Capitolo 15 Marito e moglie


Dopo un giorno e mezzo, impegnato a raccogliere ogni briciolo di lucidità per organizzare la difesa di Rose Creek dalla prossima mossa del barone, Barton aveva trovato il coraggio per presentarsi al ranch.

La Tyler piccola, sull'orlo di un attacco isterico, lo pregò a mani giunte «Clint, Rafflesia non vuole vedere nessuno, si è chiusa in stanza e non ha aperto la porta né a me, né a Maria, né a Bruce né a Nat. Ha rifiutato il cibo, le avevo cucinato i piatti che ama di più, e non ha neanche preso il vassoio lasciato fuori della porta. Per piacere, sali e prova a parlarle».

La donna non aveva partecipato alla sepoltura della mustang, sotterrata nel giardino della magione e la cui tomba era stata vegliata giorno e notte da Quicksilver, rifiutatosi di seguire il suo proprietario, che aveva dovuto prendere un altro animale come mezzo di locomozione.

Loki aveva sollecitato il capo più degli altri amici, spronato dalla sorella, certa che forse Rafflesia avrebbe ceduto alla voce dell'uomo di cui era innamorata, e lui si era presentato alla tenuta, più per educazione che per convinzione nella forza della sua questua «Erika, ascoltami, sono quello che ha ucciso White Star, Rafflesia avrà sempre davanti agli occhi l'immagine di me che sparo alla sua mustang. Temo sia una pessima idea» rammaricato, aveva tolto il cappello che continuava a stringere, con concitazione, fra le mani.

Era pallido, con le occhiaie in evidenza, segno delle lunghe notti insonni: la prima, allietata dal ballo d'autunno, la seconda devastata dagli incubi dell'accaduto alla cavalla, l'ultima peggio.

Maria gli offrì un minimo ristoro «Da quanto non mangia un pasto decente, sceriffo? In cucina abbiamo uno squisito brasato al vino rosso, ne vorrebbe un pezzetto?». A pancia piena si ragionava meglio, e lei conosceva ogni sfaccettatura del lutto. Il paragone con la perdita di un figlio e di un animale era improponibile. Tuttavia, il legame fra White Star e la sua proprietaria era simbiotico; la puledra rappresentava l'ultimo regalo del padre alla figlia, e il simbolo dell'accordo con i mercenari, giunti in paese per proteggere la cittadinanza.

Che fosse deceduta e in quel modo, era la fine della speranza che Rafflesia riponeva nella propria caparbietà e nelle risorse dei pistoleri.

«No, grazie» il Falco guardava le scale, sfiduciato se salirle o meno.

«Se non ascolterà te, andremo via dal ranch, Clint, e dalla città, ribadisciglielo. Ho tentato di argomentare per farla uscire dalla stanza, aggrappandomi a ogni sermone, a ogni parola legata alla fede e alla vita, ma non sono stato in grado di convincerla o darle conforto» la forza dell'amore era l'unica ragione che avrebbe potuto far alzare dal letto la signorina Tyler, Bruce ne era cosciente e spronò lo sceriffo.

«Se non sali con le tue gambe, ti porterò su io, naso a patata! Devi essere stupido come un maiale sul serio per non capire che non hai assassinato nessuno, la mustang era già morta quando siete arrivati e non l'avete uccisa voi» Natasha, rimasta alla magione in attesa di parlare con la sua amica, minacciò Barton, al limite di un insulto che lo scosse.

Romanoff lo sentì pronunciare strane parole, che, lì per lì non capì «Il mio mondo di glicine».

«Allora? Guarda che non scherzo» con uno strattone lo spintonò verso i gradini.

