Capitolo 8 La paura del cuore
«Ho bisogno che mi accompagni al banco dei pegni, capitano. Sei il più onesto di noi e mi serviranno le tue orecchie» Clint aveva precettato Steve per un'incombenza che lui aveva accettato controvoglia.
«Dovevo uscire a cavallo con gli altri, lo sai; cos'è, vuoi regalarmi degli orecchini?».
Da giorni i mercenari perlustravano le zone intorno alla città, via via allontanandosi sempre più, alla ricerca del terreno su cui si era consumata la morte di Johnny.
Thor, ottimo segugio, aveva confermato che il terriccio sulla camiciola del ragazzo fosse argilloso e a grana fine.
Steve e James, di contro, avevano scovato un ampio fienile appena al limitare della parte ovest di Rose Creek, in apparenza vuoto; secondo gli ordini ricevuti dal Falco, avevano evitato, sul momento, di violare la proprietà privata, entrandovi.
Grazie alla collaborazione del sindaco Fury, i due ex soldati avevano reperito le mappe del catasto, scoprendo chi ne fosse il proprietario. Barnes e Thor stavano andando a casa di quest'ultimo per una visitina ufficiale con Tony al comando del gruppo e il capitano smaniava per essere stato escluso da Clint dall'incombenza, rimpiazzata con una sortita in un negozio.
«Potevi portare con te il prete. Bruce resta il più pio e puro fra noi» Rogers tessette le lodi dell'ex sacerdote, il cui compito preferito era controllare a vista gli appezzamenti di terra dei coloni e i loro ranch. Soprattutto uno.
«Ci siamo divisi i compiti, è impegnato in altro, lui e Loki sono in giro» Clint borbottò, salutando Wanda, uscita sulla porta dell'emporio alla sua vista «Signorina Maximoff, buongiorno».
«Buongiorno a lei, sceriffo Barton» la ragazza bionda, in un casto abito di un tenue rosa confetto, non si limitò a un breve saluto ma lo fermò con una domanda diretta «Ci farà l'onore di partecipare al ballo d'autunno?».
«Che ballo?» si allarmò al pensiero dell'iniziativa sociale di cui nessuno l'aveva messo al corrente.
«Falco, è una serata danzante per festeggiare l'arrivo della stagione autunnale, che si svolge ogni anno in una struttura messa a disposizione proprio dalla famiglia della signorina. Piacere, Steven Grant Rogers» il capitano si introdusse in un modo un tantino smielato per i gusti di Clint.
Secondo i pettegolezzi usciti dalla bocca di Stark, Steve e James non erano passati inosservati, complici i pantaloni blu attraversati di lato da una striscia nera anziché dorata e la casacca abbinata, modificati da Erika e Maria così professionalmente da non ricordare le uniformi che rappresentavano un tempo.
Ogni ragazza nubile del villaggio non aveva occhi che per loro; quando cavalcavano per le vie del paese o attraverso le proprietà, le loro ammiratrici uscivano velocemente da case e negozi solo per contemplarli.
Anche Wanda non aveva fatto eccezione. «Piacere mio» tese la mano a Rogers che la baciò con un inchino, arrossendo e provocando lo stesso effetto nella bionda.
«Sarà opportuna la mia presenza almeno per controllare, per cui, sì, vi prenderò parte. Buon proseguimento di giornata» spintonò il capitano, verso il banco dei pegni, inveendo «Sono sempre l'ultimo a venire a sapere le cose, dovevate dirmelo. I coloni riuniti in un unico edificio potrebbero essere un facile bersaglio se qualcuno volesse far loro del male» si preoccupò dell'incolumità dei partecipanti.
«Che maniere, stavo chiacchierando! Credevo te ne avesse parlato Rafflesia, ti sei recato più volte alla sua tenuta e lei ed Erika sono fra le organizzatrici, trattandosi di una serata di beneficenza per raccogliere i fondi per ricostruire la chiesa bruciata da Zemo».
Il Falco aveva cenato spesso al ranch delle sorelle Tyler e in un paio di occasioni si era concesso una lunga galoppata con la bruna, con l'apparente scusa del feeling morboso fra i loro due cavalli. Insieme avevano esplorato i possedimenti della famiglia, chiacchierando e conoscendosi meglio.
Clint era stato un galantuomo, limitandosi a tenerle la mano di tanto in tanto e ricevendo un tenero bacio sulla guancia ogni volta che si erano separati. Non c'era stato giorno in cui non si fossero incontrati, cementando di parole e sguardi il loro rapporto, caratterizzato da un'emozione reciproca palpabile e crescente.
«No, l'ho scoperto ora; anche nei momenti conviviali non ho mai sentito dell'argomento».
«Possono esserci diversi motivi per cui non te lo ha anticipato. O desidera andarci con te ma non voleva che ti sentissi obbligato a chiederglielo, oppure aspetta l'invito di un altro o l'ha già ricevuto, e quindi non vuole offenderti rifiutando il tuo» Rogers espose le proprie teorie e Barton rimuginò «Steve, forse crede che sappia del ballo e che non voglia invitarla».
