Faccia a Faccia
Capitolo 22
Una visione.
Non era altro che una visione dettata dallo stress. Sua madre era morta molti anni fa, non poteva trovarsi davvero a pochi metri da lui. Nonostante la convinzione di stare sognando, continuò a fissarla in una completa immobilità, con la paura di poter sbriciolare quell'immagine surreale.
Aveva qualche ruga in più e i suoi occhi non erano più accesi da quella luce speciale che solo un figlio sa vedere negli occhi della propria madre, ma era ancora bella.
Noah deglutì con fatica.
Perché se ne stava ferma? Perché sedeva sul trono accanto al suo viscido nemico? Si chiese quante angherie avesse subito in tutti quegli anni, sua madre, l'Alfa femmina, la donna più rispettata della riserva, accanto a quel traditore.
«Zio!»
La voce rotta dal pianto di Evelyn interruppe i suoi pensieri. Aveva già notato i due corpi legati ai pali di legno e aveva capito all'istante di chi si trattasse, ma non era preoccupato, erano entrambi vivi seppur ridotti male.
Si voltò verso Evelyn, fulminadola con lo sguardo. «Taci, donna!»
L'altra si ammutolì, nuove lacrime le solcarono il viso spaventato. Noah si dispiacque per averla trattata in quel modo, nonostante ciò, sapeva che non avrebbe dovuto mostrarsi debole di fronte ad Alastair. Aveva già usato sua sorella – suo unico punto debole fino ad allora – contro di lui, ma adesso, anche l'umana era divenuta una debolezza, ed Alastair, non doveva scoprirlo.
Evelyn tirò su col naso, e poi si ritirò dietro alla schiena ampia di Noah, continuando a tremare.
Noah diede un'occhiata veloce verso Willow e lei, sentendo il suo sguardo, alzò debolmente la testa.
«E' vivo, stiamo bene!»
«Non mi sembra, sorellina»
Lei accennò un sorriso, e poi volse lo sguardo verso la pedana. Noah fece lo stesso. Con il viso impassibile e il corpo rilassato, puntò i suoi occhi in quelli di Alastair, non sarebbe caduto nei suoi tranelli.
«Libera mia sorella e l'umano» ordinò infine.
Alastair proruppe in una grassa risata carica di disprezzo. Si voltò per un attimo verso Elisabeth,e la sfiorò appena attirando la sua attenzione.
«È cresciuto, non trovi?» disse osservandola con un ghigno che avrebbe dovuto avere l'aspetto di un sorriso. Attese una risposta che non arrivò, così ritornò ad osservare Noah. «Sono felice di averti di nuovo qui! Non immagini quante volte ho sognato questo momento, ma non approfittare della mia generosità. Non sei nella condizione di dare ordini» parlò con calma, ma ogni parola divenne veleno puro.
Noah strinse i pugni, doveva rimanere calma, qualsiasi cosa fosse successa.
«La pensiamo allo stesso modo; anch'io ho sognato molte volte questo momento. Quindi...» prima di continuare, osservò sua madre ancora perfettamente immobile, cercò di comunicare con lei, ma, con dolore, constatò che non avevano più il legame. «Quindi, evitiamo i convenevoli. Sappiamo entrambi il motivo per il quale sono qui: chiedo ufficialmente di sfidarti, stanotte, con la Luna Rossa nel cielo»
Le guardie, appostate ad ogni angolo, iniziarono a parlar fra di loro in un vociare indistinto. Alastair non parve altrettanto sorpreso.
«E dimmi, con quale diritto vieni a chiedere questo?» rispose quest'ultimo incrociando le mani sotto al mento ricoperto dalla folta barba rossastra.
La rabbia si diffuse nuovamente dentro Noah. Odiava i giochetti tipici di Alastair, odiava tergiversare; voleva soltanto finirla o lo avrebbe ucciso in quell'istante.