«Tieni, ex Vedova Nera» lui le lasciò il cappello e le pistole e si stropicciò il viso con entrambe le mani, allontanando l'apparente stanchezza fisica. Gli mancavano ore di sonno e le iridi lilla che avevano colorato il suo mondo di una sfumatura divenuta sfuggente, impalpabile e lontana. Salì, nudo delle armi: era semplicemente Clint, un uomo innamorato che poteva offrire il suo cuore e la sua devozione. Null'altro, data la fine di White Star. Nessuna protezione, era chiaro che in quello avesse fallito, indipendentemente dalla cattiveria altrui, più maligna del peccato compiuto.

Camminò con calma, fino alla porta chiusa, confidando che Rafflesia non avesse chiuso, dietro al legno, anche la sua anima dolce e solare. Bussò, due volte e la chiamò «Rafflesia, per piacere apri, voglio solo vedere se stai bene».

Lei non rispose e dall'altra parte della parete non giunse un suono o una sillaba.

Clint sospirò e andò giù, con pesantezza e autorità. Aveva da perdere lei e tentò, facendo la voce grossa «Senza di te la permanenza della mia squadra a Rose Creek è inutile. Lasceremo la città, se non sarai al nostro fianco nella battaglia contro Zemo, perché sei la nostra guida e uno dei motivi principali per cui siamo qui». Moriva dentro, invece; le stava chiedendo un aiuto quando avrebbe voluto mandarla in un altro villaggio, per tenerla nascosta, perché nessuno dei sicari dell'austriaco le si avvicinasse.

Nemmeno la minaccia fu efficace: anche stavolta la bruna non replicò.

«Non ti importa che vada via, posso capirlo dopo l'altro ieri, ma per favore, devi fare una cosa per me perché in caso contrario, sarò dannato per sempre. Devi perdonarmi per aver ucciso White Star; ho dovuto, stava soffrendo troppo e ... per favore, Rafflesia, dimmi che mi perdoni» gli sfuggì un singhiozzo accorato, che gli arrivò alle orecchie in maniera ovattata.

Non si era reso conto di stare piangendo fino a quel momento, che le lacrime solcavano il suo viso scendendo copiose, a causa del senso di colpa. I palmi delle mani posati sul legno per reggersi dal turbamento emotivo che lo aveva travolto, si espresse nella dichiarazione che avrebbe desiderato esplicitare in un contesto diverso e romantico «Io ti amo, Rafflesia... dimmi almeno che mi perdoni di aver sparato a White Star, che non mi odi, e me ne andrò sollevato». Non udì più nemmeno il suono delle proprie parole, divenute flebili e poco comprensibili, impastate dal pianto.

Il girare della chiave nella serratura lo distrasse. La porta si spalancò e il suo mondo di glicine comparve sul limitare di essa, la camicia da notte bianca spiegazzata, il volto stravolto dal dolore... e il nastro lilla fra i capelli!

Rafflesia sbattè le ciglia scure, umide di amarezza «Già ti amavo, Clint, ma credimi, quando hai interrotto le sofferenze della mia stellina ti ho amato di più; non ho nulla da perdonarti, debbo solo ringraziarti di averlo fatto» le braccia spalancate sorrise, serenamente, lasciando spazio all'unione delle loro anime e a un bacio infinito.

La bocca di Clint, il gusto salato e inconfondibile delle lacrime, cercò quella della compagna, con un impeto irrefrenabile. Tutta la compostezza tenuta per rispettare i tempi della donna che amava e che voleva amare completamente svanì nel lampo di eternità che li avvolse.

Sentendo le labbra della sua signorina Tyler ricambiarlo con passione, abbandonò ogni proposito di attesa. Capì che la vita fosse troppo breve e costellata di ingiustizie e dolori per aspettare ancora, che ogni occasione di felicità dovesse essere colta. Gli occhi aperti nel fissare la bellezza della bruna, la sollevò da terra, prendendola in braccio, cercando di non separare le loro labbra.

Lei lo assecondò, reggendosi con le braccia dietro la sua nuca e spingendo la porta con i piedi, fino a richiuderla.

Nessuno li avrebbe disturbati, gli amici e la sorella sarebbero stati già contenti che Barton fosse riuscito a entrare.

