1) Partire da casa

I nani vivono al nord, nei miti e nelle leggende. Di nonno in nipote si tramanda la loro descrizione e, come si sa, di voce in voce qualche dettaglio ingigantisce, qualche altro rimpicciolisce.

Una premessa: io non sono un nano.

Mi chiamo Rododendro, abbreviato Rodo.

«Tuo trisavolo sfidò un nano a mangiare un vitello.»

«Nonno, a mangiarlo tutto?»

A nove anni i miei occhi luccicavano e la bocca non riusciva a chiudersi. Mio nonno confermava convinto

«Eccome! A chi dei due ci riusciva.»

«E ce l'ha fatta?»

«Tuo trisavolo ci riuscì, ma il nano ne mangiò due.»

Sarebbe costato cinghiate dubitare del nonno. Ma io, allora, non lo avrei mai fatto.

A tredici anni volli di nuovo quella storia. Col lavoro in stalla qualche dubbio era sorto

«Nonno, mi racconti la storia del nano?»

Nonno gonfiò il petto.

«Tuo trisavolo sfidò un nano a mangiare un vitello.»

«E vinse?»

«No. Ma ne mangiò uno intero.»

«E il nano?»

«Ne mangiò quattro.»

«Non erano due?»

Le cinghiate di quel giorno me le meritai. Non potevo rimbeccare colui che aveva costruito le pareti, sollevato il tetto e cresciuto la mamma.

Rimuginai e a sedici anni decisi.

«Andrò a vedere chi sono i nani, di persona.»

Mamma non commentò, mi diede cinque pani, un vaso di sale e un abbraccio.

Arrivato sulla porta, mi girai verso il nonno.

«Il nano del trisavolo vinse la sfida?» gli chiesi.

Le mani ossute del nonno stringevano i braccioli della sedia, le pupille imbiancate fissavano il vuoto.

«Vinse eccome!» esclamò «Cinque vitelli mangiò. Con le ossa rimaste costruì una carrozza. Vi mise sopra sette macigni e la trascinò fino a casa sua, nel nord.»

Rivolsi lo sguardo alla mamma. Poi misi un piede fuori, senza chiudere la porta, e presi la via.

«Nord»

La mia direzione.

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