dal quale intravede la porta socchiusa del bagno, poi si piega fino a raggiungere con la fronte la superficie fredda del bancone della cucina. Batte leggermente le mani sul marmo liscio, preda di una non indifferente frustrazione.

Quello che la attende è il minuto più lungo della sua vita.

E per quando finirà, comunque non ha la minima idea di come uscirne.

Poi il telefono comincia a squillare.

Nina fa un salto, lo spavento la scuote così tanto da farle cedere le gambe e toglierle il respiro.

Non appena riesce a compiere un pensiero sensato, con le dita corre a mettere il silenzioso, sperando che grazie allo scrosciare della doccia Max non si sia accorto di niente.

Evitato il pericolo, non le rimane altro che fissare il numero in sovrimpressione.

Quella è la prima cosa che Nina nota.

E' un numero.

Non un nome salvato.

Stronzo.

Le domande si affollano nella sua testa mentre si dice che potrebbe essere chiunque, e si chiede se rispondendo combinerà un disastro o finalmente saprà la verità.

Certo da questo non si torna indietro.

Deve pensare velocemente, mentre il cellulare continua a vibrare e la chiamata potrebbe interrompersi da un momento all'altro.

Ma, infondo, ha già deciso.

Tira verso destra la freccia per rispondere e, trattenendo il fiato, si porta l'apparecchio all'orecchio.

<<Ei, mi sono dimenticata di chiederti una cosa>>

Nina si porta una mano a coprirsi le labbra.

Si aspettava che sarebbe stata una ragazza, ma sentire la sua voce non fa meno male.

<<Quando vieni mi porti del gelato?>>

Inutile trovare senso, giustificazioni, ragioni dietro quella frase.

Sarebbe sciocco persino per una come Nina.

E comunque non impedirebbe al suo cuore di cadere per terra, in mille pezzi.

<<Eddai, quello della gelateria che piace a me>>

Qualcosa schiocca nella sua testa.

La voce è flebile e un po' rauca, con una cadenza cantilenante.

Nina non saprebbe ridire dove, come, ma crede di... crede di conoscerla.

<<Max?>>

Le chiederebbe la sua identità, se non fosse per la sensazione di non avere più parole. Se non fosse per la vista di Max che esce in quel momento dal bagno.

Nina abbassa lentamente il telefono, il ragazzo si guarda attorno.

Probabilmente basta semplicemente l'incontro dei loro occhi per fargli capire cosa stia succedendo. O forse lo sguardo che dopo qualche attimo cade sulla mano di lei, che ancora stringe il suo telefono.

Un borbottio indistinto si libra dalle casse e Nina mette fine alla chiamata, ma continua a stringere il dispositivo tra le dita, in una morsa che le rende bianche le nocche.

<<Perchè mi fai questo?>>

Non credeva di essere in grado di rendere a voce quel pensiero, ma quando lo fa, è accompagnato da una sincerità disarmante.

Solo che Max non ne viene colpito.

Max è la fazione opposta di quella guerra, ed ha armi molto più potenti delle sue.

<<Non sai di cosa stai parlando>> risponde, la voce che quasi non riesce a contenere la rabbia che gli sta montando dentro. <<Come cazzo ti sei permessa?>>

<<Perchè mi fai questo?>>

Nina non lo ascolta, scuotendo la testa e rimanendo sul punto focale della questione.

Perchè? Perchè a lei? Perchè farlo?

Doveva portarle il gelato, della sua gelateria preferita.

E lei che pensava di essere l'unica di cui lui ricordasse i posti preferiti.

E lei che pensava di essere l'unica e basta.

Prima di ritrovare te non avevo neanche voglia di scopare.

Nina si è aggrappata a quella constatazione, facendone una dichiarazione d'amore delle più esemplari.

Ora la vede per quello che è.

Ora la vede con gli occhi di lui.

<<Non sai di cosa cazzo stai parlando>>

Max alza la voce e cammina verso di lei col passo lungo, piantando i piedi sul pavimento come se volesse romperlo e lasciarli cadere giù. Nina indietreggia fino a trovarsi con la schiena contro il mobile della cucina e presto lui le è addosso.

<<Che hai fatto Nina?>> le chiede, quasi ruggendo. Il suo viso sfigurato dalla rabbia. <<Cosa diavolo pensavi di fare? Che ti passava per quella testa di cazzo che ti ritrovi?>>

Questo, si ritrova a pensare. Questo è il Max che vedono gli altri.

