Festa in villa

23 giugno 2001

Il "Cinque Pini" era ed è uno di quei posti di divertimento estivo con tanto di minigolf e calcetto e bar e sala giochi e pista di pattinaggio e ci aveva pure un paio di biliardi anche se con il fondo un po' da rizollare come San Siro.

Sui tavolini davanti alla TV, che dava pallone e gare di trotto, i soliti faccioni un po' addormentati; alla cassa vi era lui, il solo ed inimitabile Rudy, un ragazzo sulla trentina, non tanto alto, con una pancia alla Bud Spencer, ed un modo di fare che poteva provocarti alternativamente un attacco di ridarella o un'incazzatura da pantera.

Rudy non era per niente un cattivo ragazzo, anzi, ce ne fossero di amiconi come lui, ma nonostante tutto, quando sentivi nominare il suo nome tra gente che ha qualcosa a che fare con il calcetto, di solito era accompagnato da epiteti fantasiosi come "delinquente", "ubriacone" eccetera, il fatto è che Rudy organizzava tornei di calcetto da anni, ed ogni anno riusciva ad organizzarli in maniera più sgangherata, una volta mancavano i campi perché in rifacimento, una volta mancavano gli spogliatoi, una volta faceva abbinamenti fantasiosi per playoff, una volta faceva giocare le squadre il venerdì sera alle dieci e mezza.

Rudy solitamente era la mente dei tornei, il braccio era un altro buffo omino calvo e barbuto, sempre indaffarato proprio come uno gnomo, se lo vedeste, direste sicuramente che gli manca solo il cappello a cono rosso per essere il cugino perfetto di David Gnomo.

Per una serie di motivi che non stiamo a sindacare, parlava anche una lingua strana mista tra italiano, dialetto eccetera, impastata magari con qualche bicchiere di bianco, d'altronde non è fantasia la storia che aveva visto protagonista Maci qualche giorno prima: accaldato, si era attaccato ad una bottiglia d'acqua spettante ad ogni squadra che giocava sui campi di calcetto, ma era l'acqua "speciale" dello gnomo, mezza minerale e mezza a vino bianco.

Lo gnomo era temibile quando ti prendeva in simpatia, a quel punto ti agganciava in lunghe digressioni sulla sua vita, sui suoi figli e sul suo lavoro, passavano mezz'ore soporifere in attesa che si distraesse per poter scappare a gambe levate.

Questo era il luogo dove il Fabbro aveva dato appuntamento agli altri suoi compari a mezzanotte, quando ancora fiumi di tedeschi saltavano sulle reti e pattinavano, e dal luna park continuava ad arrivare la musica da discoteca sparata a tutta randa.

Il Fabbro dava appuntamenti così tardi perché lavorava in gelateria e prima di quell'ora non era mai disponibile. Gli altri tre lo sapevano e si adeguavano, così come si adeguavano a vedersi al Cinque Pini perchè il Fabbro, da mesi, sbrodolava dietro la barista.

La Vanessa aveva la stessa età del Fabbro, ma i due erano un po' diversi, e soprattutto lei non lo cagava. Aveva sventuratamente accennato al fatto che avesse qualche difficoltà con la patente, ed il Fabbro, da quel momento si era attaccato come una cozza, offrendosi di darle una mano con i parcheggi, le inversioni, mettendo a disposizione anche la propria vettura.

«Ci sono anche i sedili reclinabili» era stata una delle battute proferite nell'intento di conquistare la fiducia della barista, che ovviamente ne era rimasta inorridita.

Tuttavia il Fabbro non demordeva e, come al solito, aveva dato appuntamento lì, per darle un po' su. Il primo ad arrivare era stato Mick, poi alla spicciolata erano arrivati Bobo, poi Lopez il Terrorista e il Fabbro, che ancora non si rendeva conto del tremendo scherzo in cui stava finendo, mantenendo sempre un perfetto sorriso stampato sul faccione.

Le persone come il Fabbro erano la vera pacchia degli sbronzoni della riviera: ragazzo posato e sempre sobrio, proprio per il fatto che non beveva mai, con lui si era sicuri che qualcuno avrebbe portato a casa tutti sani e salvi. Il Fabbro infatti era uno piuttosto accomodante, o forse è meglio definirlo punito, accettava di farsi mettere i piedi in testa con un sorriso affabile, in fondo a lui piaceva usare la macchina, specie con quei comportamenti da birro tipo le sgommate agli incroci o le curve sfruttando tutta la sede stradale, che faceva dal giorno stesso in cui aveva preso la patente.

