V - Segreti d'inchiostro (pt.4)

«Cos'hai da guardare, ragazzina?» la rimbrottò l'uomo appena la scorse, un'espressione poco amichevole sul volto squadrato. Teneva sottobraccio dei rotoli di cartafoglia e nella mano stringeva l'anello di una lanterna ormai spenta.

Kala tirò un sospiro di sollievo: era solo Garin. Per qualche istante aveva creduto... non aveva importanza, ora. Mostrò il tomo cercando di assumere un'aria neutra. «Stavo leggendo.»

«Leggere, bah!» il bardo disse con disgusto. «Alla vostra età, voi femmine dovreste imparare ad essere buone donne e bravi mogli. Altrimenti potreste poi avere lo sghiribizzo di usurpare un posto da uomini, come quella strega corvina.»

«Intendete An?», la giovane domandò con tono innocente più per vendetta che per conferma. Non era un segreto che, mentre la maggior parte dei cantastorie mal sopportava o disprezzava la straniera, Garin semplicemente provava verso di lei un profondo odio viscerale. Era colpa dell'invidia, sostenevano in molti: prima del suo arrivo durante il fatidico temporale di maggio, era lui a venir reputato il più talentuoso nell'arte del racconto.

A quel nome, l'uomo digrignò i denti. «An Lokai,» infuse ogni sillaba con velenosa rabbia, «il lupo nel gregge di pecore, la vipera nella tana dei conigli. Orbene, qui c'è un uomo che non si lascerà abbindolare dalle sue malie.» Puntò il pollice verso il suo petto.

La diciassettenne scorse a malapena una piccola ombra far capolino per qualche istante tra un paio di volumi e osservare la scena con i suoi vigili occhi scuri: la sua attenzione era diretta unicamente verso il bardo. I suoi capelli castano chiaro spettinati e le occhiaia denunciavano la sua mancanza di riposo e Kala sapeva meglio di disturbare una persona di indole già suscettibile e ora deprivata del sonno. Si allontanò a piccoli e lenti passi, come suo padre le aveva insegnato a fare davanti a un animale selvatico. «Temo di dover andar...»

«Lo sapevo!» esclamò il cantastorie, additandola con fare accusatorio. «Sei come tutti loro, talmente abbagliati dall'ammirazione e dal rispetto verso quella megera che non vi rendete conto dei cappi attorno al collo! Le parole sono pericolose e lei sa usarle, com'è possibile che non riusciate a capirlo? È lei, per Dabih, è lei l'inganno contro cui ci hanno messo in guardia gli aruspici e gli dei!»

«Non è possibile», mormorò con un filo di voce, colta completamente alla sprovvista. Per una settimana aveva temuto di essere l'unica a sospettare di An e sua madre gliel'aveva confermato più volte. Non ha parlato con Garin, evidentemente.

L'uomo mal interpretò quelle parole. Avanzò minaccioso mentre il volto si imporporava di furore. «Mostra del rispetto a chi ha il doppio della tua età e sa il triplo della tua mente dedicata a ricami e altre futilità.»

Conosco delle erbe che potrebbero farti passar la voglia di parlare in questo modo. Anche se era riuscita a censurare le sue parole non riuscì a far lo stesso con i pensieri, quando l'altro mosse un'altra falcata, sbraitando qualcosa di incomprensibile. L'adolescente lanciò silenziose imprecazioni contro Garin e contro sé stessa: quanto avrebbe voluto che quel barlume di codardia - o buonsenso, vista la mole e la rinomata forza dell'uomo - che la tratteneva dal dire al cantastorie ciò che meritava non esistesse! Indietreggiò ancora, stringendo il libro al petto con una mano e allungando discretamente il braccio verso lo stivale destro, dove aveva nascosto il pugnale consegnatole da Isabhel. Il bardo non puzzava d'alcolici, ma la ragazza sapeva che era ubriaco. Ubriaco d'ira.

«Riuscirò ad aprire gli occhi ai sacerdoti, lo giuro davanti a Mag Mell! Loro possono fare qualcosa contro di lei, come ordinare di preparare una certa pira in piazza», disse brandendo furioso la lanterna.

Kala si appiattì contro uno scaffale, pronta a sfoderare l'arma che sentiva premere contro il polpaccio. La posizione tremante del suo corpo avrebbe potuto essere scambiata per puro e candido terrore da chiunque. Da chiunque fosse stato abbastanza cieco da non notare gli occhi azzurri fiammeggianti e le labbra arricciate in un ringhio di avvertimento.