Ma lei non ha paura di lui.

<<Io? E tu cosa fai? Quante bugie mi dici? Quante cose mi nascondi?>> esclama, afferrando i lembi del suo accappatoio tra le dita e scuotendolo una, due volte.

<<Stai solo dando aria alla bocca>> la sua voce è un soffio, affilato da una cattiveria che Nina non aveva mai visto.

<<Allora spiegami>> risponde lei con esasperazione <<Cazzo, spiegami>>

Ma lui non sembra voler sentire ragioni. Anzi, l'unica reazione è battere un pugno sul piano della cucina, proprio accanto a lei, e lasciar uscire un urlo gutturale che sembra tagliargli la gola.

<<'Fanculo>> grida, per poi portarsi le mani sul volto in preda in preda ad una furia incontenibile.

Ha il viso rosso e le vene in vista creano disegni intricati sul suo collo.

Nina, fisicamente, si sente improvvisamente piccola, ma la rabbia le dà la forza di continuare a fronteggiarlo.

<<Vaffanculo Nina>> ripete Max, mentre lei inveisce con il primo <<Ti odio>>

E lasciato andare il primo, gli altri non possono che seguire a catena.

<<Ti odio, ti odio, ti odio>>

Max lascia che le mani gli scivolino via dagli occhi per andare a coprirgli le orecchie.

In altri tempi, avrebbe voluto gridargli con la stessa forza e altrettanta veemenza, quanto fosse innamorata di lui.

Ma alla fine del giorno, tirando le somme, odio e amore non sono poi così diversi. Solo che odiarlo è più facile. O almeno, dirlo.

Il tutto diventa una confusione di "ti odio" e "sta' zitta", di gesti confusi e lamenti sordi, del bisogno di esternare tutta l'ira e il rancore, come se avessero paura che, a volerlo tenere tutto dentro, potrebbe ucciderli.

Con lo schiocco sordo della mano di Max contro la guancia di Nina, però, il caos si ferma.

E comincia il vuoto.

Vuoto come gli occhi con cui lui ora la guarda.

Vuoto come quello che sente lei in quel momento.

Il mondo rallenta, scorre lento come il liquido caldo che sgorga dalle narici di lei e comincia a bagnarle il labbro superiore.

Lascia cadere per terra il cellulare e Max non dice niente. Piuttosto, alza una mano nuovamente verso di lei, questa volta per afferrarle il mento con precisione chirurgica e alzarlo leggermente, controllando la ferita.

Nina, per la prima volta nella sua vita, sente che le mani di Max non dovrebbero essere lì. Che non dovrebbe azzardarsi a toccarla, dopo una cosa del genere. Che forse non dovrebbe toccarla mai più.

Con la mente però è altrove.

Non riesce a togliersi di testa un ricordo, o forse è più una sensazione. Non sa neanche se sia mai esistito. Sono più piccoli e c'è Max che le sta raccontando qualcosa, mentre Nina lo guarda e ride.
E si sente felice.

Poi sbatte le palpebre. Più volte.

Ora sente chiaramente la guancia bruciarle così forte da sembrare in procinto di andare a fuoco.

E la prima cosa che vede davvero è la mano di Max sporca di sangue.

<<Ora odiami di più>> le sussurra, prima di lasciarle il mento e darle le spalle.

Nina si ritrova senza fiato e arranca fino al bancone, dove si allunga per prendere un fazzoletto dal porta tovaglioli. Non fa in tempo a portarselo sotto il naso che subito quello s'impregna di sangue e deve buttarlo via, sostituendolo con un'altro.

Sente l'ansia avvampare e i gesti diventano più sporchi, più lenti. Non riesce a far rispondere gli arti come vorrebbe, non riesce a respirare a dovere. La testa comincia a girarle forte e vorrebbe gridare a Max di tornare da lei, di aiutarla, ma la voce non le esce.

Non sa cosa fare, come comportarsi. Si tiene la testa sollevata? O così rischia di farsi male?

Quando neanche riesce più a reggersi al bancone e quasi sta per cadere per terra, la vista appannata, il battito del cuore irregolare, si sente afferrare da un paio di mani.

<<Proviamo fermare l'emorragia>> afferma Max, freddo.

Apre un cassetto e ne tira fuori uno straccio che le tiene premuto contro il naso, spingendola leggermente all'indietro fino ad incastrarla tra il proprio corpo e il bancone. Nonostante la confusione, Nina si rende conto che non indossa più l'accappatoio ma è vestito.

