XLVI. Anarchia

Il volo verso la capitale fu inaspettatamente breve. La serva comprese ben presto quanto il Cannibale fosse svelto e agile, inoltre apprese che quel drago era capace di volare in modo furtivo, lontano dagli sguardi indiscreti. Era così che era sopravvissuto a lungo, bruciando i suoi nemici con un soffio e sorvolando ogni tipo di problema.

Myra scivolò giù dal Cannibale con l'agilità di una ladra esperta, sentiva i muscoli delle gambe farle male a causa dello sforzo. Il drago, grande come una montagna nera e feroce come la morte stessa, si fermò al limite del Bosco del Re, le ali ripiegate e le fauci che emettevano una fosca luce rossastra nella notte. Myra gli accarezzò il collo squamoso, sentendo sotto la mano la forza bruta che quell'essere conteneva, e con un sussurro lo congedò, chiedendogli di restare nascosto fino al suo ritorno.

Il Cannibale la osservò con occhi intelligenti, poi si immerse tra gli alberi, diventando un'ombra tra le ombre. Myra si stupì di quel gesto, ma decise che non era il momento di tentennare.

Da sola, Myra si avvicinò alla città. Le mura  della Fortezza Rossa si stagliavano contro il cielo coperto di nubi, minacciose e inespugnabili, ma non per lei. Il cielo era scuro ormai e ogni tanto, all'orizzonte, si intravedevano dei fulmini che illuminavano il cielo in modo macabro. Con passo deciso si infilò tra i vicoli della città, leggera come una gatta furtiva, mentre il cuore le batteva nel petto con la forza di mille tamburi da guerra.

La città era immersa in un silenzio innaturale, spezzato solo dai lontani latrati di cani randagi e dal fruscio del vento tra le torri. A causa del temporale, le strade erano quasi del tutto vuote.

Per aggirare le guardie e l'ingresso principale, usò uno dei passaggi segreti di Maegor. Si ritrovò un attimo a pensare a quel re spietato che la stava aiutando così tanto da quando aveva conosciuto Aegon. Quei cunicoli sotterranei erano un dedalo intricatissimo che si snodava al di sotto di Approdo del Re, senza quella conoscenza non sarebbe mai riuscita a entrare eludendo la sicurezza.

Quando raggiunse l'ingresso nascosto che conduceva agli appartamenti della servitù, si fermò per un momento, il respiro trattenuto. Se l'avessero riconosciuta l'avrebbero spedita dritta sulla forca, senza un processo.

Con un movimento fluido, aprì una botola e si infilò dentro, scivolando silenziosa come un'ombra in quei passaggi segreti. Le torce creavano lunghe ombre danzanti lungo le pareti di pietra umida, che sembravano volerla afferrare. Il suo respiro era calmo, controllato, lucida.

Raggiunse gli appartamenti della servitù  senza incontrare anima viva e si fermò davanti a una fila di abiti appesi, scelse il più logoro e si cambiò in tutta fretta. Si tolse il mantello nero e quel vestito verde smeraldo che le aveva regalato Aegon, in quel modo avrebbe solo attirato attenzione su di sé. Il tessuto grezzo le grattò la pelle, ma non vi fece caso. D'un tratto era tornata ad essere una semplice serva, questo le portò alla memoria tutto ciò che esso comportava. La nostalgia la avvolse.

Doveva muoversi.

Arrotolò le maniche fino agli avambracci, poi uscì dalla stanza e si diresse verso i quartieri reali, passando inosservata tra servi e soldati assonnati. Nessuno faceva caso alla servitù, ripeté a sé stessa cercando di calmarsi. Tuttavia sentiva le gambe e le mani tremare mentre si avvicinava alla porta della regina Helaena, ma anche allora Myra si costrinse a mantenere la calma.

Quando aprì la porta, il respiro le si fermò in gola. La stanza della regina era sempre stata particolare a causa dei disegni e degli araldi che la regina aveva appeso sulle pareti. Ma non fu quello a colpirla, nonostante quegli strani disegni fossero moltiplicati.