Fu allora che una voce pacata emerse dalla penombra del corridoio, borbottando: «Dei, no. I miei piccoli hanno già mal sopportato la vista del falò di Samahian; a un secondo scapperebbero di certo.»

La ragazza fece scivolare lo sguardo di lato, verso la sagoma scura che si stava dirigendo pacata verso di loro. Mik era apparso dal nulla, come solo lui riusciva a fare in quello che considerava il suo regno.

«Ascoltami, vecchio», cominciò minaccioso il bardo, prima di venire interrotto dall'indice alzato del bibliotecario.

«Rispetto, Gavin.»

La giovane non ne era sicura, ma le era sembrato che nel pronunciare la prima parola il bibliotecario le avesse discretamente ammiccato.

Digrignando i denti, l'uomo cercò di assumere un tono più controllato. «Cosa pensi della streg... di An?»

«An?» gli fece eco il bibliotecario, accarezzandosi il mento con aria assorta. «Capelli corvini e occhi verdi, giusto? Un paio di volte è passata qui. Ha un grande rispetto per i libri e per la cultura, al contrario di certi scalmanati.»

«Lei non è una di noi!», tuonò il cantastorie. Strinse i rotoli che aveva sottobraccio. «Ne ho le prove, vecchio: quella megera non è ciò che sostiene. Ho controllato fino all'ultimo frammento ammuffito di pergamena o cartafoglia che sono riuscito a trovare e ora lo so. Per Dabih, lei non è umana!»

La diciassettenne strinse ancora di più il volume al petto, le dita pallide ma non a causa della paura. Sentire il bardo pronunciare quelle parole - quelle parole che per una settimana aveva sperato di udire sulle labbra di sua madre o di qualsiasi altra persona - era stato per lei un pugno allo stomaco. Che anche lui vedesse gli occhi di An di un colore insesistente? Il pensiero era talmente rivoltante che la fece tremare: non voleva avere nulla in comune con quell'uomo. Nulla, al di fuori forse del loro comune - e giusto - sospetto!

«Ti posso assicurare, Garen,» disse lentamente l'altro, «che An Lokai è umana quanto lo sono io.»

I due si scrutarono in silenzio, circondati dalle particelle dorate di polvere e dall'odore di cuoio e pergamena che aleggiava in quel luogo. Ciascuno aveva la propria opinione e non voleva cedere di un passo. È nello sguardo che si vede la volontà di una persona, la ragazza si ricordò quello che una volta le aveva spiegato Teucer. Chi lo abbassa ammette di essere inferiore.

«Credo che tu abbia trattenuto abbastanza Kaisa,» il sessantenne pronunciò d'un tratto, «la quale sono certo non ha il tempo di ascoltare i tuoi inutili strepiti.»

La giovane prese la corda che Mik le aveva lanciato e annuì, non senza aver prima esitato. Quanto avrebbe voluto dire a quell'arrogante ciò che si meritava! Non faticava a capire perché Teucer si facesse scuro in volto e chiudesse convulsamente la mano attorno a un'immaginaria arma non appena vedeva il bardo, o sentiva parlarne. Mentre controllava la luce che filtrava dalla finestra - aveva ancora tre ore e mezza di sole, se aveva calcolato correttamente - udì un commento di Garin sulla giusta mansuetudine e i compiti semplici delle donne che le fece ribollire il sangue nelle vene. Facendo schioccare la lingua, sibilò minacciosa: «Raccogliere le erbe richiede cura e precisione, per evitare di confondere camomilla e cicoria.» I due fiori erano in realtà assai diversi, ma non le importava: l'uomo pensava che recidere qualche foglia e bacca era qualcosa che anche un bambino avrebbe saputo fare? Avrebbe voluto vedere quanto lui sapesse di radici e infusi, di funghi velenosi e di piante dai poteri miracolosi! L'adolescente stava per continuare - con tono assai più infuocato di quello che aveva usato -, quando delle dita bronzee e piene di inchiostro le sfiorarono discretamente il polso. "Non ne vale la pena", sembrava comunicarle quella breve stretta.

«Ah, il pomeriggio prima della luna piena: il periodo migliore per questo compito.» Come se nulla fosse successo, il sessantenne voltò le spalle al cantastorie e senza una parola di congedo si avviò lungo il corridoio in penombra. «Le proprietà di molte piante vengono incrementate dalla luce completa di Arrakis. Secondo la storia I fiori della Dea Argentea, infatti...»