«Ogni ipotesi potrebbe essere valida. Sottolineo che ha un altro valido pretendente, capo. E vanno davvero molto d'accordo, bisogna ammetterlo. È sempre più disinvolto e potrebbe chiederglielo prima di te se non ti sbrighi. Lui è pio e puro, lo amano tutti» ripeté senza fare apertamente il nome di Bruce.
«Rafflesia stima Banner, come noi d'altronde. E ora che lui non è più al servizio del suo Dio, nulla osterebbe a prendere moglie» l'amico era gentile e di buon carattere, generoso e instancabile, idealista. Nemmeno brutto, ponderò Clint, che mai avrebbe pensato di trovarselo come rivale per il corteggiamento a una donna, vedendolo ancora nelle vesti di sacerdote.
«Sarebbero una splendida coppia, ben affiatati, l'amicizia è un'ottima base di partenza per una relazione» a Rogers venne da ridere a provocarlo, e ringraziò il cielo di essere arrivato al banco dei pegni al momento giusto prima che il collega estraesse le due Colt Peacemaker dalle fondine di cuoio.
Il titolare, Everett Ross, un biondino quarantenne dall'aria spaurita e dagli strani baffi all'insù, li accolse, con un cordiale benvenuto, nel negozio che gestiva da anni.
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Martin Freeman è Everett Ross
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Dotato di vetrine in cui erano allineati gli oggetti più svariati dati in pegno, da lenzuola ricamate a mano a pezzi di servizi d'argenteria, da gioielli a diverse pistole, rappresentava un servizio di prestito ulteriore rispetto alla banca tradizionale.
«Come posso servirla, sceriffo?» Ross strofinò le mani l'una con l'altra, tradendo l'entusiasmo di avere due clienti alla ricerca di qualcosa da comperare e non da impegnare.
La delusione fu enorme, quando vide Barton togliere dal collo un monile che conosceva perfettamente e che era abitualmente indossato dalla signorina Rafflesia Tyler «Avrei bisogno di una sua valutazione oggettiva della catenina e del ciondolo. Beninteso, oggettiva. Il sindaco Fury mi ha detto che è il migliore nel suo campo e ripongo in lei la massima fiducia» calcò il termine oggettiva, e se lo ingraziò.
Il capitano restò a braccia conserte, osservando Everett posare il ciondolo su un vassoietto di velluto amaranto ed esaminarlo con una lente monoculare per gioielli, di bachelite nera.
«Non credevo volessi venderla» perplesso, Steve si toccò il mento e non ricevette risposta.
«Sceriffo, si tratta di oro zecchino» gli indicò il punzone impresso sul fermaglio della catenina, togliendo il ciondolo per pesare la collana su uno dei due piatti di una bilancia di precisione in ottone e legno.
Utilizzando un contrappeso per verificare la precisa grammatura calcolò a mente il valore dell'oro, a cui aggiunse quello della pietra sfaccettata, stimando anch'essa «È un'ametista di diversi carati, pura e senza inclusioni, le sfaccettature sono state eseguite da un gioielliere di New York. Rudolph Tyler le fece realizzare per regalarle alla moglie Rebecca in occasione della nascita delle figlie. L'acquisto fu ispirato dai colori degli occhi delle bambine. Violetto per Rafflesia, e verde per Erika, che ha ancora lo smeraldo di sua mamma». Ross era un veterano di Rose Creek, Rudy era stato un suo buon amico e si permise di raccontare la storia dei due monili. Che Clint aveva appreso dalla bruna, e che, diversamente, Steve, conobbe in quel momento.
«Dunque, il valore oscilla fra i centoventi e i centocinquanta dollari» il negoziante la rese a Barton «Gliene offro centotrenta perché so che rappresenta un primo pagamento della vostra protezione. Lo terrò qui, sperando che Rafflesia stessa possa ricomperarlo, un domani. Concludiamo?» era scettico di poterlo rivendere facilmente, ma amava circondarsi di cose belle. E rappresentava un segno di affetto familiare, si augurò tornasse alla legittima proprietaria.
«Ci penserò, per ora la ringrazio della consulenza» si accomiatò, rimettendo il ciondolo al collo.
«Non ho capito, Falco, non la impegni?» Steve sbuffò, ritenendo di aver perso il proprio tempo che avrebbe potuto impiegare in modo migliore.
«No, capitano. Non spazientirti e ascolta il mio ragionamento, dopo le parole di Ross. Facciamo conto che io abbia ricevuto il massimo della valutazione in cambio del gioiello. Mi tengo fuori dalla spartizione e divido centocinquanta per sei anziché per sette. Quant'è, per ognuno di voi?» lo interpellò, uscendo dal negozio.
«Venticinque dollari ciascuno» Rogers ripassò le tabelline, intanto che Clint si inclinava per prendere qualcosa dallo stivale sinistro.
