XXVI - Il Lutto della Torre (pt.2)
Quella Fès — o festa delle reti, come la chiamavano alcuni girovaghi — fu molto diversa da ciò a cui la diciassettenne era abituata. Invece di una breve preghiera al tempio, in cui l'unico omaggio erano un paio di trote gettate nel fuoco, la cerimonia organizzata dai girovaghi fu più lunga e curata. E quello era nulla rispetto a come quel giorno veniva festeggiato al sud, le avevano raccontato i pomeriggi prima: in quei luoghi il mare diventava un'unica distesa di fiori e offerte, reti colme di pescato venivano sacrificate alla dea delle onde e le luci di mille candele illuminavano le barche ormeggiate ai porti. La festa in onore di Matar, consorte di Minhar tanto quanto dea delle acque e protettrice di chi andava per mare, era uno degli eventi più importante per chi viveva sulla costa o le isole. E Kala la passò in silenzio.
In silenzio la giovane camminò insieme ai girovaghi verso il ruscello più vicino, la mano ancora serrata attorno al ciondolo. In silenzio e con sguardo distante ascoltò Balor mormorare una preghiera agli dei di Mag Mell e a Matar, chiedendo perdono per non essere su un suolo sacro e il loro permesso per condurre la loro semplice cerimonia. In silenzio poggiò la sua coroncina di foglie e fiori sul pelo dell'acqua, non trovando parole da rivolgere agli dei. E in silenzio osservò il resto della cerimonia, al limitare del piccolo spiazzo in cui si erano radunati. In disparte. Lontana, come un mendicante che osserva dalla finestra la festa a cui non è più degno di partecipare.
La ragazza non pronunciò parola neppure durante il cammino verso i carri, quando Ina cercò di coinvolgerla in una discussione con le altre donne. A malapena notò l'odore delizioso che saliva dalle pentole appese sopra il fuoco, o Enur seduta pazientemente su una sedia mentre Failen e Tuam discutevano su come intrecciare nei capelli sbiaditi i rametti e le foglie che avevano raccolto nella loro corsa di ritorno. Con spalle ricurve e sguardo basso prese uno dei piatti che Aròn aveva iniziato a distribuire e si allontanò dai girovaghi che avevano iniziato a ballare e cantare attorno al falò, dirigendosi verso uno dei tronchi più vicini ai carri. Neppure lì trovò tuttavia quiete. Failen e Tuam la raggiunsero, vantandosi a gran voce di come erano riusciti a fare bella Enur per la festa — ancora più bella, precisò la bambina —, seguito poco dopo dalla madre e dallo stesso Aròn, che trovò posto appena poco più lontano e iniziò ad affilare con dita ancora unte di arrosto la sua pesante spada.
Kala si rannicchiò sul tronco, scrutando le fiamme scoppiettare con un'allegria e un calore che le sembravano incomprensibili.
Vuoi parlarne?
La ragazza sussultò, facendo tremare il grumo di cibo nel piatto. Non aveva sentito la silenziosa voce di Kian dal carro di Enur. «Non c'è nulla di cui parlare», sibilò, scoccando una fugace occhiata ai due bambini ancora ingaggiati in un'accesa discussione. Una folata di vento gelida la fece rabbrividire, mentre nei pensieri sentiva il lieve sospiro del mago.
Kala, sai che sento le tue emozioni. Qualsiasi cosa l'Ouroboros ti abbia mostrato...
La ragazza digrignò i denti, facendo fuggire un rabbioso sibilo. Erano solo illusioni! Erano solo delle luride menzogne con cui quel mostro aveva tentato di ingannarla! Dei, maledetto serpente!
Khonsu non è un mostro, Kala. E loro non sono neppure un serpente: l'Ouroboros è solo una forma che possono assumere, una delle tante.
La giovane trasalì, il cuore che pareva cadere nel petto. Possono? Minhar, ce ne sono altri di quei mostri?
