Toglilo da lì, lo contamini!

Dopo aver detto ai miei genitori della punizione, mia madre ha dato di matto, iniziando ad urlare come una pazza e, mio padre, dal canto suo, ha cercato di calmarla: loro due si compensano. Lei è una donna di quarantadue anni sempre stressata a causa del lavoro, irriverente, esplosiva e con la battuta pronta. È sempre al centro dell'attenzione e attira tutti gli sguardi su di sé con la sua eleganza e intelligenza.

Mio padre, invece, è un uomo di quarantacinque anni, taciturno, calmo e riservato. Non viene spesso notato ma lo adoro proprio così com'è.

«Hai delle occhiaie terribili» dice Claudia, guardandomi dall'alto: ho la testa poggiata al banco di scuola; non riesco a tenere gli occhi aperti per il troppo sonno: la scorsa notte non ho fatto altro che pensare alla punizione che mi aspetterà per il resto dell'anno.

Inizio a sbattere la testa contro il banco, in segno di disperazione.

«Iris, così ti verrà un trauma cranico, ferma» dice Claudia, mettendo la sua mano sulla mia fronte dolorante.

«Sai, è proprio quello il mio intento: fratturarmi il cranio, così da evitare di sprecare il mio tempo con quell'essere.»

«Amica mia, quel film di ieri deve averti fatto davvero male» dice Claudia, riuscendo a strapparmi un sorriso.

Il professore di Italiano fa la sua entrata in classe e, con sottofondo di brusii, inizia a fare l'appello.

Il suono della campanella determina la fine dell'ora e l'inizio della ricreazione:

«Twix, arriviamo!» urliamo in coro io e Claudia, alzandoci di scatto dalla sedia. Per noi, dividere il Twix durante la pausa mattutina, è un rito che abbiamo fin dal primo liceo.

Correndo per il corridoio, come ogni giorno, Davide, il bidello della scuola, ci urla dietro:

«Finirete con rompervi l'osso del collo voi due!»

E, puntualmente, non manca la nostra risata. Svoltiamo a destra e prendiamo le scale che portano sul pianerottolo del distributore: al primo scalino mi blocco, lui è lì.

«Iris, vieni?» mi domanda Claudia, da qualche scalino più giù. Il moro si volta e i nostri sguardi s'incrociano, dando vita a delle scariche elettriche: non ho fatto altro che riflettere sulla frase che mi ha detto prima di fuggire via alla velocità di Bolt.

Mi fissa e, con un ghigno malvagio in volto, si porta qualcosa alla bocca: un Twix! Scendo velocemente le scale, sorpasso Claudia, do una spinta a Sebastian e sgrano gli occhi: non ci sono più Twix. Mi volto verso di lui che mi guarda divertito e, urlando, dico:

«Tu non lo hai mai mangiato, lo hai fatto apposta!»

«Esattamente» ribatte lui, ridendo.

«Questa me la paghi, Smith. Nessuno ruba i Twix alle sorelle mancate.»

Mi volto verso Claudia e noto che è arrossita e sorride come quando ha una cotta; il suo sguardo però non punta verso me, ma verso Sebastian: 'Ti prego, non dirmi che è lui il ragazzo con cui si sta sentendo.' Mi giro verso Smith e vedo che anche lui guarda nella direzione della mia amica: sgrano gli occhi, le mani iniziano a sudare, le labbra si schiudono, le mani tremano.

«Iris, stai bene?» Due mani mi afferrano per le spalle e due fari blu mi fissano preoccupati: lo guardo ma non rispondo. Mi libero da quella presa e mi affretto ad andare in cortile, lontano da quel ragazzo che odio e dalla mia migliore amica, o almeno colei che pensavo lo fosse.

Mi siedo dietro il muretto, tiro le ginocchia verso il petto e ci poggio la testa, lasciando cadere i lunghi capelli arancioni lungo le cosce. Non riesco a credere che possa essere vero quello che ho visto, non posso credere che Claudia si stia frequentando con Sebastian. Lei sa quanto male mi ha fatto, lei sa quanto io lo odi, lei sa che tipo di persona sia lui.

«Non è vero, è solo la mia immaginazione, è solo la mia immaginazione...» continuo a ripetere a voce bassa. Estraggo dalla tasca del jeans nero una pacchetto di Chesterfield blu, prendo la sigaretta, la poggio tra le labbra e, con difficoltà, riesco ad accenderla. Inspiro profondamente, lasciando che il fumo invada a pieno i polmoni e mi doni il relax di cui in questo momento ho bisogno.