«Sono figlio del grande Alfa King, Lupo del Nord e protettore della riserva Luna di Tuono» enunciò a gran voce ogni suo diritto, rimanendo comunque con voce ferma e osservando ogni licantropo presente.
«Se non ricordo male, tuo padre è morto molto tempo fa, giusto? Non sei più il figlio di un Alfa, sei semplicemente il figlio di un morto»
Noah pensò che sarebbe esploso. Vedere Alastair così tranquillo, sentirlo parlare di suo padre con noncuranza lo fece tremare dalla rabbia. Il solo pensiero di vederlo vivo, mentre suo padre giaceva nella terra, lo fece impazzire.
«Noah, non dargli ascolto...»
La voce di sua sorella gli arrivò immediatamente in testa, riuscendo ad alleviare la sofferenza; lo stava facendo per lei, per suo padre e sua madre.
«Mio padre è stato ucciso illegalmente. Pretendo una sfida, questa notte. Dentro di me scorre il sangue degli Alfa e, se anche tu non vuoi ammetterlo, quel posto mi spetta» replicò Noah sfidandolo con lo sguardo.
Alastair sospirò, osservandolo come si fa con un insetto fastidioso. «Sei furbo ragazzo, molto furbo. Se pensi di potermi battere, ti accontenterò» dopo aver parlato si passò una mano tra i capelli, forse in cerca delle parole giuste. «Prima dell sfida, vorrei farti sapere alcune cose»
Noah trasse un respiro di sollievo; aveva accettato e questo gli bastava. Tuttavia la calma e la resa di Alastair lo insospettirono, c'era sicuramente dell'altro.
«Parla.»
«Ci sono varie questioni da affrontare. La prima: tua madre. Non la vedi da anni e questo è il tuo saluto? Non vuoi chiedermi il motivo per il quale si trova qui?» chiese Alastair con voce divertita e un sorriso malizioso sulle labbra sottili.
«Vedo che non stai nella pelle» rispose Noah guardando di sottecchi la propria madre. Si aspettava un suo movimento, una sua parola, ma un muro invisibile, che li aveva tenuti separati per tutti quegli anni, era ancora solido e impediva ogni contatto.
«Un figlio ha il diritto di sapere che la propria madre ha nuovo marito» disse Alastair afferrando bruscamente la mano della donna.
Questa volta Noah non riuscì a trattenere il moto di sorpresa che si dipinse sul suo viso. Non era possibile, lei non lo avrebbe mai fatto neanche sotto tortura. Poi, riflettendoci tutto gli apparve chiaro; l'aveva obbligata.
«È vero?» chiese Noah rivolgendosi alla madre.
L'altra, che per tutto il tempo non aveva dato segni di debolezza, scoppiò in lacrime.
«Sì, è vero! E' vero!» rispose senza poter dire altro a causa del pianto. Per Noah fu come cadere in un buco nero; volteggiava nell'oscurità, cadendo sempre più in basso, ma senza mai toccare il fondo. Una caduta continua che lo scuoteva sin dentro alle viscere.
«Mamma, vieni qui.»
L'avrebbe salvata, non avrebbe sopportato di vederla ancora accanto a quel bastardo.
«Non andrà da nessuna parte» Alastair si alzò e colpì Elisabeth in pieno viso. Lo schiocco prodotto dallo schiaffo rimbombò nella testa di Noah, la bestia che aveva dentro di sé si agitò, minacciando di sfuggire al suo controllo. Ne aveva abbastanza; decise che la sua pazienza era appena finita.
In una frazione di secondo raggiunse la pedana pronto ad attaccare Alastair, ma qualcosa lo afferrò da dietro.
Uncas e Beulah lo tenevano stretto, costringendolo ad indietreggiare. «Ehi, amico, vuoi farti ammazzare?» chiese Uncas sottovoce. Noah non lo ascoltava, desiderava soltanto uccidere quell'essere abominevole e mettere fine a quella storia una volta per tutte.
