18) Lologgi
«Chi sei?»
«Io sono Lologgi della stirpe degli Avari, un nano, colui che conquistò Cava Inferno in ogni senso.»
«Ricordo il tuo nome! Me lo avevano detto.»
La mia bocca rimase aperta per lasciar passare i lunghi respiri d'emozione. Imbarazzante pensare che quel nano riuscisse a vedermi anche in quella cieca oscurità, vedermi boccheggiante come un pesce con gli occhi puntati a caso per aria «Sei un nano!»
«È quello che ti ho detto.»
«Ma è di più, capisci? Sei proprio un nano di cui mi hanno parlato, è inconfutabile che tu sia proprio quello che cercavo.»
«Sono lieto.» sospirò, per qualche momento sentì l'aria entrare e uscire dai suoi polmoni, poi non lo sentì più.
«Ti disturbo?»
«Da quanto tempo cercavi i nani?»
«Almeno due anni, ma temo ne siano passati di più, credo quattro... Ci sono stati dei momenti oscuri durante il viaggio, alcuni mesi li ho sofferti e basta, senza riuscire a segnarli sul diario.»
«Mi dispiace ragazzo. Coraggio, vieni.»
«Come?»
«Vieni qua Rododendro, siediti con me.»
Seguì la parete fino alla protuberanza di roccia, quella "statua" che mi porse una mano e mi accompagnò a sedermi li accanto. Non mi lasciò la mano, la strinse tra le sue, ruvide ma delicate, infuse su per il mio braccio una sensazione di rinfranco.
Qualcosa di paterno in quel gesto mi bagnò gli occhi di altre lacrime e altre ancora quando mi disse
«Mi dispiace ragazzo, sei stato molto tenace.»
Scrollai la testa «Di cosa ti dispiace? Volevo dire, di cosa vi dispiace, signor Lologgi?»
«No tranquillo, condividi la mia cella, chiamami come un tuo amico.» quando risentii la parola cella, il motivo del dispiacere mi venne in mente «Io sono un nano» riprese lui «Fatto di roccia in cui scorre sangue. Vivo di questa stessa aria da molti mesi, posso prenderne una boccata e immobilizzarmi come una statua di roccia, trattengo il respiro ad oltranza, e moltiplico il mio tempo in questa bara di pietra. Ma tu...»
«Io?»
«Tutto questo tempo a cercare i nani e adesso...»
«Io...» mi tremò la voce che la paura di soffocare sembrava già strizzarmi la gola tra le sue mani.
«Tranquillo.» il nano mi carezzò la nuca, scese sul collo e lo massaggiò «Rilassati: un vero nano in grotta non perde mai la calma, per questo è il migliore.»
L'idea di un vero nano attizzò una fiamma nel mio cuore «Un vero nano?» uno vero come quello che mi chiedeva di chiamarlo amico, Lologgi, lì accanto «Ho voluto tanto trovarvi, Lologgi, morire accanto a uno di voi dev'essere il mio massimo premio.»
Lui sogghignò «Ragazzo, e mica accanto a uno qualunque» mi scrollò «Lologgi, bestia di caverna... mi chiamavano così prima che diventassi vecchio. Per la roccia, quanto sono vecchio!»
Silenzio e buio, seduto nel nulla, i miei occhi funzionavano ancora, ma ormai non avrebbero visto altro che nero, e poi la morte. Anche i miei polmoni si muovevano liberi e il mio corpo non soffriva malattie, tant'è che la morte sovrastava il mio destino e di lì a poco la vitalità che mi muoveva sarebbe stata gettata al nulla.
Il pensiero dello spreco mi innervosì e anche quello dei tanti anni passati in viaggio per poi giungere a un vicolo cieco, quella cella senza uno spiffero. Un vicolo cieco sì, tuttavia non deserto, e se per quel giorno avrei voluto già incontrare una stirpe di nani, la vita mi dava un solo nano e poco tempo, e quel poco non l'avrei sprecato, che io morissi o meno.
