Capitolo 15: Similar
Lysabeth P.O.V
<<Sì chiama Justin...>> confesso.
Quel nome così difficile da dire, è come se mi attraversasse tutta la colonna vertebrale, irritando ogni vertebra; una per una.
Ma è solo amore alla fine, non è disprezzo e neppure odio.
È amore, perché quando si ama qualcuno si accettano i difetti e si impara ad amarli.
Ma come si fa a sopportare che la persona che ami abbia fottuto più di mezza scuola?
<<Mi basta il suo indirizzo, il nome non mi serve.>> dice serio.
Non riesco a trattenere la risata, per la sua cattiveria a fin di bene. Dopo poco scoppia a ridere anche lui, ma non dura molto, torna serio quasi subito.
<<Mi piace, ma lui è un puttaniere...>> dissi sempre più tristemente.
<<Ricorda, le persone cambiano.>>
Quella risposta mi fece pensare, mi fece raffiorare un passato che ormai era finito nel 'dimenticatoio', completamente rimosso dalla mia mente.
Flashback
Charel era la mia migliore amica dalle elementari e delle medie, ma una volta varcata la soglia delle superiori cambiò. Voleva essere notata, vista, voleva sentirsi importante. Ormai io ero diventata di troppo, solo uno scarto delle superiori, solo una sfigata degna solo di sopravvivere.
Perché per lei era questo che facevo io, sopravvivevo; se non si cercavano i piaceri di un fidanzato, se non si cercava di essere popolare e notata, allora questo per lei non era vivere ma bensì sopravvivere.
Ormai mi scherniva davanti ai ragazzi, alle mie amiche.
Lei, che era stata l'unica persona che capiva i miei piccoli problemi delle elementari nonchè delle medie e lei stessa che se allora mi avessero preso in giro sarebbe stata la prima a difendermi, adesso era lei da cui mi dovevo difendere ed era lei la ragione dei miei problemi.
Lei era cambiata, in peggio.
Era questa la mia paura, che nessuno riuscisse a cambiare in meglio.
È difficile cambiare i propri vizi.
Fine flashback.
<<In peggio.>> dissi secca.
Probabilmente non si aspettava questa risposta.
L'atmosfera è diventata fredda, non sa più cosa dirmi; ho fatto tacere l'unica persona che avrebbe potuto aiutarmi.
<<Non sei positiva...>> disse dopo una decina di minuti pietrificanti.
<<Dimmi un lato positivo del suo carattere di merda e allora da oggi sarò positiva.>>
Il mio tono arrogante stupisce perfino me stessa. L'ho rifatto, ho trattato male di nuovo mio fratello, l'ho offeso e disprezzato con poche parole.
Non resisto e mi alzo dal letto, impugno la maniglia della porta e mentre apro sussurro.
<<Scusa.>>
Richiudo la porta alle mie spalle, vado in camera mia e piango.
Piango per il dolore, per il disprezzo verso me stessa, per la mia stessa arroganza. Avevo trattato mio fratello come aveva fatto Justin con me.
Alla fin fine, non siamo così diversi.
Lui feriva con gli atti, io con le parole.
Ceno solo per la presenza di mio padre, che alquanto rara mi fa decidere di mangiare.
Dopo aver finito do un bacio e un caldo abbraccio a mia madre e dopo aver fatto lo stesso con mio padre, decido di andare a letto.
Prendo il cellulare, controllo se ci sono messaggi da parte di Justin, ma nulla, solo notifiche di Instagram e Twitter.
Ho voglia di scrivergli, ma ho paura di dargli fastidio, di disturbarlo. Non gli importa di me, non mi pensa e non immagina ad una vita con me. Lui non mi vuole.
[..]
Mia madre mi sveglia con una carezza sulla schiena, una carezza delicata che solo lei sa darmi. Sono le 10:00 di mattina e fra una mezz'oretta dobbiamo andare a messa.
Io credo in Dio, penso che esista e anche i miei genitori lo pensano. Non mi faccio condizionare dalle tendenze, non mi importa se mi dicono 'antica' o mi prendono in giro, io ci credo. Ci credo come i bambini credono all'esistenza di Santa Lucia, ci credo come un pilota di Formula Uno spera in una vittoria, ci credo come una madre che spera che suo figlio cresca sano e forte. Semplicemente, ci credo.
[...]
La messa è finita e decidiamo di andare a comprare dei pasticcini. Dopo essere tornati a casa e aver finito di pranzare io e Mike andiamo in un negozio di scarpe non lontano da casa nostra.
Entriamo e una commessa ci accoglie. Ha poca voglia di lavorare, si vede dai suoi occhi svogliati. Tutto il contrario della mora al bancone, vivace e gentile, con un sorriso smagliante e gli occhi illuminati. Si vede che per lei è una passione il suo lavoro, lo fa con gioia e migliora così la sua voglia di lavorare.
Dopo aver provato un paio di Air-Force bianche basse e un paio di Air-Max bianche, decido per la seconda opzione. Mio fratello prende dal portafogli una banconota da 100 euro, e dopo aver preso il minimo resto di un centesimo, usciamo dal negozio con un grande sacchetto in mano.
<<Mike...>> dico.
Lui si volta.
<<Grazie.>> continuo mentre gli stampo un bacio sulla guancia.
Lui sorride e ci incamminiamo verso altri negozi.
Justin P.O.V
La vedo uscire dal negozio di scarpe, ha in mano un sacchetto molto ingombrante e suo fratello sta riponendo il suo portafogli nella tasca dei suoi jeans.
Vedo che gli dice qualcosa e poi gli da un bacio sulla guancia, lui sorride; probabilmente lo ha appena ringraziato. Si dirigono verso un negozio di vestiti e senza dare troppo all'occhio li seguo.
Suo fratello dopo aver preso un paio di vestiti entra in un camerino. La sorella lo sta aspettando e nel frattempo la vedo allontanarsi verso il reparto donne. Approfitto della situazione e la seguo, cammino fino a superarla toccando la sua spalla con il mio petto. Lei chiede scusa e mi giro.
Vedo i suoi occhi divenire spenti, tristi. Non sembra felice di vedermi eppure sento che infondo infondo ci sperava.
Sarà mia.
Spazio Autrice:
Scusate se ci ho impiegato un po' più del solito, ma volevo fare il capitolo più lungo e ci sono riuscita. Volevo ringraziare tutti per le 700 visualizzazioni e passa, come avevo anticipato nell'avviso {eliminato} a 1k ci sarà un doppio capitolo, cioè un capitolo lungo il doppio. Prossimo capitolo fra 100 visualizzazioni.
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