Le prende una mano e glie la porta sul viso, a tenere fermo il fazzoletto di tessuto, mentre lui lo lascia andare e si allunga verso qualcosa che ha poggiato sulla superficie accanto a lei. Quando le sfila il telo di spugna Nina vorrebbe protestare, ma poi capisce.

Max la aiuta ad infilare gli slip, facendoli salire sulle sue gambe senza troppa grazia. Il processo è reso notevolmente più difficile dall'eccessivo tremore di lei. La riveste silenziosamente, prima i pantaloncini, poi la camicia larga, ed ogni volta che le sue dita la sfiorano, Nina fa un salto all'indietro. Non saprebbe dire se più per lo spavento o per le sue mani stranamente fredde.

Non è abituata. Le mani di Max sono sempre calde.

Quando le controlla lo straccio, poi, si rende conto che è zuppo di sangue.

<<Potrebbe essere rotto>> dice.

Sostituisce il fazzoletto con un'altro pulito, dopo di che le stringe una mano attorno al braccio e la tira leggermente a se. Nina quasi crede che la stia abbracciando e si prepara a scacciarlo, ma lui si muove assieme a lei.

La dirige fino a raggiungere uno svuota tasche, in salone, dal quale sfila due mazzi di chiavi. Qualche momento dopo sono sul pianerottolo e Max fa strada fino a raggiungere l'ascensore, poi via, fuori dal palazzo, verso la sua macchina.

La lascia andare solo quando è sistemata sul sedile del passeggero.

Nina sente la testa troppo leggera per rendersi davvero conto di ciò che la circonda, del modo in cui guida, della strada che fanno. Ormai è sera e le luci, assieme ai suoi occhi appannati, le impediscono di vedere chiaro. E' così che si accorge di stare piangendo.

Lo fa in modo silenzioso, di nascosto, perchè ormai le parole sono state dette e di scenate ne hanno fatte abbastanza.

Riesce comunque ad intravedere l'ospedale oltre il parabrezza dell'auto, e sa di salvezza. Chissà se l'aria sarà più tollerabile lì rispetto a quella che si respira nell'abitacolo.

Max segue le indicazioni per il pronto soccorso e lascia la macchina vicino all'ingresso. Questa volta, Nina non lo aspetta per scendere, per camminare. Non vuole sentire le sue mani sul suo corpo. Non ancora.

Così, raggiunge lentamente le porte scorrevoli dell'entrata e Max la segue ad una debita distanza. Ha tirato fuori dalla tasca dello sportello un cappellino senza sponsor e se lo infila sulla testa, provando a nascondersi il più possibile sotto lo visiera.

La sala d'aspetto li accoglie.

E' una stanza bianca, asettica, con lunghe file di panche rosse. C'è un movimento non indifferente di gente che cammina, porte che si aprono, barelle vuote che vengono spinte da destra a sinistra e vice versa. Un chiacchiericcio indistinto rimbomba tra le pareti vuote e si mischia al telegiornale che viene mandato in onda su una piccola televisione fissata in alto a destra.

Nessuna delle persone in attesa si accorge di loro.

<<Sta gocciolando>>

Nina salta sul posto non appena una mano le si poggia sulla spalla, mentre il cuore le schizza nel petto.

<<Vieni, troviamoti un fazzoletto pulito>>

La voce appartiene ad un'infermiera, con la divisa blu e delle buffe ciabatte di gomma piene di pesciolini disegnati. Senza attendere risposta la prende con se e la porta verso l'accettazione, dove la lascia sola giusto il tempo di sparire dietro una porta per recuperare della carta.

<<Butta qui>> le indica poi il cestino che tiene nell'altra mano, pronto per accogliere lo straccio sporco. <<Che ti è successo?>>

Nina si rende conto di non essere pronta a rispondere a quella domanda.

<<Non ho visto la porta aprirsi>> risponde con la prima bugia che le viene in mente, diventando anche lei una delle tante ragazze che hanno solo sbattuto contro il muro, che sono casualmente scivolate dalle scale, che si sono prese una porta in faccia.

E' così che succede, quindi.

E' così che si arriva a questo.

Inevitabilmente si gira per andare a cercare Max.

Lui è poggiato con la schiena al muro, nella zona di attesa. Ha le braccia conserte e il volto abbassato ma, nonostante sia parzialmente coperto dalla visiera, Nina riesce comunque ad incrociare il suo guardo.

Anche l'infermiera fa con gli occhi lo stesso tragitto.