«Lologgi, aver trovato un nano è un onore, e aver incontrato te lo è ancor di più, ne sono sicuro.»
«Dai» fece lui «ti racconto qualcosa?»
«Come è fatta una prigione dei nani?»
«È fatta...» mi parve di sentire le sue maniche sfregare mentre gesticolava «Immagina una montagna senza grotte, immagina che questa montagna abbia un unico stanzino d'aria nelle sue profondità, ecco, ti trovi lì.»
«Come hanno fatto a portarmici?»
«Non ne sono sicuro, dormivo come dormivi tu.»
«Ma è impossibile uscirne.»
«Bah!» Lologgi rise, coi suoi polmoni larghi due volte i miei, tossiva fuori delle risate sonore che prendevano parola a forza «Impossibile? Può essere, ma io sono Lologgi, sono stato sovrano dei nani di Cava Inferno per molti anni, in settanta erano i miei nani e li amavo come figli, pure quello che tornò da me, lo amavo.»
«Ror!» mi uscì di bocca «Ror tornò a riprendersi Cava inferno!»
«Riprendersi? L'aveva abbandonata! E per cosa? Cercare a sud i confini del mondo.»
«Perché a sud?»
«Perché a sud ai confini del mondo si può arrivare via terra, dopo un piccolo tratto d'acqua, a nord invece c'è solo il mare...»
Il mare, lo disse con tale timore e repulsione da non dovermi convincere con altre parole, i nani non amano il mare, il primo dettaglio su di loro che potevo segnare sul diario, pur di segnarlo scrissi alla cieca.
Col carboncino in mano appuntai decine di altri dettagli, la voce di Lologgi me li trasmetteva limpidi come li vedessi, lo sentivo fermarsi mentre si grattava il mento, con le dita tra la barba, sentivo il suo stomaco brontolare come un cane che mugola, sentivo le sue mani muovere l'aria e battersi con fragore.
«Ehi!» mi resi conto di quel che tenevo in mano «Mi hanno lasciato le mie cose.»
«Tanto che te ne fai qua sotto?»
Mi tornò l'angoscia di quelle pareti tanto vicine «Perché i nani costruiscono prigioni così diaboliche?»
«Perché sono prigioni per nani.» sospirò ancora «Magari fossimo in una prigione per uomini, o anche per orchi.»
«Non morirei soffocato, per lo meno.»
«Per lo meno? Usciremmo in due giorni» le mani del nano batterono di nuovo «Venni imprigionato dagli uomini una volta, per dispetto.»
«E fuggisti?»
«Commisero l'errore di rinchiudermi in una cella da uomo: leccai le sbarre della finestra per sette anni, quando potevo vi urinavo anche.»
«E dopo tornavi a leccarle?»
Lologgi ignorò la domanda «Al settimo anno la saliva aveva grattato tanta ruggine che le sbarre si spezzarono. La finestra sarebbe stata troppo piccola, per un uomo, ma io avevo digiunato tre mesi per farmi più sottile possibile.»
«Per questo la nostra cella è solo in pietra?»
Venni ignorato ancora «Sbarre di ferro» sputò «Nulla che possa competere con la roccia.»
«Aspetta! Ecco chi mi ha detto il tuo nome!»
«Chi?»
«Il fabbro Campana»
«Il piccolo Campana?» sentì la voce dal nano salire di una nota, un singhiozzo muto gli scrollò il petto «Sarà grosso adesso, voi umani crescete veloci come gli alberi.»
«I nani crescono lenti come montagne?» mi venne da sorridere, sereno «Ti manda a dire che ti ricorda come un padre, e che come padre ti accetterebbe nella sua casa, in qualunque momento tornassi da lui.»