So benissimo che lei può farsi una vita con chi vuole ma, in un certo senso, mi sento tradita.

«Che cazzo di problemi hai? Se volevi fumarti una sigaretta bastava dirlo!» sento urlare da sopra di me. Alzo la testa e trovo Sebastian che mi fissa: ha il volto contratto, il quale mette in evidenza la mascella pronunciata; i suoi occhi sono un misto di paura, preoccupazione e rabbia. Torno a guardare le mie Vans e dico:

«Vattene.»

«Sei sempre la solita stupida, Iris!» urla lui, in preda alla collera.

Non ci sto, non gli permetterò più di prendersi gioco di me. Lo afferro per un piede e lo tiro giù, in modo da averlo seduto di fianco a me:

«Apri bene le orecchie, Smith. Devi smetterla di rovinarmi la vita, devi smetterla di parlarmi, di guardarmi e di respirare la mia stessa aria. Non voglio condividere nulla con te anzi, voglio vederti e parlarti il meno possibile. Non voglio mai più averti tra i piedi quando non si tratta della punizione o di qualche stupida cena che organizzano i nostri genitori, alle quali siamo costretti a partecipare.»

Lui mi guarda perplesso e, dall'espressione sorpresa, passa al suo solito ghigno:

«Iris, sai quanto io sia competitivo e ribelle. Dicendomi queste cose, non fai altro che alimentare la mia voglia di portarti nel mio inferno» dice, con una calma inquietante, come se il mio discorso non lo avesse minimamente scalfito. Mi posa un bacio sulla fronte, si alza e se ne va, lasciandomi qui, da sola, mentre avvampo per quel gesto insolito. I battiti irregolari, in questi giorni, sono così frequenti che, se continueranno in questo modo, avrò un infarto prima della fine dell'anno scolastico.

La campanella suona, segnando la fine della ricreazione; inspiro l'ultimo tiro, mi alzo, lo butto fuori e torno in classe. Seduta al banco c'è già Claudia che mi cerca con lo sguardo, visibilmente preoccupata.

«Iris...» prova a dire, ma la blocco subito:

«Non ora.»

Lei si acciglia e torna con la testa sul banco. Non mi piace discutere con Claudia, ma non credo sia il momento e il posto giusto per dei chiarimenti.

Alla fine delle lezioni, mi appresto a mettere tutto a posto nello zaino e scendo in giardino, dove avranno inizio le due ore peggiori della mia vita.

«Iris, possiamo parlare?» sento Claudia domandarmi alle spalle.

«Mi dispiace, ma devo andare.» La liquido ed esco sul retro dove vi sono la Mastracci e il preside ad aspettarmi.

«Buongiorno signorina Iacoangeli» mi salutano entrambi.

«Salve» rispondo.

«Attendiamo il signorino Smith e vi spiegheremo il da farsi» dice il preside.

Dopo dieci minuti di attesa, finalmente, fa il suo ingresso Sebastian, intento a masticare qualcosa.

«Pensavamo si fosse perso per i corridoi» dice la Mastracci, rivolgendogli un'occhiata poco cordiale.

«Assolutamente. Conosco ogni posto di questo istituto, proprio come lei e il preside» allude Sebastian. Mi volto verso le due figure autoritarie e li vedo arrossire entrambi: 'Che succede?'

«Smettiamola con i convenevoli e iniziamo: dovrete estirpare tutte le erbacce per poi piantare dei fiori che vi forniremo appena il terreno sarà pronto. In questa busta ci sono tutte le attrezzature consone per svolgere il lavoro. Domattina controlleremo a che punto siete e, se capiremo che non avrete lavorato in coppia, vi aumenteremo la punizione» dice il preside, dandoci l'oggetto di cartone.

«Davide aspetterà la fine delle due ore, vi verrà a chiamare e potrete andare via. A domani» aggiunge la Mastracci. Con la coda dell'occhio li guardo allontanarsi e, una volta spariti dietro il cancello, guardo Sebastian.

Apro la busta e afferro subito una vanga e dei guanti, assieme ai sacchi di plastica neri, poi la passo a lui che la posa a terra e dice:

«Io non farò questa cazzata perché sei tu che ci hai infilati in questa situazione.»