No, loro... lui è solo uno. E, come ho detto, non è un mostro. Né un figlio di Minhar, con un sibilo il mago interruppe i suoi pensieri. Khonsu è un'entità, un essere primordiale creato nello stesso istante e insieme ad Alethia. È una forza, uno dei quattro pesi che mantengono il delicato equilibrio della bilancia cosmica. Meno di un dio, sì. Ma assai più di qualsiasi creatura mortale. Una lunga pausa, in cui il mago sembrò osservare le emozioni della giovane. Loro sono il Tempo. E quella sabbia è la loro memoria, una parte del loro potere.
Un brivido attraversò la schiena di Kala, un brivido che la ragazza rifiutò tremante con tutte le forze. No! No, si stava sbagliando! Quelle erano solo illusioni; erano solo sporche, maledette, perfide...
La sabbia non mente mai, Kala. Khonsu non mente. Loro ricordano. Quello che hai visto — qualsiasi cosa tu abbia visto — era il passato: un calco di ciò che è successo, impresso nelle sabbie del tempo.
Kala scosse con veemenza la testa, riuscendo a malapena a trattenere la sua voce. No! No, non poteva essere, erano tutte menzogne! Quel maledetto serpente aveva rubato il volto di suo padre! Aveva osato insinuare che avesse la magia, come Lamadidiamante!
Lamadidiamante?
Una pausa piena di gelo, in cui Kala sentì i muscoli contrarsi con uno spasmo e i denti digrignare. Dei, perché l'aveva fatto? Non era arrabbiata, per Mag Mell, lei...
«Nonna Enur!»
La ragazza sobbalzò, alzando lo sguardo. La vecchia era apparsa davanti a loro, arruffando amorevolmente i capelli dei due bambini. A differenza di Aròn, Balor e altri girovaghi che avevano messo i loro vestiti migliori, Enur indossava ancora la stessa gonna color corteccia e il solito scialle azzurro. Solo l'acconciatura era diversa: Failen e Tuam le avevano lasciato la treccia— ancora inspiegabilmente in ordine, al contrario del resto dei capelli —, ma avevano annodato alle altre ciocche pezzi di muschio, rametti e foglie alle altre ciocche, dando l'impressione che la donna si fosse appena alzata da terra.
«Oh no, scusami», gemette Ina, notando l'acconciatura della vecchia.
La vecchia rise leggiadra, mentre Failen e Tuam protestavano e difendevano la magnificenza del loro lavoro. «Non ti preoccupare, bambina», rispose la donna, rivolgendo un caldo sorriso alla donna ancora mortificata. Poi gli occhi argentati della vecchia si posarono su Kala. «Come stai, cucciola? Sei pronta per il viaggio di domani?»
La ragazza si rannicchiò ancora di più su sé stessa. Si era dimenticata che il giorno dopo Balor l'avrebbe costretta a partire e lasciare l'accampamento dei girovaghi. Mag Mell!
Andrà bene, Kala. Vedrai.
Kala assunse un'espressione corrucciata. Prima di poter rispondere, tuttavia, qualcosa attirò l'attenzione della donna.
Con un sorriso la vecchia li salutò, prima di voltarsi e dirigersi veloce verso la parte opposta della piazza, scivolando come acqua attraverso le persone che ballavano e agitavano tamburelli decorati con sonagli e nastri. Con la coda dell'occhio Kala scorse Enur raggiungere una donna ai bordi dello spiazzo, seminascosta dietro un carro, e dopo aver scambiato qualche veloce parola con lei chinarsi davanti il ragazzo seduto sulle scale di un carro. La diciassettenne spalancò gli occhi, riconoscendo il tremolio nervoso della gamba e i movimenti meccanici con cui il giovane si portava ripetutamente la mano tra i capelli. Saiph!
«Perché stai fissando Merec, mocciosetta? Lo conosci?»
La ragazza si girò di scatto verso Failen. «Chi?»
