Capitolo 2

Aprii gli occhi e, con il solito mal di testa di una sbornia, mi alzai consapevole di dover andare a lezione.

Uscito dalla stanza mi accorsi che quella non era casa mia.
«Ti sei svegliato» commentò la voce di James alle mie spalle.
«Che ci faccio qui?» gli chiesi massaggiandomi le tempie per il dolore e il caos immenso che avevo in testa.

«Chiedilo a Ben» sentendo pronunciare quel nome mi venne una fitta di rabbia che prevalse sul mio stato di confusione.

«Dopo avergli spaccato il muso credo che oggi ti cercherà» mi disse mentre accese la sigaretta di prima mattina. Me ne porse una che accettai volentieri.

«La mia moto?» chiesi alzandomi dal divano per andare verso lo specchio in salotto.
«Ti ho accompagnato io alla festa di ieri sera» disse passandomi una tazza di abbondante caffè.

«Senti ieri dopo che ti ho portato nella mia auto dicevi qualcosa riguardo...»
«Non sprecare parole. So quello che pensavo di aver visto ieri. Ce l'ho avuto in testa fino ad ora. Non riesco a non pensarci.» ammisi.

Wow la mia prima confessione ad un amico. Stavo facendo progressi.

«Vado» annunciai sistemandomi i capelli per poi prendere il mio giubbotto.
«Vengo con te»
«Non serve»
«Ne sei sicuro?» conoscendomi sapeva bene cosa avevo in mente di fare e fece molto bene ad allarmassi in quel modo.

Finii la mia sigaretta e partimmo con la sua auto. Prima avrei messo le mani su quello stronzo prima mi sarei sentito meglio.

Arrivati, come sempre, vidi Ben nel parcheggio che mi sorrise avvicinandosi.

«Ti sei divertito ieri sera» disse togliendosi gli occhiali da sole che coprivano l'occhio gonfio.
«È quello che meriti» gli dissi avvicinandomi a lui per intimidirlo. Era poco più basso di me e questo mi faceva avere un leggero vantaggio.

Si avventò su di me scagliando un pugno sul mio viso che schivai lanciandogli un diretto in pieno stomaco.
Iniziò a piegarsi dal dolore ma appena si riprese tornò all'attacco. Era lento e nessun pugno riuscii ad andare a segno.

In pochi minuti mi ritrovai intorno altre persone che assistevano curiosi alla rissa da strada che stavamo creando. Per mia sfortuna uno tra questi spettatori era il Sign. Galyrth, il preside dell'istituto.

«Mathison» mi chiamò tirandomi per il giubbotto per allontanarmi da Ben. Come sempre, lo stronzo iniziò a fare la finta vittima dicendo "mi è saltato addosso" oppure "ma sei pazzo, cosa ti ho fatto?" Per non parlare del ruolo che aveva il padre.
«Fanculo» bisbigliai ma il Sign. Galyrth riuscii a sentirmi. Quello che speravo.

«Mathison nel mio ufficio. Voi ragazzi avviatevi alle vostre lezioni» urlò autoritario.
James allargò le braccia cercando di capire qualcosa di quello che avevo fatto.

«Si può sapere cosa le prende. Possibile che deve creare sempre problemi a questo istituto?» iniziò a urlare appena mettemmo piede all'interno del suo ufficio.
«Ho già sentito queste cazzate» urlai a mia volta.
«Se vuole essere spedito a casa basta dirlo ed io non impiegherò molto tempo ad inviare una lettera alla sua famiglia»
«Quale famiglia» pensai ad alta voce.
Si sedette sulla sua costosissima sedia girevole di pelle nera per poi posare la testa sulla mano.

«Cosa devo fare con lei» continuò.
«Lei non fa mai niente di utile per questo istituto. Si preoccupa solo della sua immagine» aprii la porta ed uscii prima di subirmi altre cazzate da parte di quel venduto.

«La prossima volta non se la caverà tanto facilmente» mi urlò dietro prima di chiudere violentemente la porta.