Clint aveva il viso di un bambino, gli occhi azzurri spiritati lo rendevano più giovane, nonostante la barba non fatta e le rughe d'espressione. La domanda che le pose, depositandola sul talamo matrimoniale sfiorava l'infantilismo giacché gli aveva già risposto «Mi ami, sul serio?»

«Clint, ti amo e sì, davvero, ti ho amato di più. Sei stato coraggioso e... ho visto il tuo sguardo mentre sparavi. Grazie, amore mio» aveva osservato il movimento e l'espressione del pistolero, prima di svenire. Avrebbe ricordato ciascun secondo di quella giornata oscena e il volto trasfigurato di Occhio di Falco: un uomo che di mestiere faceva il mercenario e aveva assistito a brutture di ogni sorta, spesso compiendole a causa dei compiti accettati, che si dilaniava il cuore per sparare alla splendida mustang, incinta del suo puledro.

Lo spogliò velocemente della giacca, che cadde a terra. Il metallo della stella a sei punte sul pavimento provocò uno strano rumore.

Barton l'aiutò, sbottonando il panciotto e la camicia, rammaricato di non essersi concesso un lungo bagno preparatorio «Non profumo di rosa, come te, però, scusami».

Lei ridacchiò «L'igiene personale non è stato il primo pensiero degli ultimi due giorni, la rosa è quanto di più lontano dal mio odore». Si era sciacquata diverse volte, il refrigerio dell'acqua l'aveva aiutata a ritrovare pochi scampoli di lucidità tra un pianto disperato e l'altro, ma non si era concessa una toeletta completa «Mi piace tutto di te, non sono schizzinosa» un bacio dato a bocca aperta al centro del petto le fece gustare il sapore del Falco.

Poté finalmente ammirare il corpo armoniosamente proporzionato e giustamente muscoloso, percepito in precedenza solo attraverso la camicia. Le spalle larghe, gli addominali accennati, i bicipiti scolpiti sul fisico asciutto erano impreziositi da un'impalpabile peluria castana chiara; il vello dorato scendeva in una sensuale freccia che si dissolveva nel pube virile.

«Sei profumata di rosa, come al solito, invece» lui si era altrettanto dedicato a leccarle il collo, spostati i capelli, alternando succhiotti incandescenti a baci più delicati. La pelle nivea si arrossava immediatamente al passaggio delle guance appena appena ispide e della bocca vorace, e tentò di essere cauto, per quanto la bramosia stesse prendendo il sopravvento.

Sulle lenzuola di lino stropicciate, Clint colse il ricamo della R, l'iniziale del nome di Rafflesia, comprendendone la provenienza «Sono lenzuola del corredo da sposa, vero?».

«Sì, le aveva ricamate mia madre per me e per Erika, confidando di poterci aggiungere l'iniziale del nome dei nostri futuri mariti. Purtroppo, è venuta a mancare ben prima, come sai. Ma io e lei le utilizziamo ogni giorno, è un modo per sentirla più vicina e... questa sarà la nostra prima notte di nozze, Falco, amore mio» non avrebbe potuto auspicare di battezzarle in modo migliore, nella camera immacolata, nonostante i due giorni in cui vi si era rinchiusa.

I fiori di buganvillea color glicine e rosso acceso dei cespi lasciati da Maria nel vaso di cristallo avevano mantenuto la loro freschezza, il sole riscaldava tiepidamente la stanza attraverso le tende di velato tessuto bouclé. La testata di legno, intarsiata dall'abilità di un artigiano professionista, rendeva ancor più prezioso il talamo coniugale.

La mano nodosa e forte dello sceriffo intrecciò le dita con la sua, il corpo si posò sul suo alla ricerca di una continuità desiderata ardentemente, la destra sciolse il nastrino di seta del colletto dell'abito da notte, legato a fiocco. Realizzata in semplice cotone bianco, la veste aveva delle maniche scampanate di una lunghezza tre quarti che avvolgevano il braccio, terminando in un'applicazione di pizzo; la gonna arrivava a metà gamba, con un'unica rouches.