«Lasciatelo pure fare, se vuole una lezione, non ha che da chiedere!» esclamò Alastair ridendo come un pazzo.
Noah si dimenò con più forza. «Ti sta provocando!» continuò Beulah tenendolo per un braccio. «Non dargliela vinta»
Noah riuscì a calmarsi soltanto al pensiero di Evelyn. Fu come la luce di un faro; stava per perdersi nell'oscurità, ma lei lo riportò sulla rotta sicura.
Pensarla da sola, senza gli altri che la proteggessero lo fece placare. Avrebbero potuto attaccarla in qualsiasi momento e lui non se lo sarebbe mai perdonato.
«State con Eve, è scoperta» mormorò Noah staccandosi dalle mani forti di Uncas. Quest'ultimo annuì, tornando al fianco dell'umana ancora intenta ad osservare lo zio svenuto e ricoperto di sangue.
«La pagherai, Alastair» urlò infine guardandolo dritto negli occhi. L'altro, ancora sorridente, si diresse verso le scale e poi, con calma, si avvicinò a Noah.
Faccia a faccia dopo tutti quegli anni.
Noah fu tentato di prenderlo per il collo, ma sapeva che non avrebbe potuto vincere con tutte quelle guardie e senza una buona lucidità.
Alastair, divenuto serio, si avvicinò all'orecchio dell'altro. «Tuo padre mi disse le stesse parole...» fece una breve pausa, gustandosi quel momento.«...e adesso è soltanto polvere. Quando sei scappato come un codardo, l'ho lasciato nel bosco; ogni animale si è cibato della sua carne.»
Noah chiuse gli occhi.
Dovette racimolare ogni briciola di autocontrollo che ancora aveva. Le immagini di suo padre vittima di volpi e orsi che laceravano il suo corpo lo straziò. Dentro di sé urlò a squarcia gola, ma fuori, fece del suo meglio per rimanere impassibile.
«Questa notte» ripeté Noah con voce gutturale.
«Questa notte morirai» replicò Alastair ancora a pochi centimetri dal suo orecchio. «Finirai come tuo padre. Poi toccherà a tua sorella e ai tuoi amici. Infine, prenderò quell'umana che ti porti dietro e la darò ai miei uomini che la stupreranno fino a quando non sarà morta. E sai cosa farò io? Continuerò a scopare tua madre e torturerò ogni Lupo del Nord»
«Io...» Noah si bloccò. Sua madre lo stava fissando con occhi colmi di lacrime e tenerezza.
«Non farlo, piccolo mio»
Il loro legame c'era ancora, più forte che mai; lei aveva capito che stava per attaccarlo. La sua voce fu come un balsamo delicato nella sua mente ottenebrata dal dolore e dall'oscurità.
«Ti libererò» disse Noah comunicando con la mente. Poi, osservando il viso arcigno di Alastair, si allontanò di qualche centimetro.
«Io ti ucciderò. Morirai questa notte, e nessuno ricorderà più il tuo nome»
L'altro parve divertito da quella frase. «Questo argomento è molto interessante, sono felice che sia stato proprio tu a parlarne» disse portando le mani dietro alla schiena. «C'è un'altra cosa che non sai. Forse è arrivato il momento di presentarti tuo fratello.»
Noah sussultò. Lui non aveva fratelli, cos'altro si era inventato?
«Vedo che sei sorpreso, ragazzo mio. Ti spiego, quando un uomo e una donna si amano, creano una famiglia...»
Noah chiese aiuto alla madre, ma l'altra era di nuovo in lacrime. «Mi avevi promesso che non lo avresti detto!» urlò quest'ultima rivolta verso l'odiato marito.