Sbuffando presi il corridoio per uscire da quel maledetto edificio ma la mia attenzione finì sulla ragazza accostata al muro. Libri tra le braccia e capelli biondi che le cadevano sulle spalle, per non parlare dei suoi occhi grigi proprio come li avevo io. Fu un attimo prima che abbassasse lo sguardo.

Matricola...

Mi sedetti su uno dei muretti vicino l'edificio prima che iniziasse la lezione a cui avrei dovuto partecipare.

Vidi uscire quella matricola dall'edificio e la guardai a lungo come se il mio sguardo non si voleva distogliere dal suo fisico.

Nuova studentessa, nuovi giochi.
«Che fai, mi eviti?» dissi con un ghigno sulle labbra. Abbassò lo sguardo cercando di girarmi intorno per poter passare.
«Dovrei andare a lezione» disse senza degnarmi di uno sguardo. Prima che se ne andasse le afferrai il polso e la avvicinai a me. Non accettavo i rifiuti tanto facilmente.

«Guarda, guarda. Sei una matricola eh... Nessuna mi eviterebbe» dissi sorridendo soddisfatto.

Ma i giochi finirono quando vidi Thomas avvicinarsi con fare minaccioso.
«Lasciala stare» mi disse.
Non risposi continuando a concentrarmi sulla nuova ragazza.
«Non è una delle tue puttane, Jonathan» a quella affermazione la guardai e lei incrociò il mio sguardo. I suoi occhi così grigi molto simili ai miei avevano una nota di preoccupazione e tristezza. Ne aveva passate tante e lo riuscii a percepire da un semplice sguardo.

Allentai la presa riponendo la mia stronzaggine.
«Me lo sarei immaginato. Thomas che frequenta una come questa»
«Torna da Evelin. Lei si che è una facile, ma lascia stare Abby» ringhiò mio fratello. Non riuscii a trattenere un riso per la sua reazione da duro.

Mi incamminai verso l'uscita salutando i due.
«Thomas...ciao Abby» mi incamminai ma tutto d'un tratto vidi Ben e il suo gruppo di fronte l'uscita. Non potevo permettermi altri problemi così entrai per subirmi la lezione a cui non avrei voluto partecipare.

Entrai e iniziai a dare gomitate alla gente che mi spingevano da ogni lato. I ragazzi che correvano per andare alle prossimi lezioni, proprio non li capivo.
«Amore» mi chiamò  una voce stridula e insopportabile alle spalle. Cazzo no...
«Amore» la salutai con un finto entusiasmo per poi sentire le sue labbra appiccicose sulle mie. Cominciò a parlarmi ma non la stavo ascoltando minimamente.

A un certo punto vidi una piccola figura venirmi incontro che cadde a terra dopo l'impatto.
«Non sai neanche camminare» commentai strappando una risata isterica ad Evelin.

«Abby, ti sei fatta male?» le chiese mio fratello allarmandosi. Gli porse la mano che lei afferrò. Si sistemò i capelli con un rapido gesto ed io non riuscii a staccare il mio sguardo dai suoi movimenti. Perché?

Mi sarei voluto proprio divertire con lei. Tutto in una notte. Chissà se era vergine? Sicuro.

«No. Sto bene, grazie» rispose lei.
«Piacere sono Evelin, la ragazza di Jonathan» sottolineò Evelin porgendole la mano. Mi stava stritolando il braccio come se fossi di sua appartenenza ed io la detestavo sempre di più ogni volta che lo faceva.

«Tu dovresti essere Abby» disse con quella voce insopportabilmente stridula. La odiavo e ancora non capivo cosa mi teneva a stare con lei.

«Oh ciao Thomas. Non ti avevo visto»
Aggiunse. Anche se detestavo i modi di mio fratello, era comunque mio fratello e gli atteggiamenti di Evelin mi fecero infuriare.
«Ti va di venire alla festa venerdì? Ci sarà da divertirsi. Si terrà nel secondo dormitorio a ovest. Ti lascio il numero» continuò la voce stridula.

