La vita al Nord

Le spesse tende di velluto rosso erano aperte, permettendo ai raggi solari di entrare nella stanza. Quella luce improvvisa fece svegliare Evelyn, che con un gemito insoddisfatto, si rigirò tra le lenzuola. Sentì freddo e con la mano cercò istintivamente il calore di Noah. Lo sfiorò con le dita, sentendo sotto i polpastrelli i muscoli del suo braccio. Gli si avvicinò, tenendo ancora gli occhi chiusi, fino a quando non sentì il suo respiro sul viso. A quel punto aprì le palpebre, ritrovandosi a fissarlo.
Si era trasformata la sera precedente?
Dal mal di testa e l'indolenzimento generale dei muscoli, capì che era successo. Sospirò silenziosamente, afferrando la coperta che durante la notte si era spostata sul fondo al letto.
Non le piaceva mutare in un non-lupo, le rimanevano sempre dei ricordi vaghi, il sapore metallico del sangue nella bocca e la sensazione di aver fatto qualcosa di sbagliato. Cercò di scacciare quei pensieri, osservando colui che riusciva a farle sopportare quella maledizione.
Erano passati tre mesi da quando si era stabilità alla riserva. O almeno, era ciò che aveva sperato; non vivevano in una piccola casetta fatta di legno, ma ancora nella gelida fortezza che Alastair aveva padroneggiato per tanti anni. Non aveva mai capito la scelta di Noah e non aveva mai osato fare obbiezioni.
Certo, era bello poter stare sempre accanto a lui, vederlo in ogni singolo momento della giornata. Avevano passato quei tre mesi in simbiosi; avevano fatto lunghe passeggiate durante le quali Noah le aveva mostrato l'intera riserva e la fortezza.
Si erano baciati, amati.
Avevano fatto l'amore molte volte e sempre in posti diversi; all'aperto vicino a lago, nella doccia. Il mese passato, accesi da quella passione irreale, lo avevano fatto nel giardino, ignorando il freddo e la possibilità che qualcuno potesse vederli.
Il momento più bello, però, era senza dubbio il mattino. In silenzio, Evelyn poteva osservalo, proprio come stava facendo in quell'istante. Era la loro intimità, qualcosa che potevano avere loro due soltanto. In quei mesi aveva imparato molte cose su Noah; aveva scoperto che anche ai licantropi piace la musica, i film e tutte quelle cose che fanno i semplici umani. Aveva capito che dietro quella corazza spessa, dietro quell'aria da duro perennemente imbronciato, dietro all'Alfa licantropo, c'era un uomo semplice e dolce, che sapeva apprezzare le piccole cose, che sapeva amare. Presa da tutte quelle emozioni capì di non aver mai provato niente del genere, per nessuno, per niente. Con lui accanto non aveva mai sentito la mancanza delle sue vecchie abitudini, la sua vita passata era come annebbiata. Soltanto lì, con lui, aveva iniziato a vivere per davvero.
Con quei pensieri nella testa, gli passò un dito sulla guancia ricoperta di barba, passando sulle labbra, per poi finire alla mascella ben definita.
Lo baciò.
«Profumi di buono...» sussurrò Noah con voce assonnata.
Evelyn si rannicchiò accanto a lui, portando un braccio dietro alla sua schiena. «Ho combinato qualche guaio stanotte?»
Lui aprì un occhio, guardandola per pochi secondi, poi lo richiuse. «Ti ho seguita per tutto il tempo» tagliò corto.
Evelyn lo baciò nuovamente, questa volta con più intensità. «E così mi hai riportato a casa nuda... ti sei approfittato di me?» chiese maliziosa. Noah aprì finalmente gli occhi e poi le sorrise. «Avrei tanto valuto...ma se vuoi possiamo rimediare.»
Così dicendo l'afferrò per i fianchi, portandola sotto di sé. Dopo averla osservata a lungo, quasi come se volesse imprimere nella mente ogni centimetro di pelle, iniziò a baciarla tra i seni, scendendo lentamente verso l'inguine.
«Mi hai riconosciuto...»
«Ho paura di farti del male» ammise lei accarezzandogli i capelli.
Noah si spostò verso l'alto, baciandole il collo. «Non lo faresti mai. Willow, invece, ha sempre paura di te.»
Sentendo quel nome, Evelyn si alzò di scatto, spostando di peso Noah.
«Willow! Il matrimonio!» urlò.
«Manca ancora qualche ora al tramonto» si lamentò lui osservandola mentre si vestiva in fretta e furia.
«Ci sono tante cose a cui pensare!»
«Donne!» bofonchiò Noah, incrociando le braccia sul petto.
Evelyn fece finta di non sentirlo. Finalmente vestita, gli andò incontro, colpendolo con un pugno sul braccio.
«Ci vediamo dopo, okay? Pensami.» senza attendere una risposta, scappò fuori dalla stanza.


