CHAPTER 3
20:42, ticchettava l'orologio. Se mi fossi addormentata tra otto minuti domani mi sarei svegliata alle 6:20, quindi avrei dormito per nove ore e trenta minuti. Il dottor Nolan dice che una persona normale deve riposare per almeno sei ore ogni notte, io avrei dormito tre ore in più e quindi sarei andata a scuola bella riposata.
20:45
Sentivo dei passettini sulle tegole del tetto del garage, sotto la finestra della mia stanza davanti a me. Troppo grandi per essere quelli di un uccellino, e anche per essere quelli di uno scoiattolo.
Poi, qualcosa sbatté contro il vetro della mia finestra. Mi alzai di scatto con gli occhi sbarrati, incuriosita e un po' spaventata.
Non credo nei fantasmi.
Io non credo nei fantasmi.
Non credo nei fantasmi.
Di nuovo la stessa cosa fece rumore sulla finestra, per una seconda volta.
Nell'ombra sembrava qualcosa di tondo e piccolo, e per via del rumore avrei optato per pensare a qualcosa di duro.
I fantasmi non lanciano sassi.
20:49. Ormai ero sicura che non mi sarei addormentata alle 20:50.
Tolsi le coperte dal mio corpo e misi i piedi scalzi per terra. Mi alzai dopo due secondi e mezzo, troppo poco per non farmi girare la testa, ma la testa non mi girava.
Cercai di andare, piano piano, verso il vetro.
Destra, sinistra. Destra, sinistra. Destra, sinistra.
Afferrai la maniglia sulla parte sinistra della finestra.
Prima che riuscissi ad aprirla, un'altro sassolino ticchettò e rimbalzò sul vetro, facendomi spaventare e indietreggiare, e persi la presa dalla maniglia.
La mia faccia si corrugò. Che cosa mi stava disturbando dal dormire?
Così mi gettai sulla finestra e l'aprii di scatto.
- Ah, meno male. Avevo finito i sassolini.
Abbassai lo sguardo.
- Ma che ci fai qui, Jesse?!
- Dai, aiutami a salire - disse, mentre mi tese la mano, dal basso verso l'alto.
Sbuffai e gli presi la mano.
- Non fare tanto rumore, Jesse!
Ma lui continuava a scalciare sul muro davanti a lui, saltando su e giù, facendo crocchiare le tegole sotto i suoi piedi.
Alla quinta volta che saltò, io riuscii a tirarlo in modo che la sua pancia sbattesse contro il lato in basso della finestra. Metà del suo corpo era dentro, e metà era fuori. Potevo vedere i suoi piedi ondeggiare freneticamente nell'aria buia dell'esterno.
- Ah!
- Zitto! - bisbigliai, facendogli capire che ero intenzionata ad urlare, se non fosse notte e mamma non dormisse.
Appena mise i piedi sul parquet si sistemò la sua maglietta rossa e con una faccia da schiaffi riuscì a dire: - Ciao
- Ciao? Cosa ci fai qui? Come sai dove abito? Cavoli! - chiusi la finestra alle sue spalle.
- Ti ho seguita, dopo che te ne sei andata via senza salutarmi dal Dottor Nolan. Ci dovevo andare anche io ma ho pensato che tu fossi più interessante, così ti ho seguita. Quindi ora dovresti salutarmi.
- Salutarti? - continuai a bisbigliare. - Cosa sei venuto qui a fare? -
- Bah, niente di che in realtà.
- Allora vai via. Domani devo andare a scuola e devo dormire.
- Ma sono appena le otto.
- Sono le otto e cinquantaquattro.
- Fammi ispezionare.
- Che cosa?
Jesse iniziò a girare per la mia stanza, guardando ogni singolo angolo e ogni singolo granello di polvere. Passò anche per i granelli di polvere presenti le cestino della spazzatura.
- Ma che cosa sono tutti questi cerotti nel cestino? - sorrise, tenendo con una mano il cestino e con l'altra indicandolo.
- Sono i cerotti che uso.
- E sono così tanti?
- Ne metto uno ogni mattina, sempre un dito differente da quello precedente.
- Ma non ha senso. - rise ancora.
- Jesse, potrei elencare 32 cose di te che non hanno nessun apparente senso.
Rise ancora, rimettendo il cestino a posto.
- E invece quello cos'è? - disse dirigendosi verso il Signor Tumnus, sotto al mio letto.
- Jesse, stai fermo!
Lui fece un gesto con la mano e andò avanti nel suo percorso, abbassandosi e tirando fuori dal letto lo zaino.
- S-signor Tunnus. Chi è Tunnus? - disse lui, distogliendo lo sguardo dalla targhetta in basso al centro dello zaino, ricamata da mia mamma.
- Signor Tumnus, non Tunnus. Idiota
- Hai dato un nome a questo coso? - disse con un espressione da spavaldo impressa nel volto.
- Do un nome a qualsiasi cosa ritengo importante. E non sono affari tuoi, e ora dovresti andartene. Andiamo, Jesse...
- Domani andiamo in biblioteca, cerchiamo il significato del tuo nome.
- Domani c'è scuola.
- Dopo scuola.
- Io... io non sono mai stata in biblioteca - volevo trovare un modo per cercare di non andarci, ma ad ogni passo che facevo, lui mi calpestava i piedi.
- Mo, la biblioteca è a due passi da casa tua, e non ci sei mai stata?
- Non senza... Ah, diamine Jesse, vattene.
- Non senza..?
- Mia madre, va bene? Mia madre - Jesse prese un'espressione facciale talmente pompata e preoccupata, che non sembrava nemmeno lui.
- Mo... - fece tre passi verso di me.
- Mo, tu hai degli amici?
- Mia mamma è mia amica.
- Tua madre non è tua amica, Mo. Tua madre è tua madre.
- Buonanotte, Jesse.
- Okay. Allora domani ti passo a prendere a scuola e andiamo in biblioteca - volteggiò immediatamente, girandosi di scatto e andando ad aprire la finestra.
- Portati qualcosa o qualche spicciolo, mangiamo qualcosa là! - disse gettandosi fuori, cadendo sulle tegole e correndo via, scavalcando il tetto.
Presa dalla foga di quel momento e dal malumore che le sue parole scatenavano nel mio sistema nervoso, urlai il suo nome fuori dalla finestra, facendo accendere tre luci di altre abitazioni non molto distanti, che spiccavano nel buio.
La mia gola fece un rumore stridulo per via dello spavento, mentre la mia mano destra cadde fulminante sulla mia bocca, facendomi gonfiare le guance.
Chiusi la finestra.
21:18
Quel momento pensai che non mi sarei addormentata nemmeno per le 22:30.
SPAZIO AUTORE
ragazzi ehm, ho voluto cambiare titolo e copertina, ma la storia è sempre la stessa, non vi preoccupate
alla prossima
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