San Marino


Sabato 19 febbraio 2000

Povero Valerio. Qualcuno vi dirà che a rovinarlo è stato l'anno di militare, dove è stato fatto oggetto dei più atroci atti di nonnismo: veniva cerettato a secco, scorticato, ammaccato e tumefatto, gonfiato di botte eccetera. Ne aveva prese così tante che era ovvio finisse per diventare a sua volta un feroce "nonno". Ma non date ascolto a quello che vi dicono, lui era un idiota anche prima, il militare gli ha solo dato il colpo di grazia.

Dopo la Cura Esercito, a febbraio del 2000, era tornato che sembrava aver subito una lobotomia, una sostituzione della corteccia cerebrale con della corteccia di sughero.

Valerio aveva preso a funzionare ad alcol e gnocca. Ma se era imbottito di alcol, contestualmente diventava iperattivo e molto fastidioso, con quella voce rimbombante che ti riempiva le orecchie e ti faceva passare qualsiasi entusiasmo, vederlo di sorpresa in discoteca, mentre ti veniva incontro mostrando il solito tatto da elefante era come veder attraversare la strada un gatto nero: sapevi che sarebbero seguite solo sventure.

Per quanto fosse imprevedibilmente pericoloso con gli amici e i conoscenti, Valerio, con le ragazze, era una delle persone più ovvie del mondo. Vedeva una che tanto tanto non gli dava un calcio nei coglioni alla seconda battuta grezza, e subito nella sua mente assurgeva a livello di sua musa ispiratrice.

Un sabato di fine febbraio beccò la Cinzia Balzani e un paio di amiche in giro per l'Ipermercato, più o meno davanti all'agenzia viaggi, dove le ragazze ammiravano le offerte viaggio sui trekking. C'era la Vale che, a quanto pareva, doveva organizzarsi un viaggio zaino in spalla.

Lui era partito salutandole col solito ghigno, poi aveva iniziato a declamare il suo nuovo credo salutistico.

La sventurata rispose.

Non cito a caso l'aposiopesi: forse era la confusione del centro commerciale in un pomeriggio di sabato, o la confusione della Cinzia, o il suo animo da crocerossina per problematici a livello psichico, fatto sta che ci aveva passato una mezz'oretta con le altre due che se l'erano battuta andando da Footlocker.

Dopo quei venti minuti intensi e fuggitivi, lui aveva passato la sera, e persino la mattina dopo al bar, a elogiarla come il fiore più luminoso della Riviera, una da sposare su due piedi.


Domenica 20 febbraio 2000

Quando il giorno dopo l'aveva inseguita per Viale Roma con voce rimbombante per chiederle il numero di telefono, lei le aveva stampato in faccia un «Ehi Vale, non farti illusioni, ho il tipo» mentre scappava a gambe levate.

Che poi ce l'aveva e non ce l'aveva, che col Fara la storia era un po' complicata. No, dai, non è vero. La Cinzia e il Fara stavano assieme, ma delle volte lei, esasperata, dava corda a gente a caso per ripagare il moroso con la sua stessa moneta. Poi litigavano, stavano un po' lontani e si rimettevano assieme festeggiando con abbondante sesso.

La Giulia Pilastrini aveva visto piombare la Cinzia in uno dei bar del viale, con il fiatone e lo sguardo da cerbiatto impaurito. Quando le aveva chiesto il perchè, quest'ultima le aveva spiegato tutta la storia

«È tornato di moda l'uomo di Neanderthal» era stato il commento alla bizzarra vicenda.

«Ju, non rompere! Ci ho parlato una mezza volta e s'è attaccato come le cozze!» aveva miagolato la Cinzia, cercando di discolparsi

«Dillo a Simo tuo, così li guardiamo a fare a cornate.»

La Giulia odiava Valerio. L'ultima volta che era stata in qualche modo costretta ad averci a che fare, lui era particolarmente alticcio, ed era passato assieme ad altri a prendere il fratello per andare non si sa bene dove. I muggiti del ragazzo, direttamente dalla macchina, con il finestrino abbassato, le avevano provocato un conato.

Così, la ragazza aveva approfittato per far trapelare al Fara il fatto che Valerio si era fatto sotto con Cinzia.