***


I corridoi della fortezza aveva l'aspetto di un labirinto. Evelyn aveva ormai imparato a percorrerli senza perdersi. Camminò alla svelta, dando delle veloci occhiate verso le finestre per verificare se avesse nevicato, ma per fortuna il cielo era limpido.
Era felice per Willow e Uncas, si amavano e quel matrimonio non era altro che il coronamento di quell'amore nato quando erano bambini. Sorrise tra sé, pensando a quanto fossero diversi i matrimoni umani da quelli dei licantropi. Quando un mese prima aveva ricevuto la notizia, si era messa a urlare, pensando che avrebbero dovuto comprare un vestito adatto e a tutte quelle cose che avrebbe dovuto fare per rendere quel giorno perfetto.
Adorava i matrimoni.
Willow, però, l'aveva fermata subito; i licantropi non compravano vestiti bianchi, anzi, non ne compravano affatto. Si sposavano nudi.
Era rimasta delusa da quell'affermazione, sarebbe stato bello vedere Willow vestita da sposa.
«Evelyn, mia signora, quanta fretta...»
Eve si fermò di colpo, riconoscendo all'istante quella voce odiosa. Seppur contro voglia aveva dovuto farci l'abitudine in quei mesi. Con lentezza si voltò, ritrovandosi di fronte Awan.
Noah, mesi prima, lo aveva accolto con un pugno in pieno viso e poi lo aveva ignorato per diversi giorni. Lei aveva chiesto spiegazioni e lui le aveva raccontato tutto.
Awan era un Antico, uno dei pochi ancora in vita. Gli Antichi avevano dato origine alla stirpe dei licantropi, nessuno sapeva come e quando fossero apparsi per la prima volta sulla terra. Alcuni ipotizzavano che fossero nati insieme all'universo, altri ai tempi della pietra. Il loro compito era quello di sorvegliare sui branchi, di guidarli e cercare di far rispettare le prime leggi. Era proprio questo il motivo per cui Noah provava ribrezzo per quell'essere; quando Alastair aveva ucciso suo padre, Awan non aveva fatto niente, era rimasto neutrale. Ma adesso era tornato per verificare che Noah, riconosciuto ormai come il nuovo Alfa, rispettasse la legge del branco.
Evelyn, dopo aver saputo la storia, aveva iniziato a non sopportarlo. Era una creatura estranea, sfuggente. I suoi occhi smeraldo erano molto simili a quelli dei Lupi dell'Ovest, ma non contenevano la stessa bontà. La bocca sottile e il naso aquilino lo facevano sembrare un rapace. Dall'aspetto esteriore poteva sembrare un trentenne, ma in realtà nessuno conosceva la sua vera data di nascita. Il suo sguardo celava una consapevolezza pericolosa, una saggezza vecchia di migliaia di anni.
Awan continuò a sorridere, passandosi una mano tra i lunghi capelli bianchi e sottili. «Ha perso la lingua, mia signora?»
«Ho da fare, adesso» rispose lei voltandosi.
«Stai dando ascolto al tuo compagno, lo so. Io sono soltanto un povero vecchio, un'anima solitaria. Non ho niente contro di voi...»
Evelyn si fermò nuovamente. Lui un povero vecchio? Era inquietante. Era come se fosse sempre pronto ad azzannarti. Insomma, aveva decisamente paura di lui. «Senti mi piacerebbe rimanere a parlare con te, davvero...però Willow sta per sposarsi, io ho tante cose da fare e insomma...tutto il resto.»
«Noah ti ha ordinato di starmi alla larga, non è così?»
In effetti Noah glielo aveva esplicitamente vietato e lei non aveva posto obbiezioni.
«No... insomma... devo andare...» balbettò.
Awan scoppiò in una fragorosa risata. Evelyn continuò a camminare, sentendo sulla schiena lo sguardo attento dell'Antico.
«Voi umani siete uno spasso!»




