Dixi
Giovedì 21 marzo 1996
Ma esistono ancora le Dixi? Quei cornetti al formaggio che quando aprivi il pacchetto saliva una zaffata che sembrava di stare dentro le mutande di un adolescente in giugno dopo un giorno di scuola?
Bobo andava pazzo per quella roba.
Vabbè, Bobo andava pazzo per qualsiasi cosa fosse commestibile e ipercalorica. Ne era attratto come un tossico è attratto dall'eroina. Quando non portavi a scuola qualcosa di sano come i cracker, ma la mamma ti cacciava nello zaino qualcosa di più gustoso tipo i Ringo, o i Baiocchi, o il Tegolino, lui puntualmente arrivava, come lo squalo attratto dall'odore del sangue.
«Che, me ne dai un pezzo?»
Per tutti era Bobo, diminutivo di Roberto, ma per qualcuno, un po' più stronzo, a forza di sentire quel "Che" all'inizio delle frasi, era diventato "Il Che" con la "c" dura, a differenza del guerrigliero argentino. A parte i suoi comportamenti rapaci nei confronti del cibo, era un ragazzo gioviale, anche abbastanza sensibile, e innamorato, nemmeno tanto nascostamente, della Monica Molari, ma più che altro delle sue tette, precocemente spuntate nell'estate tra prima e seconda media.
Tuttavia Bobo aveva un grande nemico, emerso dai meandri del provveditorato agli studi nel settembre del 1994: la professoressa di Educazione Tecnica, tal Evelina Oleandri, soprannominata "Il Bulldog" per lo sguardo arcigno e le guance cadenti.
Negli anni '90, una buona parte del programma di educazione tecnica di quell'anno verteva sull'alimentazione: carboidrati, proteine, lipidi eccetera eccetera.
I lipidi, eh, Bobo lo sapeva bene, perchè in quell'epoca di scarsa body positivity, la prof Oleandri lo tartassava prospettandogli foschi scenari di problemi cardiovascolari, respiratori, alle articolazioni, al fegato e chi più ne ha più ne metta.
Quando la Oleandri attaccava il pippotto a Bobo, il buon Simone Farabegoli, detto il Fara, andava puntualmente a fare la punta alla matita presso il cestino e gli faceva il segno della croce alle spalle della prof.
E Bobo si deprimeva.
Il fatto è che lui non riusciva a stare lontano da quelle leccornie, e pregava la madre di fornirgliele per la merenda, in particolar modo, appunto, le Dixi.
Quel giovedì i saporiti fiocchi al formaggio lo aspettavano sul fondo dello zaino. Lui, suonata la campana dell'intervallo, si era attardato ad iniziare la merenda per discutere di nuovo con il Fara che stava gongolando per la vittoria, la sera prima, della sua squadra del cuore contro il Real Madrid.
Bobo si lagnava dell'immenso culo dei bianconeri, masticando amaro per la stagione fallimentare della sua Inter, uscita in Coppa UEFA nei trentaduesimi per mano del Lugano. Il Fara lo sfotteva senza farsi scrupoli.
E il tempo passava.
Quando Bobo riuscì a liberarsi del fastidioso amico, iniziò a divorare le sue Dixi, spingendosele in bocca a generose manciate e pulendosi, come al solito, nel fianco dei pantaloni di felpa. Tuttavia la tragedia era dietro all'angolo: la Oleandri si palesò in fondo al corridoio con una manciata di secondi di anticipo rispetto alla fine della ricreazione.
Il ragazzo la intravide con la coda dell'occhio e fu letteralmente preso dal panico: che fare? Poteva buttare le Dixi nel bidone, ma la prof aveva l'odiosa abitudine di adocchiare il cestino dell'immondizia per capire con quali merende si strafogavano i ragazzi. Vedendo le Dixi, avrebbe ironicamente incolpato Bobo non solo di avere una merenda-spazzatura ma di averne sprecata la maggior parte.
Poteva nascondere le Dixi nello zaino, magari? Si, magari lo avrebbe potuto fare, ma in quel momento gli si chiuse completamente la vena e, senza pensarci troppo, rovesciò l'intero contenuto del pacco dentro la cartellina di disegno tecnico.
Ora, questo la dice lunga su quanto Bobo amasse il disegno tecnico, ma ciò che dava veramente l'idea di quanto ci tenesse era il fatto che portasse nella medesima cartellina, i disegni tecnici e il materiale di educazione artistica: tavole squadrate con triangoli equilateri e pentagoni, che galleggiavano in un mare di tubetti di tempera e pennelli mal asciugati.
La Oleandri non poteva prendersela per questa cosa, ma Bobo non mollava, e in nome di un risparmio di fatica, continuava a venire a scuola con un'unica cartellina per due educazioni.
Quel giorno lei si sedette, scrutando la classe. Vide nel cestino il pacchetto vuoto di cornetti al formaggio ma, non avendo prove su chi le avesse mangiate, rimase un attimo in silenzio. Suonò la campanella e fece accomodare i ragazzi, poi si prese un'attimo e aggiunse: «Bene, oggi diamo un'occhiata alle tavole sull'esagono.»
Tutti presero le cartelline e ci rovistarono dentro in cerca della tavola giusta. Tutti tranne Bobo che si piegò orrendamente per raggiungere la cartellina, nascosta tra banco e cattedra, e trovare a tentoni la tavola giusta.
Estrasse nell'ordine: un acquerello di un tramonto in salina, una caricatura di Ruben Sosa, una tavola mal squadrata sul cui retro era segnata una formazione del fantacalcio.
In preda a una terribile sudarella per i secondi che passavano, convinto di avere addosso lo sguardo sia dell'insegnante che dei ventun compagni di classe, aveva disperatamente affondato la mano nel mare di Dixi e finalmente, trionfante, aveva estratto la tavola giusta.
Unta e olezzante di fromagerie specializzata in Camembert.
La prof si avvicinò a Bobo, e prese la tavola da un angolo con due dita, assumendo l'aria schifata di chi trova non solo un capello, ma tutta una ciocca, nella minestra.
«Felicetti! Ma cos'è successo a questa tavola?»
«Prof, scusi, non so cosa è successo! Forse i pennelli umid-.»
«Ma questa tavola sa di formaggio! E... oh mio dio, questa è polvere di quelle cose, di quei cornetti al formaggio! Felicetti!»
«No, prof, no, si sbaglia!»
«Felicetti, dammi la cartellina» intimò lei, chinandosi verso l'oggetto del suo terribile presentimento.
«No, prof!» replicò lui.
Ma lei fu lesta a pescare la cartellina da quell'antro in cui era stata nascosta. Purtroppo questa non era stata chiusa, e il movimento di estrazione, fatto in maniera piuttosto brusca, provocò l'apertura immediata e uno splendido fuoco d'artificio di cornetti di formaggio, che si sparsero per tutte le prime due file della classe.
Bobo si fece piccolo piccolo, fissò la Monica che, rossa in viso, cercava un cornetto che le era finito esattamente nella scollatura della maglietta. Due banchi più in là, il Fara faceva il segno della croce nella sua direzione, sogghignando.
In quel momento capì che quel segno della croce era l'estrema unzione al suo amore.
Raccolse un cornetto al formaggio e lo addentò, aspettando l'urlo della Oleandri.
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