I'll save you

Hunger Games: Rue e Thresh

Thresh si sveglia al suono degli autoparlanti fuori dalla sua finestra. È ora di prepararsi per iniziare a lavorare nei campi per tutto il giorno e portare quel poco a casa.

Si stropiccia gli occhi e si alza in piedi sentendo le ossa scricchiare per la strana posizione in cui ha dormito per tutta la notte.

Si osserva intorno per vedere sua sorella più grande ancora dormire con una smorfia in viso. Da quando si è tagliata con una falce due anni prima non può più lavorare, restando in casa e aiutando un po' tutti.

Thresh non può fermare il sorriso accarezzando con lo sguardo triste la figura ancora per una volta della sorella e poi scompare nell'altra stanza, la quale fa da cucina e salotto e ripostiglio insieme.

Non è poi così grande la stanza, ha anche qualche finestra rotta da cui può ancora sentir la voce del sindaco dire di aver una buona giornata di lavoro. Sono quasi i più fortunati avendo già due stanze e non come molte persone del distretto 11 che vivono in otto o nove in un'unica stanzetta... come Rue.

Il ragazzo dalla pelle scura sorride intenerito dal pensiero della bambina dal sorriso più luminoso del sole cocente.

Tutti la conoscono, è la bambina che salta da ramo in ramo e dà il segnale della fine dei lavori. Ha una grande famiglia, anche le sue sorelle più piccole lavorano distribuendo l'acqua ai contadini nella piccola pausa del pranzo.

Il diciottenne finisce di vestirsi e corre fuori senza sbattere la porta per non svegliare la sorella e la nonna ancora dormienti.

Fa un lungo respiro sentendo le narici del naso pungere per l'aria fredda del mattino. Sbatte gli occhi color del cioccolato, che produce ma che non ha mai assaggiato, per abituarsi ancora all'oscurità la quale sarebbe scomparsa con il sole nascente.

Vede molte persone, tra ragazzi della più tenera età ad anziani dalle ossa scricchiolanti e mamme incinte iniziare ad avviarsi all'Orologio, una grande sala in cui i pacificatori registrano i contadini ogni giorno per controllare se ci sono tutti.

È ingiusto come vengono trattati, sono persone anche loro, provano sentimenti anche loro... prova sentimenti anche lui.

Si immerge nella folla mettendo nella tasca dei pantaloni il pane ammuffito che ha preso dalla cucina prima di partire verso i campi.

Saluta con un cenno del capo gli altri ragazzi con cui fa le lezione serali.

Certo lezioni serale, perchè il giorno deve lavorare negli enormi campi e quindi si ritrova a studiare la sera dopo il suo turno per poi tornare a casa per la mezzanotte e dormire e svergliarsi qualche ora dopo.

Questo è il suo piano giornaliero da ormai cinque anni, dalla scomparsa di suo padre colpito a morte da un pacificatore per aver aiutato un vecchio sfinito nel campo di grano.

Alza gli occhi al cielo più chiaro di prima e sbuffa mentalmente per i suoi pensieri. È uno di quei giorni in cui rifletti su tutto, rifletti anche sul perchè il sole continui a sorgere dopo aver visto tutte le sofferenze di quegli esseri così piccoli in confronto a lui. È uno di quei giorni in cui sarebbe stato tutto peggiore di quanto non fosse già, perchè quando sei una maschera di ferro non possono riuscire a leggere la tua sofferenza ma quando pensi al male che ti circonda come una bolla allora capiscono che stanno riuscendo nel loro intento.

Così rimette la maschera di ferro cresciuta insieme a lui negli anni, la quale si scioglie solo con una persona, la bambina che gli fa pensare che non sia poi così male lavorare fino a sentire le braccia staccarsi dal corpo e continuare a lavorare perchè se può vedere il sorriso felice grazie a lui ogni mattina, beh ne vale la pena anche essere frustati.

Si passa una delle gigantesche mani sulla camicia leggera che indossa. Una camicia sporca e senza maniche ormai da tempo ed infine sui pantaloni ereditati dal padre dopo la sua morte.

Si lascia la folla di contadini alla spalle sentendo come sempre gli sguardi straniti puntati sulla sua grande schiena.

Thresh è un ragazzo enorme, dalla schiena muscolosa per lo sforzo sotto il cielo, le mani grandi quanto una pala che avrebbero potuto spezzare il corpicino di Rue in un millisecondo se avesse voluto, e ho detto bene, se...

Svolta sulla sinistra vicino a un piccolo prato coperto dalla brina e la trova come ogni giorno seduta ad aspettarlo con le sue sorelle più piccole sul tronco di un albero caduto.