Dopo di che stringe la presa attorno alle sue spalle.

<<Vieni, vieni con me, andiamo in accettazione>>

La ragazza non può fare a meno di chiedersi quante ne veda, al giorno, di scene così.

**

Vista la copiosa quantità di sangue che non riusciva a fermarsi, Nina viene presa subito in carico dal medico di turno. Tuttavia, tra l'attesa di una sala libera per i raggi x e la medicazione, se ne va una quantità di tempo indefinibile che non le sembra poi così breve.

Il naso non è fratturato. Una contusione è la diagnosi finale, e Nina viene dimessa con dei bastoncini nel naso inzuppati di qualche medicinale e una prescrizione per degli antidolorifici.

E' ancora leggermente confusa e non riesce del tutto a calmarsi.

L'idea di ritrovare Max ad aspettarla nella sala all'ingresso la innervosisce. Arrivare lì e non vederlo le sembra però ancora più strano.

Si lascia il pronto soccorso alle spalle, lasciandosi avvolgere dall'aria tiepida quando va alla ricerca della sua macchina.

La trova esattamente dove l'avevano parcheggiata, ma lui non è lì.

Decide di aspettarlo poggiata contro lo sportello. Anche se non muore dalla voglia di rivederlo e anche se si meriterebbe di essere lasciato lì senza neanche una giustificazione, Nina pensa che non vorrebbe essere portata a casa da nessun altro.

Di lui, però, continua a non esserci traccia.

Vorrebbe provare a chiamarlo ma non ha con se il telefono, e non sa neanche se Max, dopo tutto quel trambusto, sia riuscito a recuperare il suo. Così torna all'interno.

Si guarda attorno imbarazzata, sperando che la gente non si faccia domande. Vorrebbe non attirare troppa attenzione, ma con quei bastoncini nelle narici che la fanno somigliare ad un tricheco, beh, non passa troppo inosservata.

Lui continua ad essere sparito.

<<Avete visto un ragazzo con un cappellino? Era qui, prima>> decide di chiedere ad una coppia di ragazzi, stravaccati sulle panche rosse poco lontano da dove era poggiato Max.

I due scuotono la testa però.

<<E' andato via da un po'>> la informa invece una signora sulla cinquantina, dalla postazione di fronte. Nina annuisce.

<<Ha visto dove andava?>>

La donna indica con un dito un blocco di ascensori alla destra della sala d'attesa.

Se potesse, Nina storcerebbe il naso. Ha l'impressione però che, provarci, sarebbe fin troppo doloroso.

Fa un cenno con la testa e ringrazia per l'aiuto, dopo di che segue l'indicazione della signora e si avvicina agli ascensori. Se Max stava cercando il bagno, avrebbe dovuto vedere la freccia che ne indicava il percorso che porta da tutt'altra parte rispetto agli ascensori.

Dove poteva essere andato?

L'elenco dei reparti accanto alle porte metalliche non l'aiuta. Ogni piano ne ospita uno o due e tutti le risultano anonimi allo stesso modo.

La testa, in quel momento, comincia a farle così male che vorrebbe soltanto lasciare quel posto, quelle luci fredde a neon, quella puzza di disinfettante. Tuttavia, sceglie di gettarsi in uno degli ascensori non appena questo si apre e ne vien fuori un'equipe di medici.

Scende al primo piano, giusto per avere un'ordine.

Magari, con il bagno del pronto soccorso fuori uso, quello del primo piano disponibile sarebbe stato certamente un valido sostituto.

Senza neanche sapere cosa cercare, Nina si avventura tra i corridoi dalle pareti verdi, superando le porte vetrate che indicano reumatologia. La maggior parte delle stanze hanno le porte socchiuse e le luci spente. Devono essere ben oltre l'orario di visita e i pazienti saranno al ventesimo sonno.

Nina sbircia dove riesce, cercando di non lasciarsi sfuggire niente. Trova persino i bagni e sussurra un "Max" prima di entrare in quello degli uomini, ma non ottiene risposta.

C'è un altro reparto dalla parte opposta a quella in cui è già stata, ed è geriatria. L'idea che Max possa trovarsi lì le sembra assurda, ma tanto vale.

La stessa scena si ripete per i primi tre piani. Evita il quarto, notando un'assembramento di medici ed infermieri che corrono per il corridoio.

Quando le porte del quinto si aprono poi, viene quasi investita da un infermiere.

Il ragazzo si scusa e le fa segno di passare per prima, lanciando un'occhiata storta al bendaggio al naso.

