Capitolo 18: I Trust You

Lysabeth P.O.V
Dopo aver cenato, guardo un po' di televisione, circa verso le dieci mio padre si alza sfregandosi le mani.
<<Okay, io devo andare ragazzi.>> dice stampando un bacio sulla guancia a me e a Mike.

Mi viene quasi da piangere a pensare che non lo vedrò per circa cinque mesi, ma cerco di trattenere le lacrime anche se i miei occhi non contribuiscono.
Diventano rossi e gonfi, sono lucidi e si vede che sto per scoppiare a piangere. Probabilmente mio padre se né accorto e viene verso di me.

<<Non piangere tesoro, non vado via per sempre, tornerò e con molti regali.>> mi dice abbracciandomi.

<<Papà ma io non voglio i regali, io voglio te.>> lascio cadere le lacrime che mi rigano il viso senza smettere.

<<Lo sai che anche io vorrei rimanere, e sai anche che per me è più importante la famiglia del lavoro, ma non posso non continuare, devo aiutare tua madre nel mantenere la famiglia e senza lavoro sarei inutile. Lo sai che ti voglio un bene infinito.>>

Mi stacco dall'abbraccio e guardo Mike. Lui ci sembra abituato, non vedo una grande tristezza nei suoi occhi, solamente abitudine.
Ma io lo so che lui è triste, lo so che lui vorrebbe contribuire nell'aiutare la famiglia e far lasciare quel lavoro orribile a papà. Io lo so.

Mio padre si dirige da mia madre.
La vedo davvero affranta, in questi giorni era solare e adesso stava tornando felice.
Il sorriso lo ha sempre avuto, ma quando non c'è papà si vede che le manca qualcosa, che non è completamente felice, che vorrebbe di più...
La bacia e anche lei cerca di trattenere le lacrime, le accarezza il viso e le sorride.

<<Mi sembri ancora la ragazzina di cui mi ero innamorato, la dolce mora sempre solare, coi suoi occhi verdi come sua figlia, e che con i quali trasmetteva gioia. Mi ricordo di quella volta in cui ti avevo fatta piangere. Non sai per quanto ho pensato ad una soluzione, ad un modo per farmi perdonare. E il giorno dopo, tu sei venuta da me e mi hai abbracciato, mi hai detto che mi perdonavi. Hai un cuore grande Emily.>> le dice sussurrando.

Lei lo abbraccia sempre più forte.

<<Vai, che perdi l'aereo.>> gli dice sistemandogli la cravatta e sorridendo.

Ci saluta tutti ed esce dalla porta con la sua valigia nera.

Mio padre mi mancherà davvero tanto.

Vado subito a letto, voglio affogare il dolore nel sonno, voglio sognare che lui sia ancora da noi e che ci resterà per sempre.

Mi sveglia mia madre alle 7.00 con la sua solita dolcezza. Mi alzo e dopo aver fatto colazione vado a lavarmi. Dopodiché vado in camera mia ed apro il mio grande armadio.
Prendo un paio di leggins neri e la maglia che mi ha regalato papà di Vettel. Ogni volta che la guardo mi piace sempre di più e i ricordi riaffiorano come cascate.
Prendo le Air-Max bianche che mi ha comprato Mike, il mio Parka e il mio Eastpack nero. Dopo aver messo dentro i libri e i quaderni prendo anche il mio skateboard nuovo.
È stupendo.

Esco di casa e vado a scuola.

Annah mi sta aspettando fuori insieme a Justin che mi guarda, come se avesse qualcosa da dirmi.
Arrivo da loro e Justin parla.
<<Dopo scuola vieni via con me.>> mi dice.

Annah mi guarda come se volesse sapere che cosa stesse succedendo.

<<No.>> gli dico sorridendo.

<<Invece lo farai, che tu voglia o meno.>>
Dice e se ne va.

<< Ti ho detto che devi dimenticarlo.>> mi dice Annah come se avesse ragione.

