Desiderio
Capitolo 18
Every night I burn,
Every night I call your name.
Vedere quella piccola costruzione in mezzo al buio e alla neve ghiacciata, fu come toccare terra dopo essere stati per molto tempo in mezzo al mare.
Evelyn aguzzò la vista, era difficile vedere con le folate di vento che trasportavano i fiocchi di neve nell'aria come piccoli tornado.
«Una casa?» chiese infine speranzosa.
Uncas, che teneva sulle spalle Noah ancora svenuto, puntò lo sguardo nella stessa direzione.
«Siamo nel territorio della riserva, è possibile che sia abitata» concluse lui chiedendo consiglio con lo sguardo verso la sorella.
Beulah scosse la testa. Dopo aver curato Noah, il volto già pallido, era divenuto quasi violaceo e le occhiaie già presenti e scure, le avevano circondato completamente gli occhi. «Noah ha bisogno di riposo, l'argento lo ha debilitato e non credo che riuscirà a trasformarsi prima di domani mattina»
Evelyn la osservò e provò una fitta di invidia; era così bella nonostante la stanchezza, ed era così gentile e premurosa, mentre lei, benché non ne avesse la minima idea, aveva tradito tutti.
«Cosa facciamo?» chiese coprendosi il viso con la sciarpa.
«Avviciniamoci e vediamo che succede» rispose Uncas sistemandosi sulle spalle l'amico e incamminandosi lungo il sentiero.
Beulah guardò il fratello e poi si appoggiò ad un degli alberi, gli occhi vuoti e la bocca tirata in una smorfia di dolore.
«Stai bene?»
L'altra abbozzò un sorriso, rimanendo con la schiena attaccata alla corteccia dura.
«Riesce sempre a farmi male, anche quando non vuole...» sussurrò osservando il buio che le circondava.
Evelyn si morse l'interno della guancia. Parlava di Noah? Rimase in silenzio, senza sapere cosa dire. Provava ancora qualcosa per lui? Una nuova ondata di gelosia la tramortì; chissà quanti bei momenti avevano passato insieme, quante volte si erano baciati, quante volte si erano sfiorati a vicenda.
«Grazie. Grazie per averlo salvato» le parole le uscirono di bocca quasi da sole. Pensava ad altro, ma le labbra avevano deciso per lei cosa dire.
Beulah la osservò distrattamente. «Credi di amarlo?»
A quella domanda gli occhi di Evelyn si spalancarono. Amore? Non ci aveva mai neanche pensato.
«Io...»
«Lo ami o cosa?» la incalzò l'altra avvicinandosi.
«Non lo so... che razza di domanda è?»
«Lui ti vuole»
Le guance di Evelyn arrossirono all'istante. «Lui? Mi vuole? Credi che... dovrei pensarci, insomma...»
Beulah la guardò con un sopracciglio alzato. «Calma, calma. Non sentirti in colpa, io e Noah, beh, è passato»
«Credo che dovremmo andare, sto gelando» rispose Evelyn sentendosi a disagio. L'altra indugiò ancora qualche istante, sembrò voler dire qualcosa, ma poi ci ripensò, voltandosi verso la casa fatta di legno.
«Hai ragione, andiamo».
Da fuori poteva sembrare una catapecchia, ma entrando, Evelyn, si guardò intorno con stupore.
La casa era arredata con cura, anche se il mobilio era datato e le ragnatele e la polvere davano un aspetto trasandato. Il piccolo salotto, con due divani e un grande camino, era quasi accogliente.
Uncas uscì da una delle stanze vicine con qualche candela in mano. «L'ho lasciato sul letto. Non c'è elettricità, ma ho trovato queste» disse poggiando una candela sul tavolo di legno scuro.
«Cosa ci fa una cosa del genere in mezzo al bosco?»
«Credo ci abitasse il sorvegliante del confine sud... non so che fine abbia fatto» rispose lui cercando dei fiammiferi. Dopo aver cercato vicino al camino, ne trovò una scatola quasi piena. Ne estrasse uno e la luce gialla e calda del fuoco illuminò appena la stanza.