«Merec: il figlio di Rien, la donna che aiuta Enur a cucire i nostri vestiti», intervenne con un mormorio Ina, tenendo gli occhi bassi. «Balla con i Whit da anni ormai. Enur fa del suo meglio, ma i suoi infusi riescono solo a calmare la sua pazzia», spiegò mesta la donna.
«I... dei, intendi che balla con i Fuochi Fatui? Saiph, perché non è stato portato dagli aruspici?»
Un silenzio punteggiato da occhiate tese calò sulla madre e i due bambini. «È quello che Uladh e altri cercano di convincere Rien a fare. Ma...»
«Ma Enur e Balòr si sono sempre opposti. E a ragione!» intervenne secco il mercenario, facendo sobbalzare la ragazza.
Kala sgranò gli occhi. «Si oppongono? Non ha senso!» Minhar, e se...
Enur sta cercando di aiutare, Kala: non ha nulla a che fare con la condizione del ragazzo.
Ma era in'Incant... una Warlock! Aveva la magia! E per quale altro motivo non avrebbe voluto che il giovane andasse dagli aruspici?
«La vecchia fa bene a farlo», sbottò Aròn, rigirando noncurante la spada tra le mani. Mag Mell, perché impugnava sempre quel pezzo mezzo arrugginito di metallo? «E Uladh e gli altri ratti di cambusa dovrebbero ascoltarla.»
«Saiph, se balla con i Fuochi Fatui gli aruspici possono...»
«Gli aruspici accuserebbero uno o più di noi di stregoneria e ci manderebbero al rogo, mocciosa», la interruppe secco il mercenario. «Siamo girovaghi, gli escrementi della società: non importa loro se siamo innocenti.»
«No, non lo farebbero: gli aruspici condannano solo chi non è fedele a Mag Mell!»
«L'ho visto accadere quando ero un soldo di cacio, ragazzina. Una bambina dell'isola ha iniziato a ballare con i Waldegeist e meno di una settimana dopo, sia lei che una vecchia guaritrice sono finite tra le fiamme. Sempre venerato gli dei e mai dimostrato abilità strane, lei: era brutta e avvizzita come un pezzo di cuoio mangiato dal sale, sì, ma era una delle poche persone in quel buco di galera che non avrebbero venduto la loro anima per un tozzo di pane. Eppure è stata massacrata e legata al fuoco lo stesso, solo perché viveva tra le colline invece che vicino al porto.»
Quando l'uomo finì il suo sfogo, un pesante silenzio cadde sul gruppo. Ina teneva gli occhi bassi, puntati sulla punta dei suoi stivali, e anche i due fratelli avevano deciso di concentrarsi in silenzio sul loro pezzo di pane unto di strutto. Kala si rannicchiò sul tronco, tenendo lo sguardo ben lontano dal malvivente. No! Gli aruspici...
Sono sempre esseri umani, Kala. Kian sospirò, mentre la ragazza serrava ancora più forte le gambe al petto. Ascoltami: nella valle non c'è stata una caccia alle streghe da prima che nascesse Teucer, ma in alcuni posti, sotto alcuni aruspici, vengono mandati al rogo presunti stregoni ogni mese. Se incontrano la persona sbagliata, quello che ha detto Aròn è un rischio assai reale.
Potrebbero aiutare!
Un altro profondo sospiro. Ci vorrebe un miracolo. La... condizione di quel ragazzo, non è qualcosa che può essere risolta accendendo un po' di incenso — e specialmente non bruciando una persona innocente.
La ragazza quasi gridò. Gli aruspici bruciavano solo chi ha la magia, per gli dei! Bruciavano solo persone come... come... La mano sana della giovane iniziò a tremare. Ipocrita! Traditrice!
Kala. Un refolo di vento le scostò una ciocca dagli occhi. Pensi davvero che un Incantatore capace di piegare qualsiasi fiamma o corda al suo volere — qualcuno come me o An — si lascerebbe catturare e bruciare? Se i soldati drogassero il condannato, forse, ma non è una cosa che fanno. No, chi finisce sul rogo sono persone normali, senza poteri.