<<Ma lui non è un cattivo ragazzo, tu non puoi capire.>>

<<Lysa ti vuole solo portare a letto, tutto ciò che di carino ti dice lo fa per farti 'cadere nella sua trappola'. Una volta che ci sei dentro non ne esci, e se ne esci, lo fai con il cuore distrutto.>>

<<Tu non lo conosci.>>

<<Fidati, lo conosco.>> mi risponde secca.

<<Cambiando discorso...>>
<<Hai chiesto a tua madre per la festa?>> continua.

<<Me ne sono dimenticata.>> dico sorridendo un po' per l'imbarazzo.

<<La mia ha detto che ci posso andare, ho già deciso cosa mettermi quindi io sono a posto. Ora tu devi decidere cosa indossare, ricorda che la festa è domani.>> mi dice.

<<Mi serve prima il permesso, ricordalo.>>

Entriamo a scuola, le ore passano veloci e io ho sempre più paura per ciò che mi ha detto Justin. All'intervallo non l'ho visto e ho paura che suoni quella maledetta campanella.

Esco da scuola e una macchina mi si ferma davanti.
Qualcuno abbassa il finestrino e vedo Justin che appoggia il braccio sulla portiera.

<<Sali piccola.>> dice scendendo dalla macchina.

<<Non voglio.>> gli dico.

<<Dai, mica ti stupro>> dice ridendo.

Faccio un passo indietro.

<<Non volevo spaventarti piccola.>> dice accennando un sorriso.

Perché continua a chiamarmi piccola? Lui non mi ama, e adesso inizio a pensare che Annah potrebbe aver ragione. Magari è solo quello il suo scopo. Ma quel piccola continua a girarmi nella testa.

Se ci tieni veramente qualcosa, corri qualsiasi rischio giusto? E io ci tengo a lui.

Mi apre la portiera del passeggiero come un gentil'uomo e salgo.

Avviso mia madre che arriverò un po' più tardi perché mi fermo a mangiare fuori con Annah.
Forse non dovrei mentirle ma non mi lascerebbe andare in macchina con uno 'sconosciuto'.

<<Da quando mi chiamo Annah?>> dice ridendo.

Sono in una situazione molto imbarazzante, non pensavo riuscisse a leggere ma lo ha fatto.
Non so cosa dire quindi non rispondo.

<<Non volevo metterti in imbarazzo.>> dice mettendo la sua mano sulla mia gamba.

Sento invaso il mio spazio e gli guardo la mano, vede che sono in imbarazzo ma non la toglie. Dopo un paio di minuti rimette entrambe le mani sul volante.

<<Dove andiamo?>> Chiedo.

<<Sorpresa>> dice guardandomi.

<<Non mi piacciono le sorprese.>> gli dico quasi con aria saccente.

<<Peccato.>> continua a guardare la strada.

Appoggio la testa sulla portiera e guardo fuori dal finestrino, il silenzio è un po' imbarazzante e mi sento a disagio.

Lui accende la radio, passa la canzone 'Can't feel my face' e si mette a cantare.

Davvero, non riesco a ragionare quando canta, la sua voce cazzo, la sua voce.

<<Puoi smetterla?>> dico non resistendo più a quella voce, se avesse continuato lo avrei baciato, senza dubbio.

<<Perché sennò cosa fai? Mi salti addosso?>> dice guidando su una stradina sterrata.

Siamo ormai in un boschetto fitto con solo una piccola stradina sperduta.
La solitudine mi spaventa, molto.
Fra i boschi intravedo un laghetto, era carino e l'acqua molto azzurra.

<<Credici.>> dico facendogli l'occhiolino.

Lui ferma la macchina quasi bruscamente e inizio ad aver paura, paura diaver detto qualcosa di male.

Hello, it's me.
Anyway, demenza a parte ho deciso di fare i capitoli più lunghi d'ora in poi. Prima diciamo che erano circa 800 parole adesso 1150 circa.
Magari posso allungarmi ancora di più, si vedrà :)

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