«No grazie. Non verrò alla festa» disse Abby. Quel suo modo indifferente non fece altro che attirare di più la mia attenzione.

«Ti lascio il numero in caso cambiassi idea» continuò Evelin insistendo.

«Non ho un cellulare» rispose stanca. Raccolse le ultime cose che le erano cadute per non subirsi altri sguardi.
Evelin scoppiò a ridere ed io cercai in tutti i modi di resistere.
«Cosa? Non hai un cellulare?» aggiunse sempre con la stessa risata.

Me ne andai prima di fare una delle mie sfuriate. Per allentare la tensione che avevo in corpo, sbuffai e presi una sigaretta dal mio pacchetto.

«Amore?» sentii chiamarmi ma riuscii a confondermi tra i ragazzi prima che riuscisse a raggiungermi.
Uscii e andai dietro l'edificio per stare da solo.

Il cellulare cominciò a squillare e vidi il nome di Evelin comparire sullo schermo. Chiusi la telefonata ancora prima di risponderle e continuai a fumarmi la sigaretta.

Avrei avuto altre due lezioni ma la voglia di partecipare se ne era andata insieme alla mia calma.

Porsi uno sguardo all'uscita e notai che Ben e i suoi stronzi se ne erano andati così mi avvicinai all'uscita e raggiunsi casa dove presi la mia moto.

A grande velocità feci il giro lungo per arrivare a casa di mia madre. Saltai molto semafori e non seguivo i segnali, ma non avevi niente da perdere e il vento freddo mi aiutava a rilassarmi senza pensare a niente.

Arrivai a casa e ad aprirmi comparve mia madre che sembrò molto entusiasta di vedermi.
«Jonny, cosa ti porta qui? Ti servono dei soldi?» mi chiese con un sorriso sulle labbra.

Da quando mio padre era scomparso mia madre ha cercato di darmi sempre il meglio continuando a prestarmi anche dei soldi per garantirmi un futuro. Anche se eravamo sommersi dai debiti, trovava sempre il lato positivo delle cose. Mi garantiva sempre il meglio anche con i pochi soldi che le restavano. Quando finii in quel girone di droga, lei mi aiutò prestandomi numerosi soldi per pagare i debiti che mi stavo creando.

«No, sono passato solo per salutarti»
«Ma certo. Vuoi rimanere questa sera a casa. Sai quella stanza è vuota senza di te» da quando avevo iniziato il nuovo college avevo deciso di prendermi una casa e non passavo molto tempo a casa.

«Va bene» le diedi un bacio sulla guancia per poi andare in bagno per una doccia veloce.

«Sono a casa» sentii la voce di Thomas avvicinarsi al corridoio.
«Guarda chi si vede. Il palatino della giustizia» commentai acido.

«Senti, non puoi credere di portarti tutte le ragazze a letto quindi vedi di starle alla larga. Lei non è come le altre»

"Lei non è come le altre" quella frase rimase impressa nella mia mente. Sapevo che non era come le altre per questo mi elettrizzava l'idea di giocarci un po'. Ma sapevo che Thomas non me lo avrebbe permesso.

«Fai come ti pare» rientrai nella mia stanza finì a quando non mi arrivò un messaggio da parte di Nash.

"Birreria ore 22:00 ti aspettiamo" diceva. Chiusi il messaggio e mi preparai per andarci.

«Sto uscendo» annunciai rivolgendo un piccolo sguardo a Thomas che si trovava sul divano. Ricambiò lo sguardo per poi tornare a guardare la TV.

Che la serata abbia inizio.

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«Jonny» mi chiamò mia madre dalla cucina. Vidi la luce entrare dalla finestra e mi ritrovai su una superficie dura e insopportabilmente scomoda. Ero finito sul pavimento senza sapere come.

La serata in birreria. Nash, James e Jason Low.