I lembi della scollatura, aperti, mostrarono il profilo del seno rotondo, che Barton si accinse a scoprire completamente. I seni perfettamente circolari e armoniosi, simmetrici, pieni allo stesso modo in alto e in basso gli parvero il risultato di un'opera di uno scultore, fra cui spiccava il ciondolo a goccia in ametista; i capezzoli sporgenti, rosei e compatti, lo estasiarono, al pari della timidezza femminile mista alla brama leggibile nelle pupille dilatate «Sei bellissima e sono pazzo di te, ma basta una tua sola parola e mi fermerò, non andremo oltre» lo dichiarò con sincerità, per l'amore che provava per lei «Ma devi dirmelo adesso, perché, se al contrario, andremo avanti, non potrò resistere al tuo fascino e alla tua bellezza, mia dolce signorina Tyler, e non ti ho nemmeno chiesto di sposarmi, al contrario di qualcun altro» le labbra fuggirono sull'apice sinistro, che si ritrovò a suggere intanto che le dita carezzavano il destro «Dio, che idiota, arrivare sempre per secondo... avrei dovuto domandartelo già da tempo».

Il riferimento alla proposta di Bruce e l'oblio nel quale era caduta spinsero Rafflesia a un livello di audacia che non credeva di possedere «Vuoi sposarmi, Clint Barton? Perché se pronuncerai tu quelle due lettere, quella sillaba, allora non si potrà tornare più indietro in alcun modo».

Occhio di Falco si bloccò, sicuro della veridicità e della fermezza dell'intenzione della compagna. «Sì» disse di getto, senza alcuna remora o paura, il cuore che pompava adrenalina e non sangue «Non voglio altro che te, tutta la vita. E nemmeno ho un anello da darti». Si sentì fortemente impreparato.

Gli occhi color glicine si illuminarono di una felicità immensa e seppe che mai avrebbe visto Rafflesia tanto bella, come in quel momento «La proposta te l'ho fatta io, perché avevo già qualcosa di più prezioso di un anello, Clint: avevo questo». Prese fra le dita il monile dalla pietra violetta «E' il simbolo del nostro amore, non ho bisogno di altro se non dei tuoi baci» atteggiò le labbra in un delizioso cuoricino, affinché lui le riempisse con le proprie.

«Tutti i baci che vuoi, tutti i baci che potrò... sempre» le promise, sorbendo la parte superiore della sua bocca in un avviluppo passionale.

Le dita della mora arrivarono ai bottoni dei calzoni, le falangi di Barton alla pelle nuda delle cosce lunghe e affusolate, sotto la camicia da notte. La muscolatura era tonica, guizzante, frutto dell'impegno fisico da cavallerizza. Lo turbò la nudità completa al di sotto della stoffa, l'assenza di biancheria intima della sua signorina, goduta nella libertà nella propria stanza da letto, in un picco di lussuria che aumentò al tocco del gluteo carnoso e sporgente.

Le manine liberarono il Falco delle braghe di cotone, portate sotto i pantaloni anche in estate, rivelando la sua già pronta mascolinità, dedicandosi a un ingenuo massaggio dal tenore scarsamente casto. L'inesperta partner alzò il bacino affinché la camicia da notte, ultima barriera a dividere i loro corpi, scivolasse più facilmente verso il basso.

La sinistra maschile iniziò una lunghissima carezza dal fianco fino alla guancia di Rafflesia, che terminò nel punto esatto in cui restava la sua cicatrice, sfiorata coi polpastrelli. Scese ancora a baciarla, percependo il solletico del batuffolo scuro che nascondeva la sua illibatezza.

