XLXII. Abisso

Quando il cielo si oscurò per ben due volte, tutti gli occhi si posarono sulle due enormi creature che volteggiavano tranquille. Il primo, nero come la notte, guidava il secondo bestione bronzeo.

Il re guardò dalla finestra la scena, si appoggiò al suo bastone e riconobbe subito in quel secondo drago il potente Vermithor. Per un attimo si domandò perché fosse lì, ma vide i due volare sereni.

Quando Myra presentò Hugh al re, questo non fu contento.

Aegon II Targaryen sedeva sul suo trono di legno, costruito appositamente per lui da alcuni maestri legnai. Le sue dita erano avvolte attorno ai braccioli decorati con draghi scolpiti, lo sguardo fisso sui due fratelli davanti a lui.

Myra, lo guardava serena. Le mani incrociate, gli occhi fiduciosi. Tuttavia Aegon in un primo momento non fu affatto contento di quell'intrusione. Passò lo sguardo sul fratello maggiore, Hugh che al contrario di lei aveva un'aria guardinga, le spalle rigide, gli occhi che sembravano studiare la situazione.

Era un uomo possente. Aegon riconobbe subito la somiglianza tra i due negli occhi scuri. Tuttavia Hugh aveva una chioma argentea, proprio come la sua. Questa cosa lo infastidiva. La regina dei bastardi aveva sul serio raccolto orde di cuccioli meticci Targaryen per trovare dei cavalieri ai suoi draghi. Il Cannibale aveva trovato Myra a differenza loro.

Aegon scrutava Hugh con attenzione: si soffermò a fissare le sue mani dure, piene di calli e ferite. Giudicò il suo fisico come quello di un guerriero, come uno di quelli che si sarebbero distinti facilmente in battaglia. Ma il Re non vedeva solo i muscoli o l’armatura ben tenuta: vedeva l’incertezza negli occhi di Hugh, un’ombra che non gli piaceva affatto. Può un uomo cambiare fedeltà così facilmente? pensò, con un brivido di diffidenza che gli scivolò lungo la schiena.

In un primo momento Aegon e Myra avevano discusso in privato circa quella presa di posizione improvvisa, ma alla fine aveva dovuto cedere. Lei del resto aveva giurato sulla sua vita che il fratello fosse ora dalla loro parte, ma Aegon sapeva bene quanto fosse pericoloso fidarsi. Ci era già cascato.

- Sei qui di tua volontà? - chiese Aegon, spezzando il silenzio. La sua voce risuonò come un’eco nella sala grande. Il re si rese conto di come Hugh lo stesse osservando; quasi con pietà. Digrignò i denti al pensiero.

- Sì, Maestà.- rispose Hugh, con un’inclinazione della testa che sapeva di rispetto forzato. - Non posso negare che l'intervento di mia sorella sia stato essenziale e influente nella mia decisone. Mi ha spiegato la situazione e la vostra, sono pronto a combattere per voi. -

Parole vuote. Aegon serrò la mascella, combattendo l’impulso di ordinare immediatamente che Hugh fosse rinchiuso nelle segrete. Chi tradisce una volta, tradisce per sempre. Il tradimento è come un ragno sotto pelle che cova le uova al riparo ed esce fuori poco alla volta.

- Perché dovrei fidarmi? Fino a poco fa combattevi per la mia sorellastra. Hai ucciso molti uomini con il tuo drago. -

Hugh parve riflettere su quelle parole prima di dare la sua risposta.

- Sì, ho ucciso molti dei vostri uomini. - disse senza mezzi termini e Myra tenne il fiato sospeso a quelle parole. - Ma non ho mai creduto nella sua causa. Sostengo il vostro diritto di successione come naturale e giusto, vostra altezza. Un anno fa sono venuto a chiedervi udienza e voi siete stato molto gentile e premuroso. Lo eravate sempre con il popolo. Rhaenyra Targaryen è incapace nel regnare e il popolo si lamenta già di lei. -

Stai cercando di assecondarmi. Le tue parole sono vuote.

Poi il suo sguardo si posò su Myra. Lei non lo avrebbe mai tradito. La sua lealtà era incrollabile. Lo aveva aiutato quando era distrutto, lei aveva rimesso insieme ogni pezzo. Adesso Aegon voleva credere che quella lealtà fosse sufficiente a garantire anche quella del fratello.