«Queste parole...» deglutì «Fanno dolce questa mia prigionia, e se il tempo qua dentro fin ora mi pareva inutile, ora non lo è più, nemmeno il tuo arrivo. Puoi dirti realizzato Rododendro, mi hai portato un prezioso messaggio.»
Ripassai nella mia mente le storie raccontate dal fabbro Campana, così come le avevo segnate e rilette sul mio diario, le rilessi nella mia mente e collegai i tasselli «Quindi la prigione da cui fuggisti era la prigione di re Buliperr.»
«Esatto: forgio per lui mille spade, e lui non mi paga e in più mi imprigiona. Non dovevo fidarmi dei Buliperr, ovviamente, ma quel re pagava in gemme... A oggi sono ancora ricercato tra loro.»
«Io ho conosciuto due principi Buliperr, non sai quanto erano forti e onorevoli e giusti, molto diversi dal loro padre re. Se anche tu li avessi conosciuti. Soprattutto il condottiero Buliperr, poteva combattere con capacità quasi divina...»
La gola di Lologgi brontolò qualcosa, simile a un geyser sul punto di soffiare, poi prese a parlare a denti stretti «Vedi bene mio Rododendro del sud: nessun essere la cui testa s'innalza a più di quattro piedi potrebbe espugnare una vera miniera.»
«Non ho detto questo.»
«Ma i Buliperr lo hanno sempre detto. Ucciso i nani, flagellato nani, espugnato miniere!»
«In effetti il re lo ha raccontato...»
«Dimentica le storielle che raccontano quei menestrelli degli uomini, loro ignorano la palese realtà: ti immagineresti Buliperr, l'uomo ammazza nani, chinato in due all'interno di uno dei nostri cunicoli? Un uomo in quella posizione si beccherebbe una bella testata sul soffitto e la sua spada si incastrerebbe tra una parete e l'altra. La nostra ascia invece lo pungerebbe senza pietà.»
«Ora capisco.»
«Tre piedi.» esclamò «Trovami un uomo capace di uccidere un nano dentro casa sua: un cunicolo di tre piedi di diametro, dove il nano sta bello dritto e ben piazzato.»
«Mah, se lanciasse una freccia...»
«Freccia!» tossì il nano «Una freccia. La pelle di un nano non sente le frecce.»
«Davvero?»
«No. Ma i nostri cunicoli, almeno quelli militari, sono a zig zag.» sembrò parlare all'aria come vedesse il re in quel momento «Quindici iarde a curva, quindici iarde di tempo per incoccare, Buliperr, ma devi centrare bene nell'occhio, altrimenti...»
«E poi l'arco è difficile da maneggiare in un cunicolo di tre...»
«Tre piedi!» concluse la mia frase «Bravo ragazzo, tre piedi. Stai iniziando ad abbassare quella testolina.»
«Eh bé.» concordai soddisfatto, convinto che si trattasse di un complimento da nano.
«Comunque» tornato tranquillo fece «Comunque» senza dire altro.
«Comunque Campana raccontava con orgoglio di te» imitai Campana imitare la voce di Lologgi «Quelle spade faranno da croce sulla tomba di chi le usa!»
«Esatto!» Lologgi sghignazzò «Quel Campana non è il primo ragazzo che ho cresciuto, è l'ultimo di tanti altri e quei ragazzi mi mancano.»
«Raccoglievi bambini?»
«Orfani» sospirò «Anche Ror è stato uno di questi...»
Mi avvicinai e per quanto l'idea di chiederlo mi desse vergogna, in quella situazione non potevo farne a meno «Raccontami di Ror e della Cava.»
«Perché? È una brutta storia.»
«Perché se fossi fuori e sapessi che i nani sono in quella cava, pure questo Ror...»
«Ti ci cacceresti.»
«A testa bassa, Lologgi. Se mai uscirò di qua lo farò, quasi sono sicuro che ci andrebbe anche il mio fantasma.»
«Ror e Cava Inferno... è una brutta storia.»
«Sono pronto a sentirla.»
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