Capitolo 2 Buonasera, Clint!
«È stato inutile venire qui, te l'avevo detto, rassegnati» strappandosi di dosso l'abito blu notte, sporco e impolverato per la lunga giornata a cavallo, Natasha gridò all'amica dalla stanza da bagno, dove si stava immergendo in una tinozza di legno colma di acqua calda, sollievo per le vesciche dei suoi piedi.
Rafflesia aveva acconsentito a fermarsi nell'albergo accanto al saloon, come suggerito loro da Barton. Avrebbero condiviso la camera, modesta ma dignitosa, e pure l'acqua della vasca in cui Romanoff era entrata per prima e si stava insaponando con un panetto di detergente ricavato dalla cenere: con eccessiva energia, vi alternava il massaggio con una spugna in flanella.
La bruna, posati sullo scrittoio della stanza lo zaino e il fucile che era stato di suo padre, aveva tolto gli stivali per stendersi sul letto matrimoniale. Il braccio sinistro ripiegato sulla fronte e la mano opposta a giocare col ciondolo d'ametista, rifletteva sul disastroso incontro con il Falco.
La risposta alla sua richiesta era stata di chiusura totale, non aveva visto spiragli per convincerlo. E lei e Natasha, rappresentanti degli abitanti del villaggio, non avevano altri beni da impegnare o soldi da investire per assumere i quattro mercenari. Per di più ipotizzò che, a fronte dell'impegno a proteggere Rose Creek, Occhio di Falco avrebbe voluto con sé ulteriori uomini per fronteggiare l'offensiva del sanguinario esercito di Helmut Zemo e l'esborso da pagare sarebbe stato maggiore della cifra paventata da Stark, già altissima.
«Il mio saloon è più bello di quello che ci ha ospitato oggi, non trovi?» Natasha cambiò argomento.
Proprietaria del locale più antico di Rose Creek, ne andava fiera, avendolo trasformato da semplice bar a saloon e locanda di prim'ordine. Vi si poteva trovare alloggio, un pasto coi fiocchi e, ovviamente, incontrarvisi per bere un bicchierino o per una partita a carte. Fino a che Zemo e i suoi scagnozzi avevano messo a ferro e fuoco la città, imponendo il pizzo ai commercianti e occupando in pianta stabile i locali in cui passavano il tempo a infastidire gli avventori con le loro cattive maniere aggravate dal consumo di alcool.
«Nat, mi spiace dirtelo, se non risolviamo il problema tu non avrai più il saloon, io dovrò vendere la mia terra». I coloni avrebbero ceduto a Zemo e lasciato la città. Chi fosse rimasto avrebbe potuto impiegarsi nella miniera in un lavoro di fatica bestiale in cambio di un compenso minimo. Tutto l'impegno messo nella lavorazione dei campi e i sacrifici di anni sarebbero svaniti nei tre secondi della firma di un contratto di compravendita estorto con un ricatto. Inchiostro in cambio della vita propria e dei propri cari. Rafflesia strinse i pugni, arrabbiata.
«Già» la rossa, uscita dalla vasca, si tamponò il corpo con un telo, facendo capolino dalla porta del bagno «È il tuo turno, sbrigati prima che l'acqua si raffreddi del tutto». Rafflesia era un pozzo di idee, possedeva un'intelligenza e un intuito fuori dal comune. Stavolta, però, aveva sbagliato in pieno: quel Barton antipatico non era la soluzione giusta per loro, rifletté Romanoff.
«Se potessi giudicare Clint e gli altri tre uomini senza il filtro del loro diniego, che impressione ne ricaveresti?» la interrogò, da donna a donna.
«Clint, come lo chiami tu con troppa confidenza, è odioso; i cugini sono molto attraenti ma i classici sciupafemmine inaffidabili; Tony Stark è un narcisista innamorato della sua immagine nello specchio e passa il giorno intero a guardarla. Pessimi, tutti e quattro!» Natasha rise a crepapelle, cercando l'abito pulito nella borsa.
La gestione del saloon comportava la vicinanza con i più svariati esempi del genere maschile e lei, oramai, li inquadrava alla prima occhiata.