Evelyn si tolse lo zaino dalle spalle e la stanchezza le arrivò in un attimo; l'adrenalina era passata.
«Ecco, abbiamo la luce» concluse Uncas avvicinando il fiammifero allo stoppino bianco. «C'è un bagno e credo ci sia dell'acqua calda» aggiunse poi guardando Evelyn.
«Dici sul serio? Sarebbe fantastico!» esclamò lei. Da quanto non faceva una doccia? Improvvisamente si vergognò del suo stato. «Vai a vedere, è in fondo al corridoio»
Lei annuì, sorridendo. Prima di andare, prese un cambio dallo zaino e diede un ultima occhiata ai due licantropi; Beulah si era sdraiata sul divano, mentre l'altro osservava il bosco dalla finestra.
«Siete sicuri, posso andare?»
«Va' pure, per questa notte dovremmo essere al sicuro» rispose Beulah con gli occhi chiusi.
Evelyn fece un passo verso il corridoio, ma poi tornò indietro. «Perché hanno preso soltanto Willow?» avrebbe voluto fare quella domanda qualche ora prima, ma era troppo preoccupata per Noah.
Uncas distolse pigramente lo sguardo dalla finestra, osservandola con occhi colmi di tristezza. «Volevano lei e la volevano viva. Non so per quale motivo, ma sono sicuro che la useranno contro di noi, contro Noah» dopo aver parlato riportò lo sguardo verso il vetro ricoperto di polvere. «In ogni caso, siamo molto vicini, proseguiremo con il piano. E, fidati, ucciderò ogni Rosso che mi intralcerà la strada.»
Evelyn, notando la malinconia degli altri e sentendo la stanchezza aumentare, decise di smetterla con le domande e filare al più presto nel bagno.
Il colore della vasca tendeva al giallo, ma dopo averla lavata con un po' d'acqua, sembrò essere abbastanza pulita. La riempì fino all'orlo, ritrovandosi immediatamente immersa nel vapore caldo e rassicurante.
Dopo aver completato l'operazione, decise di spogliarsi. I vestiti erano sporchi di terra e sangue, così come le sue mani e braccia. Quando si voltò per togliersi i jeans, Evelyn trasalì. Sopra al lavandino, anch'esso sporco, scoprì la sua immagine riflesse allo specchio. Era ricoperta di terra anche sul viso e i capelli erano annodati in più punti. Aveva la bocca screpolata e profonde occhiaie scure.
Dio, sono orribile.
Finì di spogliarsi in poche e semplice mosse, dopo di che prese dei piccoli flaconi che aveva portato con se nello zaino; un bagno schiuma, uno shampoo e un balsamo. Li guardò con piacere, complimentandosi per la sua decisione.
Creò della schiuma agitando la mano nell'acqua e infine, gemendo di piacere, si immerse nella vasca. Quanto era bello potersi crogiolare in quel calore, quanto era bello sentirsi puliti. Rimase immobile per lunghi minuti, godendosi quel meritato riposo.
Con gli occhi chiusi cercò di non pensare a niente; esistevano soltanto lei e quella vasca. I suoi pensieri fluirono adagio, attraversando luoghi piacevoli e spensierati, ma poi, contro voglia, tutto divenne rosso. Evelyn aprì gli occhi di scatto, rivivendo in pochi secondi ciò che era accaduto poche ore prima. Sotto le dita poté sentire nuovamente la spiacevole sensazione della carne viva e lacerata, l'odore penetrante del sangue, la puzza di carne bruciata.
Lo aveva salvato, aveva fatto la cosa giusta, ma soltanto in quel momento si rese conto di cosa aveva fatto veramente. La dolce Evelyn aveva infilato la sua mano nell'addome di un'altra persona. Rabbrividì mentre si appoggiava nuovamente alla vasca con la nuca. Ricordare il viso pallido e inespressivo di Noah la fece sentire improvvisamente pesante, priva di forze.
