XLXI. Azzardo
Quando i loro occhi si incrociarono e compresero la realtà, nessuno dei due osò parlare.
Myra rimase immobile, le mani strette lungo i fianchi. Una parte di lei la implorava di dimenticare tutto: i colori, gli stemmi, il sangue versato, gli schieramenti. Hugh era pur sempre suo fratello, l'unico legame rimasto con una famiglia che non esisteva più. L'ultimo frammento di una vita passata.
Il suo sguardo poi si posò su Vermithor, l'enorme drago bronzeo minaccioso che torreggiava alle spalle di Hugh. Fu anche la sua presenza a impedirgli di parlare normalmente.
Non riuscì a corrergli incontro e ad abbracciarlo. E per lui fu lo stesso.
- Sapevo che eri tu. - ribatté Hugh. Il suo viso una maschera fredda. - Hai attaccato Ali d'argento con il tuo drago. Tutti hanno pensato che Ulf fosse impazzito quando ha parlato del Cannibale. - mormorò osservando la bestia nera che torreggiava difronte a lui. Un singolo gesto di Myra e Hugh sarebbe diventato cenere.
- Non l'ho attaccato io. Mi sono solo difesa. - ribatté lei fredda. Si morse le labbra.
- Tu... sei dalla parte sbagliata. - mormorò Hugh, spezzando il silenzio. La sua voce era incerta, ma nel suo sguardo c’era una fiamma che Myra ricordava bene: quella dell’orgoglio che aveva sempre accompagnato il fratello maggiore.
Ricordò le loro conversazioni, i loro momenti assieme quando erano solo dei bambini.
Lei piegò appena il capo, studiandolo con un’espressione indecifrabile.
- Eppure sei tu quello che cavalca per un'assassina di bambini. Non sono io a essere nel posto sbagliato, Hugh. -
L’uomo sbuffò, un suono breve e nervoso.
- Rhaenyra è la legittima erede. E non ha ordinato lei di giustiziare il figlio del tuo re. Lo sai bene. I verdi non combattono per giustizia, ma per sete di potere. -
- E i neri cosa fanno?- ribatté Myra, avanzando di un passo. Quello era suo fratello eppure adesso sembrava un perfetto sconosciuto. Myra si morse le labbra.
- Dimmi, Hugh, sei davvero convinto che la tua regina veda in te più di un’arma? Pensi che il tuo drago, la tua forza, siano abbastanza per guadagnarti un posto accanto a lei? Sai bene che non ti considererà mai un suo pari. Anche se il tuo drago è il più grosso del suo schieramento. -
Il volto di Hugh si irrigidì.
- Lei mi ha dato l'opportunità di reclamare un drago. Rhaenyra Targaryen è la legittima erede al trono di spade. Qualsiasi cosa mi dirai non cambierà ciò che è giusto. -
Myra rise, un suono amaro che rimbombò tra le colline.
- La giustizia? La giustizia non esiste, Hugh. Ma se speri che Rhaenyra e Daemon Targaryen ti ricompenseranno, sbagli di grosso. Non lo faranno, non ti daranno ciò che cerchi. Io sono il braccio destro di Aegon II Targaryen e se verrai con me, ti prometto che non combatterai solo per la sopravvivenza. -
Il silenzio calò di nuovo, ma questa volta Hugh strinse gli occhi scuri in fessure, analizzando ogni sfumatura del volto della sorella.
- E cosa mi garantisce che Aegon sia diverso? chiese infine, la voce più bassa.
- Che tu sia diversa? -
- Niente. - ammise Myra, spostandosi appena e accarezzando il muso del Cannibale che sbuffò. - Ma so una cosa, fratello. Io non ti lascerò marcire come un semplice cavaliere di draghi. Sei il mio sangue, e il sangue conta più delle alleanze. Unisciti a me, volta le spalle ai neri e noi conquisteremo il mondo. Riavremo tutto ciò che non abbiamo mai avuto, ogni cosa. Non sarai più un'umile fabbro e io non sarò una serva. - dire quelle parole le costò molto. Myra non aveva mai avuto il desiderio di regnare, ma sapeva bene che suo fratello in fondo al cuore era molto ambizioso.
Hugh non rispose subito, ma il suo respiro si fece più profondo. La tensione nel suo corpo era evidente, come se ogni fibra lottasse contro qualcosa che non riusciva a definire. - Non posso abbandonare i neri. Non così. -
- Certo che puoi. - insistette Myra, avanzando fino a toccargli il braccio. - E devi. Hugh, questa guerra non avrà mai fine se tu non passi dalla nostra parte. Moriremo tutti. Resterà solo un cumulo di cenere. -
Le sue parole rimasero sospese nell’aria, un invito e una sfida al tempo stesso. Hugh serrò i pugni, combattuto tra ciò che credeva e ciò che la sorella gli stava mostrando. Poi, finalmente, annuì, anche se il gesto fu lento e pesante.
- Non voglio che qualcuno ti faccia male, sorella. -
Myra sospirò, mordendosi le labbra e ringraziando mentalmente tutte le conversazioni ostiche che aveva affrontato seduta a tavolino con Ser Larys. Senza dire nulla i due si avvicinarono.
Hugh camminava lento, come se ogni passo lo ancorasse al passato. Myra per un secondo fu incapace di muoversi, poi però si calmò e quel silenzio imbarazzante fu interrotto. Hugh le passò un braccio intorno alle spalle e la tirò verso di sé.
L’abbraccio fu inizialmente rigido, quasi incerto. Myra sentì il calore familiare del corpo di Hugh, il battito del suo cuore forte e costante, ma anche il peso delle battaglie che li avevano divisi. Restò immobile per un istante, le braccia a metà tra la volontà di stringerlo e il timore di mostrarsi vulnerabile. Poi cedette, lasciandosi andare, afferrando la sua schiena con forza.
- Combatteremo assieme questa guerra. E la vinceremo. -
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