La brava ragazza
Capitolo 4
L'uomo si fa bestia, e la bestia uomo.
«È svenuta?»
«Ha visto! Maledizione!»
Evelyn stava nuotando. Si sentiva leggera come un piuma in mezzo ad un oceano di oscurità. Ricordi vaghi le apparvero dietro agli occhi chiusi. Cosa aveva visto? Un lupo, era forse un lupo? Poi, in lontananza, riuscì ad udire delle voci, qualcuno la stava chiamando.
«Sveglia, ragazzina!»
Rientrò nel suo corpo, uscendo da quella melma in cui fluttuava. Adesso era presente, poté sentire la pressione di mani sconosciute sul viso. Aprì lentamente gli occhi, ancora confusa e stordita.
Si sforzò di mettere a fuoco quelle due sagome che incombevano su di lei, quando ci riuscì scattò in piedi, per poi ricadere in ginocchio subito dopo.
Ricordava: i lupi, la donna, lo sconosciuto.
«State lontano da me!» urlò con voce impastata.
«Te l'avevo detto! Ha visto tutto» disse con voce calma la bionda.
«Dovevi per forza trasformarti? Cazzo, Willow!»
«Non è colpa mia se quella stupida ti ha seguito! E di certo non pensavo di essere attaccata»
Lo sconosciuto camminò nervosamente avanti e indietro, puntando lo sguardo sull'uomo morto che si trovava a pochi metri di distanza.
«Era un Woodrow. Un sicario di Alastair?» chiese infine rivolto alla donna.
«Pelo rosso. Tu cosa credi?»
Evelyn, appuntò mentalmente quel nome e poi, approfittando delle distrazione dei due, iniziò a gattonare cercando di fuggire.
«Tu! Sta ferma. Non ho ancora finito con te.»
Lo sconosciuto le si avvicinò e la trattene tenendola per la giacca.
«Non ho visto niente, okay? Adesso me ne andrò e nessuno si farà male»
«Puoi dirlo, non hai visto niente» così dicendo, prese la macchina fotografica, che Evelyn aveva ancora appesa al collo, e con un gesto deciso la lanciò sull'asfalto, fracassandola all'istante.
Evelyn sussultò a quel rumore, osservando ogni piccolo pezzo che si librava nell'aria per poi tornare a terra tintinnando. Il suo articolo era andato, adesso non aveva più niente. Inoltre non osava neanche pensare allo shock che aveva appena subito, a ciò che aveva visto. Preferì chiudere quei ricordi in un cassetto della sua mente, ci avrebbe riflettuto più tardi se mai fosse uscita viva da quella situazione.
Provava dolore, paura, frustrazione. Puntò lo sguardo negli occhi dello sconosciuto, osservandolo in silenzio. Quegli occhi erano accesi, vi era del fuoco che ardeva, un fuoco così potente da raggiungerla nonostante la distanza. Si rese conto di voler sapere tutto, desiderava risolvere quel mistero, capire fino in fondo chi fossero quei due individui.
«Chi siete?» chiese continuando a fissarlo.
«Non ti riguarda. Adesso alzati e torna a casa» ruggì lo sconosciuto.
La bionda, sentendo quelle parole, si alzò zoppicando. «Noah! Quella ragazzina ha visto, non possiamo lasciarla andare.»
Evelyn trattenne il fiato. Adesso sapeva il suo nome dell'uomo misterioso, finalmente lo sconosciuto aveva un nome; Noah.
«Pensi che le crederebbero? Non lo fanno mai. Andiamo, devi curarti quella ferita» così dicendo, Noah si avvicinò all'altra e cingendola per la vita, l'aiuto a camminare, senza degnare di uno sguardo il cadavere ancora immerso nel sangue.
Evelyn era ancora sull'asfalto, sollevata di essere in salvo, ma preoccupata per il precario equilibro della sua sanità mentale. Osservò i due allontanarsi, cercando di non ricadere nell'oblio di poco prima.