Rafflesia, invece, era più riservata, e, a seguito della morte dei genitori, trascorreva il tempo quasi esclusivamente alla propria tenuta gestita con la sorella minore Erika. Pur essendo molto diverse, le due amiche avevano in comune i principi fondamentali della vita. Al banco insieme al primo anno di scuola, si erano riconosciute nella similarità e non si erano più lasciate.
«Diretta e concisa come sempre, Romanoff. Faccio il bagno e mi preparo. Mi hanno consigliato il ristorante migliore della città per la cena di stasera, sembra ci abbiano riservato un tavolo fortunato» sibillina e piena di buoni propositi, la moretta entrò nella sala da bagno, liberandosi della camicia bianca.
∞
«Non dovete contraddirmi davanti agli estranei, mai, nemmeno coi gesti» Clint ancora si lamentava, soprattutto contro Tony. Aveva continuato coi rimbrotti, anche nei confronti del cavallo che non aveva voluto saperne di lasciare la puledrina con cui aveva familiarizzato, arrivando a scalciare con le zampe posteriori il suo cavaliere. Barton, alla mossa inaspettata, era finito col sedere sul terreno. Talmente idrofobo da aver lasciato perdere e mollato lì il fidato e velocissimo Quicksilver per evitare di essere visto dalle due donne ancora dentro il saloon «Una bella puledra e vi calate le braghe, tutti. Che vi è successo?».
«Barton, ti verrà un infarto se non ti calmi. Noi siamo stati educati, tu meno. Non è che si tratta del bue che dice cornuto all'asino? Sai come recita il proverbio, a te va a pennello» Stark lo aizzò, certo di aver visto giusto. Si nascondeva ben altro che un problema di soldini nell'atteggiamento oppositivo verso la signorina Tyler.
«Che vorresti insinuare?» si bloccò e sbattè l'amico contro il muro della casa successiva a quella dove alloggiavano. Lo sollevò per il bavero della giacca rossa e Tony si ritrovò a dieci centimetri da terra senza aver avuto il tempo di prendere la pistola, con i piedi a penzoloni.
«Ehm, Falco, mettilo giù, lo sai che straparla. Non litighiamo fra noi» Loki gli dette un colpetto sulla spalla sinistra sperando rinsavisse, uno sguardo complice al cugino.
Thor avrebbe potuto separarli usando il dito mignolo, ma di solito non si intrometteva e mantenne tale linea anche stavolta. Una sana scazzottata sistemava i loro frequenti contrasti al testosterone meglio di mille parole. Si incamminò verso il ristorante, la coda di capelli biondi chiusa da un cordoncino di seta blu «Ho fame, non so voi, perditempo».
Clint mollò Stark, scuotendo la testa «Vedi, Tony, non è colpa mia. Sono le belle donne a destabilizzarci, sono sempre loro il motivo, anche se discutiamo. Vanno tenute a debita distanza».
«Rendono squilibrato solo te, per la verità» tossendo con gli occhi lucidi per il principio di soffocamento, il baro volle l'ultima battuta.
Tornato a casa per rinfrescarsi prima di riuscire di nuovo, Clint aveva dovuto ascoltare i commenti degli altri sui modi raffinati e cortesi e, soprattutto, sulle caratteristiche fisiche delle signorine Romanoff e... Tyler. Non che non parlassero fra loro delle doti estetiche delle donne incontrate. Accadeva spesso, nei classici discorsi pepati fra maschi. Ma stavolta se ne era urtato. I pareri più spinti gli avevano provocato una leggera nausea, quelli più discreti un inspiegabile malessere.
«Sei stato scortese, Falco, troppo duro. Il barone Zemo è un mostro, saremmo l'ultimo baluardo di salvezza per quelle poverine» Odinson, nobile di pensieri e d'animo, cercò di intercedere per le forestiere «Potresti fare un'eccezione per il pagamento, stavolta? Ci potrebbero versare la differenza sull'onorario, in seguito: quando Rafflesia, Natasha e i loro concittadini riprenderanno una vita più regolare, senza vessazioni e orpelli, ci rimborseranno mensilmente».