«Sei bellissima!» esclamò Evelyn chiudendosi la porta alle spalle.
Willow era seduta su una sedia mentre Elisabeth, con estrema attenzione, le decorava i lunghi capelli biondi con dei fiori.
«Mi sento una stupida» rispose la futura sposa. Evelyn roteò gli occhi verso il soffitto. «Non dire sciocchezze. Certo, se tu avessi un vestito bianco, un velo, delle perle...» si fermò per un attimo osservando il corpo nudo di Willow e poi continuò: «Insomma, stai bene anche così.» concluse vedendo lo sguardo accigliato dell'altra.
«Eve, cara, vedi di non farmi innervosire anche il giorno del mio matrimonio!»
Evelyn sorrise. Aveva imparato a ignorare le risposte acide della cognata, sapeva che in fondo, molto in fondo, era una ragazza simpatica e dolce. Amavano stuzzicarsi e farsi dispetti.
Elisabeth intrecciò l'ultimo fiore, e poi guardò Eve.
«Dov'è Noah?» chiese accarezzandola sul viso.
Quel gesto abituale, la rilassò. Elisabeth era un donna affettuosa, e Evelyn aveva trovato in lei una figura materna. Non avrebbe mai preso il posto di sua madre, certo, però le piaceva godere del suo affetto, delle sue carezze.
«Beh, era ancora a letto...» rispose, arrossendo. Tutti erano a conoscenza del rapporto che aveva con Noah, ma ancora non riusciva a superare la timidezza.
«Cristo santo bamboccia, non vogliamo sapere cosa fate in quel letto!» proruppe la bionda fingendo una smorfia disgustata.
«Ma io non ho detto niente!» esclamò Evelyn arrossendo ancora di più. Willow sghignazzò, alzandosi dalla sedia. Si avvicinò a lei e la punzecchiò con il dito indice. «Oh, ma guarda, come arrossisce la piccola Eve.»
«Willow cerca di comportarti bene, per favore. Stai per sposarti...» la pregò Elisabeth, agitando una mano. «Eve, vai a chiamare Noah, devo parlargli. Lo aspetterò in giardino» disse poi sedendosi sul letto.
Evelyn annuì, dirigendosi verso la porta. Prima di uscire fece la linguaccia a Willow. Quest'ultima si alzò di scatto agitando un pugno.
«Willow!» esclamò Elisabeth indignata.
«Hai iniziato lei...» bofonchiò la figlia.
Nel frattempo Evelyn, trattenendo a stento le risa, si era già dileguata nel corridoio.