Chiuse gli occhi, questa volta decisa più che mai a liberarsi di tutti quei pensieri inutili. Voleva soltanto silenzio, delizioso silenzio rilassante.
Rimase immersa nell'acqua fino a quando non divenne fredda. Dopo di che si alzò lentamente, stordita e assonnata, per poi asciugarsi e vestirsi. Indossò una maglietta di qualche taglia più grande, la solita che usava per dormire, e poi il suo sguardo si concentrò sul WC.
Un sospiro di sollievo le salì sulle labbra; fare i bisogni in mezzo al bosco si era rivelato più imbarazzante di quanto pensasse e rivedere un oggetto amico – e anche molto utile – le fece tornare il sorriso.
Dopo aver finito in bagno, riprese le sue cose e le mise con cura nello zaino. Poi, in silenzio, si diresse di nuovo nel salotto. Scoprì che nel camino ardeva un fuoco e che Uncas e Beulah dormivano beatamente sui divani.
Senza sapere cosa fare e, soprattutto, senza sapere dove avrebbe dormito, decise di andare a sincerarsi delle condizioni di Noah.
La stanza era piccola e i mobili, anch'essi dall'aspetto datato, erano ricoperti di polvere. Il letto era sicuramente troppo piccolo per ospitare un uomo di quella stazza, ma Noah dormiva profondamente.
Evelyn si avvicinò senza fare rumore. Il respiro dell'altro era regolare; il petto si alzava e abbassava con precisione. Fece risalire lo sguardo al viso, osservando bene il naso dritto, le labbra rilassate e la mascella scolpita ricoperta dalla barba incolta.
Quanto era bello. Non riusciva a pensare ad altro, avrebbe potuto osservarlo per ore, immergendosi in quella bellezza troppo perfetta per essere vera.
***
Era disteso su qualcosa di comodo e soffice, sicuramente un letto. Ma cosa ci faceva in un letto vero? Avrebbe voluto svegliarsi da quel sonno profondo, ma era da tempo che non riusciva a trovare una tale pace. Poi un odore inconfondibile lo raggiunse; era lei.
Lei lo stava fissando. Ispirò avidamente quel profumo che tanto aveva bramato negli ultimi anni.
«Hai intenzione di fissarmi per tutta la notte?» disse rimanendo con gli occhi chiusi.
Percepì il piccolo sussulto dell'altra e poi la sentì muoversi. «Stai meglio?» chiese Evelyn titubante.
In effetti era così. Il dolore profondo e lacerante era passato; non sentiva più gli organi interni bruciare. Era rimasto soltanto un fastidio sordo e costante, ma del tutto sopportabile. Il mattino seguente si sarebbe trasformato, ritornando perfettamente sano.
Cercò di farlo sapere anche a lei, ma quando cercò di parlare nuovamente gli uscì soltanto un suono strozzato. Aprì appena gli occhi, si schiarì la voce e spinse il suono fuori dalla bocca.
«Sto meglio».
Evelyn si era ormai seduta sul bordo del letto e gli stava sfiorando il braccio con la mano piccola e leggera. Ogni suo tocco gli procurava un sussulto, ogni suo sguardo era una freccia che lo colpiva dritto al cuore.
«Ero preoccupata. Pensavo fossi morto.»
Anche lui aveva creduto di morire.
Che umiliazione. Farsi colpire da un emerito incompetente, da un umano qualsiasi gli era quasi costato la vita. Loro sapevano che il suo unico punto debole era sua sorella, sapevano anche che non avrebbe reagito lucidamente se Willow fosse stata in pericolo. Avevano previsto ogni sua mossa. Era stato ridotto a un debole ammasso di dolore.
Riportò lo sguardo verso Evelyn. Lei aveva visto tutto e l'umiliazione per la sua debolezza lo colpì nuovamente e con più forza. Avrebbe voluto nascondersi nel bosco e non farsi più vedere; lui, il vero Alfa,colpito così facilmente.
