Grande spirito

Capitolo 23

Evelyn ebbe soltanto il tempo di sentire il rumore dello sparo. Le risuonò nelle orecchie per qualche secondo; un ronzio acuto le riempì la testa, rendendola quasi sorda e confusa.
Un momento prima stava fissando Noah, condividendo con lui il dolore di tante scoperte agghiaccianti.

Dalla sua posizione non aveva udito molto di ciò che stavano dicendo, ma il poco che aveva ascoltato, la costrinse a chiudere gli occhi, aspettando il colpo di grazia. Era totalmente inerme e incapace di muoversi. Era davvero la fine?
L'urlo spaventoso che udì poco dopo, la costrinse ad aprire nuovamente le palpebre.
Davanti a lei, la schiena dritta di Beulah, coperta in parte dai lunghi capelli argentei mossi debolmente da una brezza leggera, le impediva di vedere oltre.
Inizialmente non capì cosa fosse successo. Perché se ne stava ferma? La risposta le arrivò dopo pochi attimi, quando la vide cadere a terra come un sacco vuoto.
Le sue pupille si dilatarono. Solo allora notò un foro sulla fronte candida di Beulah. Il proiettile l'aveva centrata in pieno, probabilmente fermandosi al centro del cranio. Dal buco, uscì un fiotto di sangue e qualcosa di bianco che poteva essere materia celebrale. Successivamente la ferita iniziò a bruciare a causa dell'argento.
Evelyn trattenne a stento un conato. Non era disgusto il suo, poteva dire di essere quasi abituata a scene cruente, il suo era terrore puro che l'avviluppò interamente.
Beulah era morta per proteggerla.
Senza pensarci troppo,Evelyn si abbassò, prendendo la mano della ragazza.
«Ehi...» sussurrò con un filo di voce.
Rimase in attesa, aspettando che l'altra aprisse gli occhi e le dicesse che stava bene, ma non accadde niente.
«Apri gli occhi!» continuò lei sentendo il sapore salato del sudore e delle lacrime che le scendevano copiose dagli occhi sino ad arrivare alla bocca socchiusa.
Niente, ancora nessuna risposta.
Beulah era davvero morta.

Evelyn alzò il viso verso Noah e scosse debolmente la testa per fargli capire che non c'era più niente da fare.
L'ululato di dolore di Uncas la scosse improvvisamente, si era dimenticata che il fratello aveva assistito alla scena. Quando voltò la testa verso di lui, era troppo tardi.

In un attimo si era già trasformato, diventando un grande lupo grigio dagli occhi verdi. In poche falcate raggiunse Patrik, ancora fermo con la pistola in mano e un ghigno soddisfatto sul viso.
Noah, vedendo l'amico pronto ad attaccare, si avvicinò, afferrando da dietro Patrik, tenendolo fermo in una morsa salda e dolorosa. Fu facile per lui, l'altro era soltanto un umano.

In pochi attimi si ritrovò bloccato e in balia di un lupo ringhiante e pronto ad ucciderlo.
«Alastair, fai qualcosa!» urlò il biondo decisamente spaventato. Alastair, risalito nuovamente sulla pedana con accanto Brandon e Elisabeth, sorrise sprezzante. «Cavatela da solo!» rispose infine godendosi lo spettacolo.
«Alastair! Ti prego!» gridò nuovamente l'umano questa volta con voce isterica. Uncas, si avvicinò lentamente verso la vittima, si alzò sulle zampe posteriore per poi appoggiare quelle anteriori sulle sue spalle tremanti. Dopo di che, aprì le fauci, rimanendo incollato agli occhi impazziti dell'altro. Con un morso potente e terribilmente lento, gli staccò la testa di netto.
Un fiotto di sangue, denso e scuro, imbrattò la pelliccia del lupo e i vestiti di Noah.
Evelyn trasse un sospiro di sollievo, non era affatto dispiaciuta per la morte del collega, lo odiava e dopo averlo visto uccidere Beulah, lo avrebbe fatto a pezzi lei stessa.
Noah lasciò cadere il corpo senza testa del biondo e con rabbia gli torse un braccio fino a staccarlo. Dopo aver guardato l'arto molle con disgusto, lo lanciò lontano tra la terra.
Uncas, girò intorno al corpo un paio di volte, e infine, affondò il muso nell'addome di Patrik, estraendone gli intestini e lacerando ogni organo. Quando i due licantropi furono soddisfatti, si avvicinarono ad Evelyn, ancora a terra e con gli occhi spalancati.
«Uncas...» sussurrò quest'ultima con la voce rotta dal pianto.
L'altro sbuffò dal naso, e alcune lacrime gli scesero lungo le guance. «Fammi spazio» disse poi abbassandosi per prendere tra le braccia il corpo della sorella. Senza voltarsi, si incamminò verso il cunicolo da cui erano entrati e scomparve nell'oscurità.
Evelyn lo osservò per qualche secondo per poi portarsi accanto a Noah, cingendogli un braccio.
«Hai ucciso il mio umano» esordì Alastair continuando a ridere.
Noah lo fissò con disprezzo, le labbra tirate così tanto da divenire bianche. «Questa notte, Alastair, questa notte.»
Dopo aver parlato, trascinò via Evelyn. «Aspetta, mio zio!»
«Willow lo proteggerà» rispose lui serio, continuando a tirarla.
«Bravo, scappa, ragazzo! E goditi le ultime ore che ti restano» urlò di rimando Alastair.