Una mazzetta di banconote comparve fra le sue mani e contò l'importo esatto, porgendo il corrispettivo al compagno «Sono centocinquanta dollari: darai tu ai colleghi la loro quota, tenendone una per te. Mi fido ciecamente ed è giusto che abbiate dei contanti per le vostre spese, è l'anticipo sul lavoro iniziato» ci aveva pensato a lungo e aveva concluso di non poter impegnare o vendere la catenina col ciondolo che apparteneva a Rafflesia. A lui il denaro non mancava, era piuttosto ricco per i tempi che correvano.
«Ridagliela e immediatamente dopo invitala al ballo in una mossa furba e nobile, capo. Con un simile pegno d'amore, accetterà con gioia e non esisteranno più rivali ai suoi occhi. Diventerai il mercenario più famoso del west per le pallottole sparate e per il cuoricino romantico che ti batte nel petto» Steve era un vero sentimentale e lo consigliò in tal senso, sospirando e formando proprio un cuore con il pollice e l'indice delle mani unite.
«Vedremo, capitano. Come spenderai la tua parte?».
«Credo come tutti noi: in un vestito elegante e delle scarpe per ballare, Falco! Se fossi in te farei altrettanto» ritenne di fornire l'ennesimo suggerimento intelligente, fischiettando davanti l'entrata dell'emporio Maximoff.
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«Te l'avevo detto che avresti preso un'insolazione» Rafflesia aveva ammonito Bruce a non restare troppo tempo sotto il sole a torso nudo, ma lui si era reso disponibile ad affiancare le due sorelle e gli altri braccianti nella raccolta del mais, senza contare delle conseguenze.
Seppur abituato alla fatica e ai sacrifici, non si era reso conto di dover prendere le pause doverose, rinfrescarsi all'ombra, bagnarsi il capo e bere molta acqua, come suggeritogli dalle sorelle Tyler.
Non si era risparmiato e si era ritrovato rosso come un peperone, sudato, accaldato; la camicia rindossata era diventata insopportabile sulla pelle.
Quando Rafflesia lo aveva visto oscillare per un capogiro, si era preoccupata e aveva insistito per tornare a casa affinché potesse riposare.
«Ho fatto la figura dello stupido davanti ai braccianti e soprattutto con te, mi spiace» si lamentò appena arrivato al ranch.
«Non eri tenuto ad aiutarci, debbo solo ringraziarti. Tu sei un ospite, Bruce, invece da quando sei qui hai collaborato senza risparmiarti» avrebbe dovuto dedicarsi ai compiti affidatigli da Clint, viceversa aveva aiutato lei, Erika, Maria e Phil ogni volta che aveva potuto. In quella giornata specifica aveva delegato a Loki il presidio dei campi e delle proprietà terriere.
«Non so stare con le mani in mano; l'ozio è il padre dei vizi, al di là dei proverbi» osservò la silhouette slanciata ed elegante salire le scale prima di lui, ammettendo con sé stesso di essersi preso una cotta per la sua ospite. Non solo era una donna affascinante: i tratti di sensibilità, intelligenza, e caparbietà la rendevano unica.
«Lo vedo. So che eri un sacerdote molto stimato e che ti sei sempre sacrificato per la tua comunità, che l'hai difesa con il fucile e con le parole» lo aveva intuito da molte battute e commenti dei compagni oltre che da una valutazione personale della sua indole. Banner sembrava possedere un'indole pacata ma al momento opportuno tirava fuori un carattere forte e combattivo.
«Amavo il mio lavoro» disse, laconico. Era un argomento spinoso di cui non parlava volentieri.
«Non volevo essere indiscreta, scusami» sulla porta della stanza, chiese il permesso di entrare con lui «Posso? Hai la pelle arrossata e per evitare un'ustione è necessario utilizzare un rimedio naturale all'estratto di semi d'avena. Lo prepara Erika, è esperta di piante officinali» aveva recuperato una boccetta dall'armadietto dei medicinali in cucina prima di recarsi al piano superiore con l'idea di spalmare la cute lesa di Banner.
«Non vorrei darti disturbo» forse non era consono che restassero insieme, da soli, nella sua stanza, e che si facesse massaggiare con l'unguento. Tuttavia Rafflesia si era offerta, la porta sarebbe rimasta aperta e sperava di trascorrere con lei ogni minuto possibile, soprattutto vista la simpatia nata con Clint e il proprio desiderio di frequentarla. Avrebbe approfittato dell'occasione per invitarla al ballo d'autunno, consapevole che il suo antagonista non l'avesse ancora fatto.
«Devi toglierti la camicia» lo esortò, riempendo una bacinella di ceramica di acqua fredda, con cui gli avrebbe tamponato schiena e petto con una salvietta strizzata, prima di procedere con il balsamo.
«Mi vergogno» arrossì di un rossore mimetizzato dalla reazione al sole, passando la mano aperta fra i riccioli scuri leggermente umidi di sudore. Non si era mai sentito un Adone né si era mai preoccupato dell'aspetto esteriore, da sacerdote. Invece, adesso che l'aveva conosciuta e si trovava in lizza per la sua attenzione contesa con altri pretendenti aveva scoperto di tenere ad apparire al meglio, almeno a posto, in ordine.
