Capitolo 9.
N.B. Le parole scritte in corsivo sono vecchi ricordi della protagonista che vengono raccontati quando lei era piccola (motivo del linguaggio usato)
La sveglia aveva deciso di non tacere sotto le mie inutili imprecazioni continuando a suonare come se mi sfidasse. Raccolsi tutta la mia forza di buona volontà per affrontare la giornata e mi alzai dal letto.
Tastai il letto scoprendo a malincuore che Jason non c'era più e, al suo posto, trovai un piccolo bigliettino dall'aria troppo seria per essere un buongiorno romantico.
"Buongiorno Amore mio, sono andato a lezione e ci vedremo questa sera come da programma, dobbiamo assolutamente parlare. Questa mattina Kayl mi ha chiamato e a quanto pare anche lui vuole scambiare due parole con te. Buona giornata tesoro"
Era per caso la giornata nazionale del Parliamo tutti con Abby ed io non lo sapevo? Ansia, ansia e solo ansia. Era palese quello che mi volesse dire mio fratello, probabilmente si trattava del mio non ritorno a casa per quella sera ma quanto riguardava Jason, che mi avesse visto mentre rientravo? Che abbia sentito l'odore delle tre sigarette consecutive? Dovevo aspettare il suo ritorno per saperlo e nel frattempo avrei dovuto convivere con l'ansia.
Però guardiamola dal lato positivo... il buongiorno romantico lo avevo ricevuto.
Quella mattina non volevo proprio saperne di connettere il cervello per lo studio, e l'argomento "discorso" poteva passare tranquillamente in secondo piano per me.
Mi alzai dal letto e, dopo aver preso le mie cose, mi avviai verso casa giusto per cambiarmi e darmi una sistemata.
Fortunatamente erano tutti già usciti chi per lavoro chi per sola voglia di sgranchire le gambe e quasi quasi mi sarei unità volentieri anche io all'ultima categoria.
Mi cambiai indossando dei leggins e una vecchia felpa con la stampa leggermente rovinata. Ero di buon umore e avevo voglia di una corsa mattutina per svegliarmi al meglio.
Indossai le mie scarpe da ginnastica bianche e nere che usavo solo per queste occasioni "speciali" e come poteva mancare il mio iPod.
Cuffie alle orecchie e partii lungo la pista apposita che affiancava la strada lanciandomi a tutta velocità con il vento fresco che sferzava sul viso.
Nelle cuffie risuonava la dolce melodia di Paradise dei Coldplay ma non mi persi tra le note essendo troppo concentrata a guardare tutto ciò che avevo intorno.
Stavo correndo ormai da una quindicina di minuti a tutta velocità e decisi di fermarmi sotto l'implorazione dei miei polmoni che non erano del tutto abituati.
Per ironia della sorte mi ritrovai in riva al laghetto in cui passavamo la maggior parte del tempo con la mamma e sembrava proprio che il destino mi stesse giocando un brutto scherzo soprattutto quando partii Somebody To Love dei Queen, la canzone che ascoltava in ogni occasione della giornata.
****
Era pomeriggio e avevamo appena finito di mangiare il ricco pranzo che ci aveva preparato la mamma. Mi trovavo nel soggiorno seduta sul pavimento e coloravo i miei disegni posati sul piccolo tavolo di vetro posto al centro della stanza, intorno al quale vi erano due poltrone e il divano marrone scuro abbinato perfettamente al resto dell'arredamento. Dalla grande vetrata che dava sul giardino, potevo vedere mio padre e Kayl giocare a baseball, sembrava che si stessero divertendo molto e anche io mi sarei voluta unire al gioco, ma sapevo bene che mio fratello mi avrebbe risposto dicendomi "sei una femmina non puoi giocare a questo gioco" liquidandomi bruscamente. Quindi preferì rimanere lì seduta a disegnare piuttosto che sentire un rifiuto da parte di quel demonio di mio fratello.
«Pasticcino vuoi venirmi ad aiutare a cucinare un nuovo dolce?» con tutta la sua bellezza, dalla cucina fece capolino la mia mamma osservandomi con un sorriso fantastico contornato dalle sue labbra leggermente colorate di rosso.
