Vi lascio a piedi!

Sabato 11 agosto 2001

Lorenzo Rossini nel tempo era passato da Lorenzo a Lorenzino, poi Enzino, poi Enzino Stecchino, poi Stecchino perché pesava dieci chili con la merda e tutto.

Non era un cattivo ragazzo, era anche iscritto all'università dopo la maturità scientifica nel '99, faceva Economia e Commercio, ma più che altro faceva economia.

Non fraintendete, non era spilorcio, ma se poteva risparmiare, far la cresta, sbaffare, lui era il principe, anzi, qualcuno lo chiamava senza mezzi termini il Principe dello Sbaffo, specialmente se si parlava di bere. Bere, bere e bere.

La fortuna per le sue tasche era la sua capacità di resistenza prossima allo zero, così bastavano due birre, anche economiche, di quelle da muratore balcanico, per ottenere ciò che ad altri era precluso se non al costo di cinque shottini e due cannoni.

A questo aggiungete pure la sua scarsa capacità di discernere la realtà della guida per strada dal virtuale di Colin McRae Rally, videogioco di cui abusava nel tempo libero, e capirete infine perchè il Chino ci aveva messo almeno un annetto buono a prender la patente, con tutti i problemi che aveva avuto nei quiz e nelle guide.

E ancor oggi viene da chiedersi perché ebbero la malaugurata idea di promuoverlo per l'esame di guida.

Come organizzatore di eventi, lo Stecchino era una cippa assoluta, per uno scarsissimo metodismo che lo faceva continuamente procrastinare le incombenze. Così si riduceva sempre all'ultimo secondo: chiamava per partite a calcetto due ore prima, poi si presentava con noncuranza anche con un quarto d'ora di ritardo, per di più ciulando con le gomme, e palesemente sbronzo, così la partita si trascinava nella più totale mediocrità finchè qualcuno dei sobri non se ne andava incazzato.

Solitamente Crociani, che lo odiava.

Ma la sua abitudine più strana, al calare delle tenebre era "andare a puttane" che, per carità, è azione tra le più meritorie, in fondo tutti dobbiamo pure mangiare, anche le nigeriane, solo che non era il mercanteggio di prestazioni, era solo disturbare la gente che lavora. Queste povere donne già facevano un lavoro del cazzo (letteralmente), si ritrovavano anche uno così che girava con diecimila lire nel portafoglio e mai di più, e che faceva perder tempo, contrattando vagamente ed approfittando per guardare quanto possibile la mercanzia, domandando pure di tastare come facevano certe vecchiette al mercato domandando «Non son passate di là queste pesche, vero?».

Nessuna offerta gli andava bene, non si accontentava mai, infine se ne andava con un sorriso ebete stampato sulla faccia, raccontando poi orgoglioso la sua allegra avventura a tutti i presenti il giorno dopo, al bar, dove giocava il fantacalcio facendo una squadra assieme ai gemelli del destino, il Bomba ed altri sapienti di calcio, squadra che puntualmente si piazzava sempre nelle retrovie.

D'altronde è juventino, ed è risaputo che gli juventini di calcio non capiscono niente.

Dopo questo lungo preambolo, si è portati a pensare che lo Stecchino fosse un personaggio insopportabile. In realtà tutt'altro: era anche un tipo divertente, specialmente alla ruota dei Gemelli del Destino, Stefano e Valerio Fantini, che non erano parenti ma erano mentalmente affini.

La storia era sempre la stessa, una volta sbronzi: Stefano provocava, Lorenzo buttava su, e Valerio reagiva dando il via alla girandola. Era un canovaccio ben collaudato, che prevedeva lancio di pezzi di piadina o forchette, o a volte anche bicchieri, sempre immancabilmente sbrodolando vino rosso.

A nessuno di loro piaceva il bianco, tutto ciò era inspiegabile per gente che non distingueva un Sangiovese da un Trebbiano, ma se capitava di poter scegliere, per loro era sempre rosso.

Per i loro conoscenti, fin dall'adolescenza, quei tre erano uno spasso, per le loro stupidità sommate, che li facevano diventare imprevedibili.

Tuttavia l'evento più curioso che li aveva visti protagonisti era avvenuto lontano dai riflettori e dagli occhi degli amici.

Era il sabato prima di ferragosto e avevano optato per una discoteca on the beach a Pinarella, Binotto non era in perfette condizioni psicofisiche, causa gli aperitivi precedenti, per cui aveva affidato le chiavi della sua Ka Gialla a Valerio, che aveva borbottato qualcosa tipo «Oh, guardate che sono stanco e vado a casa alle due e mezza!».