Rafflesia gli si piazzò davanti, ridacchiando. I capelli corvini erano acconciati in una coda alta, per comodità nel lavoro della raccolta del mais; aveva lasciato sulla toeletta il nastro color glicine regalatole da Clint, nel timore di sciuparlo, optando per un vecchio nastro nero in coerenza con l'abbigliamento comodo prescelto, una camicia beige e un paio calzoni di cotone grezzo e robusto «Però l'hai levata per cogliere il mais».
«Stupidamente, ho visto i braccianti senza blusa e non ho capito che si fossero spalmati di crema all'ossido di zinco, a barriera ai raggi solari» non se ne era reso conto, nonostante l'alone chiaro sulla pelle. Nessuno glielo aveva consigliato, per timidezza, poiché era un forestiero; lo avrebbero fatto certamente le sorelle Tyler, ma lui si era spostato nella parte opposta del campo a dove si trovavano per non mostrarsi a petto scoperto.
«Spogliati o te la vedrai con me» la bruna allungò l'indice sul suo sterno attraverso la stoffa della blusa di suo padre.
«Va bene» senza sbottonarla, Bruce la tolse dalla testa, restando nudo davanti a lei, dalla cintola in su.
«Tutto qui?» cominciò a passare la salvietta dal collo verso la spalla, lentamente e con movimenti circolari, cercando di dargli refrigerio.
Banner era brevilineo, robusto, ma ben fatto. Dalla base del collo all'inguine era ricoperto da una folta peluria scura inframezzata da punti in cui risultava imbiancata come i capelli precocemente canuti. Emanava un piacevole odore naturale. Rafflesia considerò che fosse un uomo attraente, in una commistione coerente di qualità fisiche e morali.
«Pure troppo» gli tornò il sorriso e si rilassò al benessere del sollievo della pezza bagnata.
Quando arrivò a tergere il polso con il nastro verde agganciato a mo' di braccialetto, la domanda le nacque spontanea «La donna che portava il nastro che hai al polso è il motivo per cui hai lasciato il sacerdozio?».
Si pentì subito dell'audacia, poiché Bruce aveva cambiato espressione «Non avevo il diritto di chiedertelo, scusami se mi sono permessa».
«Tranquilla, non è un segreto e forse è anche giunto il momento che tu lo sappia» prese fiato e coraggio e fu più semplice, perché la bruna, strategicamente era passata a tergergli la schiena «Un paio di anni fa una forte scossa di terremoto colpì la cittadina dove ero in servizio dall'inizio del mio sacerdozio. Ho visto crescere il villaggio, ogni abitante era un parente perché la comunità era la mia famiglia. L'epicentro del terremoto, proprio sotto il paese, scatenò un sisma particolarmente intenso che, tuttavia, non fece danni estesi alle zone limitrofe. Fu come se una punizione divina si fosse abbattuta soltanto su di noi. La scossa fu lunga, terribile, e arrivò alle prime ore del mattino, cogliendo maggiormente di sorpresa chi dormiva nel proprio letto».
Rafflesia rabbrividì «La chiesa era diroccata, il tetto è crollato in più punti. Tu ti sei salvato. Perché non eri all'interno?».
«Sì, ero andato a fare una passeggiata. Sai che ho l'abitudine di svegliarmi prestissimo. Udii un boato e seguì la scossa. Caddi a terra e da lì osservai sgretolarsi edifici e negozi, sotto i miei occhi, come un castello di carte su cui Dio aveva soffiato un tornado. La totalità delle persone rimase sotto i detriti e morì senza avere il tempo di scappare, per le ferite riportate e l'impossibilità di essere estratto dalle macerie. Ero rimasto da solo, nella strada che stavo percorrendo, non c'era nessun altro che potesse aiutarmi a tirare fuori i miei concittadini... i miei parrocchiani».
«Sei l'unico sopravvissuto al terremoto?» terminata la tersione del dorso, lo osservò. Aveva il viso fra le mani, era addolorato e rabbioso «Bruce, voltati, per favore. Sei l'unico sopravvissuto?» era assurdo ma la sola spiegazione plausibile, per lei.
Banner si girò pian piano, il volto ancora racchiuso fra i palmi delle mani, più vergognoso del suo peccato che della nudità o scarsa prestanza fisica.
«Dimmelo, te ne prego. Voglio saperlo, siamo amici, no?» lo pregò con immensa dolcezza.
Bruce abbassò le mani e al contempo le difese che aveva cercato di tenere su «Sì, il solo che Cristo ha risparmiato, il povero prete a cui non ha permesso di salvare nessuna delle pecorelle del suo gregge. Io e il pezzo di chiesa che hai visto» confermò il suo sospetto, perdendosi negli occhi violetti, un sollievo per la sua anima. Rafflesia non lo avrebbe giudicato, era lì per lui, per ascoltarlo, per capire. Non si vergognò del proprio passato così come non si era vergognato a farsi vedere svestito.