«Grazie a te sono vivo» rispose infine accettando la sconfitta.
«Non ti avrei mai permesso di morire!» esclamò lei stringendo con forza il suo braccio.
Vedere quella determinazione lo commosse, provò una tenerezza infinita per quella ragazza così fragile, ma allo stesso testarda e coraggiosa. Osservandola meglio, si accorse che stava indossando soltanto una maglietta che le copriva appena le cosce snelle e sode. Una fitta improvvisa al basso ventre lo travolse. Distolse lo sguardo da quello spettacolo, fissando il buio della stanza con ostinazione.
Evelyn si sedette sul letto, ripiegando le gambe sotto di sé. In quella posizione la maglietta si alzò sulle cosce, lasciando intravedere le mutandine bianche che aderivano alla pelle vellutata.
Noah grugnì, ritrovandosi con una smorfia sul viso.
«Che c'è, fa male?» chiese lei avvicinandosi.
No, non era un dolore fisico. Vederla con il viso preoccupato, le labbra leggermente dischiuse e i lunghi capelli che le ricadevano sulle spalle gli causarono un bruciore diffuso in tutto il corpo, ma non era colpa dell'argento; era desiderio.
Senza parlare, senza riuscire a trattenersi oltre, appoggiò una mano lungo la curva della coscia di lei, fremendo a quel tocco appena accennato.
«No, non fa più male.»
I due si guardarono negli occhi.
«Noah, io...»
«Cosa?»
«Hai bisogno di riposare. Vado a cercare un posto per dormire.»
Dopo aver parlato, Evelyn, fece per alzarsi, ma Noah la prese per un braccio, stringendole il polso. Si portò la mano alla bocca sfiorandola leggermente, dopo di che, la guidò verso la dura sporgenza della sua erezione bloccata dalla cerniera dei jeans che stava ancora indossando. Nonostante l'oscurità, vide il rossore che si accese sulle guance dell'altra.
«Stai con me» sussurrò infine.
«Non era mia intenzione tradirvi, non lo avrei mai fatto...» rispose lei alzando la voce.
Noah alzò un sopracciglio. L'aveva perdonata, le credeva e non aveva alcuna intenzione di parlare dei suoi problemi, non in quel momento così bello.
Lasciò il polso della ragazza, afferrandola dietro alla nuca, avvicinandola a sé.
«Lo so» disse prima di posare le labbra su quelle di lei.
Si baciarono intensamente, e questa volta le loro lingue si sfiorarono a lungo. Evelyn, con gesti delicati, sfregò con la mano il rigonfiamento che premeva sui jeans, armeggiando con la zip e infine aprendola. Poi ruotò il polso, stringendo con il palmo il membro ormai libero. Noah chiuse gli occhi, godendosi quel momento tanto atteso, assaporando il profumo dell'eccitazione di lei.
Ancora con le palpebre abbassate, si insinuò con la mano sotto la maglietta di lei, sfiorandole la pancia, risalendo fino alla protuberanza dei seni piccoli totalmente liberi.
Sfiorò delicatamente i capezzoli e lei reagì incurvando la schiena. Con un gemito, si staccarono da quel bacio e lui si alzò leggermente per guardarla meglio in viso.
«Farà male? Insomma...sei un licantropo e io...»
Noah sorrise sinceramente divertito. La voleva anche per questo; per la sua ingenuità, per la sua candida purezza.
«Prometto che non ti farò male» mentre parlava le alzò la maglietta, sfilandola dalla testa e poi gettandola a terra.
Osservò ogni centimetro di pelle scoperta. Finalmente l'aveva nuda di fronte a sé.
Non poté più resistere, la fece adagiare sul letto, ritrovandosi in pochi secondi sopra di lei. Sfiorò con le dita i fianchi di Evelyn, e la curva dell'anca, fino ad arrivare tra le cosce. Lei le divaricò spontaneamente, attendendo ciò che entrambi desideravano.
