- Memories II

Erano passati pochi giorni dal mio ingresso in società e la prima proposta di matrimonio non si fece attendere. Era una giornata fredda di inizio novembre quando mio padre organizzò l'incontro con il pretendente. Tutto il castello era in fermento. Io, invece, ero ancora profondamente ferita da quanto successo il giorno del mio compleanno.

La Regina mi pregò d'indossare uno strano vestito così pieno di balze e fronzoli che, a prima vista, mi fu difficile persino capire da dove s'infilasse; la congedai e optai per qualcosa di semplice, un dolcevita bianco in cashmere e dei pantaloni blu notte in lana stretch*. Non volevo far colpo su di lui e lasciai i capelli sciolti, niente gioielli né trucco, così da apparire più sobria possibile.

Indugiai nella mia stanza fino all'ultimo, poi Fred, il maggiordomo, mi consigliò di recarmi in sala da pranzo se non volevo far scoppiare di rabbia il Re.

Controvoglia, scesi le scale e mi arresi a quell'incontro.

«Eleonore, ti presento » disse mio padre, indicando un uomo alto alla sua destra.

Gli porsi un cenno con il capo in segno di saluto, che ricambiò con un sorriso gentile. Mi fermai a guardarlo: aveva i e le iridi nocciola che rimandavano tenerezza, nonostante il Mi aspettavo un qualche signorotto altezzoso e burbero e invece fui quasi felice di intrattenere una conversazione con lui. Passeggiammo da soli nella corte, per poi inoltrarci nel giardino fino all'ora di pranzo, parlando di tante cose. Taylor aveva viaggiato molto nella vita e ascoltai con piacere i suoi racconti, che mi avevano regalato l'opportunità di abbandonare, almeno con la mente, i dintorni del castello. Nel mio cuore non c'era spazio per nessun altro, ma non disdegnai quell'incontro.

Il Re ospitò il Principe e la sua famiglia al castello. La mattina seguente, dopo la colazione consumata in loro compagnia, ci spostammo nel salotto per conversare.

Fu tutto così tranquillo che mi accorsi troppo tardi di essere stata sotto costante osservazione.

«Allora, Eleonore», mio padre attirò l'attenzione su di sé, «sembrate andare molto d'accordo tu e il principe Taylor, non è vero?» Guardò gli altri ospiti per cercare manforte.

Mi sentii un po' a disagio, ma non potei negare l'evidenza. «Sì. Io e il Principe abbiamo avuto modo di chiacchierare con piacere» risposi, osservando Taylor rivolgermi un sorriso.

Sussultai a causa di un battito di mani. «Questa è davvero una splendida notizia! Allora la festa di questa sera è confermata» dichiarò a gran voce mio padre, puntando lo sguardo sui genitori del Principe, biondi come lui.

Sgranai gli occhi, confusa. «Devo essermi persa qualcosa. Quale festa?» Erano passati cinque giorni dall'ultimo evento, quello organizzato in onore dei miei sedici anni, e ancora ne avvertivo i postumi.

«La vostra festa di fidanzamento» disse la Regina.

Spalancai la bocca dallo stupore, tanto che mia madre dovette rivolgermi un cenno perché mi dessi un contegno. «State... state scherzando? Noi...» Il fatto che ci fossimo trovati bene a parlare non poteva bastare per organizzare il fidanzamento. Non sapevamo nulla l'uno dell'altra e io non potevo accettare per nessun motivo!

Mio padre si alzò, seguito dagli altri. «L'Irlanda sarebbe onorata di gemellarsi con la Norvegia e anche Taylor si è mostrato favorevole al matrimonio. Per cui, non ha alcun senso tergiversare». Invitò mia madre a posare la mano sul proprio braccio e insieme lasciarono il salotto.

Mi drizzai in piedi e provai a replicare, ma non mi diedero modo di farlo. Dentro di me il dolore per aver rifiutato Leon bruciava vivo come magma incandescente, per non parlare del suo consenso alla proposta di matrimonio con Alissa. Non avevo alcuna intenzione di fidanzarmi, tantomeno con qualcuno che non amavo.

Nell'arco della giornata tentai più volte di far ragionare mio padre sull'avventatezza di quella decisione, ma lui, spalleggiato da Gordon sopraggiunto per l'evento, fu irremovibile. Ero agitata e furiosa di essere trattata come una bambola da vendere al miglior offerente.