Quando poco dopo, lo sconosciuto, a cui adesso poteva attribuire un nome, si voltò di nuovo verso di lei, pensò che avesse cambiato idea, che volesse ucciderla in quell'istante. Una nuova ondata di panico prese possesso del suo corpo, facendola rabbrividire.
«Non voglio più vederti su quella panchina, sono stato chiaro?» senza aspettare una risposta, l'uomo si voltò nuovamente e si incamminò lungo il vicolo buio.
Ad Evelyn sembrò di sprofondare nel terreno. Quelle parole la raggelarono più di qualsiasi altra cosa.
Lui l'aveva sempre vista, ignorandola volontariamente. Rimasta sola, iniziò a piangere, non le rimaneva altro da fare.
***
La centrale di polizia era silenziosa e quasi deserta a quell'ora della notte. Evelyn stringeva tra le mani una tazza di caffè fumante. Gli occhi, ancora colmi di paura, stavano vagando nell'ufficio in cui si trovava.
«Ti senti meglio?» chiese Patrik incrociando le braccia sul petto. Evelyn alzò gli occhi su di lui e un impercettibile sorriso le apparì sulle labbra.
Dopo essere rimasta per qualche tempo in quel vicolo, incapace di muoversi, aveva chiamato Patrik, e successivamente, si erano diretti alla polizia. Evelyn aveva accuratamente evitato di raccontare dei lupi e di trasformazioni, se lo avesse fatto l'avrebbero presa per pazza e d'altronde anche lei non era sicura di ciò che aveva visto. L'unico particolare che non aveva potuto evitare era il corpo dell'uomo che giaceva nel suo stesso sangue.
«Credo di si» rispose portandosi alle labbra la tazza.
Patrik cercò di aggiungere qualcos'altro, ma la porta dell'ufficio si aprì. Quentin si precipitò all'interno, abbracciando la nipote.
«La brava ragazza si è cacciata in un bel guaio.»
Evelyn ricambiò l'abbraccio, stringendolo il più possibile, sentendosi finalmente al sicuro.
«C'è una prima volta per tutti, no?» rispose lei sorridendo.
Dopo poco, un uomo sulla sessantina, con una pancia prominente e dei baffi ispidi, entrò nella stanza. Il sergente Brown non era di certo abituato agli omicidi, nessuno veniva ucciso ad Eagle Falls e nessuno lo aveva mai svegliato a quell'ora della notte. Salutò i presenti con un cenno del capo, e poi si sedette dietro alla scrivania incrociando le mani di fronte a se.
«Evelyn, sono davvero dispiaciuto per quello che è successo. Ti prego di non tornare in quel posto, è poco raccomandabile»
Evelyn annuì, tornare ai combattimenti clandestini non era tra le sue priorità in quel momento.
Il sergente continuò: «Le ferita riportate da quell'uomo sono state provocate da un lupo. È raro, ma può succedere. Probabilmente l'animale si è avvicinato alle case per trovare del cibo, forse è un lupo solitario»
Evelyn sgranò gli occhi; il tutto si riduceva al morso di un lupo? Non avrebbero indagato oltre? L'indifferenza di quell'uomo la preoccupò, nella periferia c'era molto di più e lei aveva visto tutto.
«Ma...»
La ragazza fu interrotta da Patrik, che prese immediatamente la parola. «Grazie sergente. Quel povero uomo si trovava nel posto sbagliato, nel momento sbagliato. Non è vero? Eve è stanca, è meglio se torna a casa»
Il sergente, dopo aver alzato un sopracciglio, annuì. Era consapevole di essere stanco a sua volta, consapevole che la moglie lo stava aspettando sveglia e che tutta quella storia poteva essere rimandata al giorno seguente. «Ha ragione. Tornate pure a casa, non voglio trattenervi ancora, con voi abbiamo finito».