"Ciao Thresh." Lo saluta per prima la piccola Noah correndo ad abbracciargli una gamba. Lui si inginocchia accarezzandole i ricci scuri. Dopo pochi secondi anche le altre bambine gli saltano addosso quasi a facendolo cadere se non avesse piantato bene i piedi nel terreno.

"Thresh! Dov'è? Dov'è?" Chiedono in coro tastandogli le tasche della camicia.

Il ragazzo non può non sorridere. Prende il pane e le guarda tutte quante con un sopracciglio alzato e con esso la mano per non far prendere il pane.

"Prima l'indovinello, attente. -si schiarisce la gola donando uno sguardo divertito a tutte prima di aprire la bocca e parlare- Di sera vengono senza esser chiamate, al mattino scompaiono senza esser rubate. Lassù sono propio belle, son... vediamo chi indovina."

Tutte iniziano a osservare in alto ma prima che possano almeno solo pensarci una voce soave risponde per loro e portando il cuore di Thresh a perdere un battito e i suoi occhi a cercarla.

La trova subito. Si è alzata dal tronco attratta dal timido venticello del mattino. Ha le braccia spalancate ed è in punta di piedi come a voler spiccare il volo e unirsi al cielo.

"Son le stelle." Ripete sorridendo alle voci felici delle sorelle che vogliono il pane.

Il ragazzo glielo consegna senza staccare gli occhi da quella figura così fragile da potersi spezzare come un ramoscello sotto le sue mani e forte allo stesso tempo perchè non si fa spezzare le ali e la voglia di sognare come è successo a tutti nel distretto 11, per primo a lui.

Si alza in piedi avvicinandosi alla bambina molto più bassa di lui, che in confronto è quasi alto come la montagna di grano del mercoledì.

"Ciao Thresh." lo saluta non aprendo ancora gli occhi mettendo ansia al ragazzo, il quale vuole solo rispecchiarsi in quei laghetti di dolcezza pura ed innocenza.

"Rue."

La saluta sempre così. Non sa mai se abbracciarla o darle la mano -cosa stupida tra l'altro- non sa mai come comportasi con lei. Socializzare -se quella si può chiamare 'socializzazione'- con gli altri è diverso perchè sa come rispondere agli insulti dei pacificatori, alle frustate, alle bastonate e anche agli ordini, quello che deve fare è solamente restare in silenzio. Il silenzio è la sua arma, perchè i pacificatori che lo provocano vogliono una scusa per uccidere le loro vittime ma se resti in silenzio e fai il tuo lavoro non hanno nulla. Però con la bambina dal viso dolce contornato da una criniera di capelli ricci color cioccolato è strano restar zitti e nello stesso istante confortante.

La ragazzina finalmente apre gli occhi beando Thresh del suo sorriso luminoso. Riporta i talloni a terra e abbassa con lentezza le braccia, quasi a non voler spezzare con un movimeto brusco le ali.

Gli si avvicina sorridendo e le stelle del cielo si riflettono in quegli abissi che incatano ogni volta il contadino.

Lo abbraccia trasmettendo tutta la felicità che prova per averlo rivisto.

"Per fortuna sei arrivato.- gli sussurra cercando di reprimere un sorrisino divertito. - Quei pacificatori credevano che non volessimo andare a lavorare." Ridacchia come se gli avesse detto la cosa più carina di Panem.

"Allora è meglio che ci incamminiamo, non vogliamo che possa succedere qualcosa."
Così si voltano richiamando le sorelline, le quali iniziano a camminare meno felici di prima mentre si passano il pane mangiucchiandolo.

I pacificatori li fissano con i loro caschi a visiera nera tenendo una mano sul manganello bianco come se potessero ribellarsi da un momento all'altro mentre si uniscono alla massa di gente verso l'Orologio.

Le sorelline più piccole di Rue salutano un po' tutti dando anche qualche volta un pezzetto di pane a qualcuno. Thresh non si stupisce più della bontà di quegli angioletti.

Torna alla realtà quando sente la sua manina fredda stringere la sua calda e lui può solo rispondere a quella richiesta di non lasciarla sola ancora per un po' quando entreranno nell'Orologio perchè si dovranno dividere. Rue andrà alla postazione degli alberi da frutto e Thresh a quella del grano.

Dopo pochi minuti di silenzio, il sole si è ormai svegliato riscaldando poco a poco l'ambiente che li circonda, l'Orologio si erge fiero davanti a tutti anche se incrostato dalla rugine su qualche superficie.

L'Orologio, si può capire dal nome, ha un enorme orologio dalle lancette nere che scandisce il tempo della giornata di lavoro. È stato costruito appena dopo la fine della ribellione da parte dei distretti contro Capitol City... prima degli Hunger Games.

Hunger Games...

Quest'anno sarebbe stato l'ultimo anno di Thresh, sarebbe stato libero finalmente, certo, non libero di scappare, cambiare aria da questo Inferno ma se ci pensa bene non sarebbe stato libero di vivere un po' più tranquillamente comunque.