«Sono le tue nuove amiche, le chiami già per nome? A rate, Thor? Andremmo al massacro e poi ci faremmo ridare pochi spiccioli al mese, chi di noi sopravvivrà? Non esiste. Siete diventati buoni samaritani?» lo aggredì verbalmente. I compagni avevano il cuore tenero. Beh, lui no, non avrebbe ceduto, non avrebbe messo a repentaglio la vita, quasi a titolo di favore, per un ciondolino e per un paio di occhi violetti, pure se bellissimi.
«Quand'è così, lasciamo i battibecchi fuori dal ristorante e dedichiamoci al cibo» Laufeyson aprì la porta dell'unica osteria del paese, facendo entrare prima Clint.
Un odorino di arrosto proveniva dalla cucina, il locale era pieno degli avventori del villaggio che lo avevano riempito.
Stark si immise, rivoltando il capo all'indietro sulla strada, come fosse in attesa di qualcuno.
«Tony, è opera tua? Idiota di un baro!» il Falco sibilò, alla vista del solo tavolo ancora libero, apparecchiato con sei coperti, proprio al centro della sala. Accanto alle candele accese, un bigliettino riportava il nome a cui era stato riservato: Stark!
«Dai, sediamo, non diamo spettacolo» Odinson spinse leggermente il collega verso la sedia.
«Odio gli agguati, di più la scorrettezza. Che hai combinato?» era chiaro che il damerino Anthony Stark non aveva perso tempo, estendendo l'invito a cena ad altre due persone. Che Clint indovinò, non ci voleva un genio!
«Buonasera e benvenute» dall'entrata comparvero, provvidenzialmente, Rafflesia e Natasha, e Laufeyson fece gli onori di casa, scortandole al tavolo, ognuna sottobraccio da un lato.
«Non sapevo che avremmo cenato in compagnia. Dopo dovrò passare alla drogheria per un antiacido, disgraziata» la rossa dette una battuta all'amica e si fece avanti, salutando «Buonasera a voi». Alla vista del tavolino circolare e dei quattro già presenti al ristorante, aveva compreso cosa avesse detto il baro all'orecchio di Rafflesia. E pure perché lei si fosse preparata alla serata con particolare meticolosità.
L'abito color glicine di raso lucido era chiuso dalla vita al collo da una fila di bottoni ricoperti della stessa stoffa. Cucito a misura, le sagomava il ventre e il seno sopra il bustino, aprendosi in una balza poco sotto il ginocchio. I lunghi capelli erano stati acconciati con un pettinino sul lato sinistro del viso, e ricadevano sulla spalla destra in un manto lucido e setoso. L'essenza delle gocce di profumo alla rosa, realizzato dalla sorella Erika, di cui aveva abbondato sul collo, avevano riempito l'aria della sala di un aroma dolce e delicato che copriva finanche l'odore del cibo.
Nel complesso era parsa a Romanoff eccessivamente elegante, fin dall'inizio, per mangiare un boccone fra bifolchi e mandriani. Che se la vedesse lei con il Falco, da sola, dato che non l'aveva nemmeno informata della presenza del branco di mercenari.
Con un velo di irritazione dipinta sul volto, nell'abito di ricambio, nero, dotato di una profonda e assai seducente scollatura nel suo stile, prese posto tra Stark e Loki.
Accanto a quest'ultimo si piazzò il cugino, lasciando liberi solo due posti limitrofi. Thor aveva dimenticato le buone maniere di proposito, non spostando la seggiola per la signorina Tyler.
Lasciò il compito a Barton che non poté esimersi. Avrebbe fatto buon viso a cattivo gioco, mangiato la sua cena e poi sarebbe tornato a casa. «Prego» allontanò la sedia dal tavolo per permettere a Rafflesia di accomodarsi.
«Grazie. Buonasera, Clint» lei sussurrò le cinque lettere del suo nome tanto armoniosamente che al Falco si accapponò la pelle.
Occupò il posto rimasto vuoto, fra la signorina mora profumata di buono e Thor. Le chiacchiere di Tony sul tipo di vino da ordinare, al fianco sinistro di Rafflesia, già gli rimbombavano nel cervello, erano le solite scemenze che sparava peggio dei proiettili.