Si volta e va a sedersi sulle scalinate di cemento presenti poco più in la, mette le cuffie e accende il suo i-pod. Accecata dalla rabbia, prendo la busta e gliela tiro addosso, guadagnandomi la sua attenzione. Si sfila le cuffie dalle orecchie e mi guarda in cagnesco.

«Se non mi avessi buttata sotto la doccia, a quest'ora non saremo qui. Perciò, la colpa è solo della tua stupidaggine, Smith! E ora alzati e aiutami» dico, prima di vedere che, come se non avessi nemmeno parlato, si rimette le cuffie e torna ad ascoltare la musica. Serro i pugni, mi avvicino e gli strappo l'i-pod dalle mani:

«Ridammelo» mi ordina lui. Gli rivolgo un sorriso strafottente e m'infilo l'apparecchio nel reggiseno.

«Quando avremo finito, te lo ridarò.»

Lui mi guarda sbalordito poi, alzandosi di scatto, dice:

«Toglilo da lì, lo contamini!»

«Il tuo cervello è contaminato, non le mie tette!» urlo e, pensando di averlo convinto, inizio a estirpare le erbacce presenti nel terreno. Qualche minuto dopo mi volto, nella speranza di trovarlo all'opera ma, ahimè, lo vedo sdraiato sopra la gradinata. In preda alla rabbia, afferro il tubo dell'acqua, lo apro e mi avvicino a lui; sta dormendo: ha gli occhi chiusi, le labbra leggermente schiuse e il respiro si sente a malapena. Ha il viso rilassato e un'espressione dolce, almeno quando dorme.

'Ma a che pensi, Iris? Sveglialo!' mi ordina la mia coscienza e, ritornata in me, lo bagno con un getto d'acqua gelido. Sebastian sobbalza: non si aspettava di certo un risveglio tanto brusco.

«Ma che cazzo fai, sei per caso fuori di testa?» mi domanda, avvicinandosi pericolosamente e afferrandomi il polso della mano con cui tengo il tubo.

«Hai sentito oggi cos'ha detto il preside? Dobbiamo collaborare o aumenterà la nostra punizione e, in tutta onestà, mi basta dover passare già due ore al giorno assieme a te» rispondo.

«A me no» dice lui, lasciandomi di stucco. E, in quell'attimo di disattenzione, mi sfila il tubo dalla mano, mi afferra per la vita da dietro e mi bagna completamente.

«Sebastian, smettila!» urlo.

«Questa volta hai iniziato tu» dice lui, ridendo. Non riesco a trattenere le risate e, mentre mi agito e rido, mi ricordo di avere una cosa che sicuramente lo farà fermare:

«Ho il tuo i-pod!» gli dico. Smette subito di bagnarmi, gettando il tubo a terra, mi volta verso lui e guarda il mio seno: arrossisco.

«Dammelo» dice, mostrandomi il palmo della mano. Tiro fuori il dispositivo e noto che è tutto bagnato. Vedo Sebastian che prova ad accenderlo ma nulla, non da segnali di vita: 'Ora mi ucciderà, mi conficcherà le cesoie negli occhi e mi seppellirà proprio in questo giardino.'

Contro ogni previsione, lo mette in tasca e fa spallucce, come se non gli importasse di aver appena rotto un dispositivo che non ha un costo indifferente.

«Non sei arrabbiato?» gli chiedo, guardandolo mentre s'infila i guanti e prende una pala.

«No. L'i-pod lo ricompro, ma l'opportunità di averti smentita non mi ricapiterà tanto facilmente.»

Lo guardo confusa ma, I miei dubbi, trovano subito una risposta:

«Ieri hai detto che quella sarebbe stata la prima e ultima volta che ti avrei vista bagnata. Anche se non è proprio il modo in cui avrei voluto vederti la seconda volta, mi accontento, per ora» dice, sottolineando le ultime due parole. Come se fosse una cosa normale da dire, si mette a lavoro, lasciandomi qui, in piedi, ad avvampare per le sue parole.

'Questo è l'inferno di Sebastian Smith?'

°Spazio autrice°

Ed eccomi qui con un new chapter

Cosa ne pensate?Perché Claudia guarda Sebastian in quel modo? E questa punizione... Beh è iniziata nel migliore dei modi ahahahPovera Iris❤️Se il capitolo vi è piaciuto, fatemelo sapere con un commento o una stellina ⭐

~A presto~

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