Rue.

Quest'anno sarebbe stato il primo di molti anni nel terrore di essere scelta, di morire dolorosamente per il divertimento dei capitolini.

Questo pensiero fa ribollire il sangue al ragazzo dalla carnagione scura, lo fa arrabbiare al punto di uccidere.

Perchè sì, lui lo farebbe per tenere al sicuro il suo piccolo girasole che cresce forte sotto il sole anche se il vento e la pioggia cercano di ucciderlo.

Thresh ne è sicuro, sarebbe capace di assassinare pur di proteggere la sua piccola Rue, come ha fatto tutti questi anni da quando l'ha vista rubare la frutta dagli alberi per le sue sorelle e sua madre. Non le ha permesso di iscriversi per le tessere o la probabilità sarebbe stata ancora più alta. Non le ha permesso nulla di quello che l'avrebbe portata alla morte o lontana da lui. Lui può morire, ormai è solo un manichino a cui è stato portato via la voglia di vivere ma lei no, lei deve vivere per sè stessa, per le sorelle, per la madre e per Thresh, lei deve riuscire a scappare volando lontano.

Entrano sorpassando gli enormi cancelli con i pacificatori alle estremità. Si ritrovano come ogni giorno davanti all'entrata delle postazioni dove delle signore vestite in bianco vedranno il loro numero, tatuato sull'avambraccio, per confermare la loro presenza. È sempre così, non cambia mai tranne quando ci sono gli Hunger Games e l'Orologio è chiuso e con esso le zone in cui si lavora. In quel giorno uomo, donna o bambino non vedrà il farro o gli alberi da frutto crescere, anzi solo due morti camminare fra i vivi.

Noah e le altre li salutano velocemente mettendosi in fila nella loro postazione e nel frattempo loro si posizionano al centro per non dar fastidio alle persone che camminano veloci.

Il diciottenne si inginocchia per stare all'altezza dell'undicenne.

"Dopo ti accompagno a scuola e poi a casa."

"Sono grande abbastanza per farlo da sola." Ridacchia con le braccia conserte e il sorrisino che lo fa impazzire.

"E ti accompagno ugualmente, non vorrei che ti succedesse qualcosa."

"Cosa potrebbe mai succedermi?"

Non la smette di ridacchiare ed infine lo abbraccia infilando la testa riccioluta nell'incavo tra la spalla e il collo di Thresh, il quale ricambia piano piano.

"Grazie di esserci Threshie. Io ti voglio bene." Gli sussurra sempre nascosta e forse non sente il cuore del ragazzo battere veloce quanto il treno che porta a Capitol City ma sente il suo.

Rue non si sente l'ultima ruota del carro con lui, si sente felice e non sa spiegare bene il tutto però sa che se la fa sentire bene allora è giusto.

"Anch'io mia piccola Rue.- risponde staccandola un po' da sè. Si avvicina lento e posa le sue labbra sulla fronte liscia della riccia. Le lascia lì più del dovuto perchè sente un grugnito d'avvertimento di un pacificatore alle sue spalle. - Ci vediamo quando sentirò dalle ghiandaie imitatrici la tua bellissima canzone."

"Sapevo che ti sarebbe piaciuta. Ti voglio bene." Ripete con un sorriso che fa inviadia al sole stesso per quanto irradia calore al freddo cuore del contadino.

Ti amo, pensa però non glielo dice perchè la ucciderebbe. Lui la vuole proteggere dal male tuttavia non può dirlo perchè il primo che glielo farebbe indirettamente sarebbe lui stesso. Se la portasse con sé vedrebbe un fiore dai petali di un bianco sporco appassire con il trascorrere lento dei minuti.

Invece Thresh vuole osservare un fiore dai petali multicolore restare diritto anche in mezzo l'uragano di Capitol City, il quale passa indisturbato, senza preoccuparsi delle famiglie, delle vite distrutte.

Vuole tutto questo e sa anche di non poterglielo dare perchè non può ribellarsi.

Ribellarsi significherebbe far morire le persone che ama e prima di tutti ci sarebbe lei.

La bambina dai sorrisi caldi, la bambina che capisce più di mille parole nei suoi silenzi.

Adesso le può dare solo un pezzo di pane ammuffito e il bene di un fratello, anche se lui vorrebbe essere di più.

Si salutano mentre la ragazzina dai ricci morbidi attraversa il cancelletto che la divide da lui alla zona degli alberi da frutto.
"Ucciderei per te, Rue." Sospira con lo sguardo lontano in un mondo migliore...
"Sbrigati prima che ti frusti!" Urla lo stesso pacificatore del grugnito spingendolo verso la signora in bianco della postazione del grano, in cui lui lavora.
...ma non è questo il giorno.

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