Mi alzai confuso e andai in cucina prendendo un caffè per svegliarmi del tutto. Mia madre non ci fece molto caso al mio stato. C'era già passata e mi aveva ripetuto molte volte di smettere di bere e di ubriacarmi in quel modo ma senza risultati.

«Vado nella mia stanza» le dissi finendo di bere il caffè.
«Ti chiamerò per il pranzo» urlò per farsi sentire.
«Guarda che sono ancora qui» le ricordai.
Fece una piccola risata per poi continuare a preparare qualcosa dal profumo invitante.

Mi lasciai cadere sul letto prendendo il computer tra le mani. Iniziai a buttare qualche idea giù per concentrarmi su qualcosa che veramente mi importava.

Il cellulare fece il suo solito suono di avvertimento e aprendo il messaggio di Nash che mi era appena arrivato trovai in allegato un video.

Lo aprii e lo guardai attentamente.
Era la serata in birreria.
«Ho saputo che stai con una ragazza, eh?» chiese Nash a Jason.
«Si» biascicò barcollando strappando una risata a tutti tranne che a me.
«È una perfettina del cazzo. Ci credete che ancora non abbiamo scopato? Mah...la migliore è Evelin. Lei si che sa come far divertire un ragazzo» disse portandosi il bicchiere alla bocca.

«Sei tu che non sai portarti le ragazze a letto» si sentii la mia voce.
«Perché sai fare di meglio?»
«Non ci tengo ad andare dietro a questa ragazza» insistetti
«Hai ragione, tu hai Evelin. Riusciro' a scoparmele entrambe. »

«Tu? Ma se neanche con Anny ci sei riuscito» dissi strappando un boato dagli altri due ragazzi.
«Ha ragione. E poi come credi di fare, se il tuo obbiettivo è solo scopartela devi darti una mossa prima che passi il primo anniversario» commentò Nash da dietro il cellulare e tutti risero.
«Ho bisogno di un'altra birra. Ho bisogno di una buona scusa per dimenticare quella stronza che mi ritrovo a sognarla anche di notte. Mi sembra di impazzire» aggiunsi non potendoci credere a quello che avevo appena detto. Nash che teneva il cellulare si avvicinò dove ero seduto e l inquadratura si rivolse verso il pavimento del locale.

«Come si chiama?» riuscì a sentire ancora anche se l'inquadratura era fissa sulle mie scarpe da ginnastica.
«Si chiama Abby Taylor. È arrivata oggi nel nostro istitu-» disse Jason e il video finì.

Una risata mi sfuggì. Non poteva essere la stessa Abby. Tornai al computer con un enorme sorriso da ebete stampato in volto.

«Vieni Jonny» non mi accorsi delle ore che passarono velocemente e mia madre mi ricordò che era ora di pranzo.
Scesi le scale a grandi passi per poi trovarmi una ragazza bionda di fronte.

«Ciao..io...sono...» appena si accorse di me le parole persero di tono morendole dentro.
«Abby» dissi sorpreso cercando di non farmi sfuggire quella risata.

Spostò il suo sguardo su Thomas che molto probabilmente non le aveva raccontato della nostra parentela.
Tornò a guardarmi posando i suoi occhi sui miei.
«J-Jonathan» balbettò.

Le cose stavano diventando sempre più  divertenti e se avrei messo i bastoni tra le ruote a Jason? Ci sarebbe stato da divertirsi... inoltre mi si era presentata una buona scusa per dimenticare Tylor.

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Questo è il secondo capitolo della storia I Need You dal punto di vista di Jonathan. Spero vi piaccia. Ben presto arriverà anche il terzo capitolo... Non è facile rivedere tutte le battute e dialogarle dal punto di vista di Jonh.

Volevo dirvi che tornerò molto sicuramente alle vecchie pubblicazioni appena finisco di ricontrollare i capitoli.

FATEMI SAPERE COSA NE PENSATE. VOTATE E COMMENTATE.

Bye Bye ❤️

-Mydisasterisyou.

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