Quelli che avevano a che fare con lui si erano lavati la coscienza per il continuo scarrozzo regalandogli dei dvd porno per il suo compleanno, il Fabbro era infatti un ragazzo dalla sessualità repressa, nel senso che a donne stava perennemente a zero, ma le sue fantasie erano abbastanza spinte da turbare gente come Lopez, abituato a nuotare in un mare di violenza gratuita.

Si erano detti le solite battute poi erano entrati al bar su insistenze asfissianti del Fabbro, che subito si era precipitato al bancone. Quel "flirt" era remunerativo, perchè di solito il ragazzo, per sembrare brillante, offriva anche agli amici, e Bobo si metteva spudoratamente in moto.

Si accontentava di una birra e si posizionava vicino ai residui dell'aperitivo: pizzette un po' bruciacchiate o a cui mancava la farcitura, briciole di patatine, fiocchi di popcorn che navigavano nel sale fine, tramezzini con il prosciutto che aveva tutte le sfumature dal borgogna al bordeaux, al terra di Siena, fino al seppia nei casi più "datati".

Ma il suo luogo preferito era la ciotola dei salatini e delle arachidi, da cui pescava come dal sacchetto della tombola. Silenziosissimo mangiava e mangiava, sbriciolandosi la maglietta mentre il Fabbro tubava con la Vanessa e Mick e Lopez gli facevano le battute a mezza voce.

Poi Mick, piuttosto stufo del siparietto, aveva buttato là con noncuranza l'idea di andare a una festa in una villa dalle parti di Cannucceto, corredandolo da un "sarebbe meglio fare una macchina sola" che non sarebbe stata una frase losca se l'unico dotato di macchina in quel momento, tra di loro, fosse stato proprio il Fabbro.

Convincere il proprietario della vettura era stato piuttosto semplice: era bastato dire che alla festa probabilmente ci sarebbe stata la Monica, un'altra delle tante candidate prede sentimentali del buon Fabbro. Costui, già quasi in iperventilazione, aveva fatto un sorriso di compiacimento per la fiducia che tutti gli davano guardandolo insistenti ed imploranti, e davanti alla sua bella, aveva sfoggiato un sorriso Durbans e con gesto teatrale aveva estratto le chiavi lucidissime della sua vettura, fiero di poter essere utile alla causa comune e nello stesso tempo alla sua personale causa con la Vane.

«Se vuoi, quando stacchi ti torno a prendere».

«No, grazie, sono troppo stanca quando chiudo».

Che poi sarebbe sicuramente andata a cappottarsi a Milano Marittima o comunque altrove rispetto a dov'era il Fabbro, che era poi l'idea che aveva dato con lo sguardo a Mick quando le loro due paia di occhi si erano incrociati uscendo dal bar.

"Io due botte alla Vanessa gliele darei di brutto" aveva pensato il Benelli, che poi sarebbe Mick, ma al solo pensiero di ritrovarsi il Fabbro che si lagnava che "c'ero prima io con lei" aveva scacciato l'idea dalla testa.

La festa era in una di quelle cascine perse per la campagna dietro Cesenatico, tra Sala e Villalta o giù di là, in mezzo a campi di granturco e girasole. Mick si era fatto disegnare una piantina da uno degli amici di Gek, nella piantina aveva aggiunto alcuni commenti che credeva utili alla causa, ma che poi erano risultati dannosi tanto da costringere il Fabbro ad una serie di numeri da rally per le stradine in mezzo ai campi.

Dopo una mezz'ora abbondante, la congrega era arrivata al luogo della festa, il Fabbro tuttavia era stato costretto a parcheggiare a svariate centinaia di metri dall'entrata, dove sostavano due buttafuori dall'eccezionale stazza, i quattro erano entrati con una certa soggezione, la casa era grande ma c'era un fottìo di gente, subito Mick si era reso conto che il suo punto di riferimento, in quel luogo sconosciuto, doveva essere Lopez, che coi luoghi sconosciuti ci andava a nozze.