<<Ti sei persa?>> le chiede, tenendo aperte le porte dell'ascensore.

Nina tira un sospiro.

<<Non è che per caso ha visto un ragazzo con un cappellino in giro?>>

L'infermiere ricambia il suo sguardo, aggrottando la fronte.

<<Ma chi, Verstappen?>>

Nina annuisce, sorpresa.

<<Lo trovi più avanti>> risponde, facendo un cenno verso il reparto oltre le porte vetrate. <<Nella solita stanza>>

Anche davanti al primo segno della presenza di Max, la ragazza non potrebbe sentirsi più smarrita, come se non fosse già confusa abbastanza.

<<Sicura che va tutto bene?>>

Nina fa un cenno al ragazzo, lasciandoselo presto alle spalle.

Intraprende il corridoio dipinto di blu ed allunga una mano verso la parete, alla ricerca di qualcosa di stabile al quale appigliarsi. Si sente senza forze, in procinto di crollare, e il silenzio assordante di quel posto non fa che peggiorare la situazione.

L'aria è pesante, un ronzio le infastidisce le orecchie.

Le porte qui sono tutte chiuse e, se Nina sapesse qual è la "solita stanza", sicuramente accelererebbe il processo. Fino a qualche attimo prima, però, non sapeva neanche che Max avesse una "solita stanza" lì, in ospedale.

Segue il percorso del corridoio, voltando a sinistra, poi finalmente qualcosa attira la sua attenzione. C'è solo una stanza con la porta socchiusa e la luce si riflette sul pavimento gommato del corridoio.

Una mano è ferma sulla maniglia, come se qualcuno fosse in procinto di andar via.

Quando Nina si rende conto che è Max ad essere in piedi sull'uscio, l'aria comincia a mancarle.

<<Davvero, questa devi fartela perdonare>>

La voce che le arriva alle orecchie la obbliga a fermarsi, a pensare.

Il tono rauco, cantilenante.

E' la voce che aveva sentito prima al telefono.

<<Non sono buono con queste cose>> risponde Max, poggiandosi con la spalla contro la porta socchiusa, mezzo nella stanza e mezzo fuori.

<<In realtà, sei meglio di quanto pensi>>

Max ride.

<<Chiedere scusa ad una persona nelle tue condizioni è molto più facile. Sarei capace persino di dirti qualcosa di dolce>>

<<Fino ad ora non ne ho sentite poi così tante, di parole dolci, però>>

<<Non sai fare altro che lamentarti>>

<<Io non vedo il gelato che ti avevo chiesto. Con quello avresti assopito qualsiasi lamentela>>

<<Bhe, forse Nina si è dimenticata di dirmi del gelato, mentre tentavo di ammazzarla>>

<<Avresti dovuto dirle tutto>>

<<Tu pensa ai fatti tuoi>>

Nina ascolta la conversazione come provenisse da una registrazione, o da un ricordo lontano.

Non riesce a credere che quello sia Max, non si dà pace per capire a chi appartenga quell'altra voce, eppure vive tutto in modo ovattato, come se la sua testa stesse cercando di proteggerla dall'impatto di quella scena, di quel momento.

Vorrebbe gridar loro di smetterla ma loro sono così presi da non essersi neanche accorti di quella figura ferma nel corridoio, addossata alla parete.

Decide di farsi più vicina, ma con la spalla va a colpire una delle bacheche metalliche appese al muro.

Max si gira senza troppa fretta, come se quel rumore non meritasse poi chissà quanta attenzione.

Quando si accorge di Nina, però, la sua schiena si irrigidisce. La mascella si serra.

<<Nina>> la chiama, mettendo una mano avanti, come a volerla fermare. Con il petto copre lo spiraglio lasciato aperto dalla porta, cercando di non farle intravedere l'interno.

La ragazza ora gli sta davanti e contraccambia il suo sguardo, quasi spaventata da cosa potrebbe trovare in quella stanza. Poi però prende in mano il poco coraggio che le rimane e, nonostante gli sforzi di Max, riesce a ricambiare lo sguardo della persona all'interno.

E tutti i pezzi del puzzle che sembravano mancarle, vanno improvvisamente al loro posto.

Alla fine capisce anche perchè quella voce le ricordava qualcosa.

Solo che nei suoi suonava diversa. Allegra, squillante.

Come lei.

Come Susie.

Anche se la figura nel letto, di Susie, ormai, non ha quasi più niente.

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