36) Le origini di Ror

«Chi è Ror?»

Un brivido risalì le mie gambe, le palpebre si riaprirono. Jajapi fissò i suoi occhi nei miei e fui così desto da aver paura.

«Ror» disse dopo un'interminabile silenzio «Una barba rossa e un'altissima cresta in testa.»

«Di chi è figlio Ror?»

«Ror» ripeté ancora lei «Ror è il figlio di un alto»

«Figlio di chi?» domandai.

«Figlio di un uomo alto, un uomo dalla barba bionda e muscoli gonfi.»

«Chi è Ror?» mi trovai a ridomandare.

Lei mi carezzò la guancia e cominciò a raccontare:

«Il padre di Ror nacque uomo tra gli uomini, conobbe il lavoro del metallo nei suoi più reconditi segreti rubati, si dice, proprio al sapere dei nani. Così divenne fabbro un fabbro famoso nelle isole.

Un giorno il suo sovrano gli chiese di forgiargli una spada lunga, così lunga che solo un nano poteva forgiarla. Siccome però di nani il sovrano non voleva saperne nulla, allora domandò a lui e lo sfidò a riuscirci.

Anche senza conoscerne lo scopo, il padre di Ror la fece e la forgiò perfetta. Quando dovette consegnare la spada, solo allora, chiese al sovrano cosa ne avrebbe fatto.

Il sovrano rispose: "Una spada lunga perché solo un uomo la possa roteare al fianco, una spada lunga perché un intero nano possa tranciare."

Il padre di Ror ne rimase tanto turbato che trattenne la spada. Il sovrano gliela fece strappare di mano e con essa gli tagliò le gambe, per punizione. Ne rimasero due monconi e un uomo dimezzato.

Gli uomini lo gettarono nella cloaca, lo cacciarono, incapaci di vedere una persona dietro a quell'infermità. Venne esiliato, spinto, rifiutato. Ma rifiuto per rifiuto il suo vagare lo portò in una grotta e lì lo trovò una nana, la madre di Ror, raccolse quell'uomo dalla polvere e se lo pose affianco, vicini raggiungevano la medesima altezza. Lei lo curò e lo medicò, presto quell'uomo si trovò ritto in mezzo alla comunità dei nani e lì cambiò corpo. Il padre di Ror non ha nome, perché la sua identità da uomo venne rigettata. Claudicò a lungo sui due monconi nelle grotte dei nani, la barba crebbe e i compagni che lo stimavano divennero molti, in tre inverni, la differenza tra lui e i nani non si riconobbe più.

Alla fine del quinto inverno, il padre di Ror avrebbe ricevuto un nome da nano e la madre di Ror lo avrebbe sposato. Un sogno perfetto se solo quella primavera il sovrano non avesse mosso guerra contro i nani.

Il padre si prestò alla prima linea, dal principio al crepuscolo della battaglia. Saltellava sui suoi monconi e agitava la propria ascia. Combatté fin quando al suo fianco non ebbe più amici, quando rimase solo e anche oltre. Tra i cadaveri, solo con la sua arma e i nemici. Combatté tutto un giorno e poi tutta una notte.

Al principio dell'alba i suoi gemiti si fecero striduli, come il lamento di un bambino. Il fiato si fece cortissimo. Nel suo petto infuriava il temporale, il suo cuore come un rullio di timpani.

Ma la tempesta risuona forte poco prima di crollare a terra.

La pioggia di quel mezzo uomo fu sudore e sangue. Fulmini crepitarono dal suo petto e colpirono il suo braccio, la spalla, il bacino. Il suo corpo si riempì di fiamme e le sue membra si paralizzarono.

Proprio allora il nemico lo vide sfiancato, ne approfittò ma il padre di Ror alzò ancora l'ascia.

Una volta, due, tre, dieci, trenta.

A ogni colpo l'arma si fece pesante nelle sue mani mentre il sovrano, con una spada lunghissima, si avvicinava a lui. Al centesimo colpo il padre di Ror non riuscì a sollevare l'ascia e la spada lunghissima lo raggiunse.

Gli rasò di netto tutta la barba del mento e con la punta gli tagliò il gozzo. Un fiotto di sangue sprizzo dal collo e tinse la barba poco prima che questa toccasse terra.

"Ror" rantolò il mezzo uomo prima di girare gli occhi: "Ror!"

In quel momento dal ciuffo di barba tagliato sorse Ror. Un bambino con una barba scarlatta già indosso, la barba di suo padre.

Ror prese l'ascia e spezzò in due la lunghissima spada del sovrano.»

«Vuoi dire che Ror è stato partorito dalla barba del padre?»

Jajapi mi sorrise, bonaria «Si dice che i nani nascondano diverse cose nella propria barba, anche esseri viventi, anche i propri figli, per insegnargli a lavorare, a combattere, per proteggerli.»

«Non posso credere che da bambino abbia sconfitto un re umano...»

«È una leggenda, Rodo, la cosa importante è il colore della barba.» lei si toccò il mento.

A me parve di vederla sotto le palpebre chiuse «La barba bionda colorata del sangue di suo padre... La barba ha un significato importante per i nani, lo sapevi?»

«Sì, io lo so. È la manifestazione della loro identità.»

«Rosso. Ror è tormentato? Cerca un riscatto al sangue del padre?»

«Ror cercava giustizia una volta, poi ha cercato salvezza per i nani e ora, in questa cava, cerca speranza, suppongo, ma dubito ne possa trovare.»

«E la cicatrice sul sopracciglio?»

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