Una lunga pausa, in cui la ragazza si rannicchiò come un riccio su sé stessa, osservando tremante le ombre dei girovaghi cantare e ballare attorno al falò. La giovane scorse Enur, tornata di nuovo tra la folla, ballare con una Failen ridente agitando uno di quei strani tamburelli. Un guizzo delle fiamme si rifletté sui rametti nei capelli della vecchia, dando per un istante l'impressione che il capo della donna fosse intrappolato da una corona di pugnali e sangue.
La voce di Kian scivolò di nuovo nella sua mente, talmente lieve che si mescolò ai crepitii del fuoco e le risate di gioia. Oppure un Warlock.
*
La mattina della partenza faceva freddo.
Non era quel freddo ovattato che ricopriva i tetti di Vahrel di ghiaccio, né la fresca brezza frizzante colma di neve che Kala aveva imparato a riconoscere e amare. No, era un gelo più secco, insistente, fastidioso, una sensazione completamente diversa da quella che portavano le albe invernali nella valle. Ma era comunque freddo.
La ragazza avvolse ancora di più la sciarpa attorno al suo collo, stringendo un lembo tra le dita sane. La sciarpa di sua sorella, il coltello di suo padre, il maledetto ciondolo e i vestiti che indossava: ecco le uniche cose che erano rimaste di casa sua. Digrignò i denti.
Un sospiro. Kala, te l'ho detto: avevi già perso la tua bisaccia quando sei riuscita ad afferrare quel tronco.
Kala serrò le dita nella stoffa. L'ultima cosa che lei ricordava era il petto che le bruciava mentre affondava sott'acqua, dei! Non aveva idea di come fosse finita su quel tronco, né poteva sapere se aveva ancora la sacca quando era stata trovata dai girovaghi.
Non te l'hanno presa loro.
Quello non poteva saperlo, dei! Come avrebbe fatto senza la sua bisaccia, per tutta Mag Mell? Aveva lì la maggior parte delle monete e delle piante — era l'unica cosa che le rimaneva di sua madre!
Un sasso la fece sobbalzare con violenza e Kala riuscì appena in tempo ad afferrare con la mano sana il bordo di legno prima di finire tra la paglia e i sacchi di grano. Alnilam! Maledetto ciottolo e maledetta strada!
«Tutto bene, cucciola?»
La ragazza scoccò un'occhiata di traverso all'anziana donna seduta tranquilla davanti a lei, una sacca informe in grembo e gli occhi d'argento che la scrutavano con la solita espressione affettuosa. Non avrebbe mai immaginato — mai, per tutti gli dei! — che Enur avrebbe deciso di accompagnarla fino ad Havne. Il capo dei girovaghi era stato categorico, sia la sera prima che quella stessa mattina, dopo che l'aveva buttata fuori dall'accampamento alle prime luci dell'alba: il gruppo non si sarebbe avvicinato di un solo passo di più alla città e lui non avrebbe lasciato nessuno della sua famiglia rischiare la pelle accompagnandola per le ore di strada che ancora mancavano. Non voleva che l'incidente con le vedette si ripetesse, ed essendo la mattina seguente di un giorno sacro lei avrebbe avuto la protezione degli dei. Sarebbe bastata quella.
«Bambina?»
La giovane trasalì ancora, puntellandosi con il gomito mentre un'altro sasso faceva sobbalzare il carro, mentre scoccava un'altra occhiata ad Enur. Non aveva fatto in tempo a raggiungere la strada principale che la vecchia era apparsa dietro di lei, una sacca informe in spalla e annunciando allegra che doveva andare in città per provare a barattare alcuni ninnoli di legno con cibo e unguenti. Meno mezz'ora di camminata dopo, la donna era riuscita a convincere un contadino a dare loro un passaggio fino alla città.
Un improvviso contraccolpo fece sbattere i denti all'adolescente. La ruota doveva aver preso una buca.
