Capitolo 11.

«Posso spiegarti!» biascicai.
«Ma cosa hai fatto? Come ti è venuta in mente una cosa del genere?» urlò.

Un rumore assordante e insistente mi fece tornare alla realtà. La testa mi scoppiava, lo stomaco era sottosopra come se ci fosse passato un camion e la gola bruciava.
Mi sollevai fino a stare seduta sul materasso mentre un senso di nausea mi colpì improvvisamente. Corsi verso il bagno e rigettai i residui della cazzata fatta la sera precedente. Qualcuno alle mie spalle mi sollevò i capelli raccogliendoli in una coda.

«Abbiamo veramente esagerato» disse Clara passando a massaggiarmi la schiena con la mano libera.
«Mi dispiace, ora per colpa mia tuo frate-»
«Non scusarti. Mio fratello deve smetterla di essere così oppressivo»
«Sai che lo fa solo per il tuo bene anche se a volte esagera» Clara mi aiutò a mettermi in piedi anche se ero un po' barcollante e riuscii a raggiungere il lavandino senza ulteriori problemi.
«Esagera, è proprio questo il problema» borbottai più acida del solito.

Avevo per caso sbagliato parte del letto quella mattina? O mi stavano per arrivare le mie cose?

Riordinai la stanza con il mal di testa che persisteva rendendo tutto molto più difficile. Stavo temporeggiando, chiunque lo avrebbe potuto dire entrando in quella camera. Sapevo che se fossi scesa e se avessi incontrato Kayl, mi sarei dovuta subire una sfuriata esagerata da parte sua.

«Abby prendi questo» Clara tornò in stanza richiudendo la porta alle sue spalle. Sembrava agitata e scossa e sicuramente si trattava degli effetti subiti da mio fratello.
«Cos'è?» le chiesi sbirciando il piatto che teneva in una mano stile cameriera e il bicchiere di acqua nell'altra.
«Kayl mi ha dato questa aspirina dicendomi di fartela prendere prima di uscire dalla stanza.» aveva un tono neutro che non esprimeva alcuna emozione. Cosa era successo?
«Mi vuole per caso avvelenare per quello che ho fatto?» cercai di scherzare ma mi lanciò un'occhiata di avvertimento facendomi capire quanto fosse grave la situazione.

«Cosa è successo con mio fratello?» le chiesi sedendomi sul letto poco prima di buttare giù la pastiglia aiutandomi con qualche sorso d'acqua.
«Sembra al quanto incazzato ma non solo per come ci ha visto ieri. Sembra anche arrabbiato con vostro padre» concluse accigliandosi. Novità? Era passato fin troppo tempo dal loro ultimo scontro e sapevo che non sarebbe durata a lungo quella pace createsi.

«Non mi meraviglio» sbuffai.
«Dovresti perché a differenza delle altre volte non è iniziata per un affermazione sui vecchi tempi di tuo padre» fece una pausa prendendo un dei biscotti contenuti sul piatto.
«Kayl mentre parlava con me ha ricevuto una chiamata e se possibile è diventato più incazzato di come lo era poco prima» forse la situazione non era tanto nella norma, forse stava succedendo qualcosa di molto più grave del solito e non ero affatto pronta ad affrontarlo.
«È uscito per non farsi sentire ma vedendolo agitarsi sempre di più non ho resistito e ho origliato dalla cucina» addentò il suo biscotto lasciandomi in ansia con una suspense da farti venire paura.
«È in quel momento che ho scoperto che si trattava di tuo padre. Si davano la colpa a vicenda su qualcosa che è accaduto ma non sono riuscita a sentire altro della conversazione dato che in seguito si è allontanato»

È riduttivo dire che avevo mille domande in testa e tant' altro riduttivo, è dire che mi importasse di sapere quello che si erano detti.
Non si parlavano mai e dico mai al telefono e avevo anche molti dubbi se Kayl avesse salvato il numero di telefono di nostro padre sulla rubrica.

Dovevo saperne di più ma se fossi scesa sarei andata in contro alla morte certa.
«Dovresti parlargli» mi consigliò Clara finendo anche l'ultimo biscotto che teoricamente erano destinati alla sottoscritta.

Lasciai Clara nella stanza mentre dava un'occhiata ai miei dischi musicali posti sulla mensola. A passo incerto, scesi gradino per gradino con il cuore che batteva sempre più forte ad ogni mio passo. Sentivo di star per svenire o peggio di aver un attacco di panico e scattare verso l'uscita verso la salvezza.

Mi affacciai sulla cucina dove Kayl era intento a leggere alcuni fogli sbuffando di tanto in tanto. Camminava avanti e indietro lungo lo spazio tra l'angolo cottura e il pianale in marmo scuro con sguardo cupo e chino.
«Siediti» mi ordinò con tono aspro e al diavolo il mio piano di entrare indisturbata.