«Il nostro generoso Anthony avrebbe piacere di offrirvi anche la cena, belle signore. A voi e a tutto il tavolo» Clint incastrò Tony nel pagamento del conto, per una minuscola vendetta.
«Ovviamente! Cameriera, il vostro miglior vino» batte' le mani per farsi servire, maledicendo Barton e lo sguardo disperato della ragazza al suo fianco, quello che l'aveva convinto a impicciarsi della vicenda spinosa.
«Signor Stark, abbiamo esclusivamente il vino della casa, gliel'ho già detto. Va bene quello?» la giovane sguattera bionda lo domandò perplessa: i mercenari mangiavano lì due volte al giorno e il baro sapeva perfettamente quale vino servissero.
«Sì, quello» l'osteria e una pessima offerta gastronomica andavano a braccetto, il locale più che semplice era squallido, dalle tovaglie bianche bucate e lise ai piatti e bicchieri dozzinali e scheggiati. Almeno era pulito e il cibo mangiabile e non avrebbero sfigurato. Tony sollecitò l'ordinazione.
La cameriera portò acqua e vino rosso, in brocche di ceramica.
«Certamente sarete abituate a posti di diverso livello, più alto intendo» Loki versò il vino a Natasha e intavolò una conversazione neutra.
«Puoi scommetterci i coltelli da bistecca che porti alla cintura. Ho un locale piuttosto rinomato a Rose Creek» Laufeyson aveva azzeccato il tema preferito di Romanoff, che raccontò loro per filo e per segno della nascita del suo saloon.
«La sua amica è più autoreferenziale di Tony. Sul serio ha chiamato il locale Black Widow?» Clint, esterrefatto, si era rivolto alla signorina Tyler, dopo averle riempito il bicchiere e ascoltato per venti minuti il monologo di Natasha, almeno utile per sbollire l'ira contro Stark causata dall'invito alle due ragazze.
Barton aveva difficoltà a guardarla in viso, rifletté lei, persino quando le si rivolgeva in maniera diretta. In compenso la osservava di sbieco, pensando che non se ne accorgesse «È un nome inquietante, lo riconosco. Nat sposò un uomo molto carino, ma lo trovarono morto stecchito nel loro letto, il mattino dopo la prima notte di nozze» gli rispose, serissima «E' il motivo per cui Natasha veste di scuro, è ancora in lutto».
«Cosa? Mi prendi in giro?» il Falco si strozzò alla confessione, il vino gli andò di traverso e solo la manona di Thor che batteva ritmicamente sulla sua schiena lo salvò dalla mancanza d'aria. Era pure passato a dare del tu a Rafflesia quando si era ripromesso di non farlo per nessun motivo al mondo.
«Bevi un pochino, Clint» lei, premurosamente, gli versò dell'acqua nel bicchiere vuoto «Vieni a Rose Creek a scoprire se è vero» lo esortò, senza svelargli se l'episodio fosse accaduto sul serio.
«Sei illegale, da arresto» rosso per il gran tossire, fece confusione a causa dell'avvenenza della compagna di tavolo. A vista aveva il collo nudo, sottile e armonioso come quello di un cigno bianco «Le tue parole sono da arresto, intendevo, uccidono più di un fucile. Il tuo, a proposito, è un bel modello».
«Era di mio padre. Portò me, mia mamma e mia sorella Erika a Rose Creek, parecchi anni fa, per darci un futuro migliore. Eravamo solo delle bambine... Non ho memoria di un posto diverso da chiamare casa, e non so immaginarmi in un altro luogo, nel mio futuro. La mia famiglia, da un solo acro e una casupola, ha costruito una tenuta di molti acri, cavalli e dipendenti che ci aiutano nelle varie incombenze. Se vendessi il terreno, loro perderebbero il lavoro e l'impegno di mio padre svanirebbe come una bolla di sapone. Non posso permetterlo, mi batterò affinché non accada, fosse l'ultima cosa che faccio» sottolineò puntigliosamente.