Fra un pensiero e l'altro su come ostacolare il fidanzamento, giunse sera.

Rimasi a prepararmi nelle mie stanze più del dovuto. Ero stata costretta a indossare un abito avorio dallo stile retró, con fiocchi e balze, a cui avevo acconsentito soltanto se mi avessero dispensato dall'uso della crinolina*.

Osservavo la mia immagine allo specchio mentre allacciavo i nastri di seta sotto il seno. Leon sarebbe venuto? Lo speravo, nonostante sapessi che sarebbe stato meglio non incontrarsi più.

All'improvviso sentii bussare. Pensai che fosse mia madre, giunta a sistemarmi i capelli in una treccia, e senza voltarmi dissi: «Avanti».

L'uscio si schiuse. «Con permesso». Sussultai al suono di una voce maschile e mi girai. Taylor mi stava osservando a qualche passo dalla soglia, vestito con un completo da cerimonia beige.

«T-Taylor. Come mai sei qui? Hai bisogno di qualcosa?» domandai a disagio. Era la prima volta che un uomo entrava nelle mie stanze.

Sorrise. «Nulla di particolare. Volevo soltanto sincerarmi che stessi bene».

Ricambiai il suo sorriso. Tuttavia, non riuscivo a sentirmi tranquilla.

Il piano delle camere da notte era sprovvisto del solito numero di guardie e camerieri, perché impiegati nella sala centrale, e per qualche motivo quella situazione non mi piaceva. Anche se si era dimostrato un uomo piacente, cosa sapevo di lui? Niente, e doveva uscire dalle mie stanze.

Accentuai il sorriso. «Tutto bene, grazie. Sono quasi pronta. Ora credo che...» Mi zittii quando chiuse la porta dietro di sé.

In un attimo fui invasa dall'agitazione.

«Sai, Nora», puntò gli occhi nei miei, «posso chiamarti Nora, sì?» Il tono era pacato, ma non riuscii a rispondere. «Quando i miei genitori mi hanno mostrato la tua foto non sono riuscito a credere ai miei occhi per tanta bellezza e penso di essermi innamorato di te a prima vista» disse avvicinandosi. «Non credevo che mi sarebbe stata fatta una proposta simile». Si fermò a pochi passi da me. «Mi ero riproposto di... resistere alla tentazione ma, dopo averti vista, non mi sarei mai aspettato di sentire il desiderio scorrermi con tale violenza nelle vene. E sapere che dopo stasera saremo fidanzati, mi fa... perdere il controllo». Pronunciò le ultime parole con voce grave, carica di qualcosa che mi riempì di paura.

Indietreggiai, ma Taylor mi afferrò la mano sinistra con forza e mi attirò a sé; provò a baciarmi e voltai il capo, le sue labbra finirono vicino al mio orecchio. Mi dimenai per liberarmi, il corpo tremante fin dentro le ossa, ma la mia forza non era nulla in confronto alla sua.

«T-Taylor, smettila! Che cosa ti pren...» Tacqui appena mi strinse a sé, bloccandomi le braccia contro il petto.

Lo guardai negli occhi e vidi soltanto tenebre.

«Presto ci sposeremo e ti farò mia tutte le notti, ma non ho intenzione di aspettare» disse, liberando la sua vera essenza oscura. Chi era l'uomo con cui avevo parlato? E chi l'essere mostruoso che avevo di fronte?

Ancora provai a divincolarmi, le sue labbra umide mi risalivano il collo. Riuscii a liberare una mano e lo colpii sotto il mento con la parte bassa del palmo. La presa su di me si allentò e indietreggiai.

Ero terrorizzata e non sapevo cosa fare. L'unica via d'uscita era alle sue spalle, avrei potuto gridare ma non sapevo se con il frastuono della festa qualcuno mi avrebbe sentita. Inoltre, se lo avessi accusato pubblicamente di aggressione avrei messo i nostri regni in guerra e non volevo che mio padre affrontasse un conflitto. La sua salute era migliorata, tuttavia avevo paura che si ammalasse ancora.

