I meme e le loro caratteristiche

Il termine meme è stato coniato dal biologo darwinista Richard Dawkins e ha come punto di partenza i geni, ovvero la molecola di DNA, replicatore per la specie umana. Secondo lo studioso essi sono alla base dell'evoluzione naturale, ma esiste anche un altro tipo di evoluzione – quella culturale – in cui sono presenti altre entità che replicano a cui, però, va dato "un nome che porti con sé l'idea di unità di trasmissione culturale, o di unità di imitazione" (Dawkins, 1979, pag. 164). Tale nuovo replicatore è stato definito "meme".

Questo nome è l'abbreviazione, per assonanza, del termine greco mímēma, ovvero imitazione. Nel sito della Treccani, la definizione che viene riportata è quella di:

s.m. Singolo elemento di una cultura o di un sistema di comportamento, replicabile e trasmissibile per imitazione da un individuo a un altro o da uno strumento di comunicazione ed espressione a un altro.

Secondo questa accezione, i meme sono tutto ciò che in una cultura può essere replicato: mode, costumi e valori culturali che si trasmettono all'interno di una società o tra generazioni. Essa si rivela in linea con le basi poste da Dawkins, il quale afferma che: "proprio come i geni si diffondono nel pool genico passando da un corpo all'altro tramite le uova e gli spermatozoi, così i memi si diffondono nel pool memico passando da un cervello all'altro mediante un processo che si può definire di imitazione".

Tramite imitazione quindi loro replicano e, proprio come i geni, solo alcuni hanno più successo di altri. Dawkins paragona ciò al processo di selezione naturale e sostiene che, per sopravvivere, essi debbano avere le caratteristiche di "longevità, fecondità e fedeltà di copiatura" (1979, pag. 166).

La longevità è collegata alla sua capacità di sopravvivere nel tempo, attraverso questo processo di trasmissione e imitazione. La fecondità ha a che fare con il tasso di velocità di replicazione: più è veloce la diffusione, tanto più è efficace il meme. Per finire, la fedeltà è connessa al successo con cui il meme passa da una mente a un'altra, processo che dovrebbe vedere un passaggio in maniera sostanzialmente intatta.

Quest'ultimo punto può sollevare delle questioni, come Dawkins stesso rileva, perché non sempre il meme sembra fedele all'idea originale. Egli fa notare che vi è, anche qui, un'analogia con i geni e riporta un esempio connesso alla specie umana per chiarificare.

Fa vedere come se una persona di pelle bianca e una di pelle nera si accoppiano, il figlio non sarà mai bianco o nero, ma avrà un colore a metà tra i due. Con ciò si intende che "i geni non sono unità indivisibili", ma ne "esistono talmente tanti implicati nelle determinazione della pelle [...] da sembrare che si mescolino" (1979, pag. 167).

Il problema che qui emerge è collegato, però, con la definizione. Se inteso come unità di una cultura che può essere replicato, tali aggettivi sembrano essere adeguati, ma essa non risulta l'accezione più corretta per precisare quel fenomeno di internet che si è sviluppato recentemente.

La teoria di Dawkins, dopotutto, non ha raggiunto successo nell'immediato e ha visto una ripresa del termine solo con la crescita dei fenomeni virali nei social media. Coleman (2012, pag. 109) ha definito i meme online come: "immagini virali, video e slogan soggetti a continue modifiche da parte degli utenti e con una propensione a viaggiare velocemente".

Assumendo questa accezione, è evidente come la fecondità e la longevità continuino a manifestarsi e ad essere considerati aspetti caratteristici. Il terzo punto – quello della fedeltà –è presente, ma deve essere inteso diversamente: l'accuratezza è legata all'abilità di saperlo ricreare.

Non vi è una trasmissione passiva, proprio come emergeva dalla spiegazione di Dawkins. Anzi vede continue modifiche da parte degli utenti, al punto da ritenere tale variabilità (con solo il sottofondo fedele all'originale) il terzo dei suoi tratti caratteristici. I meme vengono di volta in volta attualizzati e modificati per raggiungere gli scopi prefissati dall'autore del contenuto.

A differenza degli altri contenuti virali, quindi, non mirano semplicemente a "riprodursi ma a reinventarsi" (Lolli, 2017, pag. 57). Lolli (2017, pag. 59) riporta un esempio per chiarire questo punto: un "video virale non è soggetto a modifiche e si riproduce ogni volta identico, mentre il meme [...] è sempre diverso ed esorta alla produzione di nuove versioni".

Quindi la conclusione è che sono longevi, fecondi, ma vengono costantemente modificati e "l'autore ne perde subito il controllo d'uso. Gli internauti [...] se ne appropriano secondo due modalità fondamentali: le pratiche di ri-significazione e le modalità di diffusione" (Cepernich, 2012, pag. 78).

È proprio questo a spingere a considerarlo una forma di espressione e partecipazione da parte delle communities online.

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