♚ Capitolo II · Prima parte
Supero il cancello e parcheggio di fronte alla scalinata antistante il castello. Il principe William ci viene incontro e analizza il veicolo con circospezione. Scendo dall'auto, seccata per essere stata costretta a interrompere il mio momento con Leon. Forse avrei dovuto prendere una strada più lunga, tuttavia la paura di rivolgergli altre parole sgradite ha prevalso sul desiderio di restargli accanto.
«Sapevo che l'avresti guidata benissimo». William mi sorride.
Faccio del mio meglio per non alzare gli occhi al cielo.
Mia madre e Alissa sono rientrate nel castello. Leon si avvicina alle gradinate, ma si ferma prima di salirle. I suoi occhi sono fissi su di me, l'irritazione ancora viva sul suo viso. Eppure, penso sia più infastidito da ciò che mi attende adesso.
Mi avvicino di pochi passi. «Perché non vai al lavoro?»
Leon mi guarda stupito. Fa scorrere la manica della giacca e osserva l'orologio antracite. Ogni volta che lo fa il cuore mi salta in gola. Non immaginavo avrebbe apprezzato tanto quel regalo che gli feci anni fa. «Ci andrò fra un po'». Punta lo sguardo duro su William.
Stringo le mani all'altezza del ventre. «Dovresti andare adesso».
Detesto che mi veda con altri uomini. Perché lo fa? Non capisco.
Mi scruta. «Cosa prevede il programma?»
Alzo le spalle. «Cosa vuoi che preveda? Noia assoluta».
È probabile che adesso resteremo soli per conoscerci e lui lo sa bene, ha assistito a tanti di questi incontri. Troppi. Se le cose fossero state diverse, avrei permesso soltanto a lui di corteggiarmi. Soltanto a lui.
«Ti va di fare un giro con me, Eleonore?» domanda William. Non mi ero neanche accorta che si fosse avvicinato.
Ovvio che non mi va.
Mi costringo a sorridere e rientro in auto, dalla parte del passeggero. Sapere che Leon era seduto qui fino a poco fa mi provoca una strana sensazione. Io sono strana, se mi emoziono per così poco.
«Ti raccomando mia figlia, principe William» dice mio padre. Mi sorride, un cenno stentato che significa "comportati bene".
Ricambio senza nascondere il disappunto.
«Non vi preoccupate, Vostra Maestà. Il massimo che potrebbe accadere è che s'innamorasse di me». Allarga un sorriso smagliante.
Santo cielo! Ha detto davvero una cosa tanto terrificante? Punto lo sguardo altrove per evitare che si accorgano della mia espressione nauseata e incrocio quello di Leon, che sorride compassionevole. Sì, esatto. A questo giro mi è toccato un vero idiota, cosa ci posso fare?
Quando l'auto si mette in moto Leon non ride più.
Perché sei rimasto qui? Non riesco a sopportare quell'espressione ferita.
«Sei pronta, mia principessa?» chiede William con tono melenso.
Annuisco. Spero che questa giornata finisca il più presto possibile.
Odio essere chi sono.
***
L'auto sfreccia per le strade della Contea di Mayo come se scivolasse sull'acqua. In poco tempo raggiungiamo Bellinrobe, piccolo centro abitato fino al secolo scorso e discreto nucleo urbano negli ultimi anni.
William rallenta, ma dubito che sia una forma di rispetto nei confronti dei limiti di velocità; piuttosto penso voglia farsi vedere in mia compagnia dai cittadini, considerando come agita la mano verso chi ci guarda. Durante il tragitto ha farfugliato qualcosa, che ho ignorato concentrandomi sul panorama irlandese. Tuttavia, ho dovuto concedergli qualche cenno per evitare che si lamenti con il Re dei miei silenzi. Non sono per nulla interessata a conoscerlo. Né lui né nessun altro.
So che prima o poi dovrò scegliere, ma vorrei posticipare quel momento quanto più possibile. Forse se m'iscrivessi a una delle accademie che mi suggerì mio padre tempo fa potrò rimandare questo strazio fino al completamento degli studi. E, magari, potrei anche incontrare qualcuno che non mi provochi l'orticaria soltanto con uno sguardo, sebbene ne dubiti.