Era la mamma più bella del mondo, così la definivo; amavo i suoi capelli biondi ondulati che le cadevano sulle spalle, le sue due perle verde acqua sempre brillanti e serene per non parlare del suo sorriso mozzafiato che difficilmente mancava. Il papà era molto fortunato ad avere una donna così al suo fianco.
«Si» gridai entusiasta, lasciando tutti i pennarelli colorati sul tavolo correndo da lei.
«Ma prima di iniziare...» mise la canzone che tanto amava e iniziò a cantarla come un' adolescente scalmanata e pazza dei suoi idoli. Provavo anche io a cantare con lei ma non conoscevo il testo e mi limitavo a blaterare parole senza senso che avessero però lo stesso suono.
****
Solo dopo crescendo e risentendo quella canzone capii perché alla mamma piaceva tanto. Durante la malattia lei fu costretta a lottare anche contro se stessa per non cadere in uno stato di depressione, che secondo i medici avrebbe peggiorato la situazione. La canzone le piaceva tanto perché oltre alla melodia, riusciva a rappresentarla al meglio nel periodo che stava passando. Si sentiva protagonista di quelle parole e prigioniera di esse.
Con una mano asciugai leggermente l'unica lacrima che aveva solcato la mia guancia, per quel ricordo se pur bello. Mi ritrovai a sorridere e continuai proseguendo sulle note di un'altra canzone che era ormai quasi terminata.
Mi inoltrai verso il parco, aggirando il lago e ritrovandomi esattamente nel punto dove noi ci fermavamo per qualche picnic la domenica.
****
Eravamo appena arrivati dopo una piccola passeggiata lungo il parco e
io, come sempre, avevo fame.
«Che ne dite se ci fermiamo a mangiare qualcosa?» chiese la mamma tenendo stretta la mia mano e nell'altra il cestino pieno di delizie che lei stessa aveva preparato prima di uscire.
«Si ho famissima» commentai massaggiandomi la pancia che continuava a borbottare. Il papà rise prendendomi in braccio mentre Kayl mi scherniva ridendo come un ragazzino.
Mangiammo tutto ciò che era all'interno del cestino per poi andare a giocare sulle giostre poco distanti dai nostri genitori.
Ero sull'altalena quando cercai di imitare mio fratello che con un salto riusciva a scendere dalla giostra. Ma non andò come avevo programmato, caddi sul terreno rovinandomi il vestito che si sporcò di terra.
«Abby ti sei fatta male?» disse smettendo di ridere appena mi vide con le lacrime agli occhi.
Non gli risposi e continuai a guardare il vestito che non era più di un candido bianco ma bensì a chiazze verdi e marroni.
«Andiamo da mamma e papà» mi prese in braccio mettendo le mani sotto il mio bacino mentre io posai la testa sulla sua spalla avvolgendo le braccia intorno al suo collo.
«Cosa è successo?» chiese la mamma a Kayl.
«È caduta mentre giocavamo, mi dispiace è tutta colpa mia» si scusò Kayl ma io ribadì guardandolo sconcertato. «Non è vero»
Il papà mi prese dalle braccia di Kayl guardandomi dalla testa ai piedi.
«Non volevo sporcare il vestito, scusate»
«Ehi pasticcino non preoccuparti per il vestito, piuttosto guarda cosa hai fatto al ginocchio. Andiamo a casa che curiamo la ferita e poi potrai giocare ancora, ok?» annuii tirando su con il naso e abbracciai il mio papà forte forte per far sì che non mi facesse scendere dalle sue braccia.
****
Dovevo sorridere a quel ricordo? Oppure piangere per la nostalgia? Non lo sapevo davvero e rimasi impassibile davanti ai miei sentimenti che lottavano per esprimersi.
Era incredibile come, senza accorgermene, finì davanti la vecchia casa che mi aveva visto crescere.
Ero finita dall'altra parte del quartiere in poco tempo e ancora di meno ci misi per tornare a casa.
****
«Mamma cosa hai?» le chiesi vedendola con la pelle che mi ricordava un marshmellow.