Cibandosi della sua bocca, vellicò il piccolo e dolce bioccolo, con la massima attenzione fino alla barriera della sua purezza, incentivato dal mielato nettare trovato sulla sua strada, il segno tangibile del piacere provocatole.

«Clint» mormorò la bruna, reggendosi alle sue spalle, incredula della sensazione paradisiaca che l'aveva invasa, una strana e languida distensione, nel silenzio rotto dai loro baci e dai pochi rumori esterni che non riusciva più a cogliere. Il cinguettare degli uccellini, l'abbaiare dei cani, il tono rauco di Bellatrix, i nitriti acuti e profondi dei cavalli, il brusio di voci sconosciute... erano soltanto uno sfondo lontano.

Esisteva Clint, la propria persistente eccitazione, le pulsazioni che dal cuore avevano invaso il cervello fino al centro della propria intimità, la delizia liquida che aveva stillato, profusamente.

E non aveva vissuto la lusinga del Falco come intrusiva e sgradita, tutt'altro. Quando lui mosse la mano alla ricerca del punto nevralgico del piacere femminile, custodito fra le sfrangiate ali di farfalla, senza smettere di baciarla, con gli occhi grigiazzurri puntati sui suoi, sussultò, comprendendo che un fiume in piena, di un appagamento meritato, stava per colpirla. I fianchi scattarono, scollegati da qualsiasi controllo razionale, in un carosello di colori, esplosi in sfumature più sgargianti dei fuochi d'artificio del ballo d'autunno. Lo spettacolo pirotecnico fu nulla davanti alla deflagrazione del cuore che batteva all'impazzata, del respiro che si faceva sempre più corto, delle mani tenute sulle lenzuola, nel tentativo impossibile di aggrapparsi all'oceano d'amore che spazzò via la tristezza di entrambi, in un attimo di infinito.

«Rafflesia, amore» la chiamò, commosso, alla presa della mano portata alle labbra per essere adorata. In maniera naturale strofinò la sua rigidità contro l'infiorescenza rorida di rugiada, in una ricerca spontanea di completamento di coppia.

«Ti amo, Clint, voglio solo te, marito» soffiò il suo amore in un anelito di perfezione che avvolse ambedue, allargando le cosce per riceverlo, con un gemito di voluttà e di sofferenza per la leggera fitta invadente.

«E io amo te, Rafflesia, unica moglie della mia vita» si era addentrato fino al punto di non ritorno, all'estremo carnale della loro relazione. Unì dei colpi ritmati, ma lievi, cercando di far sì che la loro unione fosse piacevole e non forzata. Tenne il collo da cigno sollevato, per poter guardare l'amata negli occhi, immergendosi in lei con tutto l'affetto che aveva da donarle.

L'ennesima spinta, più modulata e diretta, l'aiutò nel compito. La vide, dispiaciuto, contrarre il volto in una smorfietta di sofferenza, uno strizzare di palpebre immediatamente sostituito dal sorriso celestiale, premio alla loro totale fusione.

Era una comunione di corpi e di anime, un perfetto incastro fra due esseri umani nati per stare assieme, riconosciutisi fin dai primi attimi di conoscenza.

Una lacrima sgorgò dall'occhio destro di Rafflesia, una goccia fatata che Clint conosceva bene, la stessa che le aveva solcato la guancia quando le aveva promesso che avrebbe riscattato il puledrino di White Star e Quicksilver, triste impegno che non avrebbe potuto mantenere. Il pensiero lo addolorò, ma lo scacciò per concentrarsi sulla gioiosità della compagna, sulla reazione spontanea al sentirlo dentro di sé, in modo completo, la stessa che provava lui.

Rialzatosi, prese la gamba femminile dalla caviglia per posarla sul suo bicipite; il bacino in avanti gli permise di combinarsi a Rafflesia in modo ancor più compiuto, riempiendo la sua profondità. Certo di non provocarle dolore, le sorrise intensamente, lasciandole un bacio schioccante sull'interno del polpaccio.