***


L'unico rumore che arrivava debolmente nella cella, era quello delle gocce di umidità che colpivano il suolo fatto di roccia.
Dopo ciò che era accaduto alla fortezza, Willow e Quentin, furono riportati nelle segrete per essere richiusi nuovamente dietro alle sbarre d'argento.
Quentin contemplò la familiarità della stanza muffosa e si accostò al muro. Le costole lo costrinsero a gemere; almeno tre erano incrinate.
Il moncone del dito, invece, gli prudeva a causa della cicatrizzazione indotta dalla saliva di licantropo. Si portò la mano sul costato in attesa che il dolore diminuisse, sperando che presto lo avrebbero rilasciato; aveva bisogno di un ospedale e qualche antidolorifico.
«E' morta.»

Il suono della voce atono di Willow spezzò per l'ennesima volta il silenzio delle quattro mura. Se ne stava seduta all'altro capo della cella, la schiena poggiata mollemente al muro e le gambe lasciate scomposte sul pavimento. Non si era mai mossa da quando l'aveva scortata lì e l'unica frase che riusciva a sussurrare era quella.
Quentin, non badando alle fitte lancinanti, si avvicinò a lei quasi strisciando.
«Avanti, avanti...» così dicendo portò il braccio sulle spalle dell'altra. Inizialmente la ragazza si era rivelata coraggiosa e sprezzante del pericolo; l'avevano picchiata selvaggiamente ma lei non aveva mai urlato. In quel momento, invece, era come una bambina spaventata.
«Era tua amica?» chiese infine lui.
«... è morta» ribadì Willow con gli occhi spenti che vagavano nel nulla.
Quentin sospirò. Lo choc l'aveva ridotta male e anche lui non si sentiva in forma smagliante, ma si sentì in dovere di aiutarla.
Alzò le braccia e posizionò le mani sulle tempie di lei, iniziando a massaggiarle lentamente e con movimenti circolari.

«Lasciami stare!» sbraitò subito Willow, dimenandosi.

«È un massaggio, ti aiuterà a rilassarti»

«Stronzate...» mormorò lei lasciandolo comunque continuare.

Quentin cercò di sorridere anche se non ne aveva voglia; vedere quella povera ragazza uccisa lo aveva scosso più di qualsiasi altra cosa.
Sua nipote stava bene, ma Alastair la voleva morta contribuendo ad aumentare il suo stress fisico e mentale. Essere prigioniero e la scoperta dei licantropi si era rivelato quasi divertente fino a quando non gli avevano staccato un dito. Sì, da quel momento non era più divertito.

Stava andando tutto a rotoli e fu sicuro che le cose sarebbero peggiorate ora dopo ora. Nonostante ciò, cercò di essere la solita persona positiva.

«Questo è un massaggio thai, ho scoperto quest'arte in Tahilandia. Ci sei mai stata? Il cibo è squisito e le donne...»
Willow si voltò verso di lui, allontanando con delicatezza le sue mani. «Parli tanto come tua nipote»
«Dono di famiglia»
Rimasero in silenzio, troppo stanchi per parlare o anche solo per pensare ad una risposta. Si accasciarono nuovamente verso il muro.
«Grazie...» disse ad un tratto Willow accennando un sorriso. «Eve, aveva ragione, sei simpatico.»