Venerdì 25 febbraio 2000

Le cornate tra i due non si erano fatte attendere e già il venerdì successivo, in mezzo al ghiaino dei parcheggi retrostanti i bagni di Milano Marittima, i due si erano accapigliati come gatti.

«Peccato che me lo sono perso» aveva commentato la Giulia con suo fratello, quando ne avevano incidentalmente parlato.

«Ma scherzerai? Sembravano due deficienti, a rotolare per terra senza nemmeno essere capaci di darsi due schiaffi fatti bene. Patetici» aveva tagliato corto il buon Pilo, «La parte più divertente è stata quando il suo Gemello ha provato a dividerli e ha preso una svettola. S'è spettinato.»

Parlava dell'altro Fantini, Stefano detto Binotto per la fortissima somiglianza con il calciatore Johnathan Binotto. Lui e Valerio, dal medesimo cognome ma non parenti, erano stati definiti "Gemelli del Destino" perchè il loro destino era macchiarsi di vino rosso a ogni singola mangiata fatta con gli amici.

Binotto, confronto a Valerio, era un gentlemen inglese che aveva studiato con profitto ad Oxford, ma anche lui era un affezionato del reparto superalcolici e cannoni. Tuttavia amava vestire in modo da distinguersi da quella massa di personaggi maglietta-jeans-puma che inondavano il mondo in quel periodo. Per questo motivo Luca al bar lo prendeva per il culo con frasi tipo «Bello quel mocassino, lo fanno anche da uomo?».

Binotto ovviamente poteva permettersi tutto questo perché era nato dalla coppia giusta. Era una sorta di benestante, per lavorare non lavorava, magari dava una mano ai suoi in uno dei negozi, in quei pochi momenti in cui era sobrio, ovviamente. I suoi occhi acquosi ed i suoi capelli vaporosi lo facevano sembrare una specie di Terence di Candy Candy, che aveva preso la via dell'osteria.

Essere spettinato era un affronto, pensare che lo avesse fatto il suo fraterno amico era un doppio affronto.

Per Valerio, quel palo in faccia e quella mezza rissa avevano immediatamente trasformato la sua musa in un orrido personaggio. Masticando amaro per essere stato preso per il culo per la rissa, tra l'altro con uno che aveva anche due anni meno di lui, non aveva trovato di meglio da fare che denigrarla, dipingerla senza motivo come bruttissima ma soprattutto troia, facendo un elenco completamente inventato di conoscenti che ci erano già stati e di conseguenza, secondo la sua versione, era lui a non voler avere nulla a che fare con la svergognata, che senza rendersene conto era passata dal piedistallo alla latrina in un amen.

La rissa? Quella non era colpa sua, era il Fara che aveva iniziato.

«Oh, e comunque era perché ero vestito bene, sennò vedeva quante gliene davo.»

Valerio aveva passato tutto il venerdì sera e tutto il sabato a raccontare le qualità prostituenti della Cinzia. Era diventato assurdamente pesante. S'erano mollati davanti al bar che erano le quattro di notte di sabato e ancora non mollava.

«Oh, Fomar, dai ma la finisci? Parli solo di quello, e hai preso le sleppe da un boccino» lo aveva perculato Binotto.

«Oh non mi rompere, te l'ho detto, era perché ero vestito da uscire!»

«Si perchè se avevi la tuta da calcio facevi come Van Damme. Ma stai zitto! Piuttosto dai, cazzo domani andiamo a mangiare da qualche parte, così smetti di parlare di quelle che te la fanno annusare» aveva rincarato Binotto, «Andiamo a San Marino!»

«Eh see, San Marino, ci vuole un'ora a andarci, prendila su te la macchina!»

«Mamma mia che morto di fame che sei! Dai va là che ti tiro due spicci» aveva replicato Binotto, lanciandogli un paio di monetine.

Valerio gliele aveva tirate indietro, mancandolo e facendo tintinnare i bicchieri su uno dei tavoli fuori dal bar.

«Valerio non fare il coglione che di bicchieri ne hai rotti abbastanza!» aveva tuonato Luca, chinato a riempire il frigorifero dell'acqua minerale.