«Allora? Cosa ne pensi?» L'improvvisa domanda di William mi riporta alla realtà. Non siamo più in città. Dove stiamo andando? Non posso distrarmi un attimo... E poi, cosa mi aveva chiesto?
Lo guardo. «Ti riferisci all'auto? Beh, è molto bella e...»
«Ma no! Non all'auto» m'interrompe. «Parlavo di noi. Di te e me, come coppia. Ti faccio i miei complimenti, ed è una cosa rara per me essere così diretto, ma sei davvero molto bella. Le voci sulla tua bellezza sono pallide rispetto alla verità». Sorride, gli occhi brillano.
Oddio...
«Sei gentile». Non me ne frega nulla di quello che pensi, né sono intenzionata a ricambiare la sviolinata. Non sia mai che ti crei qualche aspettativa. Prima tornerà in Danimarca e meglio sarà per la mia salute mentale.
Ridacchia. «Devo confessarti che sin da subito ho avvertito... come dire, una certa chimica fra noi e credo che insieme faremo scintille. E poi tu... beh», mi osserva dalla testa ai piedi, «sei così bella».
Due complimenti uguali. È così difficile capire perché è interessato a sposarmi.
Sbuffo, incrociando le braccia al petto. «Insomma, tutto ciò che vuoi è portarmi a letto, no?» dico senza mezzi termini.
William sussulta, rivolge uno sguardo alla strada e torna a fissarmi. «Dio, come sei... schietta. Ma mi hai frainteso. Quello che intendevo è che sono certo tu sia stupenda in tutto, anche se ancora non ho avuto il piacere di conoscerti. E poi penso che l'attrazione fisica sia molto importante, il primo passo per capire se una coppia è destinata a stare insieme, e ho capito subito che tu e io siamo fatti l'uno per l'altra» replica deciso, come se credesse davvero alla stronzata che ha appena detto.
Un conato di vomito risale l'esofago. Ne ho abbastanza.
«Capisco. Dunque, per rispondere alla tua domanda, penso che...», sorrido, un cenno che sparisce subito, «... è arrivato il momento di tornare al castello». Potrei mettermi a gridare se sentissi ancora la sua voce!
Il Principe mi fissa attonito. «Come?»
«A casa, bello. Portami a casa. Adesso!» sbotto infastidita, senza preoccuparmi delle solite riverenze linguistiche. Ignoro i suoi tentativi di replica concentrando l'attenzione sul paesaggio.
Ho davvero bisogno di una nuotata, per colpa di questo imbecille ho saltato le vasche mattutine. Scorro lo sguardo su tutti i cartelli, contando i chilometri che mi separano dalla fine di questo strazio.
***
Non appena l'auto si ferma ai piedi delle gradinate del castello, apro lo sportello ed esco dalla vettura per dirigermi all'ingresso senza salutarlo, o peggio ancora ringraziarlo. Ma ringraziare di cosa? Nell'androne trovo i miei genitori, che mi rivolgono uno sguardo speranzoso. Alzo il braccio destro e ruoto il polso con il pollice all'ingiù, proseguendo verso il retro del palazzo. Fa caldo oggi, devo controllare il livello dell'acqua della piscina.
«Ancora?! Questo è assurdo, Eleonore!» esclama mio padre.
Mi volto, incrociando le braccia al petto. «Non sposerò un uomo superficiale come quello! Fosse anche l'ultimo principe sulla faccia della terra!» Piuttosto che avere un elemento del genere al mio fianco, mi ritiro in convento!
«Devi smetterla di rifiutare tutti i pretendenti. Non dai loro neanche una possibilità! Esigo che entro il tuo diciannovesimo compleanno tu scelga qualcuno da sposare o ci penserò io!» dichiara, fissandomi con rabbia.
Sobbalzo. Decide lui? Qui c'è lo zampino di Gordon, ne sono sicura!