«I soccorsi dai paesi vicini sono arrivati qualche ora dopo, avevano sentito la scossa, ma era troppo tardi. Nel frattempo avevo cercato di estrarre qualcuno, seguendo i lamenti. Ho tirato fuori cadaveri e... una bambina, Katie, ancora in vita. Veniva a catechismo da me, a messa tutte le domeniche, era una ragazzina deliziosa, non aveva fatto male a nessuno e...».
Non ci fu bisogno di parole, la bruna comprese che la bambina fosse morta fra le braccia di Bruce e che il nastro per capelli fosse appartenuto a lei. Lo sfiorò, sulla parte dei nodi all'interno del polso «Katie era bionda, ha scelto il colore verde perché era il più adatto» bisbigliò.
«Aveva dei lunghi capelli biondi, che legava col nastro, sì. Lo trovai a terra, qualche giorno dopo. I cadaveri erano stati già portati via, il nastro era lì. Lo presi e lo legai al polso, e scrissi una lettera al vicariato per informarli della decisione di lasciare i voti. Il nastro è il segno della fede che ho perso, quando gli altri hanno perso di più, ci hanno rimesso la vita e che sia verde speranza è una presa in giro del Signore in cui non credo più».
«Mi spiace tanto, Bruce, per l'evento in sé, per le persone decedute che non ho conosciuto e per i loro famigliari, per te che hai dovuto assistere e vivere un'esperienza del genere» immaginava cosa avesse provato il sensibile e motivato sacerdote a vedere crollare tutto attorno a sé. Erano crollati gli edifici portandosi dietro la sua fede.
«Perché sono rimasto vivo solo io, perché Dio mi ha risparmiato e non mi ha voluto? Che Dio è quello che punisce una comunità e non il suo pastore?» quasi lo gridò, inquieto.
«Non puoi sapere cosa ci fosse dietro il disegno divino che ti ha coinvolto. È comprensibile il tuo sdegno, e anche la difficoltà di continuare un percorso intrapreso dopo tanto dolore. Ma devi tenere una considerazione bene in mente: non è stata colpa tua né è una colpa essere rimasto vivo. Forse il Signore che hai smesso di pregare ha un piano diverso per te, probabilmente sei destinato a grandi cose e nemmeno te ne rendi conto» Rafflesia cercò di consolarlo, esprimendo ciò che sentiva e pensava davvero; la mano volò sulla sua guancia arrossata per una carezza amichevole.
«Mi ha concesso un incontro importante, un evento che cambia una vita intera... sei tu il mio futuro» le prese la mano fra le sue per portarla alle labbra e lasciarle un bacio sfumato sul dorso, cogliendola impreparata e più se stesso. Aveva tirato fuori un'audacia che gli apparteneva poco, spronato da un profondo interesse amoroso. Gli occhioni scuri la scrutarono e l'ex sacerdote non li abbassò, esplicitando il proprio trasporto «Mi faresti l'onore di accompagnarmi al ballo d'autunno? Non desidero nulla di più al mondo che andarci con te».
In attesa della risposta, le si avvicinò maggiormente fissandole la bocca, con inequivocabile intensità.
Rafflesia percepì la forza del desiderio virile, sprigionata dal corpo maschile. Incerta e confusa, inciampò sui suoi stessi piedi nel tentativo di indietreggiare col risultato di finire addosso a Bruce.
Che l'abbracciò, trattenendola a sé, con la speranza di un ulteriore avvicinamento; nel preciso istante in cui sentì le manine posarsi sul petto nudo, udì un vigoroso colpo di tosse provenire dal corridoio.
«Scusate se vi ho disturbato» la figura di Clint si stagliava sulla porta aperta. Aveva il cappello ancora indosso e lo sguardo ferito. Si era precipitato al ranch, accettato il consiglio di Steve di proporsi alla signorina Tyler e restituirle al contempo l'ametista che era stata di sua mamma. Bloccato sulle gambe, non era riuscito a scappar via quando aveva visto la coppia in una posa tanto intima. Si era dato del vero idiota, ad aver creduto che Rafflesia fosse speciale, che provasse qualcosa per lui! E che ipocrita lei, a dirgli che non l'avrebbe mai fatto soffrire.
Le donne erano tutte uguali e infide, senza alcun dubbio. Nel caso della mora non c'era l'intenzione di truffarlo materialmente; era stata solo scorretta a non chiarire che le piacesse svolazzare su molti fiori, giustificata dall'indipendenza sbandierata ai quattro venti. E nemmeno indossava il nastro per capelli che le aveva donato.
«Clint, aspetta» Rafflesia, gelata a propria volta, provò a bloccarlo per spiegare.
Barton girò sui tacchi, e corse giù per le scale. Le era parsa tanto sincera nelle occasioni in cui avevano trascorso del tempo insieme che per un secondo rifletté se restare; l'orgoglio prevalse su ogni ragionamento e aumentò l'andatura.