Alla successiva pulsione le contrazioni dell'antro muliebre si sintonizzarono sulla frequenza delle proprie; i due corpi ondeggiarono, combinati in un groviglio di baci, di pelle, di umori, che li portò davanti alla porta dell'Eden, aperta simultaneamente.

«Ti amo, Clint Barton, marito» sussurrò ancora lei, il capo reclinato sul cuscino, i capelli sciolti dal nastro violetto, squassata dal piacere intenso di un amore completo.

«Ti amo, signora Barton» controbatté lui, senza fiato, stringendone la manina e la fettuccia di seta, riversando tutto se stesso nel regalo più prezioso che potesse ricevere. Cercò di trattenere l'attimo, il ricordo, la sensazione del momento unico e irripetibile che stavano vivendo, ogni fotogramma del pomeriggio di coccole, abbracciandola con foga.

Si spostò, collocandosi lateralmente, accaldato, una moina nell'incavo dei seni fino al mento che afferrò fra pollice e indice «Mi hai reso l'uomo più felice del mondo».

«Tu a me, sceriffo Barton. Che c'è?» aveva colto un minuscolo cambiamento d'umore, in lui. Passò la punta delle dita e le unghie arrotondate sulla peluria castana sul suo torace.

«Non sono stato in grado di proteggerti, nonostante tutto ho sottovalutato Zemo, mi sono distratto ed è successo quello che è successo a White Star» prese una pausa e mormorò «È raro che due persone siano così giuste l'una per l'altra; se sanno restare assieme nonostante le avversità, devono fare in modo di non arrendersi, non solo per l'amore ma anche per gli altri aspetti positivi della loro relazione. Il male non dovrebbe vincere in generale, dovrebbe vincere l'amore. Andremo incontro a momenti molto duri. Credi ancora in noi due?». Aveva bisogno di una risposta positiva, per affrontare il futuro senza ombre.

Al sentire nominare la mustang, Rafflesia impallidì, ma le bastò l'accenno di inquietudine sul volto sudato e arrossato di Clint per riprendere il controllo delle proprie emozioni «Riempiremo i giorni a venire di ricordi solo belli perché saremo insieme, Falco: crederò sempre in noi, posso prometterti questo!».

«Mi basta!» non era poco: era tutto, per lui.

«Non ti incolperò mai per la morte di White Star, e ho avuto una reazione di chiusura per lo choc subito per la sua perdita che potrebbe considerarsi esagerata. Non era mia intenzione tenerti fuori dalla porta della mia stanza e dalla mia vita, ho avuto bisogno di un momento solitario per sfogarmi. Anzi, una parte di me era spaventata, perché il venir meno di uno dei capisaldi del nostro accordo per portare a Rose Creek la squadra di pistoleri era sfumato e ho avuto la forte sensazione io stessa che la strada da percorrere fosse diventata buia» era svenuta davanti all'uccisione della sua stellina per il dolore e per uno strano freddo che le era calato addosso, che l'aveva avvolta nelle membra in maniera spiacevolissima.

«Adesso, quindi, è cambiato qualcosa, sei più serena?» spostatala sopra di sé per guardarla meglio in viso e godere dei loro corpi uniti, Barton volle accertarsene.

«Quando hai detto che volevi lasciarmi e mi hai chiesto di perdonarmi, mi sono sentita morire. Posso vivere senza la mia mustang, ma non senza di te» confessò «non si è mai vista una sposa che stia lontana dal marito. Per cui, Clint, ora andremo nella stanza accanto per un lungo bagno caldo, e, dopo che ti avrò coccolato, scenderemo giù dagli altri, ceneremo insieme a loro e farò preparare la camera che ti avevo promesso» con un pizzico di malizia e un'estrema contentezza Rafflesia replicò un'audace e allettante proposta.

Nemmeno finì la frase che si ritrovò, di nuovo, in braccio a suo marito che la baciava, in direzione della sala da bagno.

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