Helaena Targaryen, la regina e la moglie di Aegon era seduta su una poltrona vicino alla finestra con la luce della luna che la illuminava e creava un alone argenteo intorno alla sua figura. I suoi occhi violacei, che avrebbero potuto essere pieni di sospetto o paura, erano invece calmi, quasi distaccati, mentre osservavano Myra entrare.

Non aveva mai avuto modo di parlare con lei, perché quando si era ritrovata a servirla era già muta. Adesso invece, sentì l'esigenza di parlare.

- Regina Heleana. - sussurrò, facendo un lieve inchino ma senza mai distogliere lo sguardo.

La giovane Targaryen la osservò per un lungo istante, poi parlò con una voce così calma che sembrava provenire da un mondo lontano.
- Sei qui per loro, vero? Per Jaehaera e Maelor? -

Myra annuì, senza aggiungere dire altro. Ogni parola poteva essere quella sbagliata e in fin dei conti sapeva che Heleana non aveva alcuna colpa in tutto ciò che era successo.

Un sorriso dolce, ma triste, si dipinse sul volto della regina.
- Sapevo che stavi arrivando. - disse, quasi tra sé e sé. - Aegon... è amato ora, vero? -

La serva annuì, incapace di credere che quella donna fosse pronta a rinunciare a suo marito e che le stesse consegnando i suoi figli.

- La tua non sarà la dinastia del principe promesso. Non avete alcun valore nella guerra tra il ghiaccio e il fuoco. La vostra storia non verrà mai narrata. Vivrete nell'ombra, com'è giusto che sia. -

Myra aggrottò la fronte, confusa dalle parole di Helaena, ma prima che potesse rispondere in qualche modo, la porta si aprì di nuovo, e nella stanza entrò Melisandre, la sacerdotessa rossa. Indossava ancora gli abiti servili proprio come lei, ma nei suoi occhi c'era una consapevolezza diversa. Sembrava preoccupata.

Con passo lento, attraversò la stanza fino a Helaena, cullando tra le braccia la piccola Jaehaera, la cui testa dai capelli d'argento si poggiava mollemente sulla spalla della sacerdotessa. Sonnecchiava ancora.

Melisandre si avvicinò a Myra e, senza dire una parola le mise la bambina tra le braccia.

Myra sentì il peso caldo di Jaehaera contro il suo petto e il cuore le si strinse. La bambina era leggera come una piuma, ma la responsabilità che gravava su di lei era più pesante di qualsiasi armatura.
Heleana si alzò e diede un bacio sulla fronte della piccola, accarezzandole i capelli.

- Fai presto, Myra. - disse Melisandre, la sua voce ferma e carica di un'autorità che non poteva essere ignorata.

Myra, con un nodo in gola, annuì.
Fece qualche passo indietro e poi si voltò, stordita.

- E Maelor? Dov'è? - chiese, la voce tradita da un tremito.

Un'ombra di paura attraversò il volto di Helaena. I suoi occhi, prima così calmi, si spalancarono in un'espressione di puro terrore.
- Maelor... -ansimò, il suo respiro diventando irregolare, mentre il panico prendeva il sopravvento.

Melisandre la avvolse in un abbraccio rassicurante, sussurrando parole che solo la regina poteva udire. Poi, alzò lo sguardo su Myra, i suoi occhi verdi che brillavano di una conoscenza antica e insondabile.

- Ser Rickard lo ha già portato via. - disse con calma. - Ma non c'è tempo, Myra. Il destino è già stato chiaro in merito. -

Myra si sentì paralizzata e pietrificata, combattuta tra il desiderio di aiutare il piccolo principe e l'urgenza di fuggire con Jaehaera. Ma le parole di Melisandre avevano un peso che non poteva ignorare. Non c'era altro da fare. Con un ultimo sguardo a Helaena, ancora intrappolata nel suo attacco di panico, Myra si voltò e corse fuori dalla stanza, Jaehaera stretta tra le braccia.