«Scusate per tutti gli accidenti», borbottò l'uomo, distorcendo così tanto le vocali che Kala non riusciva a capire la metà delle parole. Dei, come aveva fatto Enur a convicerlo così facilmente? Certo, aveva calmato il mulo e aiutato la bestia a liberarsi dai rovi, ma non aveva fatto nient'altro! Un sorriso, qualche parola affettuosa, e la ragazza si era ritrovata senza rendersene conto su quel carro, tra una balla di fieno e un sacco di avena. Almeno la gabbia con le galline era stata venduta alla donna di un piccolo villaggio poco prima.
«Oh, non preoccuparti», la donna lo rassicurò con un gesto della mano. Il suo tono era talmente affettuoso che la ragazza era certa che Enur avesse appena trattenuto un "bambino" o "cucciolo". «Sei stato molto gentile a darci un passaggio.»
Il contadino si grattò la testa con imbarazzo. «Siete... sei stata gentile vo... tu ad aiutare il vecchio Fango. Ohi!»
Mentre il mulo si fermava per lasciar passare un uomo a cavallo — un corriere, da quello che aveva imparato viaggiando con la strega —, una matassa di capelli disordinati sbucò di fianco all'uomo.
«Pecché palli in modo così stano?» domandò il bambino, usando lo stesso accento incomprensibile del padre e appoggiando i gomiti allo schienale di legno per guardare. La ragazza serrò le labbra. Strano? Strano? Erano loro che erano impossibili da capire, per tutta Mag Mell! «Sei scura come quelli del sud. Pecché non palli come quelli del sud?»
La ragazza girò il volto di scatto verso la donna, mentre Enur si lasciava sfuggire una delicata risata. Era vero, dei! La vecchia parlava in modo normale, non come quel furfante che si faceva chiamare Aròn e buona parte degli altri girovaghi.
«Oh, cucciolo. Come vorresti che io parlassi?» replicò divertita la donna, e Kala per poco non scivolò giù dal sacco. Mag Mell! Che cozzaglia di suoni incomprensibili aveva utilizzato la vecchia? Erano perfino peggio di quelli che usava quell'inquietante farabutto. E li aveva pure cambiati a metà frase — aveva cambiato accento a metà frase, per l'Ingannatore!
Il bambino rise e batté le mani tra di loro. «Ancora, ancora! Palla ancora in modo buffo!»
Con un sorriso la vecchia cominciò a imitare decine di accenti, uno dopo l'altro, a volte utilizzando un tipo di suoni e vocali per intere frasi, altre volte cambiandoli da una parola all'altra. Il bambino rise ed applaudì più forte, finché l'ennesima buca non lo fece per poco cadere di testa tra le balle di fieno — evento scongiurato dai veloci riflessi di Enur. Mentre il contadino costringeva il figlio a sedersi di nuovo al suo fianco, sulla panca davanti del carro, facendogli promettere di rimanere lì e non disturbare più le due passeggere, la donna si mise di sedette di nuovo di fronte a Kala, aggiustando il suo scialle azzurro oliva sulle spalle.
«Sono abituata a Failen e Tuam. Cercando sempre di fare acrobazie mentre viaggiamo», spiegò, notando lo sguardo esterefatto della ragazza.
«No! Come ci sei riuscita, per tutta Mag Mell?» balbettò strozzata Kala, indicando la donna. Ora stava di nuovo parlando in modo normale, senza strane inflessioni delle parole o distorsioni delle vocali, dei!
«Ho solo viaggiato tanto, cucciola.» Allontanò la questione con un vago cenno della mano.
La ragazza con uno sbuffo tornò a rannicchiarsi contro uno dei sacchi e guardare la campagna che scorreva davanti ai suoi occhi. Minhar, non riusciva ancora ad abituarsi come il resto del regno fosse così piatto. Quella mattina aveva perfino visto il sole emergere dalla terra, dei! L'aveva visto tramontare altre volte — poche, pur essendo stata mesi in viaggio, a causa delle nuvole che fino a qualche settimana prima avevano coperto il cielo —, ma anche quando sorgeva il carro di Arrikis si alzava dall'inquietante linea dritta dell'orizzonte. Non era normale, dei! Strinse convulsamente la sciarpa al petto.