«Il tuo ragazzo ha il diritto di sapere, moglie»
Noah non riuscì neanche a parlare, quello scenario era fin troppo assurdo. Sua madre aveva dato un figlio ad Alastair? Questo complicava le cose e avrebbe potuto mandare a monte tutto il suo progetto; con un erede e per giunta con sangue del Nord nelle vene, il suo diritto poteva essere annullato.
Ogni notte negli ultimi venti anni aveva immaginato il momento in cui sarebbe tornato. Con profonda tristezza ammise a sé stesso che niente stava andando secondo i piani.
«Menti.» lo accusò Noah con disprezzo.
Alastair non badò alle sue parole, anzi, parve compiaciuto di essere riuscito finalmente a sconvolgerlo.
«Brandon, entra pure!» urlò infine voltandosi verso una porta posizionata all'interno delle mura.
Noah osservò il ragazzo che si stava avvicinando. Erano alti uguali e avevano lo stesso colore di capelli, anche se l'altro li portava lunghi e legati in una coda. La somiglianza era innegabile; sembravano fratelli.
Cercò di non guardarlo negli occhi, aveva paura che l'altro potesse avvertire la sua paura, il suo smarrimento. La sicurezza che aveva fino a pochi minuti fa era andata in frantumi come un vetro rotto.
Brandon, camminando fiero, si portò al fianco del padre. «Ecco, questo è tuo fratello» concluse Alastair sempre più felice del male che stava causando.
Noah impallidì, per la prima volta alzò lo sguardo sul viso di Brandon e ciò che vide lo fece tremare, questa volta per colpa del panico. Gli occhi del ragazzo erano di due colori diverso; aveva il marchio degli Alfa del Nord.
Poteva andare peggio? Quali altre sfide avrebbe dovuto superare? Sentì nuovamente l'impulso di trasformarsi, di dare libero sfogo all'ira che lo aveva avvolto in un sudario di dolore.
Sentì gli occhi di sua madre su di lui e quando la guardò, scoprì che stava ancora piangendo. Ma non provò compassione, questa volta provò rabbia anche nei suoi confronti. Non avrebbe sopportato altri affronti, soprattutto da colei che avrebbe dovuto difendere la Riserva.
Sentì che Uncas e Belauh, ancora dietro di lui, iniziarono a parlare sottovoce, probabilmente ancora più sorpresi di lui.
Chissà cosa stava pensando Evelyn, sicuramente era preoccupata per suo zio e lui se ne stava immobile senza fare niente.
«Non è mio fratello» esordì Noah con voce impastata, ma tornando ad una parvenza di normalità e freddezza.
Alastair alzò un sopracciglio. «Il povero Noah ha paura. Sei ancora un poppante!» disse dando delle pacche sulla schiena robusta del figlio appena arrivato. «Ma ancora non ho finito, sei pronto per l'ultimo punto di cui voglio parlarti?»
Noah non ebbe la forza di parlare, annuì svogliatamente, sperando che tutto finisse presto.
«La ragazza umana, quella che cerchi di nascondere da quando sei arrivato, deve morire» così dicendo, in un movimento improvviso, Alastair, alzò un braccio e poi lo riabbassò velocemente.
Il fischio inconfondibile di uno sparo, lacerò l'aria.
Dietro ad una colonna,Patrik il biondo, uscì allo scoperto. Tra le mani stringeva ancora la pistola fumante che aveva appena fatto fuoco.
Noah sapeva a chi era rivolto quel colpo. Cercò disperatamente di raggiungere Evelyn, ma quando si voltò, dalla sua bocca uscì soltanto un gemito che si trasformò subito dopo in un ululato di dolore.
Spazio autrice:
Okay ragazze, questo è il capitolo più fastidioso che io abbia mai scritto. Sapete quei capitoli che non vogliono essere scritti? Ecco, lui è uno di questi! L'ho scritto e cancellato, scritto e cancellato ancora almeno cento volte.
Però basta, prendetelo così com'è e spero che il prossimo si lasci scrivere con più facilità.
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