«Aspetta» scansatasi dall'ex prete, lo strillò a gran voce.
«Lascialo andare, Rafflesia, è troppo arrabbiato ora per ascoltarti, dagli un pochino di tempo e quando si calmerà potrai parlargli» Banner volle dissuaderla dall'andargli dietro. Conosceva la permalosità spiccata e la suscettibilità di Barton; il rammarico di avergli dato un dispiacere fu bilanciato dall'individualismo. Coinvolto nel corteggiamento si rallegrò nello stesso modo dalla reazione del pistolero, certo, tuttavia, che il contraccolpo delle proprie scelte di comportamento sarebbe stato un prezzo alto da pagare per tutti loro.
«Non posso» la bruna si buttò a rotta di collo per la scalinata; quando arrivò da basso vide la polvere alzata dagli zoccoli di Quicksilver e il cavaliere vestito di scuro galoppare via da lei.
White Star, nervosa, trottava in tondo nel recinto. Non era pronta per un'uscita ma Rafflesia era capace di montare anche senza sella. Fischiò, usando i due mignoli nella bocca, e la mustang, al richiamo, saltò il recinto per raggiungerla, ponendosi accanto allo steccato.
La mora, utilizzando uno dei legni come gradino, salì sulla groppa della cavalla, che partì al galoppo in scia a Quicksilver.
Lei aveva scordato gli ammonimenti a non muoversi da sola, rispettati in precedenza. Motivata esclusivamente dalla necessità di spiegare al Falco che non provasse per Banner nulla di diverso dall'amicizia si resse alla criniera della puledra, incitandola.
La figura di Clint in lontananza era molto piccola, la distanza fra loro notevole «Clint, Clint, ti prego, fermati» lo gridò a pieni polmoni un paio di volte senza ottenere un risultato, perché mai si voltò. Fu incerta se l'avesse davvero sentita e volontariamente ignorata o meno e confidò che il mustang maschio rallentasse per farsi raggiungere dall'adorata White Star.
Esperta nella monta a pelo, controllava perfettamente il cavallo solo attraverso il proprio peso e il proprio equilibrio. Una delle competenze trasmessale dal padre, amante dell'universo equino, era la doma gentile, anche nota come doma dolce o doma naturale, una forma di comunicazione basata sul linguaggio non verbale del corpo, pratica di antichissima tradizione.
Col cuore in gola, il vento fra i capelli il cui vecchio nastro si era sciolto e perduto, superata di alcune miglia la parte di strada confinante con i campi coltivati a mais di sua proprietà, notò con la coda dell'occhio un riflesso nella siepe a lato della strada. Udì un rumore sordo vicinissimo e sotto di sé, il classico rimbombo di un colpo di pistola; in quell'attimo la cavalla si piantò sulle zampe per lo spavento, per poi issarsi e scrollarsi di dosso involontariamente la sua proprietaria.
Rafflesia, disarcionata, non riuscì ad aggrapparsi ad alcunché in assenza della sella e cadde indietro di fianco, sul versante destro della carreggiata, sbattendo la nuca su una grossa pietra bianca.
Un forte dolore al capo, chiuse gli occhi con l'immagine nebulosa del pistolero che si allontanava da lei e della fida White Star, che calmatasi, le si era accostata, restandole accanto. Una parola sola uscì dalle sue labbra «Clint».
Il Falco, pieno di rabbia, proseguiva nella galoppata verso Rose Creek, ancora più stizzito dalla complessità di gestire il puledro che sembrava essergli ostile e cercava di frenare la sua corsa; gli era salito il sapore della bile in bocca alla vista delle effusioni fra Bruce e Rafflesia e l'istinto di piantare una pallottola in mezzo alla fronte dell'ex prete era stato smorzato dalla razionalità. Voleva mostrarsi superiore e indifferente: non vi era riuscito completamente, scappando come un coniglio alla richiesta della padrona di casa di trattenersi per un chiarimento. Non c'era nulla da spiegare, secondo lui.
Riconobbe uno sparo alle proprie spalle e immediatamente il mustang rallentò fino a fermarsi e ritornare indietro, in modo spontaneo senza che potesse guidarlo in una direzione differente, stavolta.
Era stata una rivoltellata, non ebbe dubbi! «Corri, ragazzo, corri» usò gli speroni per spronarlo a correre più velocemente, e non ricordò a memoria che avesse volato di più in una circostanza differente.
Da lontano vide chiaramente il corpo di Rafflesia steso a terra, e più si avvicinava a lei più metteva a fuoco la macchia rossa sulla sua fronte. Collegò la ferita con il colpo d'arma da fuoco che aveva sentito, con disperazione.
Saltò giù dal cavallo, che si appaiò alla mustang, priva di sella e di briglie. Il cuore morto di paura, capì in una frazione di secondo che la bravissima cavallerizza si era messa sulle sue tracce, non badando a preparare la sua cavalla coi finimenti.