Domenica 27 febbraio 2000

Valerio si era comunque sentito toccato nell'orgoglio e aveva deciso di andarci veramente a San Marino. Lo Stecchino, Pilastrini e il Bomba avevano gentilmente glissato, Berto lavorava. Così erano rimasti i due gemelli del destino con il suddetto che aveva deciso di prendere su la sua Opel Corsa, sfrecciando verso Rimini e poi verso San Marino. Erano arrivati su che il tempo volgeva al nebbioso, si erano infilati in un ristorante di quelli finto-osteria di una volta ed avevano assorbito tanto di quel vinaccio cattivo che avrebbero potuto uccidere un ratto nero solo con la fiatella.

Il problema quindi si era posto per tornare a Cervia, non era l'epoca ancora dei cellulari con Google Maps, si andava un po' a sentimento, e Valerio il sentimento ce l'aveva ancora incellofanato al reparto pediatria dove era nato. La discesa non era stata delle più agevoli e, in mezzo alle ombre che si allungavano nel pomeriggio, si erano trovati spaesati.

«Oh ma dove cazzo sei andato a finire? Te l'avevo detto che dovevi tenere per Rimini!».

«Ma dai che la allunghi una vita, si passa da qui che tagli e esci che arrivi a Santarcangelo, che cazzo vuoi sapere te che il massimo che hai fatto è arrivare all'edicola a prendere i porno, masturbino!».

Ed erano andati per un bel pezzo, ma di monti diradanti non se ne vedeva l'ombra. Fermatisi a chiedere dov'erano, si erano sentiti rispondere «Santa Sofia» e Valerio aveva ricominciato a infamare Binotto per essere arrivato in tutt'altro posto rispetto alla riviera romagnola.

Ma qualcosa non quadrava, il paese non sembrava certo Santa Sofia, e i tizi non parlavano con la cadenza di Santa Sofia, sembravano più dei toscani.

«Oh ma sei sicuro che questa è Santa Sofia la nostra? Oh, Nello, porco diavolo, sei sicuro?».

«Ma cazzo ne so, chiedi con un tipo, chiedi alla vecchia lì».

Binotto si era girato verso la vecchietta.

«Signorina, signorina? Scusi ma che Santa Sofia è questa?».

La vecchina se n'era avuta a male e lo aveva preso a male parole in toscano stretto, Binotto infine, dalle targhe delle macchine, era risalito al fatto che non erano a Santa Sofia in provincia di Forlì, bensì quella in provincia di Arezzo, cinquanta chilometri più a sudest.

Valerio aveva detto sette o otto bestemmie che persino i vecchietti che giocavano al bar s'erano girati dicendo «Odiobono o chi ci ruba il mestiére?!». Si erano rincorsi per la piazza fino a che Valerio era inciampato sul selciato muscoso, sporcandosi come un bambino dell'asilo.

«Oh Vale fai schifo al cazzo, grazie che la Cinzia ti da il pacco!».

Erano tornati a Cervia che oramai era notte fonda, tra un fiume di bestemmie e Binotto che a forza di aggrapparsi alla macchina per sfogare il nervosismo, era rimasto con il parasole in mano. Valerio lo aveva insultato lungamente mentre Binotto aveva iniziato a ridere. Aveva riso più o meno da San Carlo fino a Cervia.

Valerio era arrivato al parcheggio davanti al bar che stavano uscendo quelli che erano andati a vedere il posticipo Milan-Lazio, tra questi c'erano pure il Fara e il Biscia. Il Fara s'era sentito raccontare per tutta la sera cosa era andato in giro dicendo Valerio della sua morosa, così lo aveva preso da parte con furia e avevano ricominciato a picchiarsi.

«Col cazzo che li stacco, stavolta» aveva detto Binotto, dirigendosi verso la sua macchina. Mancava che fischiettasse.

Il Biscia invece aveva urlato al suo socio «Oh, deficiente! O la finisci subito o ti lascio a piedi» condendo tutto con un bestemmione.

Il Fara s'era staccato repentinamente, sibilando «La prossima volta ti do il resto.»

Valerio aveva ghignato rispondendo «He he, te scappi eh?»

Al bar però, Luca lo aveva fermato sulla porta, squadrandolo: era sbronzo marcio, sporco e tumefatto.

«Te Valerio non entri, i barboni qui non li vogliamo.»

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