9) A caccia di conigli

Lungo la strada di quei giorni riflettei sull'unico argomento che mi contorceva il cervello in testa: i nomi degli orchi.

Di certo non glieli davano i loro genitori. Magari se li assegnavano da soli, o a vicenda a seconda della loro fama, dei nomignoli diciamo.

"Cacadonzelle"

Nomi dissacranti, senza dubbio, dissacranti come lo sono loro e la loro natura. Tant'è che mi dovette proprio capitare Mangiaeroi alle calcagna, proprio Mangiaeroi e proprio dopo che quel villaggio mi aveva elogiato e decantato come il suo eroe.

Poteva capitarmi Rubanasoni, Pigiapoltrone, oppure Puzzaleascelle, invece, Mangiaeroi dovevo tenermi e ne provavo tanto timore che per il sentiero camminavo all'indietro, che non dessi mai le spalle all'arrivo dell'inseguitore. Dove potevo uscivo di strada e mi nascondevo nei cespi. Addirittura, mi vergogno a scriverlo, per paura seguisse il mio odore defecavo su una foglia e lanciavo i miei escrementi nei burroni, che magari l'orco seguisse quelli.

Alla fine lo accettai, prima o poi io e quell'orco ci saremmo incontrati di nuovo. Strinsi a me il bastone raccolto sul finir del villaggio, premerne la punta in terra a ogni passo mi aiutò a camminare, soprattutto su per quella grossa muraglia di colli che mi trovai di fronte, per quei pendii scabri su cui le rocce parevano sostituire gli alberi. Quei monti appartenevano al confine del regno da cui arrivavo, dietro quelli si stendeva un altro regno, il più a nord del quale mi avessero mai parlato, finalmente. Tuttavia non mi stupì quando, sulla cima, notai torreggiare una figura nera, con una spada in una mano e un bagliore dorato tra le dita dell'altra.

«Mangiaeroi»

L'orco sorrise storto «Il messaggero di Walgun puzza di fanciulla purissima.»

Mi guardai le due cinture alla vita prima di domandargli «Da dove hai tirato fuori quella pepita?»

«Dallo stesso buco da cui uscirà la tua carcassa digerita.»

Storsi il naso, voltato lo sguardo da quella cima vidi il regno che attendeva i miei passi, oltre ai monti, si allungava qualche miglio per poi raggiungere il mare. Un blu intenso che riempiva l'orizzonte, un'immagine tanto impressionante da togliermi di mente la paura e ridarmi freddo raziocinio.

«Io non sono il messaggero di Walgun, Mangiaeroi, mi dispiace.»

«Non ti credo.»

«Oggi non ti ingannerò: io sto cercando i nani, sono Rododendro del sud, e Walgun è morto, non per mano mia ma per mano di un guerriero mille volte più forte di Walgun e milioni di volte più forte di me.»

«E questa pepita allora?» urlò inferocito.

«Me l'ha data Walgun. Mi promise che mi avrebbe portato alla morte, aveva ragione. Solo... speravo non per mano tua.»

«Verrai deluso.» si strinse la testa dalla rabbia, strinse così forte da graffiarsela e riempirla di tagli insanguinati «Budella! Sangue! Cervella!» dalle fauci serrate uscivano imprecazioni a scatti, come il ribollire di una pentola il cui tappo sta per saltare.

«Scusa, Mangiaeroi, in realtà non mi sento in colpa per te. Ma forse sei più umano di quanto si dica.» cercai di rabbonirlo «Forse mi puoi spiegare chi sono gli orchi e io potrò morire in pace, conoscendo il mio errore nell'avervi ingannati.»

«Mi vuoi chiedere cosa?» sbottò, rigido come una statua, gli occhi sanguigni puntati su di me.

«Si dice siate da uccidere perché siete come bestie, che non amiate nessuno e uccidiate senza ritegno. Non vorrai darlo a credere anche a me.»

«Credici, Rododendro del sud. Credici e muori.»