«Anche tu non sei male. Vedrai, andrà tutto bene.»
«Non ci credi neanche tu» replicò lei con voce stanca.

«Okay, siamo nella merda più totale, contenta?»
«Sì.»
Quentin scosse lentamente la testa, prendendola per mano. Avrebbero aspettato insieme.



***


Il sole era ormai quasi tramontato. I suoi raggi tiepidi e arancioni si riflettevano sulle superfici rendendo il paesaggio un mare di rosso sangue.
Evelyn si sentiva proprio così; come se fosse immersa in un oceano di sangue che presto l'avrebbe annegata. Tirò su col naso, asciugandosi velocemente le lacrime. Erano fuggiti in fretta, accampandosi in un bosco vicino per attendere la notte e la fatidica sfida.
Solo in quel momento di calma, riuscì davvero a riflettere su ciò che era successo. Aveva provato invidia verso Beulah. Lei con il suo corpo perfetto e il viso d'angelo, lei che aveva amato ed era stata amata da Noah. Forse,dentro di sé, l'aveva anche odiata.
Ad un tratto si sentì spregevole, era morta per difenderla, aveva difeso una sconosciuta senza pensarci due volte. Lo aveva fatto per ciò che provava per Noah? Oppure soltanto perché non credeva di morire per un proiettile d'argento nel cervello?
L'ennesimo sospiro le sfuggì dalle labbra gonfie per il pianto.

Piangeva per Beulah, piangeva per suo zio, piangeva per Noah. Per lui non era stato semplice, senza dubbio quel pomeriggio si era rivelato il peggiore della sua vita. Tutte quelle scoperte lo aveva piegato; i suoi occhi non erano più sicuri, in lui stava crescendo la paura di perdere.
Evelyn si passò di nuovo la mano sul viso e sbuffando uscì dalla tenda; doveva essere forte, doveva essere forte per entrambi.


Lo trovò seduto sull'erba, le spalle ricurve e gli occhi vuoti. Non appena la sentì arrivare si voltò verso di lei. Non sembrò imbarazzato dalle lacrime che gli scendevano sul mento, questa volta non si nascose la sua debolezza.
«Dov'è Uncas?» chiese lei sedendosi a sua volta. L'altro fece un cenno col capo, indicandole il ruscello poco distante.
Uncas contemplava i riflessi dell'acqua e con le braccia stringeva ancora il corpo rigido e pallido di Beulah.
Evelyn ebbe un brivido; non osava neanche immaginare cosa stesse provando.
«Non vuole lasciarla andare»mormorò Noah asciugandosi le lacrime con l'avambraccio.
Il cuore di Eve si contrasse, lasciandola quasi senza fiato. «Non esiste un modo? Siete creature magiche, potrebbero guarirla!»
Noah la guardò appena. «Possiamo guarire le ferita, certo, ma non si può riportare indietro un morto.»
Cadde di nuovo il silenzio.
Evelyn poggiò la testa sulla spalla dell'altro. Vederlo in quello stato la rese più decisa. Non lo era mai stata nella sua vita, ma da sempre, sin da piccola,vedendo una persona in uno stato di debolezza, la sua forza tornava prepotentemente galla.
Sua madre le ripeteva spesso che era un'ottima ascoltatrice e che il suo dono più grande era la generosità dei sentimenti. A otto anni, non aveva capito a pieno il significato di quella frase, le ci vollero anni per apprezzarne il vero contenuto.
«Dobbiamo aiutarlo» disse uscendo dal torpore del pianto. «Deve lasciarla andare.»
«Se fosse successo a mia sorella, avrei reagito allo stesso modo» rispose lui con voce gutturale.
«Hai la tua missione da affrontare» ribatté lei.
Noah si voltò con rabbia. «Credi di capire? Credi davvero di capire cosa devo affrontare?»
Evelyn, ormai abituata a quegli scatti d'ira, non si scompose. Si portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio ed osservò le montagne. «Forse hai ragione, non capisco. Ma piangersi addosso non risolverà i tuoi problemi! Hai un fratello, quindi? Tua madre è viva, dovresti essere felice.»
«L'ha uccisa...»
«E tu vendicala!»
Noah si alzò in piedi, fissandola in modo minaccioso. «Non sfidarmi, Eve.» Evelyn si alzò, avvicinandosi al viso dell'altro. «Vai da Uncas, aiutalo. Quando ci sarai riuscito, torna alla riserva e prendi ciò che ti spetta. Solo in questo modo riuscirai a placare gli incubi e i sensi di colpa»
I due si fissarono per un lungo momento. Evelyn notò il cambiamento del suo sguardo; c'era una nuova forza dentro di lui.