***



Il giardino della fortezza era tornato al suo originale splendore nonostante stesse per arrivare l'inverno. Elisabeth aveva passato molte ore tra le piante, le aveva curate e annaffiate. Amava molto quel posto, le riportava alle mente molti ricordi. Alcuni non erano piacevoli, ma aveva sempre tratto forza e serenità da quel posto.
Noah la stava fissando da lontano. Per anni aveva pensato che fosse morta e invece era lì, viva e vegeta. Non avrebbe saputo spiegare la felicità di averla ritrovata. Aveva messo da parte l'astio nei suoi confronti. L'aveva perdonata per aver messo al mondo il figlio di Alastair, anche lei, in fondo, non era altro che una vittima.
«Volevi parlarmi?» chiese avvicinandosi.
Elisabeth annuì. Con la solita eleganza nel muoversi, si spostò verso una delle panchine di pietra e si sedette. «Vieni, siediti» rispose dando delle leggere pacche sul posto vuoto.
Noah obbedì. «Willow è pronta?»
«Si, è bellissima e anche molto nervosa» ammise la madre volgendo lo sguardo al roseto. «Vedrai, dopo starà molto meglio. Sono felice che abbia scelto Uncas, mi fido di lui.»
Elisabeth ascoltò in silenzio, l'aria meditabonda. Dopo qualche minuto guardò suo figlio, prendendolo per mano. «È arrivato il tuo momento, Noah. Hai molte responsabilità, lo sai. I Saggi ti metteranno alla prova, Awan lo farà ancora di più. Questi mesi in libertà ti hanno fatto bene, hai passato molto tempo con la tua compagna e ne sono felice.»
Noah si passò una mano sul mento, massaggiandosi la barba. «Ci sono ancora molti ribelli, i Rossi non vogliono sottomettersi. In più Brandon mi sta dando molti problemi... So che sei preoccupata, ma puoi stare tranquilla.»
«Il popolo ti adora, non avrai problemi per questo. C'è una cosa, però, che non stai considerando ed è proprio questo che mi preoccupa.»
Noah rifletté su quelle parole, non capiva a cosa si stesse riferendo. «Cosa? Cos'è che ti preoccupa?»
«Evelyn» rispose. «Tu sei il nuovo capo, ma fin quando sarò in vita nessuna potrà prendere il posto di femmina Alfa. A meno che io non decida di lasciare il mio posto...»
«Eve non ha intenzione di prendere il tuo posto» protestò Noah alzando un sopracciglio.
«Lo so. Non è questo il punto. Se potessi le cederei volentieri la mia carica. Lei non è un licantropo, è un'umana. Credi che i Saggi... che Awan accetterà mai un simile affronto? Un'umana non può diventare un Alfa. Loro ti chiederanno di avere una compagna, qualcuno con cui avere degli eredi licantropo.»
Noah si rabbuiò. Aveva sempre cercato di non pensare a quell'eventualità,ma adesso sua madre gli aveva aperto gli occhi e avrebbe dovuto affrontare quel problema.
Era la verità; anche se Evelyn era un non-lupo, non cambiava le cose. Cosa doveva fare? Non lo sapeva, l'unica certezza era che non avrebbe mai abbandonato Eve. Forse la sua unica possibilità era quella di scegliere, ma come avrebbe mai potuto?
«Li farò ragionare, farò qualsiasi cosa!» esclamò alzandosi.
«Sarà difficile, molto difficile.»
«Non lascerò andare via Evelyn, non lo farei mai!»
«Calmati, Noah. Io sono dalla tua parte, ti aiuterò. Devi sapere che ci vorrà del tempo» Elisabeth rifletté velocemente, la sua fronte si aggrottò. «C'è anche un'altra scelta...» concluse poi.
Noah la fermò subito. Pensare all'altra opzione era impossibile, non lo avrebbe mai chiesto a Evelyn. «No. Sarebbe troppo pericoloso...»
La madre annuì, anche lei conosceva bene il rischio che avrebbe corso la ragazza. «Bene, allora cercheremo di convincerli» disse sospirando.
Noah grugnì, scuotendo il capo. Il minimo di pace che era riuscito a ottenere in quei mesi, si era appena volatilizzata.



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