-Dice il vero: il popolo si lamenta perché ha fame. La chiamano Maegor con le tette. -

- Vedremo. - disse infine, lasciando che la promessa di giudizio pendesse come una lama sopra la testa di Hugh. - Siediti. Bevi. Ma sappi che ogni tua mossa sarà osservata. Voglio sapere ogni cosa circa Rhaenyra e i suoi nuovi cavalieri. -

Fu in quel momento che Ser Larys Strong entrò nella sala, il passo claudicante che sembrava annunciare il peso di orribili notizie. Portava in mano un rotolo di pergamena, sigillato con la cera nera del Concilio di Harrenhal.

Gli occhi di Aegon si strinsero mentre osservava l’uomo avvicinarsi.

- Maestà. - disse Larys, chinando il capo in un gesto che sembrava più calcolato che sincero. - È appena arrivato. -

Aegon tese la mano per prendere il messaggio, strappando il sigillo con un movimento deciso. Lesse in silenzio, gli occhi che scorrevano rapidamente le parole, poi si fermò. Le sue dita si strinsero attorno alla pergamena, accartocciandola.

- Non riesco a crederci. - sussurrò. Vide Mura guardarlo curiosa. Non riuscì a trattenere una risatina.
- Daemon e Aemond si sono scontrati all'Occhio degli Dei. Sono entrambi morti. - rise divertito continuando a rileggere le stesse parole. - Mio fratello giace sul fondo di quel lago! -

Per un istante, il mondo sembrò fermarsi.

Mio fratello. Mio nemico. Morto.

Una parte di Aegon provò un sollievo così profondo che quasi si vergognò. Con la morte di Aemond, il pericolo più grande per il suo regno era svanito. Eppure c'era una parte di lui che non era affatto soddisfatta di ciò. Avrebbe voluto essere lui a ucciderlo, fargli pagare tutte le sofferenze che aveva vissuto. Ma questo pensiero fu accantonato rapidamente.

Non aveva più bisogno di preoccuparsi di un fratello ambizioso che avrebbe potuto tradirlo. Non doveva più preoccuparsi di Vaghar. Con Vermithor, il Cannibale e Sunfyre aveva tutto ciò che gli serviva per sterminare Rhaenyra Targaryen e la sua progenie.

Quanto a Daemon... Aegon non provava altro che disprezzo per quell'uomo. Il più infido dei Targaryen, una spina nel fianco della sua casa fin dal principio. La sua morte era un dono, e il Re non si sarebbe rammaricato per essa.

Si alzò in piedi, un sorriso gelido che si allargava lentamente sul suo volto.

- Versate del vino! - ordinò, la voce che risuonò come un tuono nella sala mentre alcuni servitori accorsero. Nessuno, neppure Larys gli fece storie per quel brindisi. Nessuno gli avrebbe tolto la soddisfazione di festeggiare quella vittoria.
- Oggi brindiamo! Ai miei nemici caduti. Ai traditori della mia casa, che gli dei li maledicano e li perseguitino anche nella loro fottuta morte! -

I servitori si mossero con velocità, portando calici e una caraffa di vino rosso.

Myra lo guardò, il suo sguardo impenetrabile, ma Aegon vide un lampo di approvazione nei suoi occhi. Era lei, dopotutto, a comprendere meglio di chiunque altro che la guerra si vinceva anche con il sangue freddo. Hugh sollevò il suo calice poco dopo, forse riflettendo sul significato di quelle parole. Non era propriamente convinto.

Aemond aspettò che tutti fossero pronti a quel brindisi e poi sollevò il calice, il vino scuro che rifletteva la luce delle torce.
- A Daemon Targaryen e al suo Caraxes. -  disse, la voce carica di sarcasmo. - E ad Aemond, mio caro adorabile fratello. A quella puttana di Vaghar. Che la loro fine porti pace a questo regno. -
Poi bevve un lungo sorso, assaporando il sapore dolce del vino. Sapeva di vittoria.

E mentre brindava alla morte dei suoi nemici, si chiese quanto sangue ancora sarebbe stato versato prima che il Trono di Spade fosse veramente suo. Rhaenyra Targaryen, sperava.

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