In un paio di rapide falcate Kala raggiunse l'uomo calvo mentre si inoltrava nel dedalo di scaffali, intento a monologare su come l'astro notturno fosse legato ai rimedi naturali. Teneva lo sguardo basso e i denti digrignati, tuttavia quando raggiunse la prima curva non riuscì a far a meno di scoccare una breve occhiata oltre le spalle. Sarebbe stato un grave errore se avesse incrociato lo sguardo truce e ribollente d'ira dell'uomo, ma per fortuna - sia sua che del bardo, probabilmente - non fu così. Garin era scomparso, tornato forse nei vicoli tortuosi dei sotterranei a scaricare la sua collera su qualche antico manoscritto.

La ragazza rabbrividì. Una volta era entrata in quella parte interrata della biblioteca, più per curiosità che per reale bisogno. Lì non c'erano finestre e l'aria impolverata, ancora di più che nel ripiano superiore, sapeva di stantio. La parte peggiore era tuttavia il soffitto, talmente basso che perfino lei aveva dovuto chinare leggermente la testa. Si era precipitata fuori con il cuore frenetico e il respiro mozzato prima ancora di essere riuscita a pronunciare tre volte il suo nome intero.

«La cicoria serve a curare la stitichezza, se non sbaglio.»

La giovane alzò lo sguardo e vide il volto bronzeo illuminato da un sorriso complice. «Era solo un esempio», cercò di negare, mordendosi tuttavia un labbro a tradimento. Dei, era così evidente che intendeva quelle parole come una minaccia?

«Certo, certo.» L'espressione di Mik era tornata normale, tuttavia i suoi occhi scuri brillavano di una gustosa risata di soddisfazione. Quando sospirò, tuttavia, anche quel barlume d'ilarità si spense. «Ritengo di dovermi scusare con te, Kera.»

L'altra scosse il capo, afferrando con veemenza una ciocca fulva. «Non è colpa tua se Garin è così...» Riuscì a censurare in tempo le parole, ma non fu capace di fare lo stesso con i pensieri. Il tono con cui aveva pronunciato il nome era già un indizio più che evidente sugli epiteti con cui in quel momento stava bersagliando il bardo.

«Scalmanato?» le suggerì l'uomo con una punta di insofferenza. «Un giorno farà fuggire tutti i libri con i suoi brontolii. Temo, tuttavia, che a un certo punto il mio comportamento sia stato solo di poco migliore.»

«Oh», la diciassettenne sbatté le palpebre. Tra il cantastorie rivoltante e il tomo misterioso, si era dimenticata dell'atteggiamento freddo del bibliotecario dopo la caduta. Il sessantenne era sembrato quasi un'altra persona, fredda e quasi antipatica. Certo, non lontanamente odiosa quanto Garin: neppure se si fosse rivelato Minhar in persona la ragazza credeva sarebbe riuscita a detestare Mik. «Immagino fossi ancora scosso. Non credo che venire sepolti da uno scaffale di volumi sia piacevole, dopotutto.»

Un guizzo di sollievo attraversò il viso del bibliotecario. «Sì», confermò. «Sì, esatto.» Si fermò davanti al massiccio portone d'entrata, aspettando.

Kala separò lentamente la copertina di cuoio dal petto e soppesò per qualche istante quel libro così peculiare. Il disegno dello scheletro nero - non riusciva neppure costringendosi a chiamarlo "Spettro" - era ancora nella sua mente, vivido come le due gocce d'inchiostro ne caratterizzavano lo sguardo crudele. Quando lo consegnò nelle mani magre del vecchio, lui, invece di abbracciarlo come faceva sempre quando si riuniva con uno dei suoi tesori, lo tenne discretamente lontano dal corpo.

«Posso chiederti come sei riuscita a trovarlo?» domandò Mik, con ciò che sembrava una vena di preoccupazione nella voce. «Garin l'ha aperto?»

«Ci sono inciampata mentre... controllavo la posizione del sole dalla finestra», mentì la ragazza. Il cibo, i rumori troppo forti e la corsa: erano le tre cose che il bibliotecario non tollerava nel suo regno. «Non so se l'abbia letto, né se l'abbia perfino notato.»

L'uomo annuì borbottando parole d'assenso e si affrettò a posare il volume sul tavolo vicino all'ingresso. Quando voltò nuovamente verso di lei, stringeva tra le dita scarne un piccolo taccuino scuro. «Credo che lo troverai interessante», glielo consegnò con gentile fermezza. Il suo sguardo la supplicava di accettare e non porre domande.