«Rafflesia...» in ginocchio accanto a lei ravvisò il petto alzarsi e abbassarsi, segno che respirasse «Sei viva, grazie al cielo». Piano, controllò la ferita sulla tempia, apertasi fra la fronte e l'attaccatura dei capelli, cercando un foro d'entrata che, per fortuna, non trovò.
L'occhio gli cadde su un pezzo di metallo a qualche metro da loro. Una pallottola, ritenne, sparata per spaventare e non per uccidere, probabilmente fra le zampe di White Star.
«Rafflesia, mi senti?» la chiamò ancora, asciugando il sangue del taglio con un fazzoletto di cotone bianco tenuto nella tasca interna della giacca. Il liquido aveva macchiato in abbondanza la blusa femminile e la terra, sotto il sasso «È stata tutta colpa mia, dannazione» imprecò a voce alta.
«Clint» sbattendo le palpebre riprese conoscenza, vedendo il viso del Falco sopra di sé, sfocato. Allungò le mani per sfioragli il volto, in preda a un attacco di brividi. La presa oscillò tanto per il tremolio che dovette lasciare le sue guance «Ti ho chiamato ma non ti sei fermato».
«Perché sono un cretino. No, mi spiace, non ti ho sentito. Ti avevo detto di non muoverti dalla fattoria da sola e sei addirittura uscita con la mustang non sellata! Hai un taglio alla testa, sei caduta di lato quando White Star si è imbizzarrita a causa di un colpo di pistola. Senti dolore in altre parti del corpo?» le domandò, preoccupato.
La bruna cercò di mettersi seduta, senza riuscire. Una forte vertigine la colse e fu costretta a stendersi di nuovo sul terreno, con l'aiuto del pistolero «Sì, sul sedere. Mi gira la testa e ho freddo». Ridere le provocava disagio, il pulsare alla testa era intenso. Sapeva cavalcare e anche cadere bene da cavallo; sbalzata da White Star aveva provato a rigirarsi, come le avevano insegnato, a protezione dei punti vitali, purtroppo non considerando che sulla strada potevano trovarsi pietre e rocce di diverse dimensioni e non solo terra.
«Non muoverti, però» Barton si rialzò per prendere la borraccia attaccata alla sella. Evitò di darle da bere e si limitò a bagnare il fazzoletto dalla parte pulita per offrirle un po' di sollievo sulle labbra e accertarsi della gravità della ferita. Pose il panno umido sulla sua fronte sul punto leso, cercando gli occhi violetti coi propri «Tienilo fermo con la mano».
«Falco, è stato Zemo, vero?» aveva udito il colpo con molta chiarezza. Forse non avrebbe raggiunto Clint, ma sicuramente senza l'intromissione altrui non sarebbe caduta.
«Signorina, resta ferma e tranquilla, per favore» copertala con la sua giacca, fece due passi e recuperò la pallottola, constatando appartenesse a una pistola di piccolo calibro. Dietro la siepe al bordo della strada, a terra, trovò il relativo bossolo e residui di cenere di sigaro in due punti opposti. Orme di zoccoli di due cavalli chiaramente visibili sul terreno segnavano un percorso al di fuori della via, che si inoltrava per le campagne.
L'odore della polvere da sparo gli entrò nelle narici, ci conviveva ed era un miasma riconoscibile subito. Odore forte, persistente, indimenticabile. E lui non avrebbe scordato mai il sentore odierno, unito alla paura della perdita.
«Sì, sono stati gli uomini del barone, non ho dubbi. Non hai avuto un incidente» la perlustrazione confermò ogni suo sospetto. La rabbia aumentò, strinse i pugni, con foga «Dobbiamo muoverci, non puoi restare qui e so che in città c'è un ottimo medico, voglio che ti visiti subito». Il sangue continuava a uscire copiosamente dalla ferita, nonostante l'avesse tamponata con cura.
Lei non avrebbe potuto cavalcare per conto proprio; la sollevò pian piano, aiutandola a rialzarsi e a camminare fino a Quicksilver, dopo averla vestita della giacca. Gli si era aggrappata con naturalezza, col corpo ancora tremante «Sali sulla sella e poggiati sul cavallo, siederò dietro di te. Con una mano tieni la criniera, con l'altra cerca di bloccare il sangue sul taglio, col mio fazzoletto».
In silenzio obbedì, facendosi guidare, e abbracciò la testa del mustang pezzato, appoggiandovisi. Si sentiva stanca e disorientata, stentava ancora a mettere a fuoco. Almeno la sua puledra era sana e salva.
Clint si mosse al trotto, provando a tenerla stabile con un braccio. Il trotto si trasformò presto in un galoppo al limite dell'impossibile, quando si rese conto che poteva trattenere la donna e gestire il suo cavallo. White Star, fedele, li scortava a un metro di distanza.
Il tragitto si svolse nel silenzio rotto dall'incitamento del cavallo, dal rumore degli zoccoli sulla strada e da una sola frase di Clint, che gli uscì dal cuore «I momenti che abbiamo trascorso assieme sono stati i più belli della mia vita».