Lopez era un tipo strano, e chi lo ha già sentito nominare lo sa: viveva in un mondo tutto suo fatto di spie, mafiosi, delinquenti, menti criminali, per cui ogni volta che arrivava in un luogo nuovo, individuava tutta una serie di dettagli utili a mettersi in salvo in caso di:

- Bombe

- Gas lacrimogeni

- Attacchi con armi da fuoco

- Panico generale immotivato

Dopo mezz'ora, però, Lopez era già di un brillo piuttosto avanzato, Mick si sarebbe detto sbronzo quasi del tutto, se non fosse che ancora gli pareva di capire quello che succedeva. Bobo si era volatilizzato nonostante la sua stazza e le sue movenze da ruspa, il Fabbro aveva avuto sentore dell'Inganno della Monica, ragionava quindi sui suoi tre compagni e non sapeva se essere felice perché loro erano felici, o preoccupato per gli eventuali sviluppi troppo etilici della serata, in fondo era solo l'una e un quarto e già due avrebbero fatto scoppiare il palloncino dell'etilometro, ed il terzo non si trovava, ma c'era da scommetterci che non fosse a meditare zen in fondo al giardino.

Il Fabbro era finito in una specie di pista da ballo cercando di stare appresso ai due alticci, Mick e Lopez, che un po' si sorreggevano a vicenda e un po' si spintonavano per allegria. Bobo era arrivato gridando qualcosa di incomprensibile, sudato come un calzino putrido, e si era gettato nelle braccia di Fabbro dicendogli «Amico mio! Da quanto non ti vedevo!», il Fabbro era rimasto quasi sconcertato mentre gli altri due ridevano sguaiatamente: Bobo, oltre ad essere sudato all'inverosimile, aveva un alito da fogna e reggeva in mano una bottiglia di Beck's in cui ondeggiava del liquido schiumoso e caldo come piscio, che aveva immediatamente offerto ai tre amici.

Dopo aver constatato che questi ultimi non gradivano il dono, Bobo aveva salutato calorosamente gli amici ed aveva nuovamente preso la via del giardino, barcollando come un galeone in tempesta.

Il Fabbro si era sporto verso Lopez, che dei due rimasti pareva il più serio.

«Lopez, non ti sembra il caso di dire a Bobo di smetterla di bere? Potrebbe fargli male!».

Lopez aveva assunto l'aria pensosa, per poi rispondere «Naah».

E così dicendo, aveva seguito Mick che tirava come un bambino per andare al bar a farsi il bicchiere della staffa.

Alle tre passate, Mick era appoggiato ad un lampione, a quel punto era sicuro di essere sbronzo al cento percento, ma ancora gli pareva di percepire bene quello che succedeva intorno a lui, si ricordava perfettamente tutto quello che era successo quella sera, e si stava perfettamente rendendo conto che il Fabbro stava perdendo la pazienza, cosa molto grave, considerato che il Fabbro non perdeva mai la pazienza: lo vedeva vagare nel giardino con le braccia incrociate, borbottando, poi gli veniva incontro, gli diceva «aspettami qui che vado a vedere se trovo gli altri due», spariva e poi ricompariva sempre a mani vuote.

Mick si sentiva quasi a suo agio attorno a quel lampione, c'era una punta di brezza che gli stava allietando quel post-sbronza, forse sarebbe stato bello poter dormire lì e non essere disturbato fino alla mattina dopo, ma sicuramente il Fabbro avrebbe finito per trovare gli altri due, e poi sarebbero dovuti andare a casa. Che peccato.

L'ultima volta che Fabbro gli aveva detto «Non andare via che torno subito», Mick gli aveva risposto qualcosa tipo «Agli ordini, comandante!», poi dopo due minuti era arrivato qualcuno ad ostruire la vista della casa, era un qualcosa a V con due braccia e due gambe, ed un auricolare come quello di Ambra Angiolini.

«Dai, che sei ubriaco, adesso ti porto fuori».

«No-o. Devo aspettare un mio amico!».

Mick si era reso conto dell'idiozia di quella frase, purtroppo era la verità e lui non aveva pronte altre scuse, si era sentito sollevato nel vero senso della parola, poi un cancello si era aperto e lui era stato adagiato per terra senza poi tutta quella grazia che sarebbe stata d'obbligo da parte di un buttafuori di quella raffinata cultura umanistica.

Si era messo a ridere, e ridere, e ridere, poi gli era balenata in mente Bobo che abbracciava Fabbro, e giù ancora a ridere. Finchè non si era accorto che qualcuno stava parlando lì vicino.

Una voce che giungeva da un posto non individuato, sembrava decisamente Lopez.