Erano entrati come tre amiconi e poi, alla prima occasione, avevano discusso per futili motivi come la camicia di Valerio, ritenuta troppo da omosessuale, e si erano divisi a farsi gli affari loro.

Alle due e qualche minuto Valerio, che non aveva imbroccato nessuna e aveva persino rischiato di prendere una ginocchiata nei gioielli della corona, si rese conto di non poter nemmeno affondare i dispiaceri nell'alcol perchè non conosceva nessun barista. Così, ancora scocciato con gli altri due, stanco o chissà cosa, ma soprattutto senza tener conto delle chiavi della macchina dell'amico in tasca, era scappato a casa senza farlo sapere a nessuno. Puf! Scomparso nel nulla.

Gli altri due, sapendo dell'umore lunatico del socio e consci che la battuta sulla camicia potesse avere strascichi pericolosi, avevano iniziato a vagare per la discoteca con la faccia sempre più preoccupata. Infine si erano presentati alla porta dove Pilotti, a cui erano legati per una questione di scrocco di frizzantini, gli aveva dato la tremenda notizia:

«Lo Scemo è andato a casa» aveva ridacchiato Pilo, ricominciando a palpeggiare la tipa con cui era.

Come è facile intuire, lo Scemo era un affettuoso soprannome di Valerio, uno dei tanti, e nemmeno il più offensivo.

Chino, con pragmatismo, aveva detto al compagno che al massimo potevano trovare un passaggio da qualche conoscente e tornare a casa senza problema, ma Binotto, in un moto di etica dell'amicizia, si era rifiutato ed aveva deciso di andare da Valerio e distruggergli il giardino prima di farsi ridare le chiavi.

Il tutto a piedi, ovviamente.

Binotto e Chino erano quindi usciti dal locale ed avevano scarpinato a piedi da Pinarella a Cervia per un totale di quattro chilometri, con l'intento di recuperare le chiavi. Quando oramai erano davanti alla Coop di Viale Roma, avevano trovato una biciclettina da bambino, incustodita ma sgonfia, e si erano fatti prendere dalla malvagità, impossessandosene.

La loro avventura ciclistica, per quanto degnissima dati i mezzi a disposizione, si era fermata quando oramai erano già in fondo al lato del canale di Milano Marittima: una pattuglia di carabinieri li aveva fermati chiedendo delucidazioni.

«Dite un po', ma come mai che vi abbiamo visto a piedi sulla Caduti, dieci minuti fa, e adesso siete su questa bicicletta?».

L'impaccio dei due era stato palese. Avevano farfugliato di averla trovata incustodita e che l'avrebbero rimessa a posto, con la faccia da bambini presi nel barattolo della Nutella. I carabinieri avevano preteso l'esibizione dei documenti, e sulla patente di Binotto avevano notato pure che se l'era fatta ritirare qualche mese prima.

«Ah, patente ritirata! Andiamo sempre meglio, Fantini!».

I due erano stati costretti a riportare la bici dove l'avevano trovata, scortati dai militari dell'Arma, per poi riprendere la strada a piedi giungendo a casa di Valerio, ed iniziando la parte più violenta della serata: la razzia di gerani, terminata la quale avevano preso a tirare sassolini alla sua finestra, continuando il lancio e chiamandolo a bassa voce. Poi Binotto aveva avuto una fiammata di odio nei confronti del suo gemello, iniziando ad urlare "<Valerio! Valerio!> e giù bestemmie, quest'ultimo aveva aperto la finestra stralunato.

«Allora, cazzo, vieni fuori e dammi le chiavi!» aveva abbaiato il proprietario della Ka gialla.

«No, no, a quest'ora non vengo fuori!».

«Si che vieni fuori! Sennò io qua ti spacco tutto, capito sforezza?!».

E giù a devastare il giardino condominiale e a tirar sassi, che già qualche luce in qua e là si stava accendendo in segno di protesta. Valerio esasperato era spuntato alla porta, consegnando le chiavi e bofonchiando qualcosa che gli altri due non avevano capito.

Binotto era finalmente soddisfatto nella sua sete di etica dell'amicizia, ma prima di andarsene dal condominio, lui e lo Stecchino avevano trafugato una bici dal portabiciclette condominiale, mica potevano fare tutta quella strada a ritroso a piedi?

La luce blu lampeggiante che avvertirono alle spalle, poco dopo, li aveva fatti sospirare. Non era stata una gran serata.

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