Il suo percorso attraverso i passaggi segreti fu frenetico, ogni passo un rintocco nella sua mente. La bambina non piangeva, forse troppo spaventata o troppo confusa per capire cosa stesse accadendo. Si era svegliata però e guardava indietro, cercando di capire cosa stesse succedendo. Myra riuscì finalmente a uscire dai cunicoli e a raggiungere il Bosco del Re.

Il Cannibale era lì, come promesso, le grandi ali ripiegate e gli occhi ardenti che la fissavano. La belva guardò la bambina ed emise un basso ringhio, producendo una nuvola di fumo.

- Morghul? - sussurrò la bambina guardando il drago, ma Myra non le diede il tempo di dire altro.

Con un ultimo sforzo, issò Jaehaera sul dorso del drago, poi si arrampicò lei stessa, stringendo con forza le redini improvvisate.

- Sovegon! -  sussurrò al drago, e il Cannibale obbedì, levandosi in volo con un battito d'ali possente.

Volando sopra la città, Myra guardò in basso e con orrore vide qualcosa che non dimenticò mai.

Nelle strade sul retro della fortezza c'era una carrozza che avanzava veloce verso est. Ma d'un tratto, il popolo vedendoli uscire dal castello, pensarono che si trattasse di cibo e uscirono in avanscoperta con le torce e le forche tra le mani. Il regno di Aemond il guercio uccise molte persone a causa della carestia che aveva provocato con i suoi blocchi navali.

La folla si radunò attorno a Ser Rickard che teneva in braccio Maelor, il piccolo principe dai capelli biondi. Aveva solo due anni. Ma stavolta, il popolo non fu clemente nei confronti del bambino.  Le urla e i rumori di lotta si alzavarono come un coro infernale.
Erano affamati e arrabbiati e pensavano che in quel modo avrebbero fatto del male al principe reggente, ma così non fu.

Maelor finì tra le mani di centinaia di sconosciuti che lo strattonarono fino a stracciarne le carni, imbrattando le mura della capitale di sangue.

Il cuore di Myra si strinse, mise le mani davanti agli occhi di Jaehaera cercando di impedirle di vedere ciò che stava accadendo a suo fratello. Ma la bambina aveva visto. E il Cannibale sentendo la paura nel cuore di Myra tentò di virare, pronto ad aprire le fauci e a carbonizzare tutti quegli abitanti. Sentì la pelle del suo drago divenire più calda, come se avesse già tra le fauci un colpo mortale già pronto a sferrare.

- Daor! Daor! - urlò Myra con tutto il fiato che aveva in corpo, il Cannibale emise un ringhio acuto, poi proseguì più veloce.

Melisandre aveva detto che il destino di Maelor era già scritto, e Myra non era abbastanza folle da sfidare una profezia.

Il drago volò più in alto, allontanandosi dalla città, e le grida si affievolirono fino a diventare un ricordo lontano.
Myra non riuscì a trattenere le lacrime al ricordo di quel dolce bambino, che aveva accudito più di una volta. Ripensò a quella notte in cui Sangue e Formaggio avevano ucciso Jaehaeris e a come Maelor piangeva a causa delle urla di suo padre.

Non c'era spazio per la speranza quella notte, solo per la sopravvivenza.

E mentre il Cannibale si allontanava da Approdo del Re, portando con sé Myra e Jaehaera, la città viveva ignara dell'alba di sangue e fuoco che la attendeva. Da sud giunse l'armata dei neri e con essa, ben sette draghi attraversarono il cielo.

Myra pregò con tutta sé stessa che nessuno si accorgesse di lei, ma come al solito gli dei la delusero. Alla luce della luna, vide quello schieramento di draghi rompersi, uno tra loro si accorse della sua presenza e virò.

Uno solo. Ma lei, non aveva mai combattuto. E aveva una bambina da salvare.

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