Lo ammetto, non mi spaventò, e questo è tanto dire, ma posso dirlo non per merito mio o del mio coraggio: io ero un coniglio, una lepre, gli uomini mi chiamavano Rododendro cacciatore di nani, i nani mi avrebbero chiamato Bimbur, magari, ma sicuramente, il mio nome da orco sarebbe stato Bruciailsedere. Le ginocchia sbucciate di Mangiaeroi, la sua mano occupata dalla spada, quella distesa di rocce acuminate davanti a noi e le mie gambe ancora fresche, abituate a marce molto più dure di quella faticata in quel giorno. Tirate le somme potevo scappare e ci sarei riuscito.

Dopo tutte le notti passate sotto le stelle sapevo perfettamente come scappare. Come quella volta in cui scappai dal branco di lupi, con le loro zanne che schioccavano dietro ai miei talloni, salii su un albero e mi salvai, oppure come quella volta in cui dei mercenari poco onesti mi invitarono ad avvicinarmi a loro, se mi fossi fidato quel lamino nascosto dietro la mantella me lo avrebbero nascosto in pancia.

Ormai sapevo scappare, così veloce che Bruciailsedere mi calzava perfetto, balzato da una punta di una roccia all'altra, scartato ostacoli su cui l'orco avrebbe cozzato e balzato oltre siepi che l'orco poteva solo sfondare a forza e faticare prima di vedermi fuggire ancora, mi sarei salvato senza fatica.

Eppure tentennai, gli occhi rivolti alla spada in mano a Mangiaeroi

«Hai paura di questa, vero?» ridacchiò quello «Ti piaceva quando la usavi tu, eh? Adesso ce l'ho io e tu sporchi le brache di cacca.»

«Esatto» concentrai le pupille su quella spada, che l'orco non notasse dove si volevano spostare, sull'altra mano, quella che teneva la pepita.

Il mare del Nord era vicino, tingeva di blu l'angolo del mio occhio in quello stesso momento, dubitavo che quelle poche miglia contenessero il maestoso popolo dei nani, ora quella pepita mi serviva più che mai.

Strinsi il bastone, tozzo e pesante, forse abbastanza da reggere un colpo di spada e, chissà, davvero capace di spaccare il cranio di un orco.

«Stai pensando di lottare?» chiese lui.

«Se fosse?»

«Te l'ho già visto fare e so come finirà.»

«Allora, cosa stai aspettando?»

L'orco strinse la pepita nel pugno e mi caricò con la spada in alto «Arg!» ruggiva di rabbia mentre io mi preparavo al suo primo attacco. Ce la posso fare, mi dissi, per la pepita è l'unico modo, me lo ripetei con quella spada ai miei occhi sempre più grossa, arriva.

La spada si abbatté sul mio bastone, con una forza che me lo strappò dalle mani, poi tornò a roteare e mi aprì la giubba, dal basso in alto la tagliò scoprendo pelle divisa in due, la sentii subito bagnata del mio sangue che sgorgava al ritmo del mio cardiopalma, la spada ancora assetata in mano a Mangiaeroi non rallentò, voltata di punta sulla mia fronte, fece per conficcarsi sicché l'orco tirò un gemito, una freccia gli spuntava dal fianco.

Si abbatté sulle ginocchia, con gli occhi stretti tra le palpebre, mollò spada e pepita di fronte alle mie mani.

Chi avesse lanciato la freccia, quanto fosse ferito l'orco, quanto sarei riuscito a scappare, prendere la pepita e fuggire, prendere la pepita e fuggire, prendere la pepita e fuggire come il Bruciailsedere che ero, quella era la mia occasione ed era chiaro quale cosa dovessi fare. Allungai la mano, che la pepita sembrava già toccare i miei polpastrelli, un destino chiaro e semplice quanto una via dritta.