«Base locusta, nemico ad ore dodici, nostro compagno ferito allo scoperto, chiamate una barella! Cazzo, una barella, c'è un commilitone che muore! Io non posso abbandonare la postazione! Chiamate quei fottuti barellieri!».

Mick non si era alzato, ma era rotolato un metro verso una specie di aiuola, poi aveva osservato con attenzione: sopra un albero c'era una persona, e non ci era voluto molto a capire chi poteva essere.

«Lopez?».

«Mettiti al riparo! Il nemico è alle porte?».

Mick aveva riso, e molto.

«Non ridere! Ma che ti hanno fatto? Hanno usato gas esilarante! Bastardi!».

«Lopez... sei sbronzo marcio!».

«No, sono in Vietnam, e là in fondo ci sono i vietcong sporchi comunisti che devon morire!».

Mick continuava a ridere.

«Sono buttafuori, i buttafuori della festa, si chiamano Butta-Fuori perché Buttano-Fuori la gente sbronza come me. E come te!».

E giù a ridere, dopo un paio di minuti, lo stesso buttafuori si era avvicinato con un nuovo carico umano. Quando la scena si era fatta più chiara, Mick si era messo a ridere ancor più forte: il Buttafuori teneva sospeso Bobo che cantava qualche motivetto dell'estate con un raro esempio di storpiatura dell'inglese, mentre il Fabbro era affianco a quel duo che cercava di ammansire il Buttafuori, alla fine Bobo era volato fuori ed il Fabbro, accortosi che anche Mick era oltre il cancello, li aveva seguiti.

«Hanno buttato fuori anche te?!».

«S... si, e pure Lopez!».

«Dov'è?!».

«Sull'albero» aveva detto rimettendosi a ridere, mentre Bobo si rialzava ed iniziava a scuotere il cancello ed urlare perché a suo dire aveva il diritto di rientrare e bere la sua parte.

Alla fine il Fabbro li aveva radunati tutti, Lopez era stato convinto a scendere solo dopo una violenta sassaiola. Una volta in macchina, Mick e Lopez si erano messi dietro e Bobo, che sembrava il più devastato di tutti, si era sistemato davanti, il Fabbro lo aveva guardato con odio sibilandogli «Se sbocchi in macchina, ti ammazzo».

«S... ma tu vai piano».

Si, certo. Un pugilato tra ciechi. Il Fabbro non era uno da partir piano: la sua vita era poco gratificante e lui trovava molto eccitante far sgommare la macchina, quasi a mitigare lo squallore della sua esistenza, ma quella sera era veramente andato piano, anche perché ci teneva alla tappezzeria della vettura.

Aveva messo in moto controllando ogni movenza di Bobo, poi aveva appena appena toccato il gas, la macchina aveva raggiunto la folle velocità di cinque chilometri all'ora, superata persino da una vecchietta che portava a pisciare un bassotto insonnolito, ed era successo l'irreparabile: Bobo aveva dilatato gli occhi e un conato di sbocco era partito nonostante lui si opponesse con tutta la sua forza, ancora prima che il Fabbro avesse il riflesso di frenare, lo stesso Bobo, con un gesto fulmineo della mano, aveva riacchiappato al volo tutto lo sbocco uscito e se lo era ricacciato in bocca, tra il disgusto di Mick e Lopez.

Dopo tutto questo, il Fabbro aveva inchiodato ed aveva intimato a Bobo di scendere e vomitare tutto a costo di infilarsi due dita in gola, pena il confino dalla macchina, Bobo era sceso chinandosi sul fosso, dopo cinque minuti non era ancora accaduto niente, girandosi aveva rantolato qualcosa, il Fabbro non aveva minimamente capito, si era girato verso Mick e Lopez.

«Cosa ha detto?».

«Che non gli scappa».

«Cacciati due dita in gola ti ho detto!».

Altro rantolo.

«Non ce la fa, dice che non ha il coraggio».

Lopez era scattato fuori dalla macchina, si era avvicinato a Bobo e gli aveva assestato un cartone in pancia dicendo «Tanto è sbronzo, non si ricorderà niente domani», quest'ultimo aveva iniziato a vomitare copiosamente, meglio di un putto di una fontana rinascimentale.

Cosicché la serata era finita, mentre il Fabbro si riprometteva di non uscire più con quei tre. Ma in fondo, tutto è bene ciò che finisce bene.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top