«Papà, quell'uomo mi ha esplicitamente detto che non vede l'ora di portarmi a letto. È questo il futuro re che vuoi dare al tuo popolo?» Me ne frego di spiattellare fatti privati nell'androne del castello, dove guardie e servitù ci stanno sentendo.
L'espressione del Re diviene turbata, ma dubito che non conosca cosa si può nascondere dietro un bel faccino. Fra tutti i pretendenti che ho incontrato in questi anni, davvero in pochi hanno lasciato intendere interessi differenti. Non è a conoscenza di quello che ho dovuto nascondere per preservare buoni rapporti con altri regni, uomini che in pubblico mostrano una maschera perfetta mentre in privato sono una vergogna.
«Cosa avete detto?» Una voce tormentata mi pietrifica. Leon mi viene incontro con espressione severa.
Merda! Che diavolo ci fa ancora qui? Se l'avessi saputo mi sarei trattenuta!
Passo le mani sul viso, nervosa. «Niente, niente. Normale amministrazione» dico sbrigativa e riprendo il cammino. Pur di sfuggire a questa situazione mi butterei in piscina vestita!
Dei passi incedono alle spalle. «Aspetta!» Leon mi afferra il polso destro, voltandomi verso di sé. «Ti ha fatto qualcosa?» Gli occhi d'ambra sono carichi di rabbia.
La sua angoscia mi fa soffrire. Nonostante lo tratti male, lo scacci di continuo e finga di non provare nulla nei suoi confronti, lui è sempre qui a preoccuparsi per me. Sempre.
Dovrei liberare la presa, ma adesso non mi stringe più con forza. Mi accarezza. «Non preoccuparti, non è successo nulla. E poi ormai so come gestire la situazione». Sorrido, sperando di riuscire a cancellare quell'espressione afflitta dal suo viso.
Leon mi osserva in silenzio mentre continua a coccolarmi il polso, quasi volesse consolarmi. Siamo soli nel corridoio. Vorrei tanto potergli accarezzare il viso e dirgli: "Sta' tranquillo, non mi farò toccare mai da nessuno che non sia tu", ma è meglio che lo tenga per me.
«Chi altri?»
Fisso le nostre dita che si sfiorano, incantata. «Cosa?»
«Hai detto che adesso sai come gestire la situazione, ma prima? Dimmi chi ha osato...» sussurra le ultime parole con rabbia, stringendomi la mano. «Dimmelo».
Come sempre comprende ogni cosa di me senza il bisogno che parli, tuttavia non gli darò anche questo dolore. Preferisco che mi odi piuttosto che sappia.
«Ma nessuno! E lasciami stare!» Mi libero dalla sua stretta. «Non sono cose che ti riguardano. Fatti gli affari tuoi!»
Ed eccolo lì, il suo sguardo ferito.
Sono un vero mostro. Mi faccio schifo.
Leon fissa la propria mano, che un momento fa stringeva la mia, la chiude a pugno e la inserisce in tasca. «Hai ragione. Dovrei smetterla di tormentarmi per te, ma non riesco a fare altrimenti». Accenna un sorriso, uno scherno a se stesso.
Perché mi permetti di trattarti così? Perché non mi abbandoni?
«Allora, nessuno ti ha fatto niente?» chiede con dolcezza. Anche se dovrei andare via, non riesco a dividere gli occhi dai suoi, così profondi e carichi di quel sentimento che mi fa battere forte il cuore.
Accarezzo la cicatrice sulla clavicola sinistra. «No. Nessuno. Sono ancora immacolata». Cerco di smorzare la tensione con un sorriso, rendendomi conto troppo tardi delle ultime parole.
Leon sorride malizioso. «Questa è davvero un'ottima notizia. E qui torniamo al discorso di ieri sera».
Indietreggio d'un passo. «S-Smettila di fare lo stupido!» esclamo prima di scappare via.
Non so quanto ancora potrò continuare così.
Più tempo passa e più sento di volere soltanto Leon al mio fianco. È grazie alle sue delicate attenzioni se ho imparato a riconoscere chi si mostra sincero o mira a qualcosa in particolare. Di tutti i pretendenti che ho avuto, solo lui è dolce, romantico e premuroso.
Gli altri...
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