Si lo ammetto stavo morendo, e non smettevo un secondo di ondeggiare con le gambe per l'agitazione, sembravo essere appena evasa da un manicomio.
«Mi devi delle spiegazioni» con violenza posò i fogli sul pianale facendomi sussultare.
«Anche tu dovresti» borbottai cercando di non farmi sentire ma con scarsi risultati.
«Non è il momento di scherzare»
«Infatti non sto scherzando. Sono giorni che mi tieni alla larga senza un motivo esplicito» mi alzai dalla sedia posizionandomi davanti a Kayl pronta a uno scontro ravvicinato se necessario. Dove avevo preso tutta quella forza?
«Non ti riguarda» girò il pianale avvicinandosi al frigorifero per prendere il suo succo all'ace.
«Non mi riguarda? Neanche la litigata appena conclusa con nostro padre?»

Ci furono quegli attimi di silenzio carichi di tensione difficili da mantenere ancora a lungo. Non so se mi dovevo meravigliare di più del mio cambio di umore o per i segreti di mio fratello. Il nostro rapporto si stava sgretolando dalle ultime settimane è possibile che era l'unico a non accorgersene?
«Non puoi trattarmi come una ragazzina. Vuoi capire che ormai sono cresciuta e non ho bisogno di t-» la mano di Kayl finì sulla mia guancia che iniziò a pizzicarmi.

«Fatti gli affari tuoi e non rivolgermi la parola. Fai già abbastanza casini quando sei sola» rimasi interdetta, senza fiato e sorpresa allo stesso tempo. Gli occhi iniziarono a inumidirsi e la mia vista iniziò ad appannarsi a tal punto da non riuscire più a distinguere i contorni delle figure che avevo intorno.

Una mano che si posò sulla mia guancia mi colse alla sprovvista risvegliandomi da quello stato di choc in cui stavo annegando.
«Non toccarmi» urlai a pieni polmoni lasciando scivolare le lacrime che avevo trattenuto fino a quel momento lungo le mie guance.

«Abby mi dispiace tantissimo. Io-Io non volevo» provò ancora una volta ad avvicinarsi ma questa volta mi scansai ancora prima che la sua mano potesse toccarmi.
«Cosa ti sta succedendo» ormai piangevo disperatamente e ogni tanto venivo scossa da alcuni singhiozzi mal trattenuti.

Non mi rispose e sembrava che stesse anche lui per piangere ma poco mi importava, mi aveva distrutta, sapeva che era l'unica persona di cui ormai potevo fidarmi. Era riuscito a distruggere il nostro rapporto, la mia sicurezza e anche quella che chiamavo "famiglia".
Famiglia. Io non l'avevo.

Corsi verso la mia camera dove mi stava aspettando Clara con la musica accesa a un volume basso tanto per averla di sottofondo.
Appena mi vide entrare assunse un'espressione sbalordita e, senza aggiungere altro, mi abbracciò.

Le note dei Rolling Stones risuonavano all'interno di quelle quattro mura ad un volume così alto da rompere i timpani.
Mi sentivo a pezzi sia dentro che fuori, ero stanca e avrei voluto tanto chiudere gli occhi e lasciarmi cullare dalla musica ma non era poi così semplice.

Passarono le ore e dissi a Clara di tornare a casa e così fece dopo che si era assicurata che mi fossi calmata.
Jet, papà e Kelly erano tornati nel frattempo e avendo sentito la musica così alta entrarono in camera per assicurarsi che non fossi diventata pazza tutto d'un tratto.

Papà cercò di strapparmi qualche parola ma con scarsi risultati. In fondo la colpa era anche la sua.
Kelly capì la situazione e mi abbracciò semplicemente senza aggiungere parola. Jet invece si trovava nella mia stanza e decise di rimanere aspettando che parlassi senza essere costretta.

La musica si fermò essendo terminata la produzione del disco inserito e al posto di quelle melodie sentii le urla di mio padre e Kayl.
«Dovevamo parlargliene» stava urlando mio padre.
«Non sai cos'è bene per lei» continuò Kayl.
«È solo colpa tua in questo caso»
«Vaffanculo»
«Smettetela» fu Kelly a interromperli questa volta.

«Cosa sta succedendo» sussurrai più a me stessa che a Jet che rispose ugualmente: «Non so cosa stia succedendo, ma si risolverà tutto come succede sempre»

Era questo che mi preoccupava maggiormente, non era come le altre volte, non erano i soliti litigi. Dove saremo finiti continuando così?

«Dove stai andando?»
«Devo distrarmi e devo andare a lavorare» uscii dalla stanza e prima di uscire dalla porta principale, rivolsi istintivamente uno sguardo verso il salotto.

Kayl era lì, sdraiato sul divano con una bottiglia di birra in una mano. Appena mi vide si alzò barcollando e mi fissò con occhi tristi e pieni di rancore. Cercò di avvicinarsi ma Jet glielo impedì.
«Tornerò più tardi questa sera» chiusi la porta di casa e sospirai cercando di non pensare a tutto quello che era successo mentre mi avviavo verso il cafè.

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