«Niente tesoro, va tutto bene. Sono solo un po' stanca ecco tutto» provò a rassicurarmi con il suo sorriso ma quella volta non ci riuscii. Anche essendo solo una bambina capivo bene cosa stesse succedendo, qualcosa non andava da un po' di tempo ormai. Sapevo che qualcuno mi avrebbe portato via la mamma ed io non glielo avrei permesso. La abbracciai con tutta la mia forza sentendo al mio tocco le sue ossa sporgenti dovute ai troppi pasti saltati.
La guardai e lei guardò me con quei suoi occhi acqua marina privi della loro solita luce. Iniziò a tossire sputando della sostanza rossa tra le mani. Aveva il colore simile alla pittura che usavo per dipingere i tetti delle case sui miei disegni, ma qualcosa mi diceva che non si trattava di pittura.
Cadde all'indietro continuando a tossire sempre più forte e non accennava a smettere.
«Mamma» la chiamai spaventata. Dovevo assolutamente chiedere aiuto.
«Papà! Aiuto! Kayl, papà!» urlai e in un attimo accorsero nella stanza con gli occhi preoccupati e spalancati non appena videro la mamma in quelle condizioni.
«Amore» gridò mio padre avvicinandosi alla mamma mentre mio fratello tentava di calmarmi inutilmente. Il suo tentativo era di portarmi fuori di lì, lo percepivo da come mi tirava verso la porta, ma non volevo lasciare assolutamente la mamma. Volevo stare con lei. Volevo rimanere al suo fianco a tutti i costi.
Dopo molti tentativi il papà riuscì a calmarla mettendole una mascherina sopra la bocca e il naso unita a una strana bombola.
«Abby» il papà si avvicinò a me abbassandosi alla mia altezza per guardarmi negli occhi «mamma ti vuole dire una cosa ma tu non affaticarla troppo. Va bene?» aggiunse aspettandosi una qualche mia reazione. Non riuscivo a parlare così mi limitai ad annuire con il capo mentre mi conduceva vicino il letto dove ora era sdraiata la mia mamma. «Brava piccola»
Mi avvicinai al suo letto e potei notare come la sua pelle avesse perso maggiormente colore se possibile. Aveva gli occhi chiusi ma non stava dormendo, forse era solo per riposarli dalla troppa luce che arrivava dal lampadario sopra di lei.
«Pasticcino mio» sussurrò flebilmente ed io mugolai leggermente per farle capire che ero lì al suo fianco.
«La mamma ti ha sempre detto che sei una bambina fantastica e lo penso tutt'ora. Sono più che sicura che diventerai una ragazza e una donna a dir poco spettacolare. Sarai forte, coraggiosa e molto determinata. Sei e sarai sempre bellissima...ma tu promettimi una cosa» si interruppe ed io risposi con un semplice 'si' per farle capire che la stessi ascoltando. «promettimi che non cambierai mai per nessuno al mondo. Promettimi che qualunque cosa accada rimarrai sempre una ragazza coraggiosa e che non avrai paura di affrontare i problemi che si presenteranno. Promettimi tutto ciò che vorrebbe sentirsi dire una mamma: non fumerai, non berrai fino a sentirti male e non prenderai brutte strade o vizi. Forse ora non capirai, ma ben presto ci ripenserai su e me lo prometterai, ed io sarò sempre al tuo fianco» iniziò di nuovo a tossire e mio padre accorse in aiuto.
«Per ora basta così» le disse accarezzandole dolcemente la fronte.
«Ti voglio bene mamma» dissi perché fu quella la prima cosa che mi venne in mente da dire.
«Anche io pasticcino»
*****
Fu strano, ma appena mi trovai davanti la porta d'ingresso tutti i miei problemi piombarono sulle mie spalle come se fino a quel momento ne fossi stata libera. Mi tornò alla mente anche il discorso che mi sarei dovuta subire da lì a poco davanti al mio amato fratellone e il ragazzo che amavo. Stavo prevedendo il peggio.
Ricordare quei momenti mi aveva fatto bene da un aspetto, ma da un altro, mi fece pensare a quanto fosse complicato tornare la famiglia felice di un tempo.
Sapevo bene che avrei dovuto lottare, ma prima di tutto dovevo imparare a mettere da parte l'orgoglio e provare a perdonare gli errori commessi.
In fondo il passato è pur sempre passato, no?
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top