Avari questo il nome dell'ultima stirpe di nani, mi rimbombò in testa assieme alla storia di quel Ror, quel nano fuggito via dalla tana del drago Walgun, lo stesso nano che vinse la sfida dei vitelli col mio trisavolo. Avari, il nome di chi non perderà mai ciò che è suo, e non otterrà mai più del suo.

Raccolsi la spada, se non l'avessi fatto, proprio in quel momento Mangiaeroi stese la mano in cerca dell'elsa che ora tenevo io. Lui la pepita, io la spada.

Gliela poggiai sulla spalla, pronto a vorticarla sul suo collo.

«Mangiaeroi, ti concedo di pentirti.»

Lui scrollò la testa con un sorriso «Si vede che non conosci gli orchi.»

«Allora dovrò giustiziarti.»

«E si vede che non conosci le spade.»

«Cosa?»

L'orco afferrò la lama, non si tagliò come mi aspettavo, o almeno non abbastanza per non riuscire a piegarla via dalle mie dita e riprendersela. Di nuovo nelle sue mani, la ferita sul mio petto sanguinò più forte e parvero sanguinare fuori anche le mie energie. L'orco roteò la lama su di me

«Muori!» non lo gridò lui «Muori!» lo gridò l'uomo in corazza e mantello che gli piombò addosso, brandiva una spada argentea che tolse a Mangiaeroi ogni soffio di vita, con una mutilazione, una ferita al petto e il taglio del capo, immediato e devastante, l'orco crollò in pezzi sotto a quel signore della battaglia che ora mi guardava.

«Un giovane viandante.» conoscevo la sua lingua ma sentivo bene quell'accento che prendeva la lingua di chi abitava i regni nordici più freddi «Dove sono i compagni di quest'orco?»

«Morti, per un mio inganno, messere. E io sono vivo, per un vostro intervento.»

«Ancora per poco se piacerai alle valchirie.»

Mi accorsi d'essere steso sulla schiena, il sangue mi colava dal petto a sotto le ascelle, sentivo freddo, rimpiangevo la fuga, rimpiangevo molte cose.

«Non dovevo andarmene da casa. Mia madre...»

«Devo fermare questo sangue» l'uomo si piegò sui resti dell'orco strappò delle bende e cercò nella sua sacca. Sollevò una pepita d'oro, la sollevò tra due dita fin davanti al naso.

«Non toccarla!» gli dissi.

«Cosa vuoi dire?» corrugò la fronte.

«È la mia, è il dono di un drago, è maledetta. Guadagneresti di più nel gettarla in mare che a venderla.»

Strinse le labbra e se la intascò «Se quel che dici è vero sopravvivi: te la voglio vedere gettare in mare.»

«Non credo che arriverò al mare...»

«Mio signore» i passi di una trentina di uomini zittirono la mia voce «ti avevo detto che era un orco.» parlava un ragazzetto con un arco in spalla e una freccia tenuta a mo' di bacchetta.

«Stai zitto, principino, finché sono tuo fratello maggiore decido io quando scocchi una freccia, e contro chi.»

«Ho la vista migliore della tua e lui» mi indicò con la punta della freccia «è contento che ti abbia disobbedito.»

Il fratello maggiore mi sollevò sulle sue braccia e mi posò su un mulo che i suoi uomini portavano per la briglia.

«Io mi chiamo Rododendro e vengo dal sud.»

«Dal sud? Bene.»

«Voi come vi chiamate.»

«Siamo i Buliperr, principi dell'Isola Verde e stiamo tornando a casa. Io sono il principino» il ragazzo con l'arco si toccò il petto «E il gran condottiero principe Buliperr» indicò l'uomo in corazza e mantello che poco prima mi aveva salvato «erede della corona.»

«Dove state andando?»

«Alle Isole Verdi.» indicò col dito il mare, come le vedesse là dove io vedevo soltanto il blu «Abbiamo lasciato le navi qui vicino.»

«Quanto costa il vostro passaggio? Io sto andando a nord.»

«Pensa a resistere, straniero del sud, il nord lo avrai.»

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