Decisi di farlo ragionare con le parole, ma non riuscii a emettere fiato: i suoi occhi fissi su di me erano freddi e oscuri, privi della luce gentile dietro cui si era nascosto. Taylor scattò verso di me, rivolgendomi uno sguardo furioso per il colpo che gli avevo dato, e indietreggiai ancora senza curarmi di cosa ci fosse alle mie spalle; sbattei il fondoschiena al tavolino e persi l'equilibrio cadendo a terra, insieme al vaso di rose che si ruppe. I cocci si sparsero e uno di essi mi colpì al petto, ferendomi all'altezza della clavicola sinistra.

Il Principe non perse l'occasione e in un attimo mi fu addosso. Sentii la sua mano risalire la coscia sinistra sotto il vestito e afferrare il bordo dei miei slip, mentre mi chiudeva la bocca con l'altra, che cercavo inutilmente di scostare. Dalla finestra sulla destra proveniva il chiacchiericcio festoso degli invitati, che risuonava nella stanza coprendo i miei lamenti. Nessuno mi avrebbe sentita.

Taylor tentò di sfilarmi gli slip e gli strinsi la mano provando a fermarlo, ma ogni protesta era del tutto vana. Tirò l'indumento con forza, riuscendo a strapparne un lato e mi smosse la gonna per sistemarsi meglio su di me.

«Che cosa sta succedendo?» La voce di mia madre mi parve il dono di un angelo. Voltai il capo verso di lei, immobile sull'uscio spalancato mentre ci guardava sconvolta.

Taylor tolse subito la mano dalla mia bocca, si drizzò in piedi e sistemò il completo con fare agitato. «Regina Sheela, io e vostra figlia, ecco... È una ragazza tentatrice, con i suoi abiti e i suoi atteggiamenti, e un poveruomo come me ha l'animo debole». Incolpò me perché non apparisse il mostro che era in realtà.

Mia madre mi fissò mentre, tremante, cercavo di rialzarmi. Inspirò a fondo e sorrise. «Sono costernata per il comportamento di mia figlia, principe Taylor», gli si avvicinò, «e ti chiedo cortesemente di perdonarla». Lo prese sottobraccio per accompagnarlo all'ingresso. «Torna alla festa. Eleonore riceverà una ramanzina per quanto accaduto e saremo subito in sala per i festeggiamenti».

Lo condusse oltre l'uscio e chiuse la porta prima che potesse controbattere. Si rigirò e corse ad abbracciarmi.

«Mi dispiace, piccola mia. Mi dispiace infinitamente!» esclamò, stringendomi forte a sé. Mi guardò negli occhi. «Non diremo nulla a tuo padre, d'accordo? Ci penserò io ad annullare questo matrimonio, sta' tranquilla». Mi posò un bacio sulla fronte e andò via.

Restai immobile, incapace di fare qualsiasi cosa. Persino pensare.

Avvertivo ancora le sue mani stringermi con prepotenza e lisciai il vestito sgualcito con i palmi come se quel gesto potesse aggiustare ogni cosa. Mi voltai verso la finestra e osservai la gente affluire all'interno del castello, mentre il sole alle loro spalle era quasi del tutto scomparso. I brividi mi corrodevano il corpo, gli occhi bruciavano. Mi accarezzai una guancia, bagnandomi i polpastrelli.

«Eleonore». Una splendida voce arrivò dalle mie spalle, un suono melodioso che mi era mancato come fosse una parte vitale di me.

Volsi il capo, Leon era fermo sull'uscio. Quanto era bello... Vederlo mi fece sentire d'improvviso al sicuro e non riuscii più a trattenere la tristezza. Mi accovacciai su me stessa, scoppiando in un pianto disperato.

Mi sentii subito stretta in un abbraccio e m'irrigidii. Sollevai lo sguardo, il viso di Leon era sconvolto dal tormento. Non pensai ad altro se non al bisogno di averlo vicino. Avvolsi le braccia intorno al suo collo per stringerlo forte e lasciai che le lacrime portassero via la paura causata da quella violenza.

Leon non disse nulla, mi tenne fra le braccia accogliendo anche il mio dolore. Il suo profumo, il suo calore, le carezze e i baci delicati che mi posava sulla testa donarono al mio cuore un tenero conforto che avrei voluto assaporare per il resto della vita.



*Lana Stretch: lana molto pregiata.

*Crinolina: struttura rigida a "gabbia" che rendeva gonfie le gonne nel XIX secolo.

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