Il medico aveva lo studio a poche porte dall'ufficio del Falco e si erano salutati in diverse occasioni senza soffermarsi in chiacchiere. Il professionista godeva di un'ottima reputazione ed era noto anche per la massima riservatezza, elemento imprescindibile del mestiere svolto.
Barton cercò di mantenere un'andatura costante e senza scossoni fino al centro di Rose Creek. Passò innanzi il suo ufficio, notando i cavalli dei colleghi legati lì davanti. Probabilmente, tornati dall'incarico ricevuto, lo stavano aspettando per ragguagliarlo.
James, che attraversava la strada, notati la proprietaria terriera ferita e la maschera di dolore nel volto di Occhio di Falco, avvisò gli altri che si precipitarono a piedi verso quest'ultimo, appena giunto.
«La prendo io, Clint. Che accidenti è successo?» il capitano tirò giù Rafflesia dal cavallo, aiutato da Thor, e la portò in braccio fino all'interno dello studio medico, dove i pazienti in attesa le cedettero il posto per permetterle una visita immediata.
Il dottor Steven Strange, un bell'uomo dai capelli e barba brizzolata ben curati, in camice bianco, li esortò a raccontare.
Mentre Rogers collocava la mora sul letto dello studio, il pistolero riepilogò la dinamica della caduta, terminando con un'imprecazione «Zemo, maledetto». Fissò il suo mondo di glicine, finalmente tenendo la manina fredda e sudata fra le sue.
«Bene, signori, uscite adesso» Strange si sarebbe occupato della paziente con la collaborazione della sua infermiera, una giovane donna che l'avrebbe aiutata a spogliarsi e a verificare eventuali lesioni.
Il drappello si accomodò fuori, in una lenta processione.
«Falco, che hai fatto alla mia amica?» sopraggiunta dalla locanda, a cui già era giunta la notizia del ferimento di Rafflesia, Natasha lo incolpò della caduta.
«Nat, è stato un agguato degli uomini del barone, Clint non c'entra» Loki ripeté il resoconto appena udito, difendendo il suo capo a spada tratta.
«Davvero, Laufeyson? Mi sfugge perché Rafflesia cavalcasse White Star senza sella e briglie, come avesse il diavolo alle calcagna. Si è mossa dalla sua tenuta, pur in assenza di scorta o compagnia. Stava inseguendo te, dì la verità!» gli occhi verdi fuori dalle orbite, Romanoff lo incalzò.
Clint si chiuse a riccio. In effetti aveva soprasseduto a narrare la prima parte della dolorosa vicenda, ritenendola piuttosto personale.
«Vedova, non sono affari nostri» Stark, capita l'antifona, la prese per l'avambraccio, cercando di farle ponderare la propria reazione, giustificabile ma inopportuna.
Inarrestabile, lei non cedette e avvertì lo sceriffo, con una voce tremolante che tradì l'ansia per le sorti dell'amica «Me lo spiegherai per bene, al momento appropriato. Soprattutto perché si è allontanata da sola dopo i tuoi ammonimenti. Ha annullato gli impegni per rispettare la regola data proprio da te, è molto strano che oggi abbia deciso di contravvenire al tuo ordine».
«Bisogna avvisare Erika, al ranch. Vado, capo» Loki si angosciò, sapendo quanto le sorelle Tyler fossero legate. Non c'era serata in cui, risalendo le scale per coricarsi, non si scambiassero un bacino sulla guancia, per salutarsi.
«Non essere melodrammatico come il capitano nel darle la notizia, e accompagnala qui con la massima attenzione, certamente vorrà venire» Thor lo redarguì, prima che sparisse su Sirius in direzione della tenuta.
Il Falco, sconfortato, appoggiò la schiena sul muro esterno dello studio, alzando la testa al cielo, le dita sul monile portato a stimare al mattino. Forse era stato un talismano portafortuna per la sua precedente proprietaria e, accettandolo, la fortuna l'aveva abbondonata.
«Perché stavi scappando da lei, piuttosto?» Steve esaminò il racconto dalla prospettiva opposta, centrando il bersaglio.
«Chiedilo a Banner, capitano» borbottò.
«Lo farò, puoi contarci, in separata sede; adesso diciamo tutti una preghiera per Rafflesia, pure se il prete non c'è» Rogers suggerì di dedicarsi a un'attività diversa dalla discussione, unendo le mani e iniziando a recitare il Padre Nostro. Il suo amico Clint era rigido e teso e, soprattutto, aveva ancora al collo il ciondolo in ametista, segno che non avesse chiesto alla signorina Tyler di andare al ballo d'autunno insieme a lui.
L'espressione angustiata di Stark, unitosi alla sua questua, non lo rincuorò affatto.
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Benedict Cumberbatch è il dottor Stephen Strange
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La foto del capitolo è stata trovata su Pinterest, crediti all'autore il cui nome non era riportato.
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