Passarono una dozzina di giri di clessidra prima che il contadino, sollecitato dalla domanda sibilata a denti stretti della ragazza, annunciasse che rimaneva quasi un'ora di viaggio. Nel sentire ciò Kala si lasciò ricadere con uno sbuffo di frustrazione tra i sacchi. Ancora un'ora, dei! Con un carro e una strada lastricata — anche se malmessa — come quella, nella valle Adaed la ragazza avrebbe potuto quasi raggiungere il cammino che portava su a Skirlie! Quanto si erano accampati lontani i girovaghi, per tutti gli dei? E se non fosse stato per Enur lei avrebbe dovuto percorrere tutta quella strada da sola, Dabih!
«Suvvia, bambina: un'ora passa in fretta.» La ragazza scoccò un'occhiata alla vecchia. La donna le stava sorridendo materna, come se sapesse a cosa stesse pensando. Kala si rannicchiò con uno sbuffo contro il sacco di avena, incrociando le braccia. Non sarebbe passata in fretta, per Minhar! Un fruscio di stoffa, come se la donna stesse rovistando nella sacca. «Il viaggio è più leggero se ci si distrae, piccola. Forse ho una cosa che potrebbe piacerti.»
«Non credo», mugugnò la ragazza. Tornare a casa, dimenticandosi di tutti gli scorsi mesi: ecco cosa le sarebbe piaciuto!
«Oh, cucciola, come fai a dirlo se non ci provi neppure?» Un lieve sibilio accompagnò le parole della vecchia, come se pezzi di pergamena o foglie stessero tagliando l'aria. Kala alzò lo sguardo e solo in quel momento si accorse degli sprazzi di forme e colore che danzavano tra le dita affusolate della vecchia. «Carte? Mi vuoi far giocare a carte? È un vile passatempo da taverna!»
Enur sorrise divertita, mentre continuava a mescolare con agilità impressionante. «Oh, cucciola, non ti sto proponendo una partita di spade-e-corone, o qualche altro gioco di azzardo.» Il fruscio delle carte che volavano da una mano all'altra accompagnarono il tono misterioso della donna. «Questi, bambina, sono tarocchi.» E con un fluido movimento del polso la donna aprì il mazzo a ventaglio.
E con un pelo di ritardo ecco a voi la seconda parte! Mi scuso in anticipo per eventuali errori: come saprà chi segue il profilo instagram, questa settimana è stata un pelo intensa e non sono riuscita a scrivere o revisionare molto.
Come avete notato questo è un po' una parte di passaggio, in cui si spiegano alcune cose ai personaggi e al lettore e in cui ci sono un paio di foreshadowing, diciamo. E forse già qualche indizio sulla storia di Nonna Enur: lo avete colto? Tranquilli, i feels ritornano della prossima parte XD
Piccola nota: come detto nella nuova introduzione, ho deciso di utilizzare "loro" al singolare, stile "they/them" inglese, come pronome neutro. Khonsu è non-binary (come tutti gli Araldi) e si riferisce a sé stesso sia al maschile che neutro. A Kian magari il Tempo non sta troppo simpatico, ma il nostro leopardino sa rispettare lo stesso i loro pronomi.
Nota due: ballare con i Waldegeist/Fuochi Fatui è un'espressione che indica le persone che hanno disturbi mentali come schizofrenia, demenza, personalità multiple e altri. Tuttavia, come abbiamo intuito, la maggior parte della popolazione non sa che si tratta di disordini psicologici e attribuisce a spiriti maligni (Waldegeist/Fuochi Fatui, appunto) quei comportamenti.
Question time: secondo voi, perché Enur ha tirato fuori quelle carte? E qual è il collegamento tra i tarocchi e l'immagine che avevo mostrato nello scorso capitolo?
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