«Te lo riporterò il più presto possibile», la giovane promise decisa, facendo scivolare quel fragile peso della saccoccia. Con sua grande sorpresa, l'altro fece un deciso gesto di diniego.

«Ho l'impressione che servirà più a te che a me», disse con lo stesso tono lento, forse cauto, che aveva usato quando aveva ribadito il suo credere che An fosse umana. Quando la salutò augurandole una fruttuosa raccolta, tuttavia, quell'aria straordinariamente grave era stata sostituita dalla solita espressione mezza assorta.

Kala schiuse uno dei due battenti in legno e scivolò attraverso quella stretta apertura. La piazza ora era di nuovo gremita di persone indaffarate nel loro viavai giornaliero da una bottega all'altra. Del corvo che si era appollaiato sullo scheletro del palco non rimaneva più neppure una piuma. Alla sua destra, il sole aveva ricominciato a scendere e scandiva con la sua luce velata da qualche nube il tempo che le era rimasto.

Non appena si allontanò di un passo dalla soglia, la voce dell'uomo la raggiunse attraverso il passaggio nella porta sempre più stretta, portandole un ultimo accorato avvertimento: «Tutti nascondiamo dei segreti: non fidarti delle apparenze, hai capito? La realtà spesso non è quella che sembra! Non fidarti mai delle apparenze... Kaislentheya.»

Girando su sé stessa, il cuore in subbuglio, riuscì a impedire con il piede che la porta si chiudesse. Perfino attraverso il cuoio sentiva la pressione che lentamente le comprimeva la carne, fino ad arrivare alle ossa dell'arto. Quando sbirciò attraverso lo spiraglio vide solo scaffali cristallizzati in una miriade di particelle di polvere dorate. Mik era scomparso, tuttavia la diciassettenne fu convinta di scorgere una piccola ombra dileguarsi tra due libri.

Ed eccoci, finalmente, all'ultimo tempo del capitolo V! Impressioni generali?
Le biblioteche possono essere pericolose. Molto.
Eddai, così spaventi i lettori. Anyway, da chi partiamo ora? Oh sì, Garin! Antipatico, antifemminista e decisamente irascibile, ha di certo le sue idee convinte.
Tuttavia...
Dimmi, caro.
Se si riflette bene, non ha esattamente torto per quanto riguarda An. Se provate a guardare le cose dalla sua prospettiva, alla fine sta solo cercando di salvare la sua città da quello che ritiene un pericolo. Poi, il problema è il suo carattere e la sua visione estrema della soluzione.

Un altro personaggio particolarmente interessante, secondo me è Mik. Sembra proprio che lui non sia solo un arzillo vecchietto con la testa sempre nei libri. In particolare, ci sono tre frasi dette da lui stesso che una mente arguta potrebbe collegare tra di loro...
Perché devi cercare di plasmare come i tuoi lettori si interrogano sulla storia? Lascia che sbaglino e trovino da soli il loro percorso.
Detto da te è estremamente ironico. Lo sai, vero?
Err... devo andare. Al prossimo spazio autrice, forse.
Umph. Fifone.
Graurrr!

Ora che il... rompiscatole non c'è più, cosa pensate contenga il taccuino? E perché Mik ha reagito in quel modo nel vedere il libro di A.W.? Cosa sa che la povera Kala (e voi lettori con lei) ignora?

PROSSIMAMENTE:
Ok, ho deciso che alla fine di ogni capitolo (ovvero l'ultima parte, di solito la 3 o la 4), vi metterò una piccola anticipazione, come a fine episodio di una serie tv. A volte sarà una citazione, altre volte un disegno, altre ancora un indovinello o un pezzo di una canzone. Attenzione, però: visto che faccio riferimento al capitolo intero (quello scritto con numeri romani, per intenderci), ciò che vi ho anticipato potrebbe essere inserito in una qualsiasi parte in cui esso è suddiviso. Tenete lo sguardo vigile e il pugnale sempre affilato 😏

Ora, per esempio, ho messo la concept art di un personaggio che verrà introdotto per la prima volta. Che ruolo avrà nella storia? Sarà una minaccia oppure un aiuto?
Il suo nome, care lettrici e cari lettori, è Pendragon Feannarg e avrete tempo di conoscerlo nel prossimo capitolo: L'alba delle Ombre.

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