Evelyn uscì all'aria aperta ancora colma di domande troppo complicate per poter avere delle risposte semplici. Osservò suo zio che si dirigeva verso l'auto e poi si voltò verso Patrik. «Perché non hai detto niente dei combattimenti clandestini? E soprattutto perché non hai menzionato quei due? Noah e Willow»
Patrik sospirò, guardandosi intorno con circospezione. «Se l'avessi detto avrebbero indagato e noi avremmo perso l'articolo»
«Pensi ancora all'articolo? Un uomo è morto!»
«Eve! Ma non ti rendi conto? Abbiamo tra le mani qualcosa di incredibile! Il primo caso di cronaca nera di Eagle Falls»
Evelyn rifletté su quelle parole; in effetti era ancora amareggiata per aver perso le foto, per aver fatto tutto quella fatica senza nessun risultato. E poi c'era lo sconosciuto e quella donna insopportabile, aveva ancora paura di loro, non era così stupida da non averne, ma con l'aiuto di Patrik avrebbe potuto scoprire il loro segreto, e se anche lui avesse visto ciò che aveva visto lei si sarebbe sentita meno pazza.
«Devo tornare lì?» chiese infine.
«No, cercheremo il tuo sconosciuto e la sua amica. Sono sicuro che hanno molti scheletri nell'armadio»
Eve annuì, improvvisamente troppo stanca per continuare quella conversazione, ci avrebbe pensato il giorno seguente. Salutò Patrik e poi si diresse verso il parcheggio.
Salì nell'auto di suo zio, fissandolo per qualche secondo.
«Ti sei preoccupato?»
«Il sergente mi ha chiamato nel cuore della notte. Si, mi sono preoccupato»
Lei sorrise, vedere Quentin con il viso corrucciato era quasi impossibile. «Scusami, zio»
L'altro ritrovò il solito sguardo sereno e le scompigliò i capelli, come era solito fare da quando era bambina.
«Se pensi di rifarti per ciò che non hai fatto da adolescente te lo sconsiglio, sono troppo vecchio adesso.»
Evelyn rise, grata a suo zio per essere sempre presente, grata del fatto che non la facesse mai sentire in colpa. «Andiamo a casa, voglio che questa giornata finisca.»
Quentin ubbidì e dopo aver acceso l'auto, partì.
***
«Sta ferma, non fare la bambina!»
«Brucia! CAZZO!Lasciami trasformare.»
L'odore penetrante dell'alcool si diffuse nella piccola casa. Willow era seduta sul pavimento con i muscoli tesi e una sigaretta stretta tra i denti.
Noah, che tra le mani stringeva del cotone, alzò gli occhi verso sua sorella. In lei poteva ancora scorgere la bambina che era stata, ma non ritrovava la stessa dolcezza di un tempo. La vita della strada l'aveva cambiata, rendendola dura.
Una nuova fitta di senso di colpa lo travolse; lui avrebbe dovuto proteggerla, avrebbe voluto vederla spensierata e felice, come quando correvano nei boschi, come quando i loro genitori erano vivi. Si costrinse a smettere, rivangare il passato non sarebbe servito a niente.
«Ci stanno alle calcagna, ti sentirebbero.»
«Fanculo!» rispose Willow sputando la sigaretta a terra. Richiamò a sé quella forza nascosta da qualche parte dentro di lei.
La trasformazione iniziò con un misto di dolore e euforia. La spina dorsale scricchiolò, gli arti si allungarono e una folta peluria bianca spuntò su tutto il suo corpo. In pochi secondi, divenne un lupo.
«Sta già guarendo,adesso torna.» disse Noah guardando contrariato la sorella. L'altra per tutta risposta iniziò a ringhiare, scoprendo i denti lunghi e affilati.
«Torna. Adesso!»
Willow, cercò di ribellarsi, aggrappandosi con tutte le forze al centro del suo potere, ma quello era un ordine, un ordine dell'Alfa e non poté far altro che tornare, seguendo l'istinto innato di ogni licantropo.
«Sei diventato noioso, sai?» disse cercando una nuova sigaretta.
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