Noah osservò ancora per qualche istante il suo corpo, beandosi di quella vista.
«Nessuno dovrà più toccarti» disse con voce improvvisamente dura.
L'altra spalancò gli occhi, un ombra di terrore le passò dietro alle pupille dilatate e lui si chiese il motivo di tanta paura. Non lo voleva?
«Noah, i tuoi denti...» balbettò Evelyn indicandogli la bocca.
Con la lingua si sfiorò i canini e gli incisivi; si era trasformati in armi letali. «Non è il morbo, non mi trasformerò»
Lei continuò a fissarlo con la fronte aggrottata.
«Ti voglio, Eve. E questo è ciò che succedeva a quelli come me...» il suo sguardo si rabbuiò. Aveva creduto veramente di poter avere un'umana? Come avrebbe potuto spiegarle che la sua parte animale viveva in lui, che era parte di lui e che quel bisogno impellente lo stava facendo soffrire.
Evelyn non rispose, si sporse in avanti e lo baciò sulla fronte. «Continua, mi fido di te» sussurrò muovendo il bacino.
Noah sentì nuovamente l'eccitazione. Riportò la mano sulle mutandine e questa volta le strappò via con violenza. Senza indugiare oltre, la penetrò con le dita, da prima sfiorandola leggermente e poi più in profondità.
Evelyn gemette,inarcando la schiena e stringendo il cuscino con le mani.
Guardandola, Noah, avvertì un impulso irrefrenabile. Tolse le dita, per poi posizionarsi con cura sopra di lei. Procedette con calma, affondando in mezzo alla sue cosce con deliziosa lentezza. Sentì il leggero tremolio dell'altra, sentì le sue gambe stringerlo in una morsa.
«Sei così bella» mormorò lui con voce arrochita dalla passione. Evelyn non parlò, gemette con più forza, prendendolo per le spalle, accogliendolo dentro di lei fino all'ultimo centimetro.
Noah la penetrò più a fondo, aumentando il ritmo, sentendo il sesso di lei scivoloso e caldo. Era così morbida e bella, così perfetta, così piccola e fragile.
Era sua, soltanto sua.
Continuò a muoversi dentro di lei sempre più velocemente, in un movimento che stava diventando sempre meno gentile. La sentì urlare di piacere, sentì un fremito che la percorse e subito dopo il suo membro fu avvolto dal caldo e appagante orgasmo di lei.
Noah, con un grugnito quasi animalesco, diede un ultimo colpo secco con il bacino, inoltrandosi di nuovo dentro di lei, gemendo fino a quando non si liberò da quel peso che lo stringeva da due anni. L'orgasmo lo scosse dalla testa ai piedi, togliendogli tutte le ultime forze rimaste. Affondò il viso tra i seni di lei, entrambi con il respiro affannato.
Evelyn gli passò una mano tra i capelli, ancora inebriata dall'orgasmo. Noah socchiuse gli occhi, inalando il delizioso profumo dell'umana che lo aveva fatto impazzire. Poi sentì i singhiozzi strozzati che le fecero muovere il petto e allora la guardò negli occhi; stava piangendo.
«Eve...»
«Ho sognato tante volte questo momento e adesso non mi sembra vero»
Noah sorrise sollevato. Si portò accanto a lei, abbracciandola con forza, baciandole la testa con dolcezza. «Ti ho trattata male, lo so. Era soltanto un modo per proteggerti. Tu sei una ragazza libera, giovane e spensierata. Io sono una bestia, non posso condannarti ad una vita di sofferenze»
«Credo di essere abbastanza grande per poter fare le mie scelte» rispose lei accarezzandogli il viso. Noah chiuse gli occhi, era troppo soddisfatto e stanco per poter discutere. Allungò una mano verso la natica soda di lei e si abbandonò al sonno più profondo e rilassante che avesse mai provato.
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