«Non mi persuaderai mai ad assecondare la tua battaglia contro Zemo, te l'ho già detto in modo esplicito. Però siamo qui, il cibo è gradevole. Goditi la cena: prego, prima tu» lui ribatté, passandole il vassoio dell'arrosto di maiale appena portato dalla cameriera, pezzo forte del menù fisso del locale.
Apprezzandone almeno la galanteria, si servì aggiungendo patate e piselli di contorno, da due ciotole separate. Attese che i piatti dei commensali fossero pieni e iniziò a mangiare, pensando a come convincere il Falco ad aiutarla.
«Impegnati di più» Stark provò a consigliarla, fra un boccone e l'altro, perché il tempo passava e aveva sentito la coppia conversare amabilmente del più e del meno «Ho fatto la mia parte organizzando la cena e tu dovevi sfoderare un abito scollato stile Natasha ed esibirti in due moine a Clint per sedurlo. Invece sei venuta con indosso un'armatura, un vestito adatto a un pellegrinaggio». Diamine, che spreco i bottoni chiusi fino al collo! Tony credeva di averlo detto in modo che Barton non lo udisse.
A lei interessava che Clint accettasse l'incarico, non le relazioni sociali e si era comportata con la naturalezza che la distingueva, senza eccessi che, viceversa, non le appartenevano.
Tuttavia il pistolero aveva intercettato la frase e bacchettò Tony, esprimendosi in un complimento verso Rafflesia «Non ho mai visto una donna tanto incantevole e splendida, non dar retta a Stark, che ha un gusto surreale come la camicia che porta. E, comunque, due moine non sarebbero bastate».
«Perché sei così irragionevole? Solo per i soldi? O c'è qualcosa di personale?» Natasha lo attaccò, minacciandolo con un pezzo di arrosto di maiale infilzato sui denti della forchetta.
«Nat, non esagerare» la moretta non fece in tempo a zittirla. Le aveva omesso della cena, confidando che tra la sua spontaneità e l'effetto sorpresa fosse per lei un'eccellente spalla. Ma la rossa non si era trattenuta!
«Sei senz'anima, senza cuore, Barton. Che faranno le donne e i bambini di Rose Creek quando i loro padri e mariti verranno uccisi da Zemo? Dovranno vendere le terre e poi? Lavoreranno in miniera o in un bordello? Potevi cambiare il loro destino, invece li avrai sulla coscienza. Non hai un briciolo d'umanità, pistolero» gettò la forchetta nel piatto, risentita.
Uno schizzo di sughetto volò verso Loki che si scansò appena in tempo per evitare di macchiarsi. La rossa aveva fegato da vendere. Laufeyson aspettò con attenzione la reazione di Clint.
«Sì, signorina Romanoff, mi interessano soltanto il denaro e la fattibilità dell'incombenza, non mi impelago in cause perse o personali o gratuite in cui io e i miei compagni potremmo lasciare la pelle. Non ne troverete migliori di noi per affrontare la forza armata del barone Zemo e non sono nemmeno certo che basteremmo. Do un consiglio anche a lei. Individui un marito da accalappiare, Black Widow, e cerchi di non ucciderlo, stavolta» ribadì il parere dispensato alla brunetta nel pomeriggio.
«Grazie per l'invito, Tony, mi è passato l'appetito. Buona continuazione di serata» Rafflesia, schifata dal tono della conversazione, si mosse repentinamente verso l'uscita. Non poteva sedere al tavolo di persone vuote e aride come Barton: ne andava della sua dignità e dei valori tramandatile dai suoi genitori, che avrebbe difeso insieme alla sua terra. Nonostante la strenua opposizione all'incarico, Clint, di primo acchito, le aveva fatto un'impressione diversa, di un uomo perbene, timido come lei, ma probabilmente si era sbagliata.
«Almeno potevamo finire di cenare! Buonanotte, signori e che il maiale ti procuri un'indigestione, Occhio di Falco dei miei stivali. È quello che succede quando mangi un tuo simile, bastardo» Natasha, sdegnata e con la labbra unte del sugo dell'arrosto, seguì l'amica fuori dal locale, sentendo la risata trattenuta di Loki e Thor alla sua magistrale scoccata.
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