Decisero di seppellirla accanto al fiume. Nel preciso momento in cui la luce lasciò il posto all'oscurità.
Evelyn non seppe mai cosa successe tra Noah e Uncas, seppe soltanto che il Lupo dell'Ovest, dopo un accesa discussione e qualche pugno dato al proprio Alfa, decise di lasciare andare la sorella.
Il rito si svolse velocemente, secondo la tradizione dei lupi.
Beulah fu lavata nel fiume per toglierle di dosso la polvere e il sangue. Dopo di che Noah, con voce atona e stanca, chiese ad Evelyn di decorare i capelli della ragazza con dei fiori. Lei accettò di buon grado. Sfiorò i lunghi capelli con dolcezza, li pettinò con le dita e sistemò dei piccoli fiori violacei tra le ciocche argentee.
Qualche minuto più tardi, Uncas, dopo averle dato un ultimo bacio sulla fronte, l'adagiò nella fossa che avevano scavato poco prima, anch'essa ricoperta da uno strato morbido di fiori e foglie.
I due licantropi recitarono una preghiera per il grande spirito, chiedendo di proteggere l'anima di Beulah e di infonderle saggezza.
Evelyn, non conoscendo le loro tradizioni, si limitò ad annuire e piangere. Quando il funerale terminò, Uncas rimase fermo di fronte alla sepoltura, mentre lei, trascinando le gambe come fossero macigni, decise di rimanere sola nella tenda.


Avrebbe voluto dormire o semplicemente staccare la spina, ma il suo cervello continuava ad elaborare pensieri alla velocità della luce. Il viso calmo e sereno di Beulah la perseguitava. Non poteva essere dentro quella fossa, eppure, in quel momento, era immersa nel buio, soltanto un corpo senza vita.
Se un licantropo forte e coraggioso come lei poteva morire, come poteva pensare, una semplice umana, di sopravvivere a tutti quei lupi? Non osò rispondersi, aveva fin troppi problemi.
Per un attimo si chiese cosa stesse facendo Noah, e lui, come se l'avesse sentita, entrò nella tenda. «Come stai?» chiese raggiungendola sul sacco a pelo.
Evelyn trattenne a stento le lacrime che le bruciavano intorno agli occhi. Si voltò su un fianco e, spingendo Noah verso il basso, lo costrinse a sdraiarsi insieme a lei.
Si ritrovarono faccia a faccia, stretti in un abbraccio caldo e rassicurante. «Non credo di poter sopportare tutto questo, avevi ragione.»

Noah le sfiorò il piccolo naso con le labbra. «Senza di te non sarei riuscito a convincere Uncas e probabilmente adesso sarei ancora fuori senza avere la minima idea di cosa fare.»

«Ti prego, baciami» sussurrò lei accarezzandolo in viso.

Noah la strinse più forte, rimanendo sempre fermo sul suo sguardo spaventato e triste. La baciò con dolcezza. Niente passione per quella notte, Evelyn aveva bisogno del suo sostegno e di tenerezza, tanta tenerezza. «Quando dovrai andare?» chiese infine lei poggiando la testa sul petto di lui.
«Prima di mezzanotte...»
«Farai attenzione, vero?»

Noah la osservò, prendendole una mano e incrociando le sue dita con quelle piccole e fragili di lei.
«Promesso.»

Evelyn socchiuse gli occhi, pensando a quanto fosse preoccupata per lui. «Quando prenderai la riserva e tutto sarà finito, rimarrò con te.»
Era decisa. Aveva riflettuto a lungo e dopo quello che era successo quel pomeriggio, aveva preso la sua decisione; non avrebbe mai accettato di vivere senza Noah.






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